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UN CARATTERISTICO PROCESSO ALLE INTENZIONI IN MATERIA DI I.G.E

1. — Durante il 1949 alcune imprese molitorie, per fronteggiare i rischi che causava l’incertezza del mercato cerealicolo, escogitarono il sistema degli acquisti a epoca differita con deposito del grano nei propri silos, previo adempimento di tutte quante le formalità richieste dalla legge e dal regolamento dell’imposta generale entrata per i depositi di merce, non considerati atti economici imponibili. Contemporaneamente, per fronteggiare le esigenze degli agricoltori depositanti che, nel frat­ tempo, avrebbero avuto bisogno di denaro, escogitarono il sistema della sovvenzione sul deposito.

La Polizia tributaria investigativa essendone venuta a conoscenza, contestò, con formali verbali di constatazione, Pillegittimità del sistema, in quanto lo ritenne un espediente di evasione dal pagamento dell’I.G.E. che era stato escogitato in attesa che fosse emanato il relativo provve­ dimento di esenzione per gli acquisti di grano.

La tesi della P.T.I. — stante le questioni di diritto che involge e la convalida che, nel frattempo, ha ottenuto da alcune Intendenze di Finanza con l’emanazione delle relative ordinanze che riconoscono sus­ sistente l’evasione — merita indubbiamente un approfondito esame.

2. — Nella specie la realtà indiscussa e indiscutibile è la seguente: а) contratti di deposito effettuati ai sensi dell’art. 1766 del c.c.; б) osservanza ai fini fiscali, per i detti depositi, delle norme con­ template dall’art. 13 del R.D.L. 9 gennaio 1940, n. 2, e dell’art. 18 del relativo regolamento 26 gennaio 1940, n. 10;

c) sovvenzioni concesse ai depositanti indipendentemente dai con­ tratti suddetti;

d) acquisto del grano depositato, successivamente all’emanazione della legge 24 dicembre 1949, che esenta dall’LG.E. gli acquisti di grano.

Da questa realtà che è giuridica, non può non derivare che la sola conseguenza giuridica che ad essa è pertinente e, cioè, che la trasfor­ mazione del contratto di deposito (che non costituisce fattispecie causa­ tiva dell’obbligazione tributaria agli effetti dell’I.G.E.) in contratto di vendita (costituente, invece, salvo i casi di esenzione, fattispecie causa­ tiva) si è avuto solo e solamente quando è stata manifestata la relativa volontà. E poiché questa manifestazione di volontà non era avvenuta al momento del versamento delle sovvenzioni ai depositanti, i versamenti stessi non possono considerarsi effettuati in conto prezzo, come invece

li considera la P.T.I., per sostenere l’obbligo del versamento dell’I.G.E. ai sensi dell’art. 15 del D.L. 3 giugno 1943, n. 452. Obbligo, peraltro, insussistente come dimostrerò al n. 5.

3. — La P.T.I. per neutralizzare questa granitica conseguenza co­ struisce il seguente sistema di illazioni: il provvedimento di esenzione dalPI.G.E. per gli atti economici relativi al commercio del grano fu deliberato dal Consiglio dei Ministri il 28 settembre 1949, annunziato dalla stampa il successivo giorno 29, tradotto in legge il 24 dicembre 1949, ed entrato in vigore il giorno 30 dello stesso mese. Il preannunzio del provvedimento dato dalla stampa rende sospetto il periodo 29 set- tembre-30 dicembre 1949; il sospetto non può non riflettersi su tutti i movimenti di denaro fra compratori e venditori di grano intervenuti in detto periodo, stante la facilità dell’evasione attraverso la semplice sostituzione di un atto economico soggetto a imposta (pagamento in conto prezzo) con un atto finanziario non soggetto a imposta (sovven­ zione di denaro); quindi i versamenti effettuati dai mulini ai propri depositanti di grano non possono non considerarsi che pagamento in conto prezzo mascherati sotto forma di sovvenzione per evadere l’imposta.

Questa costruzione è indubbiamente un tipico processo alle inten­ zioni che, ove pure potesse confermare l’ipotesi così come formulata dagli organi di polizia tributaria, resterebbe pur sempre sterile della conseguenza voluta.

Infatti è pacifico, per mancanza di specifica contraria norma del diritto positivo, che non può essere vietato a nessuno di compiere un negozio giuridico piuttosto di un altro, quando l’azione dell’agente non lede diritti di terzi già costituiti.

E’ altresì pacifico che, specialmente l’operatore economico, ha il diritto di agire nel momento che lui ritiene più favorevole al conse­ guimento dei fini della sua impresa. Da ciò discende la conseguenza che l’operatore medesimo non viola nessuna norma positiva, nè lede nessun diritto di terzi se, in previsione di un evento futuro (nel che poi con­ siste la ragione d’essere professionale dell’imprenditore), si astiene dal compiere un determinato negozio in attesa che l’evento si verifichi e, pertanto, ne compie un altro con diverse conseguenze giuridiche.

Pertanto, se un operatore economico, in attesa di un provvedimento di esenzione da imposta che farà ribassare il prezzo, si astiene dal com­ perare e, per aderire alle richieste dei futuri venditori, acconsente a ricevere in deposito presso di lui la merce che, in prosieguo di tempo e al momento più opportuno, potrà pur decidersi ad acquistare, opera legittimamente, in quanto non danneggia in nessun modo la finanza pubblica; perchè il diritto di questa alla percezione dell’I.G.E. sorge solo e solamente se e quando si costituirà il rapporto di compra-ven­ dita, come preciserò al n. 5.

Nè influenza alcuna possono svolgere eventuali versamenti effettuati ai depositanti durante il periodo del deposito, perchè non possono ricon­ nettersi ad un contratto di compra-vendita per il semplice fatto che non esiste.

Detti versamenti non possono avere, pertanto, altra caratteristica che quella che può essere propria ai medesimi in simili circostanze: la sovvenzione (garantita, in certo qual modo, dal deposito) in previsione di un futuro acquisto.

4- — Del resto, ove pure si volesse disattendere questa fondata analisi giuridica della fattispecie, non bisogna dimenticare che il Con­ siglio dei Ministri, diramando alla stampa il deliberato provvedimento di esenzione, dimostrò di non volere attribuire rilevanza giuridica alle conseguenze fiscali che avrebbero potuto derivare da una conoscenza anticipata del provvedimento. Altrimenti, avrebbe seguito la prassi nor­ male: il decreto catenaccio, tipico ed esclusivo per i provvedimenti tri­ butari che non si vogliono far scontare in precedenza. Non è quindi possibile che la rilevanza giuridica l'attribuisca l’organo di vigilanza tributaria attraverso una sua ipotesi che, del resto, non trova conforto da una ancora più approfondita analisi del processo alle intenzioni.

Infatti, il sistema del deposito non è risultato attuato solamente per il periodo sospetto e per soli depositi sovvenzionati, ma anche per periodi non sospetti e per depositi non sovvenzionati, il che prova in­ confutabilmente che il sistema del deposito, nella specie, non è sistema escogitato per « evadere l’imposta », ma sistema che si era reso neces­ sario per l’incertezza dei prezzi del mercato, in conseguenza della poli­ tica economica per il relativo settore che, in quel tempo, non era ancora ben delineata. Incertezza, peraltro, che divenne ancora maggiore, pro­ prio in conseguenza delle deliberazioni adottate dal Consiglio dei Mi­ nistri il 28 settembre 1949 e diramate immediatamente alla stampa per cercare di far flettere il mercato, ancor prima che la traduzione in legge dei relativi provvedimenti (fra i quali appunto quelo dell’esenzione dal- l’I.G.E.) potesse agire decisamente. E di questo fine non fece certo silenzio il Ministero dell’Agricoltura, che, anzi, si affrettò a palesarlo imme­ diatamente dopo la fine della seduta di Consiglio.

E’ evidente, pertanto, che in tali condizioni di incertezza, il non uso del sistema che ci interessa avrebbe pur potuto essere esiziale. E non si può certo pretendere che, per non far destare sospetti agli organi di vigilanza tributaria, le imprese molitorie che maggiormente si trova­ vano esposte al rischio avrebbero dovuto votarsi al fallimento con acquisti immediati. Così, come del pari, non si può pure pretendere che le medesime imprese, sempre per non fare destare sospetti alla P.T.I., avrebbero dovuto rifiutare le sovvenzioni ai depositanti, proprio nel periodo in cui questi avevano necessità di denaro per fronteggiare le spese di coltivazione, o avrebbero dovuto porre ai medesimi condizioni capestro per garantirsi dalle sorprese del prezzo di stabilizzazione fu­ turo che tendeva decisamente al ribasso.

La Finanza ha cercato di smantellare le posizioni, controsservando che la tesi delle sovvenzioni non può sostenersi, perchè le imprese mo­ litorie non esercitano il credito. Ma si tratta di una fragilissima obbie­ zione che denota la mancanza di fondati argomenti neutralizzatori, dato

che nessuna norma attribuisce agli istituti di credito il monopolio delle sovvenzioni.

5. — Comunque, per esaurire compiutamente l’argomento, ove pure i versamenti effettuati ai depositanti di grano si potessero considerare veri e propri acconti, non per questo sarebbe sussistito l’obbligo, per le specie, del pagamento dell’imposta entro i cinque giorni dal ver­ samento dell’acconto, in quanto detto obbligo (come si evince dalla let­ tera e dalla sistematica dell’art. 15 del D.L. 3 giugno 1943, n. 452, e degli artt. 9 e 10 del regolamento 26 gennaio 1940, n. 10, dei quali costi­ tuisce modifica) si riferisce esclusivamente ai trasferimenti di merci fra commercianti, industriali ed esercenti e non anche a quelli fra pro­ duttori agricoli e industriali o commercfanti (come si verifica per la specie) che sono invece disciplinati dall’art. 35 del regolamento, il quale non prevede nessun obbligo di versamento dell’imposta per i relativi acconti.

Ma anche indipendentemente da ciò, è pacifico, per ammissione della stessa finanza in alcune risoluzioni di specie (20 marzo 1943, n. 68228; 8 settembre 1945, n. 63008 ; 28 dicembre 1946, n. 70552 ; 26 febbraio 1947, n. 60630 ; 6 settembre 1947, n. 65919; e, specificatamente per l’analogia, 21 giugno 1947, n. 63468) che il 1° comma del predetto art. 15 si rife­ risce ai veri e propri acconti e cioè ai pagamenti in conto prezzo rela­ tivi ad atti economici già perfetti. Del resto quest’ammissione discende dal principio generale già riconosciuto dalla giurisprudenza (Trib. Ge­ nova, 11 giugno 1949, in Dir. Prat. Trib., 1949, II, 294) che nei trasferi­ menti di merci tra commercianti e industriali, negli acquisti presso privati da parte di commercianti e industriali e nelle vendite al minuto l’obbligazione tributaria dell’imposta sorge con il perfezionarsi del contratto.

E con ciò la pretesa della Finanza naufraga, ancor prima del ten­ tativo di salvataggio affidato al discusso sistema di arbitrarie illazioni.

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