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CARCINOMA TIROIDEO IN CARENZA O ECCESSO DI IODIO

Nel documento IODIO E CARCINOMA TIROIDEO (pagine 38-62)

Lo iodio è un microelemento essenziale che influenza la funzione della ghiandola tiroidea e gioca un ruolo vitale sulla salute dell’organismo come nella crescita, nello sviluppo degli organi e del metabolismo.

Nonostante gli effetti dello iodio sul cancro alla tiroide siano controversi e rimanga ad oggi sconosciuto se lo iodio promuova o prevenga la progressione di questo tipo di carcinoma, risulta improbabile che i fattori genetici possano da soli spiegarne l’allarmante aumento del numero di casi.

L’introduzione della iodoprofilassi nelle popolazioni iodio-carenti è stata correlata ad una riduzione del rischio di malattie collegate alla carenza di iodio, come l’ipotiroidismo spontaneo manifesto (59) e il carcinoma follicolare della tiroide. Ciò suggerisce come la carenza di iodio potrebbe essere associata ad un’alta frequenza del FTC. (92).

Allo stesso tempo però, sempre in seguito all’ introduzione della iodinizzazione del sale si è potuto osservare un incremento della prevalenza di PTC, istotipo predominante, e di caratteristiche istologiche neoplastiche più aggressive come quelle che portano metastasi ai linfonodi.

In generale quindi, la carenza cronica di iodio e la persistenza di gozzo endemico in alcune aree sono associati ad un incremento del rischo di cancro tiroideo follicolare, mentre un intake di iodio mantenuto cronicamente alto potrebbe aumentare il rischio del cancro tiroideo di tipo papillare.(93)

L’ipotesi di un’associazione tra l’intake di iodio e il rischio di cancro alla tiroide è nata da risultati di studi sperimentali eseguiti su animali, i quali mostrano come animali sottoposti a regime alimentare povero di iodio fossero più propensi allo sviluppo del cancro follicolare con la prevalenza del 18% sugli animali femmina.(94)

38 CARENZA:

L’assunzione di iodio con la dieta è insufficiente in più di 2miliardi di persone nel mondo e la carenza da iodio è uno dei principali argomenti dibattuti in termini di salute pubblica.

La biologia della carcinogenesi tiroidea contribuisce a definire il ruolo dello iodio nella genesi o sviluppo del TC:

l’oncogenesi del carcinoma tiroideo è un fenomeno organizzato in una serie di steps la cui architettura tissutale neoplastica si compone di cloni di cellule con un tasso di crescita aumentato rispetto al resto della lesione. Differentemente da molte altre cellule altamente specializzate, le cellule tiroidee non sono differenziate in maniera irreversibile nel livello terminale. Di conseguenza, quando proliferano in risposta ad alcuni segnali di crescita, perdono temporaneamente l’abilità di concentrare lo iodio e sintetizzare tireoglobulina. Stimoli di crescita non regolati associati a trasformazioni maligne possono contribuire alla perdita delle funzioni di differenziazione della tiroide e tutte le condizioni che favoriscono il prolungarsi della stimolazione della proliferazione cellulare possono facilitare la trasformazione in lesioni pre-maligne. (93)

Uno studio riporta come lo iodio possa indurre una maggiore incidenza del carcinoma papillare (95), mentre Liu XH et al. (96) dimostrano come lo iodio possa indurre apoptosi e prevenire la progressione del cancro alla tiroide.

E’ evidente quindi come lo iodio possa giocare un duplice ruolo nella proliferazione e apoptosi delle cellule tumorali della tiroide.

Un recente studio condotto in vitro (97) individua i meccanismi molecolari dietro a questo fenomeno, eseguendo una serie di esperimenti che utilizzano cellule affette da cancro alla tiroide, precisamente cellule a linee continue di PTC BCPAP (BRAFV600E positive), trattate con iodio a diverse concentrazioni e dai quali emerge che al confronto con il gruppo controllo, si può notare come una dose molto alta di iodio (1.0x10-3 mol/L) inibisca la proliferazione e

promuova l’apoptosi cellulare mentre una dose molto bassa (1.0x10-4-1.0x10-8

mol/L) mostra effetti opposti di promozione della proliferazione e inibizione dell’apoptosi. In particolare aumenta significativamente la proliferazione delle cellule incubate con iodio a 1.0x10-6 mol/L. lo studio sperimentale suggerisce

quindi come dosi troppo basse di iodio potrebbero essere sfavorevoli per i pazienti affetti da cancro alla tiroide. D’altra parte nei pazienti ad alto intake di iodio affetti da TC, sarebbe opportuna una restrizione dell’apporto poichè può causare un‘accelerazione alla progressione del tumore.

La carenza cronica di iodio sembra essere un fattore di rischio non solo per il cancro tiroideo di tipo follicolare ma anche di quello anaplastico. A tal

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proposito uno studio effettuato su popolazione slovena evidenzia una diminuzione dell’incidenza di ATC dopo la iodazione del sale e un’aumento dell’età dei soggetti affetti da ATC nel periodo di maggiore iodazione del sale, rispetto al periodo in cui si registrava una quantità di iodio più bassa. (98). L’insufficienza di iodio causa un aumento di dimensioni della tiroide (gozzo) che si caratterizza anche per la formazione di nuovi vasi. I fattori di regolazione angiogenetica nella tiroide non sono ancora stati ben chiariti, ma alcuni fattori come IGF e FGF elaborati dalla tiroide sembrano indurre neovascolarizzazione e stimolazione per la sintesi di molecole di adesione che supportano la crescita della tiroide. (99)

Nel 2012 Gerard et al. (100) propongono uno studio che suggerisce come la carenza di iodio favorisca il cancro alla tiroide attraverso una reazione angiogenetica indotta dal fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF).

Risulta quindi evidente che anche il ruolo della carenza dello iodio nell’insorgenza del carcinoma tiroideo non sia attualmente ancora ben definito. Si è visto che la carenza di iodio, portando ad una diminuzione della produzione degli ormoni tiroidei T3 e T4, potrebbe comportare una stimolazione tiroidea cronica da parte del TSH, il quale indurrebbe ipertrofia e iperplasia delle cellule follicolari tiroidee, rivestendo un ruolo patogenetico probabilmente indiretto. Ciò si basa sul principio secondo il quale una popolazione cellulare in attiva proliferazione, come quella di una tiroide cronicamente stimolata dall’ormone tireotropinico ipofisario, venga esposta, probabilisticamente, ad un maggiore rischio di eventi mutageni. Tali mutazioni possono coinvolgere, anche ripetutamente, proto-oncogeni e geni oncosoppressori innescando così il processo carcinogenico e contribuendo poi al mantenimento di questo.(101) Oltre all’aumento della stimolazione del TSH, un inadeguatamente basso livello di iodio potrebbe essere responsabile anche dell’aumento della proliferazione di fattori di crescita come l’EFG (epidermal grow factor), la cui sovraespressione viene indagata come responsabile dello sviluppo del gozzo nonchè dell’aumento e dell’invasione di cellule tiroidee differenziate cancerogene (102). Regolatori di crescita delle cellule tiroidee come EFG e bFGF (basic fibroblast grow factor) vengono sintetizzati all’interno della tiroide e inducono la proliferazione nelle cellule tiroidee comportando la perdita di differenziazione e specializzazione delle specifiche funzioni tiroidee.

All’insufficiente intake di iodio viene correlata anche la diminuzione del TGFβ1 (fattore di crescita trasformante beta), un fattore di controllo della proliferazione delle cellule tiroidee. (103). E’ dimostrata una significativa

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diminuzione dell’espressione di questo tipo di fattore di crescita nei carcinomi tiroidei ma non negli adenomi. Questo studio suggerisce come la riduzione dell’effetto inibitorio di TGFβ1 giochi un ruolo importante nella progressione del carcinoma tiroideo umano. Al contrario la presenza di iodio aumenta la produzione di TGFβ1. (104)

Nel momento in cui una popolazione si sposta da uno stato di severa insufficienza di iodio ad una più moderata per poi diventare sufficiente, si può notare una traslazione, transiente, che va da un eccesso di ipotiroidismo ad un eccesso di ipertiroidismo, a cui segue poi un piccolo spostamento indietro verso un leggero ipotiroidismo subclinico. (105)

Un’insufficienza severa di iodio causa ipotiroidismo perchè, nonostante un aumento dell’attività della tiroide per massimizzare l’uptake e il riciclo dello iodio, la concentrazione dello iodio rimane troppo esigua per il mantenimento della produzione degli ormoni tiroidei. Nei casi di insufficienza lieve o moderata invece, la tiroide è in grado di compensare l’apporto deficitario incrementando la sua attività. La carenza di iodio innesca infatti la secrezione del TSH da parte dell’ipofisi e aumenta l’espressione del simporto sodio-iodio al fine di massimare l’uptake di iodio all’interno delle cellule.(105). La tiroide quindi mantiene la produzione degli ormoni tiroidei ma ad un costo: in alcuni individui la stimolazione cronica della tiroide porta alla comparsa di nodularità e autoimmunità. In situazioni di carenza da leggera a moderata, la concentrazione di tireoglobulina sierica e le dimensioni della tiroide generalmente aumentano anche se i livelli di THS, T3 e T4 rientrano spesso nella normalità.(106). L’aumento di nodularità aumenta di conseguenza il rischio di ipertiroidismo, ma in maniera temporanea, poichè, come viene normalizzata l’attività della tiroide con un intake di iodio sufficiente, nel lungo termine, nodularità e autoimmunità si riducono.

In conclusione, incrementare l’intake di iodio nelle popolazioni con severa insufficienza è essenziale per ridurre la prevalenza dell’ipotiroidismo e minimizzare il rischio di danni cerebrali al feto.

Aumentare l’intake di iodio nelle popolazioni con insufficienza lieve è necessario per ridurre la prevalenza del gozzo, tiroidite autoimmune e tireotossicosi nell’adulto ed aumentare il QI nei bambini (107). Questi benefici si ottengono a costo di un piccolo aumento della prevalenza nell’ ipotiroidismo subclinico nell’adulto, ma è un aumento facilmente correggibile e può essere minimizzato evitando apporti di iodio eccessivi nella popolazione. (108). Di conseguenza, il programma di iodazione del sale dev’essere accuratamente monitorato per garantire un adeguato intake di iodio nella popolazione in

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generale, per le donne in gravidanza e i bambini, evitando attentamente il rischio di eccessi.

ECCESSO:

Sebbene i meccanismi biologici dello sviluppo del PTC associato all’esposizione allo iodio non siano ancora stati chiariti, studi epidemiologici e dati sperimentali suggeriscono un’associazione tra elevata esposizione allo iodio e PTC, soprattutto nelle aree ad alta assunzione di iodio. (109);(110)

Una metanalisi elaborata nel 2016 (111), utilizzando i sopra citati criteri di misurazione dell’esposizione allo iodio, si è posta lo scopo di comparare, in 16 diversi studi, i diversi gradi di esposizione allo iodio in gruppi di pazienti con PTC e in gruppi controllo. Ne è emerso che, eccezion fatta per un piccolo sottogruppo non statisticamente significativo per il quale viene riscontrata una associazione inversa tra alto intake di iodio (rilevato da indagini alimentari) e problematiche da PTC, in generale si riscontra un’evidenza statisticamente significativa di un livello maggiore di esposizione allo iodio nei gruppi PTC rispetto a quelli controllo. Questa tendenza viene sottolineata sia dai livelli urinari di iodio (maggiori nei gruppi PTC), sia dalle variazioni dei livelli di iodio in base alle regioni (più pronunciata nelle regioni ad alta concentrazione di iodio), sia da studi focalizzati sulla iodizzazione del sale.

Una forte associazione tra alti livelli urinari di iodio e noduli tiroidei nonchè PTC viene fornita dallo studio di Wang F et al. (112) il quale suggerisce l’alto livello di iodio urinario come fattore di rischio indipendente per il cancro alla tiroide. Secondo questo studio in 154 pazienti affetti da nodulo alla tiroide, comparati con 306 casi controllo, l’eccesso dei livelli di iodio (mediana iodio urinario:MUI:300>µg/L) si è riscontrato nel 62,75% dei pazienti con noduli benigni alla tiroide e nel 66,99% dei pazienti con PTC, entrambi i casi percentuali significativamente più elevate di quelle riscontrate nel gruppo controllo:19,93%. Maggiore risulta anche lq quntità di MUI nei pazienti con PTC e metastasi ai linfonodi rispetto ai pazienti con PTC ma senza metastasi ai linfonodi. E ancora, il livello di iodio urinario nei pazienti con cancro alla tiroide di stadio III e IV è risultato significativamente più alto di quello dei pazienti di stadio I e II.

La Cina era uno dei Paesi ad alta prevalenza di disturbi dati dall’insufficiente apporto di iodio (IDDs) (113). Il programma di iodinizzazione universale del sale

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(USI) è stato applicato in Cina dal 1995 e da allora le IDDs sono state per lo più eliminate entro il 2005. (114).

In seguito al cambiamento del livello di iodio nella popolazione negli ultimi anni si è potuto assistere ad un improvviso incremento dell’incidenza del cancro alla tiroide (PTC), in particolare il microcarcinoma tiroideo papillare (PTMC) apprezzabilmente cresciuto nelle ultime decadi, laddove la mortalità invece è costantemente diminuita nella maggior parte del mondo. (115) Un’analisi statistica suggerisce che la prevalenza di noduli alla tiroide sia cresciuta in Cina dall’ 11% (dal 1999al 2001) al 24,4% (dal 2002 al 2014) dopo l’implementazione del programma di iodinizzazione universale del sale. (116). Ciò suggerirebbe la promozione di manifestazioni nodulari tiroidee causate dall’intake elevato di iodio.

Il ruolo dello iodio nelle problematiche tiroidee è tutt’ora critico e le conclusioni che conseguono gli studi in merito all’argomento risultano difficilmente consistenti, per questo motivo diventa importante prestare molta attenzione a quello che è il valore prognostico dello iodio per il rischio di cancro alla tiroide. L’incongruenza tra i diversi studi può derivare dalle diverse classificazioni dello iodio dal punto di vista nutritivo, da analisi congiunte dei due generi, esaminazioni di soggetti di età differenti o classificati in range di età diverse così come campionamenti differenti. Da quando i noduli tiroidei sono diventati una problematica clinica comune e il gozzo nodulare concorre alla maggior parte di essi, si è iniziato a sostenere come strategicamente importante tenere monitorato lo stato nutrizionale dello iodio nella popolazione.

Volendo esaminare gli studi più recenti, laddove una metanalisi del 2017 (117) mostra come un alto intake di iodio (>300 µg/day) abbia addirittura effetti protettivi contro il cancro alla tiroide, Kim et al. (118) nello stesso anno trovano una positività di associazione tra livelli di iodio relativamente bassi o al contrario eccessivi e PTC, in aree ad alto contenuto di iodio.

Uno studio di H. Zhao et al. (119) esaminando 2041 pazienti con noduli tiroidei e PTC trattati chirurgicamente alla tiroide per la prima volta (da novembre 2013 a marzo 2015) evidenzia come nonostante non siano presenti differenze statisticamente significative nel livello urinario di iodio tra i pazienti con NG e PTC, gli effetti iodio sulle caratteristiche clinicopatologiche di questo tipo di tumore rimanga ancora da spiegare.

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Considerando ad esempio lo stato dello iodio relativamente alla quantità e alla grandezza dei tumori PTC analizzati, si può notare come i pazienti femmine con caratteristiche di multinodularità presentino MUI molto più elevati di quelli con noduli singoli e i pazienti, di entrambi i generi, con tumore ≥ 1cm abbiano un MUI significativamente più elevato di quelli con tumori < di 1cm. Il livello di intake di iodio più che adeguato viene quindi correlato ai tumori più estesi nelle donne.

Inoltre nei soggetti femmine il livello di iodio definito insufficiente rispetto a quello considerato adeguato, risulta essere associato inversamente con la multinodularietà, laddove il livello più che adeguato risulta essere positivamente associabile con l’aumento del rischio di tumori di grandezza maggiore. In questo studio non vengono riportate associazioni nei pazienti maschi con PTC e stato dello iodio.(119).

In seguito, valutando l’effetto dello iodio sulle caratteristiche clinico patologiche dei noduli tiroidei tra i pazienti con gozzo nodulare (NG) si può notare come i pazienti con noduli ≥ 1cm abbiano un livello di MUI significativamente più alto dei pazienti con noduli < 1cm sia nei maschi che femmine.

L’intake di iodio più che adeguato ed eccessivo, paragonato a quello adeguato, viene quindi associato l’aumento del rischio di sviluppare noduli di dimensioni maggiori.

Lo studio evidenzia inoltre che la distribuzione dello stato nutrizionale dello iodio in questi pazienti con NG è più che adeguato ed eccessivo per il 49,7% nei maschi e 42% nelle femmine, mentre l’insufficienza compare più frequentemente nelle donne (19,3%) piuttosto che negli uomini (9,7%).(119) . Ciò significa che quasi la metà dei pazienti con noduli tiroidei hanno un intake di iodio più che adeguato o eccessivo e che l’insufficienza dell’apporto di iodio oltre a colpire più le donne, non è infrequente.

Alla luce di questi risultati e considerando gli esiti di uno studio precedente, (120) il quale sottolineava la mancanza di differenze significative tra i livelli di UIC dei pazienti con PTC e casi controllo sani con tiroide normale, gli autori presuppongono correlabile ad un alto intake di iodio un possibile ruolo nello sviluppo del PTC piuttosto che nella sua oncogenesi.

Lo studio di Zhao et al. del 2019 (121) si propone di verificare l’associazione tra l’intake di iodio e il rischio di PTC così come le sue caratteristiche clinicopatologiche date dalla progressione di PTC: metastasi linfonodale

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centrale (CLNM). Secondo questo studio i livelli di iodio più che adeguato ed eccessivo non possono essere associati al rischio di PTC nella popolazione in generale e nei pazienti con noduli tiroidei (NG). Ciò viene dedotto dalla non significativa differenza di UIC osservata tra pazienti con PTC ed NG. Dal momento che sia l’insufficienza che l’alto livello di intake di iodio sono associati ad episodi di disturbi tiroidei (122), lo studio di Zhao et al.2019 si pone come obiettivo anche quello di valutare l’effetto della carenza di iodio sull’oncogenesi di PTC. I dati raccolti e analizzati portano a suggerire come l’insufficienza dell’apporto di iodio non possa essere associata al rischio di PTC nelle donne. In entrambi i generi non vi è correlazione con CLNM di PTC poichè non si riscontrano differenze di MUI tra i pazienti con o senza CLNM, si è riscontrato però un aumento di MUI fino al livello “eccessivo”nelle femmine con CLMN una volta definito questo ≥2 rispetto ai pazienti senza CLNM, per questo viene considerata un’associazione tra i due eventi se pur marginale. Oltretutto l’assunzione eccessiva di iodio tra le pazienti femmine affette da PTC viene associata ai tumori di dimensioni maggiori (quelli > di 1cm) e all’invasione capsulare (tumore che invade la capsula tiroidea senza penetrarla).

Ciò suggerisce una correlazione tra elevata assunzione di iodio e progressione sia di PTC che delle caratteristiche clinicopatologiche di questo tipo di carcinoma nelle donne, nonchè il fatto che i soggetti femmine siano più sensibili all’esposizione allo iodio rispetto ai maschi dal momento che, nel genere maschile, l’assunzione dello iodio non sembra essere associato alla nascita e progressione di PTC. Questi risultati suggeriscono che un alto intake di iodio potrebbe avere un ruolo non tanto nell’oncogenesi quanto nella promozione dello sviluppo di PTC nel genere femminile.

Nell’investigazione dei fattori genetici numerosi studi hanno selezionato potenziali fattori prognostici del cancro alla tiroide come la mutazione del gene BRAF. (123). Studi recenti si sono focalizzati sul tasso di mutazione del gene BRAFV600E presente su campioni di tiroide affetti da PTC archiviati per 15 anni, periodo in cui il cancro papillare della tiroide è raddoppiato. Analizzando i cambiamenti clinici, patologici e molecolari presenti nelle cellule tiroidee affette da PTC nel corso di questo periodo gli autori hanno concluso che la mutazione del gene BRAFV600E risulta sempre crescente nel cancro papillare della tiroide (88% di positività al BRAF V600E in campioni analizzati negli anni 2001-2005 rispetto ad esempio al 43% negli anni 1996-2000, P<.001) e può quindi contribuire all’aumento dell’incidenza del TC (124).

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Secondo alcuni studi condotti in China (125) e più recentemente in Polonia (126) un elevato intake di iodio può essere un fattore di rischio per le mutazioni del gene BRAF in particolare del BRAFT1799A e del BRAFV600E in quanto si è registrata una prevalenza di queste mutazioni in regioni molto ricche di iodio. Inoltre i dati suggeriti da questi studi confermano i risultati di studi precedenti i quali evidenziano come in queste aree il 97% dei TC fossero PTC e la mutazione del gene BRAF fosse presente in più dell’80% dei casi. (127;128). A conferma di ciò si uniscono due studi recenti effettuati sulla popolazione Coreana e Giapponese/Vietnamita.

Nel primo (129) viene dimostrato che, su una popolazione a cronico consumo di cibi ricchi di iodio come quella Coreana, le mutazioni del gene BRAF nei casi di PTC risultavano più frequenti sia nei soggetti affetti da carenza (urinary iodine concentration, UIC<300 µg/L) che da eccesso (UIC> 500µg/L) di intake di iodio paragonati al gruppo con UIC 300-499 µg/L.

Nel secondo invece (130) si comparano analisi molecolari dettagliate di casi di PTC e FTC in Paesi ricchi di iodio come il Giappone o carenti come il Vietnam e dai risultati si evince come non vi siano significative differenze di alterazioni genetiche nei casi di DTC delle due Regioni esaminate, concludendo che l’intake di iodio non influenzi la presenza di mutazioni nei pazienti con cancro alla tiroide, sottolineando come il meccanismo alla radice dell’oncogenesi del PTC correlata all’alto intake di iodio sia ancora da chiarire.

Va riportato inoltre che i numerosi studi prospettici EPIC (European Prospective

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