• Non ci sono risultati.

Don Carlo Noè, vicario parrocchiale di Sant’Elena di Silea A inizio dicembre 1917, don Romano Citton, parroco di Roncade,

DISFATTISTI, PACIFISTI, AUSTRIACANTI: IL CLERO TREVIGIANO NELL’ULTIMO ANNO DI GUERRA

3.3. Sacerdoti arrestati e internat

3.3.1. Don Carlo Noè, vicario parrocchiale di Sant’Elena di Silea A inizio dicembre 1917, don Romano Citton, parroco di Roncade,

scrisse a mons. Longhin avvisandolo che un altro parroco, don Carlo Noè62 – vicario parrocchiale di Sant’Elena di Silea – stava per essere

arrestato e, secondo i suoi informatori, sarebbe stato anche internato63. Alla fine del mese fu lo stesso don Noè a scrivere al vescovo dal luogo del suo internamento, un piccolo paese in provincia di Cosenza, chiedendo il reale motivo del suo frettoloso allontanamento: «Io

bramerei sapere il motivo vero pel quale si decise l’Autorità civile a

spedirmi qui in Calabra con tanta urgenza, senza avermi fatta alcuna interrogazione sul mio operato»64.

L’unica informazione che venne data al sacerdote fu di essere

accusato di aver commesso «un’azione dannosa alla patria», ma, nella lettera sopra citata, spiegò al suo vescovo:

61Angelo Ventrone, op. cit., p. 228.

62 Don Carlo Noè nacque a Dosson di Casier il 26 ottobre 1878 e venne ordinato

sacerdote nel 1903 a Venezia. Cappellano prima a Montebelluna e poi a Maerne, nel 1916 fu nominato vicario parrocchiale a Sant’Elena di Silea. Al ritorno dall’internamento, nel 1919, venne spostato a Martellago, come cappellano, e poi, nel 1947, a Pradazzi d’Asolo. Ritiratosi a Ca’ Falier, ad Asolo, qui morì nel 1960.

63

Cfr. Lettera di don Romano Citton al vescovo di Treviso, 2 dicembre 1917, ASDTv, Opera di Ricostruzione delle Chiese del Lungo Piave, b. 51, f. 29.

64Lettera di don Carlo Noè al vescovo di Treviso, 30 dicembre 1917, ASDTv, Opera

Non saprei proprio indovinare quale sia stata tale mia azione che fu così

incriminata, o se mai l’avessi commessa certo la commisi involontariamente. La coscienza di nulla mi rimorde e confido che presto si conosca ch’io di

qualche calunnia da parte di qualche persona o male informata o mal intenzionata, oppure che fu frainteso il senso di qualche mia passata espressione in tema di guerra o di pace65.

Si è a conoscenza di maggiori dettagli riguardo alla vicenda che interessò don Noè grazie ad alcuni appunti scritti sui fatti da un suo

‘collega’, il parroco di Musile, don Ferdinando Pasin. Proprio a Sant’Elena, infatti, erano stati accolti i profughi provenienti da Musile

guidati da don Pasin. Quest’ultimo riportò ciò che due donne del paese gli avevano raccontato, ovvero le pressioni che erano state fatte nei loro confronti da parte dei Carabinieri di Roncade affinché deponessero contro il loro parroco.

La prima delle due riferì a don Pasin di essere stata chiamata a Roncade, presso Capitano dei Carabinieri, perché le si potessero fare alcune domande sul comportamento di don Noè:

“Voi dovete sapere; dovete dirmi che parlava della pace, che parlava

della guerra eccetera eccetera”. “Io non lo saprei – rispose l’interrogata – non lo ricordo, non mi pare. Forse si tratterà che una mattina […] dopo aver ascoltato la Messa Domenicale e vidi un mio figlio che faceva chiasso, cantava ecc. alla presenza della gente lo rimproverai dicendogli: prega e fa giudizio, asino che sei, che anche il vicario ci disse che si abbia da pregare

per la pace”66.

Nonostante le insistenze, la donna non aveva però alcuna intenzione di testimoniare il falso, così il Capitano iniziò a minacciarla: «Io vi farò mandare tutti i figli in prima linea»67, intimidazione mai messa in pratica, comunque. Sebbene ella non depose nulla contro il sacerdote, le sue parole vennero deliberatamente

65

Ibidem.

66Appunti di don Ferdinando Pasin, ASDTv, Opera di Ricostruzione delle Chiese

del Lungo Piave, b. 54, f. 30.

utilizzate dai Carabinieri per accusare il parroco di tenere atteggiamenti discorsi pacifisti pericolosi per il morale della popolazione, poiché era risaputo in paese che il Capitano «ha in odio il Clero e si professa ostile alla Religione»68.

La seconda donna interrogata dalle forze dell’ordine ricevette la visita di un carabiniere, il quale la esortò a raccontare gli argomenti trattati col parroco il giorno precedente, poiché aveva saputo che ella era stata chiamata in canonica: «Voi dunque dovete dirmi cosa vi disse il Vicario. Egli vi ha parlato di cose di guerra?»69. Questa volta,

all’ennesimo diniego della donna, le venne offerto del denaro per

deporre ciò che i Carabinieri volevano: «Vedete queste dieci lire? (le mostrò dieci lire) Vi darò queste e altre lire se mi direte cose per condannare il Vicario»70. Non è però specificato nel testo di don Pasin

se la signora in questione accettò o meno l’offerta.

Don Noè continuò a scrivere a mons. Longhin per tutta la durata del suo internamento, tenendolo aggiornato sulla sua vita a Cosenza ed esprimendo anche i suoi timori e le sue preoccupazioni nei confronti della sua condizione: «Io temo che il mio prolungato silenzio e la mia tranquilla acquiescenza fossero riconosciuti come una facile conferma della presunta mia reità. E perciò pensai a domandarle un consiglio sul da farsi da parte mia»71.

Si rammarica inoltre per la sorte di un altro parroco72, internato come lui, affermando che «mi dolse assai per Lei [mons. Longhin,

N.d.A.] sentire che fu privato dell’opera d’un altro ottimo e

zelantissimo dei suoi Sacerdoti […]. Spero che il Signore conforti ed aiuti lui come dispose avvenisse per me»73.

68Ibidem. 69Ibidem. 70Ibidem.

71Lettera di don Carlo Noè al vescovo di Treviso, 14 gennaio 1918, ASDTv, Opera

di Ricostruzione delle Chiese del Lungo Piave, b. 54, f. 30

72Don Callisto Brunatti, parroco di Cendon, della cui vicenda si dirà in seguito. 73Lettera di don Carlo Noè al vescovo di Treviso, 14 gennaio 1918, ASDTv, Opera

L’ultima lettera inviata al vescovo è datata al 12 giugno e fa sapere

di essere stato trasferito in una casa privata, nella quale vivono due coniugi, soli, poiché i loro figli e nipoti si trovavano in America. Si dice poi contento del fatto che gli era stato permesso fare da vicario parrocchiale nella località in cui si trovava ora, dato che il parroco stava prestando servizio militare74. Tuttavia, i parrocchiani del luogo non sembrarono affatto felici di questa sostituzione, difatti don Noè riporta che «finora predicai al deserto o poco meno»75. In ogni caso, «non manca il rispetto al prete, né atti di generosità verso la persona

per un po’ di buon cuore. Il resto verrà a suo tempo, se come spero,

così a Dio piacerà»76.

Nonostante le lettere scritte di suo pugno terminino con quella del 12 giugno, si è a conoscenza del fatto che don Noè poté rientrare nella diocesi di Treviso solo nel maggio 1919, quindi quasi un anno dopo la sua ultima corrispondenza. Non tornò però nella sua parrocchia di

Sant’Elena, ma venne trasferito a Martellago, nei pressi di Mestre,

come cappellano.