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Ipotesi sull’origine controversa della varietà di Lio Mazor

2. Inquadramento dialettologico

2.4. Ipotesi sull’origine controversa della varietà di Lio Mazor

La peculiarità linguistica degli Atti del podestà di Lio Mazor fin dalla loro scoperta ha suscitato fascino e interesse, data l‟alta caratterizzazione di questa varietà parlata in piena laguna, in un luogo scomparso da secoli. La presenza di tratti percepiti come e-stranei al panorama veneziano medievale ha fatto sì che fin dalla fine dell‟Ottocento lo studio di questi documenti si legasse alla cosiddetta questione ladina44 e alle ipotesi ri-guardanti la controversa origine di Venezia. Non si entrerà nel merito di tali questioni, ci si limiterà a semplici accenni funzionali al discorso condotto nel presente paragrafo.

Il primo a occuparsi della classificazione linguistica di questi testi fu l‟Ascoli, nei suoi “Saggi ladini”45

. Già semplicemente collocando la trattazione di tali testi nel capi-tolo “Il Ladino e il Veneto” la sua posizione è chiara. Nei tratti che diversificano la par-lata di Lio Mazor dal veneziano di Rialto, il dialettologo rintraccia un‟ulteriore prova a favore della presenza di un chiaro influsso di parlate riferibili a caratteristiche ladine (o reto-romanze) nella laguna veneta. Le peculiarità che attirano la sua attenzione vanno dalla desinenza sigmatica di seconda persona singolare, sebbene lui stesso constati che a

42 Cfr. E. Castro, Su -s di II persona singolare nel veneziano medievale, cit., p. 29, nota 15. 43 Cfr. ibidem.

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Con “questione ladina” si intende il dibattito sviluppatosi a partire dalla pubblicazione dei “Saggi ladi-ni” di Ascoli riguardo allo statuto da attribuire al ladino nella classificazione delle parlate romanze. Cfr. M. Loporcaro, Profilo linguistico dei dialetti italiani, cit., p. 65.

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Lio Mazor è molto rara46, ai fenomeni di conservazione dei nessi BL, CL, FL, PL. Si sofferma poi in particolar modo sulla riduzione di ALT e OLT a aut e out (aut, Autin,

gastaudo, vouta, vous), che definisce «insigne carattere ladino»47 e di cui lamenta la mancanza nel Friuli coevo, eccezion fatta per la zona di Trieste. Alla base di questi tratti comuni ci sarebbe, secondo la posizione assunta da Ascoli, la migrazione dei profughi di Aquileia, Grado e Oderzo, che in seguito alle invasioni di popolazioni magiare sareb-bero fuggiti in laguna.

L‟idea di stretti legami tra Venezia e l‟area linguistica ladina ha suscitato più di una critica nel corso della querelle che per decenni si è svolta attorno alla questione ladina, come ben sintetizzato in questa osservazione di Benincà: «G.I. Ascoli nella sua descri-zione dei tratti distintivi del sistema fonologico ladino indicò in testi lagunari del Tre-cento fenomeni linguistici di tipo ladino, di cui non diede un‟interpretazione puntuale, facendo solo intuire il suggerimento a supporre che l‟area linguistica ladina fosse un tempo molto più estesa, e giungesse fino alla laguna di Venezia, dove le sue caratteristi-che sarebbero poi impallidite fino a sbiadire a causa del processo di koinizzazione rina-scimentale»48.

Anche Pellegrini sostiene l‟ipotesi di una corrente migratoria di provenienza setten-trionale, elevando a sostegno di tale idea proprio le presunte tracce linguistiche presenti a Lio Mazor, che secondo lo studioso «ci danno la prova della connessione linguistica col tipo dialettale veneto centro-settentrionale e non certo col pavano»49. Non si sbilan-cia invece sulla presenza o meno di abitanti sulle isole lagunari già in epoche preceden-ti, sebbene guardi con favore alla possibilità che in età preromana la zona avesse una conformazione geomorfologica diversa, con un‟area di terraferma molto più estesa dell‟odierna, che avrebbe favorito un popolamento delle attuali isole ben prima delle in-vasioni barbariche50.

46 Cfr. ivi, p. 470. Mancano a Lio Mazor, come in veneziano standard, plurali sigmatici, caratteristica in-vece tipica del ladino e del friulano. Per l‟assenza di plurale sigmatico in veneziano medievale si rimanda a E. Castro, Su -s di II persona singolare nel veneziano medievale, cit., p. 28.

47 Ivi, cit., p. 472.

48 P. Benincà, Il Veneto medievale, cit., p. 116.

49 G. B. Pellegrini, Dal venetico al veneto. Studi linguistici preromani e romanzi, Padova, Esedra, 1991, p. 177.

50 A riguardo, Wladimiro Dorigo ha svolto studi sul territorio con metodi di ricerca storico-topografici, i cui risultati supporterebbero tale tesi. Cfr. O. Zambon, Nuova edizione degli atti processuali trecenteschi

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L‟idea di antichi insediamenti nella zona ha spinto Stussi a ipotizzare una formazione diversa per il veneziano e di conseguenza anche per la parlata di Lio Mazor. Assumendo che le isole, forse non ancora tali, fossero già abitate in epoca romana e pre-romana, egli propone la possibilità che in loco si fosse già formato un volgare puro con caratteri loca-li, che con il successivo apporto di popolazioni provenienti dalla terraferma settentriona-le, si sarebbe contaminato con tratti di carattere trevisano-bellunesi. L‟ipotesi di Stussi quindi sarebbe a favore della nascita di Venezia dalla confluenza di due filoni linguisti-ci, uno autoctono e uno dovuto alle migrazioni.

Un‟altra tesi ancora a riguardo è quella di Ferguson, che esclude in maniera categori-ca che la parlata di Lio Mazor sia una sottovarietà sociale di veneziano, «anzi, è indubi-tabilmente un dialetto di tipo veneto-settentrionale»51. Ma questo esito autonomo non sarebbe il semplice frutto di una migrazione, bensì «sembra trattarsi di una koinè di sta-bilità relativamente alta, con contributi essenzialmente nord-orientali di varia origine»52. Lo status di questa varietà così delineato dallo studioso sarebbe secondo lui rintracciabi-le anche nella conformazione stessa della comunità altamente variegata del piccolo vil-laggio, composta da «pescatori, barcaioli, artigiani, piccoli commercianti e guardie con una serie di cognomi rivelatori di provenienze diverse»53. La stabilità di questa parlata, che non risulta essere omogeneizzata dal veneziano “standard”, viene giustificata da Ferguson attraverso tre fattori: la modesta colonizzazione di Lio Mazor, la sua posizione ai margini della laguna e la sua funzione di avamposto mercantile che l‟avrebbe, fin dal-la sua nascita, predisposto a una maggiore apertura verso l‟esterno, in particodal-lare verso il nord-est, data la possibilità di un collegamento diretto attraverso il Piave54.

Chi invece pone l‟accento su una spiegazione di carattere sociolinguistico è Tuttle. Secondo lo studioso, il veneziano si sarebbe formato attraverso sinecismo55 e conver-genza attorno a un centro e a una classe sociale. In seguito alle migrazioni a cui fu

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R. Ferguson, Saggi di lingua e cultura veneta, cit., p. 34. 52 Ibidem.

53 Ibidem.

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«Una spia della posizione appartata di Lio Mazor nell‟orizzonte medievale veneziano si coglie nell‟assenza di questo lido tra gli abbondanti toponimi lagunari presenti in Stussi, Testi veneziani», ivi, p. 35, nota 56.

55 Tuttle riprende questo ellenismo da Meillet, che lo aveva in precedenza applicato alla formazione del latino per conguaglio sociolinguistico, cioè «il coabitare e il concentrarsi in un‟unica città di popolazioni sparse prima fra diverse borgate, campagne e plaghe», E. Tuttle, Le varietà nel veneto premoderno, in A. Marinetti, M. T. Vigolo, A. Zamboni (a cura di), Varietà e continuità nella storia linguistica del Veneto:

atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia (Padova-Venezia, 3-5 ottobre 1996), Roma, Il

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getta la laguna, la parlata di Rialto emerse come varietà di prestigio, espressione del co-dice colto del ceto mercantile agiato che governava la Serenissima. Di conseguenza, il quadro disomogeneo dovuto alla variazione fono-morfologica evidente nei testi di epoca medievale, non sarebbe l‟esito di processi fonetici autonomi, bensì sarebbe dovuto a «scambi saltuari motivati socio-linguisticamente»56, che andarono di pari passo con l‟espansione del linguaggio di prestigio dell‟amministrazione veneziana in laguna. Data la tendenza dei parlanti dei territori marginali a utilizzare una parlata a vocalismo eroso, in contrapposizione gli acrolettanti57 avrebbero manifestato una volontà di conservazio-ne, tale per cui si fecero portatori di del tentativo di ripristino delle vocali cadute. In questa prospettiva, la copresenza a Lio Mazor degli esiti di una tendenza all‟apocope maggiore rispetto allo standard e delle parziali reintegrazioni di -o in sostituzione di -e caduta, sarebbe spiegabile con le due pulsioni sociolinguistiche contrastanti.

Non è nell‟interesse del presente lavoro abbracciare una di queste teorie e supportar-la, né tantomeno offrirne una alternativa. È sembrato coerente, al momento di delineare il quadro linguistico nel quale si inseriscono gli Atti, ricordare il dibattito tutt‟ora irri-solto che circonda l‟origine di questa varietà (e in parte quella del veneziano stesso), a-limentato dalla volontà di classificare sistematicamente ogni nuova parlata scoperta, se-condo tassonomie precise e inequivocabili. Tralasciando il fatto che si tratti sempre di per sé di operazioni puramente astratte e che nella realtà concreta sia impossibile trac-ciare confini assoluti, chi scrive spera di aver fatto emergere in questi primi due capitoli quanto questo tipo di operazione sulla lingua degli Atti sia resa ulteriormente difficolto-sa. In particolare, per la condizione storica, sociale e linguistica altamente fluida in cui questi documenti sono stati redatti.

Nel prossimo paragrafo verrà condotta un‟analisi dei fenomeni linguistici della varie-tà indagata che non sono stati trattati in maniera dettagliata in letteratura, ma che hanno permesso una serie di riflessioni interessanti sulla sincronia e sulla variabilità interna della lingua.

56 Ibidem.

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