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Il carico assistenziale nelle famiglie e le reti sociali

La malattia cronica costituisce un evento critico che difficilmente può essere considerato come puramente individuale; si creano, infatti, difficoltà profonde non solo per chi riceve la diagnosi ma anche per gli altri membri della famiglia, in modo particolare per chi, fra questi, assume il compito di prendersi maggiormente cura del paziente (Weinberg et al., 2007). Rocchi et al. (2006) sottolineano, infatti, come sia raro

52 che il paziente sia solo nella malattia, dato che tutta la famiglia risente immediatamente delle conseguenze: la malattia, infatti, costituisce un evento critico che costringe il gruppo familiare a dover rivedere l’equilibrio tra i bisogni di ciascun membro, a ristrutturare i pattern comportamentali e relazionali ed a riorganizzarsi internamente al fine di favorire i processi di coping e di adattamento (Fiese, 2006). Anche secondo Biegel et al. (1994) la convivenza con un familiare affetto da disturbi mentali può, infatti, compromettere il benessere degli altri membri, in quanto può richiedere un’assistenza continua, una cura prolungata e una riorganizzazione delle interazioni e dei ruoli familiari.

Diversi autori, a questo proposito, definiscono l’esperienza di vivere con una malattia cronica come “un viaggio sulle montagne russe”, contrassegnato sia da una serie di alti e bassi dal punto di vista della salute fisica, sia da cambiamenti di umore, anche repentini, che vanno dalla speranza alla completa rassegnazione (Boss & Couden, 2002).

La convivenza con la malattia mentale richiede al malato e al caregiver una capacità di adattamento continua, in relazione all’evoluzione della malattia medesima. Il

caregiver e il paziente devono conoscere le caratteristiche della patologia per imparare a

gestirla e per non subirla passivamente. Quando l’insorgenza della malattia è acuta, i cambiamenti affettivi e pratici sono compressi in un breve periodo di tempo, che richiedono una rapida mobilitazione dell’organizzazione familiare. Le famiglie hanno quindi bisogno di essere aiutate a tollerare il carico emotivo della situazione, avere dei ruoli flessibili e risolvere il problema in modo efficace, aiutati anche dalle risorse esterne. Quando invece la patologia presenta fasi acute e fasi di remissione, le quali si alternano frequentemente, le famiglie sono in tensione a causa della persistente incertezza di quando si verifica una recidiva. Per gestire questa situazione è richiesta flessibilità familiare, organizzazione e capacità di problem solving (Rolland, 2012).

Il carico familiare è un costrutto complesso da definire; Awad & Voruganti (2008) distinguono il carico in oggettivo e soggettivo. Il carico oggettivo riguarda i sintomi presentati dai pazienti, le caratteristiche comportamentali e socio-demografiche, i cambiamenti nella routine familiare, nelle relazioni sociali e nel lavoro, lo stato di salute fisica; mentre il concetto di carico soggettivo, fa riferimento all’impatto emotivo, psicologico e fisico del disturbo sul caregiver e implica la presenza di vergogna,

53 imbarazzo, senso di colpa e auto-biasimo nei familiari (Alpi et al., 2008). Molti autori affermano che le famiglie con un membro affetto da disturbo mentale percepiscono un numero elevato di stress e hanno moderati livelli di carico assistenziale (Biegel et al., 1994).

Solitamente, il carico è maggiore in relazione alla severità dei sintomi, al senso di colpa e alle conseguenze del disturbo percepite dai caregiver sulla loro vita e su quella del paziente, e il carico oggettivo aumenta invece con il prolungarsi del disturbo (Alpi et al., 2008). Numerosi studi documentano gli effetti del caregiving nei confronti di un membro della famiglia affetto da disturbi mentali e ne consegue che diversi fattori concorrono ad aumentarne il carico assistenziale, il quale ha effetti nocivi sulla salute del caregiver, sul benessere, sul tempo libero e la socializzazione, oltre ad aumentarne il rischio di ospedalizzazione (Moller-Leimkuhler & Wiesheu, 2011).

Al contrario, l’esperienza di caregiving viene valutata positivamente, con una riduzione dello stress e della sofferenza, qualora si percepisca una possibilità di controllo sulla malattia, la presenza di supporto emotivo e si usino strategie di coping attive (Alpi et al., 2008). La convinzione nella famiglia di essere un agente attivo rispetto al controllo del proprio destino e degli eventi restituisce alla famiglia un senso di auto-efficacia, il quale incrementa comportamenti efficaci di coping. Questi ultimi sono strategie che la famiglia attiva per: acquisire risorse non ancora disponibili, riutilizzare quelle già esistenti, cambiare il modo di vedere gli eventi stressanti in funzione della capacità di problem solving e inserirsi in una rete sociale che fornisca sostegno. Le modalità efficaci di coping familiare testimoniano un comportamento di adattamento attivo, diminuiscono la vulnerabilità e rafforzano la coesione e la flessibilità (D’Arrigo et al., 2010).

La rappresentazione cognitiva delle malattie mentali e le abilità di coping nei familiari possono quindi avere un peso rilevante nella valutazione del carico percepito dal caregiver, soprattutto nelle fasi precoci della malattia. Gli esiti individuali e familiari del carico assistenziale dipendono anche dalla motivazione e dalla capacità del paziente di aderire al trattamento e alla farmacoterapie, dal livello di emotività espressa nell’ambiente familiare (Alpi et al., 2008). A sua volta il carico assistenziale e l’emotività espressa dal caregiver possono intervenire nell’aderenza del paziente al trattamento e ad aumentare di conseguenza il rischio di ricadute. Infatti le famiglie che

54 riportano più alti livelli di carico assistenziale presentano alti livelli di coinvolgimento emotivo rispetto alle famiglie che presentano un livello di carico assistenziale più basso; inoltre i pazienti, sia bipolari, sia psicotici, che hanno familiari più coinvolti emotivamente, sono meno aderenti alle terapie e presentano maggiori ricadute, in quanto l’atteggiamento critico ed intrusivo dei familiari contribuisce ad aumentare lo stress dell’ambiente domestico (Perlick et al., 2004). Anche secondo Addington et al. (2003) l’alta emotività espressa può essere considerata predittiva del tasso di ricadute e della severità della schizofrenia. Infatti mentre i familiari con bassa emotività espressa fungono da fattore di protezione, quelli ad alta emotività sviluppano interazioni familiari stressanti che incidono sulla vulnerabilità bio-psicologica dell’individuo incrementando la probabilità di ricadute e il corso del disturbo (Alpi et al., 2008).

I caregiver di un paziente psichiatrico vivono uno stress considerevole e costante, con assidue preoccupazioni riguardanti la salute fisica dei parenti, e il loro benessere mentale può risultarne seriamente compromesso. I caregiver di pazienti con disturbi bipolari e depressivi sperimentano, però, livelli di carico assistenziale più basso rispetto ai caregiver di pazienti psicotici, inoltre il carico assistenziale maggiore è sperimentato quando il caregiver è il partner (Cuijpers & Stam, 2000).

Tra i sottosistemi familiari, è comunque la relazione di coppia a risentire maggiormente della malattia: sono soprattutto i partner a condividere molti dei problemi fronteggiati dai pazienti, inclusi i cambiamenti nel ruolo, nelle abitudini di vita e nella relazione stessa e, spesso, sono loro ad assumere il ruolo di caregiver (Beanlands et al., 2005). Quando è il partner ad assolvere il ruolo di caregiver ci sono forti cambiamenti nei modelli di relazione e, spesso, entrambi i membri della coppia si trovano ad assumere nuovi compiti e ruoli; inoltre, le richieste connesse alla malattia possono modificare la percezione che il coniuge sano ha del matrimonio, insieme alla gestione dell’intimità sessuale ed emotiva (Janssen et al., 2008).

Anche il supporto sociale può essere considerato come un fattore protettivo della salute nei caregiver di pazienti con disturbi mentali, infatti i caregiver percepiscono un carico assistenziale generalmente moderato, ma esso si associa a problemi nella comunicazione familiare, e a un decremento dei livelli di supporto sociale percepito (Moller-Leimkuhler & Wiesheu, 2011; Perlick et al., 2007).

55 Il supporto percepito dalla rete sociale, influenza il carico assistenziale, Roth, Dooley & Catalano (1991) hanno riscontrato che soprattutto nelle donne che sperimentano il

caregiving, lo scarso supporto proveniente dalla rete sociale può essere un fattore di

vulnerabilità per l’insorgenza di umore depresso. La mancanza di supporto familiare è un fattore predittivo di umore depresso solo nelle donne; mentre la mancanza di supporto sociale proveniente dalle amicizie incide sul livello di soddisfazione (Walen & Lachman, 2000).

Saunders (2003) ha riscontrato che di fronte alle sfide della malattia mentale, i familiari tendono a cercare prima il sostegno di altri membri della famiglia, poi da amici intimi e infine cercano supporto da altre famiglie che affrontano sfide simili. Partecipare a un gruppo di sostegno sociale riduce l’isolamento e fornisce ai familiari l’acquisizione di conoscenze sulla malattia mentale, permette ai caregiver di diventare più fiduciosi nella loro capacità di assistere il proprio familiare. Inoltre il supporto sociale può essere percepito anche da fonti formali come i professionisti della salute; infatti secondo Reinhard (1994) la consulenza professionale sulla gestione dei comportamenti del paziente con disturbo mentale sembra aumentare il senso di padronanza nel caregiver, e a sua volta riduce il carico assistenziale percepito (Chen & Greenberg, 2004).

La psicoeducazione può essere rivolta all’ambiente familiare in quanto una famiglia ben informata contribuisce a migliorare l’outcome in due modi: in primo luogo il caregiver può aiutare il paziente nel migliorare l’aderenza alla terapia o individuare i prodromi, intervenendo in maniera preventiva; in secondo luogo il supporto formale di un professionista della salute, può aumentare il supporto sociale percepito, regolare il livello di emotività espressa e sviluppare strategie di coping funzionali, con una conseguente diminuzione dello stress legata all’incapacità di gestire il paziente (Cuijpers & Stam, 2000; Chen & Greenberg, 2004; Muralidharan et al., 2004). Partecipare a gruppi di supporto di familiari che si sono trovati o si trovano in situazioni analoghe si è dimostrata una strategia efficace, soprattutto in momenti in cui la vita familiare viene messa a dura prova e viene messa in discussione addirittura l’idea che i membri della famiglia hanno di sé stessi, le loro relazioni con gli altri, i ruoli sociali, lo stile di vita e di relazioni intra familiare e extra familiare (Franchini et al., 2012).

Molto spesso i caregiver di individui affetti da psicopatologia subiscono l’impatto della malattia e hanno effetti negativi sul funzionamento sociale, familiare e

56 lavorativo, e sulla salute psicologica e fisica. Lo scarso sostegno dalla rete sociale, spesso è influenzato dallo stigma. Quest’ultimo può essere una fonte di distress per le famiglie, infatti viene definito come il carico più pervasivo sperimentato dai caregiver di persone con disturbi mentali. Il processo attraverso il quale una persona viene stigmatizzata, perché associata ad altro individuo a sua volta vittima di stigma, viene definito da Mehta & Farina (1988) come “stigma di cortesia” o “stigma associativo”. I temi di maggior sofferenza che emergono da indagini svolte sui caregiver sono l’occultamento della malattia mentale e la preoccupazione che la scoperta della malattia stessa possa creare discriminazione nei loro confronti e nei confronti della persona con la malattia (Casacchia & Roncone, 2005).

Queste famiglie sono stigmatizzate attraverso un numero considerevole di stereotipi e pregiudizi, i quali comportano conseguenze a livello sociale, emozionale e comportamentale per i membri di una famiglia, inclusa una diminuzione del supporto sociale da parte sia di altri familiare che dagli amici. Lo stigma si associa infatti a una riduzione del benessere, dei livelli di supporto sociale percepiti e aumenta le strategie di

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LA RICERCA

3.1 Obiettivi e ipotesi

Come illustrato nelle pagine precedenti, la psicopatologia è influenzata da variabili multifattoriali: fattori individuali, psicologici, familiari e sociali che si innestano su un substrato genetico e che ne determinano l’insorgenza e il decorso, in quanto possono essere considerati come fattori di rischio o di protezione (Lacey & Price, 2004). Il processo di trasformazione delle dinamiche familiari influisce anch’esso sulla qualità di vita e sul benessere psicologico di ciascun membro della famiglia. Il supporto che i familiari percepiscono dalle reti sociali rappresenta una variabile importante, che implica una maggiore attenzione al significato affettivo e informativo che assume la relazione tra i componenti della famiglia.

Il crescente interesse per gli interventi in ambito familiare ha messo in evidenza il bisogno di strumenti in grado di valutare in modo affidabile il funzionamento della famiglia. La letteratura suggerisce che le recente revisione del modello di Olson e la relativa valutazione attraverso il Family Adaptability and Cohesion Evaluation Scale IV (FACES IV ) può risultare un utile strumento per descrivere il funzionamento familiare e identificarne le aree di sofferenza così come i punti di forza (Olson, 2011).

Ad oggi gli studi sul tema presenti in letteratura sono molto pochi, di cui solo due italiani: il primo valuta le differenze del funzionamento familiare tra gli adolescenti con binge drinking e heavy drinking; il secondo valuta il funzionamento familiare nei disturbi dell’alimentazione in età adolescenziale (Laghi et al., 2012a; Laghi et al., 2012b).

L’obiettivo del presente studio è la valutazione del funzionamento familiare nei pazienti affetti dai disturbi mentali esaminati (disturbi bipolari, disturbi dello spettro della schizofrenia e disturbi correlati all’uso di sostanze) e nei rispettivi caregiver, in rapporto all’entità della sintomatologia psicopatologica e al carico assistenziale dei

58 familiari e al supporto sociale percepito. In accordo con la letteratura e con la revisione del modello circonflesso, è ipotizzabile un’associazione positiva tra la scale bilanciate del questionario FACES IV e indici positivi di adattamento, così come una relazione inversa tra i medesimi indici e le scale sbilanciate indicanti malfunzionamento sul piano delle relazioni familiari (disimpegno, invischiamento, rigidità, caos).

Nel dettaglio saranno valutate le correlazioni tra diverse variabili, tra cui i modelli del funzionamento familiare, il carico assistenziale del caregiver, il supporto sociale e il livello di gravità del disturbo psichico.

3.2 Materiali e metodi

Partecipanti

L’indagine è stata condotta su due campioni: il primo è composto da 26 soggetti, di cui 18 maschi e 8 femmine (età compresa tra 21 e 61 anni; Media = 38.85 anni, DS=10,78 anni) affetti da disturbo mentale.

I partecipanti sono stati reclutati durante il ricovero obbligatorio o volontario presso l’Unità Funzionale del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (S.P.D.C.) dell’Azienda U.S.L. 5 di Pisa. La durata del ricovero dei pazienti ai quali sono stati somministrati i test varia da 1 a 3 settimane. Il campione è stato selezionato in base alla diagnosi e ai caregiver, se disponibili e presenti in orario di visita; il campione è composto da pazienti con disturbi bipolari, psicosi non affettive e uso di sostanze, sia alcol che altre sostanze psicoattive. Sono stati inclusi nel campione pazienti in condizioni di relativo compenso dal punto di vista della sintomatologia e i pazienti privi di deterioramento cognitivo. Sono stati pertanto esclusi pazienti con demenza, pazienti psicotici con sintomatologia positiva in atto e pazienti che non avevano alcuna figura assistenziale di riferimento. Il numero di pazienti preselezionati che hanno rifiutato la partecipazione allo studio è esiguo (5 pazienti), ciononostante si sottolinea che un gran numero di soggetti non è stato preso in considerazione poiché in assenza di familiari che potessero prestar loro le cure.

Come riportato in Tabella 1 e 2, tra i partecipanti il 65.38% ha ricevuto diagnosi di disturbo bipolare, il 19.23% di disturbo psicotico non affettivo, il 15.38% di disturbo

59 correlato all’uso di sostanze, e con un tempo medio di esordio dalla patologia di 171.50 e DS = 105.248. Il 34.61% presenta un livello di scolarità media inferiore, il 46.15% ha ottenuto un diploma di scuola media superiore e il 19.23% ha un diploma di laurea triennale o specialistico. Sul piano dei rapporti familiari, più della metà del campione (57.69%) risulta avere il ruolo di figlio, facendo quindi riferimento alla famiglia di origine per la valutazione del funzionamento familiare; il 30.76% del campione ha il ruolo di padre o madre, l’11.53% ha una relazione con un compagno/a, che abbiamo definito come partner. Per quanto concerne l’occupazione: il 26.92% lavora full time, il 15.38% part time, mentre il 42.30% è disoccupato e il 15.38% è casalinga.

Tabella 1. Variabili socio-demografiche e cliniche del campione dei pazienti

Campione(N=26)

Media DS

Età 38.85 10.78

60

Tabella 2. Variabili socio-demografiche del campione dei pazienti

Campione (N=26) N % Diagnosi Disturbo Bipolare 17 65.38 Disturbo Psicotico 5 19.23 Dipendenza da sostanze 4 15.38 Scolarità Licenza elementare 0 0 Media Inferiore 9 34.61 Media superiore 12 46.15 Laurea 5 19.23 Ruolo Familiare Figlio/figlia 15 57.69 Padre/madre 8 30.76 Partner 3 11.53 Nonno/nonna 0 0 Occupazione Full time 7 26.92 Part time 4 15.38 Disoccupato 11 42.30 Casalinga 4 15.38 Pensionato 0 0 N = numero pazienti

Il secondo campione è composto dai rispettivi caregiver, dei quali solo 20 hanno accettato volontariamente di partecipare alla ricerca. I caregiver hanno un’età compresa tra 30 e 80 anni, Media = 55.5 anni e DS = 14.961 anni e il campione è composto da 7 maschi e 13 femmine. Come illustrato in Tabella 3, il 65% del campione è il caregiver di un paziente affetto da disturbo bipolare, il 15% di un paziente affetto da psicosi non affettive e il 20% di un paziente che ha un disturbo correlato all’uso di sostanze. Solo il 5% del campione presenta un livello di scolarità terminato con licenza elementare, il 20% ha terminato gli studi alla scuola media inferiore, mentre la metà del nostro

61 campione (50%) ha ottenuto un diploma di scuola media superiore e il 25% ha conseguito un diploma di laurea. Inoltre tra i caregiver più della metà del campione (65%) ha il ruolo di padre o madre, il 15% di partner, il 10% è il fratello o la sorella del paziente e nel 5% il ruolo di caregiver è attribuito alla nonna. La maggior parte del campione è impegnato in un’attività lavorativa full time (25%) o part time (20%), il 15% è casalinga, mentre solo il 10% è disoccupato e il 30% pensionato.

Tabella 3. Variabili socio-demografiche del campione rappresentato dai caregiver

Campione (N=20) N % Caregiver di pazienti Disturbo Bipolare 13 65 Disturbo Psicotico 3 15 Dipendenza da sostanze 4 20 Scolarità Licenza elementare 1 5 Media Inferiore 4 20 Media superiore 10 50 Laurea 5 25 Ruolo Familiare Fratello/sorella 2 10 Padre/madre 13 65 Partner 3 15 Nonno/nonna 1 5 Occupazione Full time 5 25 Part time 4 20 Disoccupato 2 10 Casalinga 3 15 Pensionato 6 30 N = numero caregiver

Strumenti

Ogni partecipante dei due campioni, prima di completare i questionari, ha dato il proprio consenso informato per partecipare allo studio. Inoltre i test sono stati somministrati in fase di dimissione, quando i pazienti presentavano una sintomatologia residua o assente.

62 Il campione rappresentato dai pazienti con disturbi mentali ha compilato i seguenti strumenti di valutazione:

Symptom Check List-90 (SCL-90) (Derogatis, Lipman & Covi, 1997;

validazione italiana Violani & Catani, 1995) è un questionario self-report progettato per essere utilizzato come uno strumento psichiatrico per misurare la gravità dei sintomi provati nel corso dell’ultima settimana e arriva a ricoprire quasi interamente lo spettro psicopatologico. Esso è destinato a misurare l'intensità dei sintomi su dieci diverse sottoscale: Somatizzazione (SOM) (12 item), Ossessione-Compulsione (OC) (10 item), Sensibilità Interpersonale (INT) (9 item), Depressione (DEP) (13 item), Ansia (ANX) (10 item), Ostilità (HOS) (6 item), Ansia fobica (PHOB) (7 item), Ideazione paranoide (PAR) (6 item), Psicoticismo (PSY) (10 item), Disturbi del sonno (SLEEP) (3 item). E’ inoltre calcolato un indice globale di disagio (Global Score Index, GSI) come punteggio medio di tutte le risposte agli item. Ad ogni item viene attribuito un punteggio su una scala Likert a cinque punti che vanno da “Per niente” a “Moltissimo”. Sono considerati significativi le medie dei punteggi per ogni scala che hanno ottenuto un punteggio uguale o superiore ad 1.00.

Family Adaptability and Cohesion Evaluation Scale IV (FACES IV) (Olson,

Gorall & Tiesel, 2006; validazione Italiana Loriedo, Di Nuovo, Visani, 2013) è l’ultima versione del questionario self-report progettato per valutare la coesione e la flessibilità della famiglia secondo il modello Circonflesso (Olson, 2011). Lo strumento è composto da 6 scale, ciascuna costituita da 7 item, per un totale di 42 item. Queste scale comprendono 2 scale bilanciate (coesione e flessibilità) e 4 scale non bilanciate (disimpegno, invischiamento, rigidità e caos); allo scopo di individuare la bassa e l’alta coesione (famiglia disimpegnata ed invischiata) e la bassa e alta flessibilità (famiglia rigida e caotica) si calcolano due punteggi dimensionali la cui media definisce il “Total Circumplex Ratio” (R), il quale indica se siamo di fronte ad una famiglia funzionale (R>1) o disfunzionale (R<1). Lo strumento include 2 scale supplementari composte ciascuna di 10 item: la scala della Comunicazione Familiare (terza dimensione del modello circonflesso), e la scala della Soddisfazione Familiare, che valuta la

63 soddisfazione dei membri familiari in termini di coesione familiare, flessibilità e comunicazione.

Multidimensional Scale of Perceived Social Support (MSPSS) (Zimet et al.,

1988; versione italiana Prezza & Principato, 2002): è un questionario autosomministrato progettato per la valutazione del supporto sociale. Lo strumento è costituito da 12 item, suddivisi in tre gruppi di fattori, legati alle principali fonti di supporto sociale percepito dal soggetto: famiglia (Fam), amici (Fri), persone speciali (SO).

Il campione composto dai caregiver ha compilato il FACES IV e il MSPSS descritti precedentemente e il Caregiver Burder Inventory (CBI) (Novak & Guest, 1989; versione italiana Zanetti, Geroldi, Frisoni et al., 1999). Quest’ultimo è uno strumento di autovalutazione multidimensionale del carico assistenziale, il quale viene compilato dal caregiver principale, familiare o operatore che maggiormente sostiene il carico dell’assistenza al malato. Al caregiver viene chiesto di rispondere barrando la casella che più si avvicina alla sua condizione o impressione personale. E’ uno strumento di rapida compilazione e di semplice comprensione. Suddiviso in 5 sottoscale consente di valutare diversi fattori dello stress: Carico oggettivo, carico evolutivo, carico fisico, carico sociale, carico emotivo. Ciascuna sezione è composta da 5 item, ad eccezione del carico fisico (4 item). Permette di ottenere un profilo del carico assistenziale del caregiver nei diversi domini, per osservare diversi soggetti e per osservare le variazioni nel tempo. Questi diversi profili sono orientati alla comprensione dei bisogni sociali e psicologici del caregiver. I caregiver con lo stesso punteggio totale possono presentare

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