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Caratterizzazione geometrica delle trasformazioni affini

Nel documento Appunti di Geometria II Anno 2007 (pagine 47-51)

6.2 Spazi e Applicazioni Affini

6.2.3 Caratterizzazione geometrica delle trasformazioni affini

An×n B

0 1



con B ∈Kn; vediamo la legge di composizione per M : A B 0 1

 C D

0 1 = AC AD+B 0 1 .

Sia questa legge di composizione che questa nuova rappresentazione matriciale coincidono con quelle descritte precedentemente: esistono quindi due possibili codifiche canonicamente inter-cambiabili delle matrici associate ad applicazioni affini; in particolare dalla seconda codifica si deduce che la trasformazioni affini di An sono le trasformazioni lineari di An+1 che mandano An⊂ An+1, pensato come sottospazio affine di An+1, in sé stesso (ovveroAn è M -invariante).

6.2.3 Caratterizzazione geometrica delle trasformazioni affini

Sia E uno spazio affine su VKcon dim E = 1: E è una retta affine. Prendiamo tre punti distinti P0, P1, P2 su E; P0 e P1 formano una base di E ed abbiamo quindi che P# «

0P2 = λP# «

0P1, con λ ∈ K: λ si dice rapporto semplice di P0, P1, P2 e si scrive λ = [P0P1P2]. Il rapporto semplice dipende dall’ordine in cui vengono presi i punti e quindi varia per una permutazione di questi: nella tabella sono elencati tutti i casi con tre punti distinti. Ammettiamo adesso che due punti

[P0P1P2] [P1P0P2] [P2P0P1] [P0P2P1] [P1P2P0] [P2P1P0] λ 1 − λ λ−1 λ 1 λ 1 1−λ λ λ−1

siano uguali; avremo tre casi: [P R P ] ⇒ # «

P P = λ# « P R ⇒ λ = 0; [R P P ] ⇒ # « RP = λ# « RP ⇒ λ = 1; [P P R] ⇒P R = λ# « P P ⇒ λ = 1/0# « def = ∞.

Esempio 6.3. Prendiamo E = C e tre punti z0, z1, z2 ∈ E; λ = z2−z0

z1−z0. I tre punti formano un triangolo e quindi il rapporto semplice è un modo di classificare le classi di similitudine dei triangoli orientati: se λ ∈R (λ = λ), z0, z1 e z2 sono allineati ed il triangolo è degenere; se il triangolo è equilatero, λ assume due valori differenti dipendenti dall’orientamento (è il caso con maggior simmetria).

Consideriamo in generale un’applicazione f : E → E: quali condizioni dobbiamo porre affinché f sia un’affinità?

Ovviamente f dev’essere bigettiva e poi deve mandare sottospazi affini in sottospazi affini, pre-servandone le dimensioni: se F ⊆ E è un sottospazio affine, allora f (F ) = F0 è anch’esso un sottospazio affine e f | : F → F0 è un isomorfismo affine; in particolare, f manda rette affini in rette affini e f ristretta ad una retta preserva λ.

46 Cenni di Geometria Affine | cap. 6

Teorema 6.1. Sia f : E → E un’applicazione affine; f ∈ Aff(E) se e solo se valgono le seguenti proprietà:

1. f è bigettiva

2. f manda rette in rette

3. Esiste una retta r tale che f |r preserva il rapporto semplice

L’ultima condizione serve per lavorare in un campo qualsiasi: infatti, se abbiamo f :R2→ R2, f ∈ Aff(R2) se sono verificate solo le prime due proprietà.

Capitolo 7

Quadriche

Definizione 7.1. Una quadrica in An è il luogo di zeri di un polinomio P (x1, · · · , xn) ∈ K[x1, · · · , xn] di secondo grado e si scrive Q(P ) = {P ∈ K2[x1, · · · , xn] | P = 0} ⊆ An. Se n = 2 le quadriche vengono dette anche coniche; noi tratteremo solo questo caso.

Sia P (x1, x2) = a11x2

1+ a22x2

2+ 2a12x1x2+ 2b1x1+ 2b2x2

2+ d, con (a11, a12, a22) 6= (0, 0, 0); data la conica Q(P ), P è detta un’equazione della conica; supponiamo ora che Q(P ) = Q(P0): che relazione c’è fra P e P0?

Cerchiamo delle condizoni necessarie e sufficienti sulle equazioni P e P0 in modo che Q(P ) = Q(P0).

Sia λ ∈K, λ 6= 0 tale che P0= λP ; allora è banalmente ovvio che Q(P ) = Q(P0). L’implicazione contraria non è sempre vera, ma dipende dal campo: siaK = R, P = x2

1+ x2

2= 0 e P0 = 2x2 1+ x2

2= 0, abbiamo che Q(P ) = Q(P0) = {0}, ma P06= λP ; analogamente sia P = x2 1+ x2

2+ 1 = 0 e P0 = 2x2

1+ x2

2+ 1 = 0, abbiamo che Q(P ) = Q(P0) = ∅, ma P06= λP ; se invece K = C allora Q(P ) = Q(P0) ⇔ P0 = λP .

Possiamo considerare [P ] = {P ∈ K[x1, x2]}/P ∼P0⇔P0=λP, λ6=0 e l’applicazione che manda una quadrica Q(P ) nella sua classe d’equivalenza [P ]: suC quest’applicazione è bigettiva, mentre su R no (in realtà è bigettiva solo se consideriamo le coniche Q(P ) che rappresentano curve).

7.1 Classificazione affine

Definizione 7.2. Due quadriche Q e Q0 si dicono affinemente equivalenti se e solo se esiste f ∈ Aff(An) tale che f (Q) = Q0.

Studiamo il quoziente K[x1, · · · , xn]/P ∼P0⇔P0=λ(P ◦f ), f ∈Aff(An), che ci permetterà di giungere ad una classificazione affine delle quadriche.

Cominciamo col notare che l’equazione di una conica P (x1, x2) = a11x21+ a22x22+ 2a12x1x2+ 2b1x1+ 2b2x22+ d si può anche scrivere come

x1 x2a11 a12 a12 a22  x1 x2  + (b1, b2)x1 x2  + d

In generale potremo scrivere P (X) =tXAX +tBX + d, A ∈nKn, A =t

A 6= 0, B, X ∈ Kn: ad ogni quadrica possiamo dunque associare una matrice M

M =  A B tB d  47

48 Quadriche | cap. 7

dove M ∈ n+1Kn+1 tale che tM = M e A 6= 0; notiamo che se prendiamo X ∈ An e lo trasformiamo in Y ∈An+1, Y = X

1 abbiamo che P (X) =tY M Y . Infatti (per n = 2) x1 x2 1   a11 a12 b1 a12 a22 b2 b1 b2 d     x1 x2 1  = x1 x2 1   a11x1+ a12x2+ b1 a12x1+ a22x2+ b2 b1x1+ b2x2+ d  = P (x1, x2) La nostra relazione di equivalenza diverrà allora M ∼ M0 ⇔ M0 = λtRM R, λ 6= 0, con R ∈ Aff(An) ovvero, posto R = P D

0 1, P ∈ GL(n, K), D ∈ Kn, M0= λ  tP 0 tD 1   A B tB d   P D 0 1  = λ  tP 0 tD 1   AP AD + B tBP tBD + d  = = λ  tP AP tP AD +tP B tDAP +tBP tDAD + 2tDB + d 

Notiamo che A varia con la stessa legge di trasformazione dei prodotti scalari e anche l’intera matrice M nella relazione d’equivalenza subisce una trasformazione simile; possiamo allora usare i risultati della classificazione dei prodotti scalari per ottenere una classificazione affine delle quadriche.

Prima di proseguire diamo alcune nozioni che ci torneranno molto utili in seguito:

Definizione 7.3. Sia E uno spazio affine e P ∈ E un suo punto; la simmetria centrale di centro P è la trasformazione affine SP tale che per ogni Q ∈ E, SP(Q) = Q0 implica P = 1

2Q +1 2Q0.

Esempio 7.1. Si verifica facilmente che l’applicazione S0(x) = −x, con x ∈ Kn, corrisponde alla simmetria centrale rispetto all’origine.

Definizione 7.4. M ammette un centro di simmetria P se e solo se la quadrica Q(M ) è inva-riante per SP o, ciò che è lo stesso, P è un centro di simmetria per Q(M ) se e solo se per ogni x ∈ Q(M ), y = 2P − x ∈ Q(M ). In tal caso M si dice a centro.

Osservazione 7.1. Se B = 0 allora nell’equazione non compaiono termini di primo grado e quindi 0 ∈ Kn è un centro di simmetria per la quadrica: infatti y = −x e poiché i termini variabili rimasti sono tutti di secondo grado, si ha che x ∈ Q(M ) ⇔ −x ∈ Q(M ).

Osservazione 7.2. Se M è a centro possiamo spostare l’origine nel centro P ed ottenere B = 0. Infatti, poiché una traslazione si codifica con T = I D

0 1, esisterà una traslazione tale che M0 =tT M T , con B0 = 0.

Possiamo sfruttare queste due osservazioni per stabilire quando una quadrica è a centro oppure no: applicando una pura traslazione a M otteniamo che B0 = AD + B = 0; allora il centro di simmetria sarà rappresentato dalle soluzioni del sistema AX = −B. Per il teorema di Rouché -Capelli sappiamo che questo sistema è risolvibile se e solo se rnk A = rnk(A|B); in particolare, se det A 6= 0, A è invertibile e la soluzione è unica, cioè esiste un unico centro di simmetria per M , mentre, nel caso delle coniche, se rnk A = rnk(A|B) = 1, il centro è rappresentato da una retta.

Abbiamo così trovato un primo invariante per la relazione d’equivalenza: se rnk A = rnk(A|B) allora la quadrica è a centro, altrimenti è senza centro; in questo modo possiamo dividere le quadriche in due grandi classi.

Notiamo che il fatto che il rango sia un invariante non è poi così sorprendente, perché A si comporta a tutti gli effetti (sia per come è definita che per come si trasforma) come un prodotto scalare e in quanto tale possiede gli stessi invarianti (la relazione di equivalenza affine infatti è, a parte un fattore moltiplicativo, la stessa del cambiamento di base dei prodotti scalari). Analizziamo ora separatamente i due casi per n = 2.

§ 7.1 | Classificazione affine 49

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