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Indice di Witt e decomposizione di Witt

Nel documento Appunti di Geometria II Anno 2007 (pagine 32-36)

Sia (V, ϕ) unK-spazio vettoriale di dimensione n su cui è definito il prodotto scalare non degenere ϕ.

Definizione 4.4. Sia Wϕ il più grande sottospazio di V tale che ϕ|W è un prodotto scalare uniformemente nullo. Si definisce indice di Witt del prodotto scalare ϕ il numero

w(ϕ) = dim Wϕ

Non si faccia confusione tra dimensione del radicale (ovvero indice di nullità) e indice di Witt. Ricordiamo anzi che la teoria di Witt si occupa solo di prodotti scalari non degeneri e che in effetti avere un indice di Witt non nullo non è raro per un prodotto scalare. infatti

Osservazione 4.2. w(ϕ) 6= 0 ⇔ ∃ v ∈ V isotropo (ovvero tale che ϕ(v, v) = 0).

Infatti ϕ(v, v) = 0 se e solo se ϕ|Span(v) è un prodotto scalare uniformemente nullo. Definizione 4.5. Se w(ϕ) = 0 allora (V, ϕ) si dice un campo anisotropo

Osservazione 4.3. Se V è unR-spazio vettoriale, (V, ϕ) è un campo anisotropo se e solo se ϕ è definito.

§ 4.5 | Indice di Witt e decomposizione di Witt 31

Ora, prendiamo in considerazione il sottospazio Wϕ, ovvero il più grande sottospazio la cui corrispondente restrizione del prodotto scalare è uniformemente nulla. Per costruzione dim Wϕ= dim Rad(ϕ|Wϕ) = w(ϕ) def= m. Essendo ϕ non degenere, posso applicare a Wϕ il teorema di completamento non degenere che creerà il sottospazio

ˆ

Wϕ= P1⊥ . . . ⊥Pm

Considerando U = ˆWϕ avrò

V = U ⊥P1⊥ . . . ⊥Pm

Lemma 4.3. Dato U = ˆWϕ, (U, ϕ|U) è un campo anisotropo.

Dimostrazione. (per assurdo) Poniamo che U non sia anisotropo, cioè che ∃ u ∈ U tale che u 6= 0, ϕ(u, u) = 0. SiaB = {v1, . . . , vm} una base ortogonale (in effetti per un prodotto scalare nullo, ogni base è ortogonale) di Wϕ e sia Z = Span({u} ∪B). Poichè u è per ipotesi isotropo e per costruzione ortogonale a tutti i vettori di B, ϕ|Z è un prodotto scalare uniformemente nullo; tuttavia dim Z = m + 1 e questo è assurdo perchè per ipotesi Wϕè il più grande sottospazio tale che ϕ| è uniformemente nullo e dim Wϕ= m. Definizione 4.6. Si dice decomposizione di Witt di V rispetto a ϕ una decomposizione di V

in sottospazi ortogonali della forma

V = U ⊥P1⊥ . . . ⊥Ps

dove (U, ϕ|U) è un campo anisotropo e P1, . . . , Ps sono piani iperbolici.

Per le precedenti considerazioni, possiamo concludere che, dati uno spazio vettoriale e un prodotto scalare non degenere definito su di esso, è sempre possibile costruire una decomposizione di Witt con s = w(ϕ).

Definizione 4.7. Data una decomposizione di Witt

V = U ⊥P1⊥ . . . ⊥Ps

U si dice nucleo anisotropo della decomposizione

Teorema 4.4 (unicità delle decomposizioni di Witt). Siano V = U ⊥P1⊥ . . . ⊥Ps= U0⊥P10⊥ . . . ⊥Ps00

due diverse decomposizioni di Witt di V. Allora s = s0 e le due decomposizioni sono com-poste da sottospazi a due a due congruenti (ovvero esiste F ∈ O(ϕ) tale che F (U ) = U0, F (Pi) = Pi0 ∀ i = 1 . . . s).

Dimostrazione. (per assurdo) Poniamo che s > s0. Siano Z = P1⊥ . . . ⊥Ps0, Z0 = P0

1⊥ . . . ⊥P0

s0. Questi sono due sottospazi ognuno dei quali è decomposto in s0 pia-ni iperbolici ortogonali. Poiché tutti i piapia-ni iperbolici sono tra di loro isometrici (è un corollario del lemma sulla forma canonica dei piani iperbolici). Applicando i teoremi di estensione e cancellazione otteniamo che anche Z= U ⊥Ps0+1⊥ . . . ⊥Pse Z0⊥= U0sono isomorfi. Tuttavia, poiché Psè un piano iperbolico, contiene un vettore isotropo non nullo, e un isometria manderebbe tale vettore in un altro vettore isotropo non nullo in Z0⊥= U0, e questo è assurdo perché per ipotesi U0 è per ipotesi un campo anisotropo.

Inoltre tutti i piani iperbolici sono a due a due isometrici, quindi ¯P = P1⊥ . . . ⊥Ps e ¯

P0 = P10⊥ . . . ⊥P0

s sono isometrici; sia g ∈ O(ϕ|P¯) l’isometria che manda ¯P in ¯P0. Allo stesso modo ¯P = U e ¯P0⊥= U0 sono isometrici; sia h ∈ O(ϕ|U) l’isometria che manda U in U0. Siano inoltre πP¯ e πU le proiezioni di V su ¯P e su U rispettivamente. Posso definire f = g ◦ πP¯+ h ◦ πU e questa è banalmente un’isometria (la verifica è analoga a quella effettuata nella dimostrazione del teorema di estensione).

32 La teoria di Witt | cap. 4

Corollario. Il numero di piani iperbolici presenti in una decomposizione di Witt di (V, ϕ) è sempre pari a w(ϕ). Infatti tutte le decomposizioni presentano lo stesso numero di piani iperbolici, e abbiamo già visto che ne esiste una in cui tale numero vale proprio w(ϕ). Si noti che se V è un C-spazio vettoriale, la dimensione del nucleo anisotropo è univocamente determinata dalla dimensione di V : dim P = 0 se dim V è pari, dim P = 1 se dim V è dispari. Questo significa che una decomposizione di Witt di uno spazio V con dim V = 2k rispetto al prodotto scalare non degenere ϕ sarà sempre tale che se scelgo una base iperbolica per ogni piano in cui V è decomposto e le unisco tutte in una baseB di V avrò

MB(ϕ|P) =            0 1 1 0 0 1 1 0 . .. 0 1 1 0           

(dove sono presenti k blocchi del tipo 0 1

1 0 e tutti gli spazi vuoti sono supposti riempiti di 0). Se invece abbiamo dim V = 2k + 1, una decmposizione di V rispetto al prodotto scalare non degenere ϕ sarà sempre tale che se scelgo una base iperbolica per ogni piano in cui V è decomposto e le unisco tutte in una baseB di V insieme a un vettore a norma 1 che faccia da base per il nucleo anisotropo, avrò

MB(ϕ|P) =              1 0 1 1 0 0 1 1 0 . .. 0 1 1 0             

(anche qui sono presenti k blocchi del tipo 0 1

1 0 e tutti gli spazi vuoti sono supposti riempiti di 0).

Come corollario, la dimensione è un invariante completo per la relazione di isometria traC-spazi vettoriali su cui sono definiti prodotti scalari non degeneri, come avevamo già dimostrato (infatti abbiamo appena visto che la dimensione determina univocamente una delle forme della matrice associata, e se in almeno una coppia di basi la matrice associata al prodotto scalare è uguale i due spazi sono isometrici). SuR, l’invariante completo è formato da due numeri e un segno, ovvero (w(ϕ), dim U, σ) dove σ è + se ϕ|U è definito positivo (oppure se dim U = 0) e - se ϕ|U è definito negativo. Questo nuovo invariante è del tutto equivalente a quello “vecchio” trovato in passato, ovvero la segnatura, e infatti possiamo ricavarne uno a partire dall’altro. Abbiamo

   w(ϕ) = min(i+, i) dim U = |i+− i| i+> i⇒ σ = (+) ; i > i+⇒ σ = (−) Come corollario, dueR-spazi vettoriali sono isometrici se e solo se

• sono isomorfi

• hanno lo stesso indice di Witt o la stessa dimensione del nucleo anisotropo (dato che sono isomorfi, l’uguaglianza di uno di questi due implica l’uguaglianza dell’altro)

• il segno con cui le restrizioni dei prodotti scalari ai rispettivi nuclei anisotropi sono definite è lo stesso

Capitolo 5

Forme canoniche di Jordan

La teoria di Jordan che enunceremo qui di seguito ci fornirà un invariante completo per la relazione di coniugio1tra endomorfismi triangolabili. Ricordiamo che se lo spazio di riferimento è costrito su un campo algebricamente completo (comeC) ogni endomorfismo è triangolabile, e quindi per tali spazi la trattazione della relazione di coniugio può considerarsi conclusa.

Vedremo anche come adattare questa teoria al caso di endomorfismi (anche non triangolabili) costruiti sull’altro campo di nostro interesse,R, un adattamento reso possibile dal fatto che R è un sottocampo diC.

Ad ogni modo, prima di dedicarci direttamente alla scomposizione vera e propria, è necessaria un po’ di preparazione.

5.1 Il teorema di decomposizione primaria

Il teorema di decomposizione primaria è molto utile alla teoria delle forme canoniche di Jordan, in quanto grazie ad esso sarà possibile muovere il primo (e probabilmente più importante) passo verso la riduzione al caso nilpotente2.

Sia V unK-spazio vettoriale e sia f ∈ End(V ).

Teorema 5.1 (decomposizione primaria). Sia I(f ) def= {p ∈ K[x] tali che p(f ) = 0} l’ideale di f . Sia p ∈ I(f ) e siano p1, p2, . . . , pk dei polinomi a due a due coprimi (ovvero ∀ i 6= j, MCD(pi, pj) = 1) tali che p1p2. . . pk = p. Sia Wi

def

= Ker Pj(f ). Allora ogni Wj è f -invariante e W1⊕ W2⊕ . . . ⊕ Wk = V .

Dimostrazione. Dimostrare che i sottospazi sono f -invarianti è semplice: infatti sia v ∈ Wi; per costruzione [pi(f )] (v) = 0. In tal caso è facile dimostrare che f (v) ∈ Wi, perché tutti gli endomorfismi creati calcolando polinomi nello stesso endomorfismo commutano, e f può es-sere considerato l’endomorfismo creato calcolando il polinomio q(x) = x nell’endomorfismo f stesso. Avremo quindi

[pi(f )] (f (v)) = [pi(f ) ◦ f ](v) = [f ◦ pi(f )](v) = f ([pi(f )](v)) = f (0) = 0 e quindi f (v) ∈ Ker pi(f ) = Wi.

Per dimostrare che la somma dei Wi dà l’intero spazio di partenza, utilizzeremo l’induzione

1Ricordiamo che due endomorfismi f e g si dicono coniugati se esiste un automorfismo h tale che g = h−1◦f ◦h; visto che le matrici quadrate n × n sono a loro volta endomorfismi diKn, due matrici quadrate A, B possono a loro volta essere coniugate, se ne esiste una quadrata invertibile della stessa taglia M tale che B = M−1AM , e in tal caso tali matrici si dicono simili ; ricordiamo inoltre che due endomorfismi sono coniugati (o due matrici simili) se e solo se esistono due basiB e D tali che MB

B(f ) = MDD(g). 2Un endomorfismo f si dice nilpotente se Spettro f = {0}

34 Forme canoniche di Jordan | cap. 5

sul numero di fattori coprimi.

Passo base: poniamo che il polinomio dell’ideale p sia stato scomposto in 2 soli fattori coprimi, p1 e p2. Essendo tali fattori, appunto, coprimi, MCD(p1, p2) = 1. Per l’identità di Bézout esisteranno due polinomi a, b tali che MCD(p1, p2) = 1 = a(x)p1(x) + b(x)p2(x) ovvero, calcolando nell’endomorfismo f , id = a(f )p1(f ) + b(f )p2(f ). Ricordiamo che V = W1+ W2 implica che ∀ v ∈ V ∃w1 ∈ W1, w2 ∈ W2 tali chev = w1+ w2 e calcoliamo l’espressione precedente in un generico vettore di V , v, ottenendo

v = [a(f ) ◦ p1(f ) + b(f ) ◦ p2(f )](v) = [a(f ) ◦ p1(f )](v) + [b(f ) ◦ p2(f )](v) (5.1) Si noti infine che p ∈ I(f ) ⇒ p(f ) = 0 e quindi, utilizzando sempre la commutatività dei polinomi calcolati nello stesso endomorfismo,

p2(f )( [a(f ) ◦ p1(f )](v) ) = a(f )( [p2(f ) ◦ p1(f )](v) ) = a(f )( [p(f )](v) ) = a(f )(0) = 0 p1(f )( [b(f ) ◦ p2(f )](v) ) = b(f )( [p1(f ) ◦ p2(f )](v) ) = b(f )( [p(f )](v) ) = b(f )(0) = 0 e quindi w2def= [a(f )◦p1(f )](v) ∈ Ker p2(f ) = W2, w1def= [b(f )◦p2(f )](v) ∈ Ker p1(f ) = W1 e, per la (5.1), v = w1+ w2, e tanto basta per dimostrare che W1+ W2= V .

Per dimostrare che la somma è diretta, ovvero che W1 ∩ W2 = {0}, consideriamo u ∈ W1∩ W2⇒ [p1(f )](u) = [p2(f )](u) = 0. Ma in tal caso per la (5.1) abbiamo

u = a(f )([p1(f )](u)) + b(f )([p2(f )](u)) = a(f )(0) + b(f )(0) = 0 e tanto basta per dimostrare che W1⊕ W2= V .

Passo induttivo: Sia k > 2 il numero di fattori coprimi in cui il poliomio dell’ideale p è stato scomposto, e poniamo come ipotesi induttiva che la tesi valga per k − 1 fattori. Sia W = Ker(p1p2. . . pk−1(f )). Si noti che r(x) = p1p2. . . pk−1(x) ∈ I(f |W) per costruzione (infatti per come è definito W , ∀ w ∈ W [r(f )](v) = 0). Inoltre W è f -invariante (in quanto somma di sottospazi f -invarianti) e quindi possiamo considerare f |W come un endomorfismo di W e r come un polinomio del suo ideale scomposto in k − 1 fattori, e applicare ad esso l’ipotesi induttiva ottenendo W = Ker(p1p2. . . pk−1(f )) = W1⊕ . . . ⊕ Wk−1. Per ipotesi p = p1. . . pk−1pk = rpk ∈ I(f ), e r e pk sono due fattori coprimi (r è coprimo a pk in quanto prodotto di polinomi ognuno coprimo a pk) in cui p è scomposto. Posso trattare questi due fattori come visto nel passo base, ottenendo V = Wk⊕Ker r(f ) = Wk⊕ W . Ma come visto prima,W = W1⊕ . . . ⊕ Wk−1e quindi

V = W1⊕ . . . ⊕ Wk−1⊕ Wk

che è proprio la tesi cercata.

Nel documento Appunti di Geometria II Anno 2007 (pagine 32-36)

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