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10. L’interpretazione dei dati

10.2 La carta delle anomalie di Bouguer

I dati gravimetrici raccolti hanno permesso l’elaborazione della carta delle anomalie di Bouguer, presentata nella figura 26, con risultati di indubbio interesse che hanno confermato, oltre le migliori previsioni, l’ipotesi già formulata dopo l’esecuzione del primo profilo (Villamassargia-Iglesias), e cioè che i sinkhole fossero

correlati ad una struttura tettonica di carattere regionale, piuttosto che a condizioni locali di varia natura. La mappa è caratterizzata dal minimo gravimetrico situato nella porzione nord-orientale, attorno al quale le isoanomale si sviluppano con conformazione regolare e ben allineata, e mostrano gradienti dell’ordine di 1,7 mGal/km. Con quest’area, contrastano quelle orientale e meridionale, caratterizzate da gradienti orizzontali molto modesti.

rgio

Iglesias

Domusnovas

Villamassargia

rgio

Iglesias

Domusnovas

Villamassargia

Figura 26 - Carta delle anomalie di Bouguer. Intervallo tra le isoanomale 0.5 mGal.

I punti rossi indicano la posizione dei sinkhole.

L’interpretazione qualitativa delle anomalie si presenta del tutto semplice e in pieno accordo con i modelli relativi ai profili, precedentemente descritti. Risulta ora ancor più chiara la morfologia del basamento antico, determinata dalla sua rapida immersione ad oriente. Nelle parti occidentale e meridionale, il basamento, pur non essendo a vista, risulta essere praticamente affiorante o sormontato da un sottile

strato di sedimenti. È estremamente significativo notare come i sinkhole siano disposti lungo una fascia che sostanzialmente segue l’andamento delle isoanomale, tra 42.5 e 43.5 mGal, la quale segna il confine tra la zona con forte gradiente orizzontale e quella in cui questo è praticamente nullo. Le voragini, quindi, si trovano tutte nella zona in cui il basamento, fagliato e intensamente fratturato, inizia a immergersi rapidamente, proprio come ricostruito in modo dettagliato, e non con la sola gravimetria, a Su Merti.

Per quanto ovvio, si nota come la mappa di Bouguer mostri un quadro d’insieme solo ipotizzabile dai soli profili gravimetrici.

11 Le possibili cause dei sinkhole della valle del Cixerri

I casi di rapida e localizzata subsidenza della valle del Cixerri sembrano essere strettamente riconducibili ai fenomeni classificati come cover-collapse sinkhole descritti nel primo capitolo; essi, infatti, si trovano in un ambiente che presenta le tipiche caratteristiche idrogeologiche e morfologiche delle aree a rischio per questo tipo di fenomeni, e che possono essere riassunte come segue:

− una zona di pianura circoscritta o comunque limitata da una catena carbonatica; − un bedrock calcareo fratturato e fortemente carsificato;

− uno spessore di terreni alluvionali con forte differenziazione litologica ed eteropia laterale e verticale;

− presenza di linee tettoniche; − abbondante circolazione idrica.

Tra i fattori predisponesti vi è quindi il substrato litoide cambrico calcareo- dolomitico, soggetto a fenomeni carsici e attraversato da importanti lineamenti tettonici di importanza regionale. I sinkhole si trovano in corrispondenza della zona in cui questo basamento, affiorante nel settore occidentale, risulta essere

intensamente fratturato e fagliato e si immerge rapidamente, dando luogo alla depressione strutturale della valle del Cixerri. Pertanto è possibile che in tutta questa zona, e non solo in punti casuali, si sviluppino fenomeni di subsidenza e scorrimento dei sedimenti all’interno dei vuoti presenti nel bedrock (ravelling), con formazione di cavità nei sedimenti dotati di una certa portanza naturale, e loro migrazione verso l’alto fino al collasso del tetto. Vista l’ubicazione dei sinkhole, è anche plausibile ritenere che le vibrazioni generate in corrispondenza delle infrastrutture stradali e ferroviarie abbiano svolto un ruolo importante nel determinare i crolli.

Nel contesto idrogeologico specifico, i fenomeni di dissoluzione del basamento carbonatico e i meccanismi di ravelling sono strettamente legati alla circolazione delle acque sotterranee. Le acque circolanti operano una lenta erosione, determinando progressivi ampliamenti verticali ed orizzontali dei vuoti sotterranei e favorendo lo scorrimento dei sedimenti nelle aperture sottostanti. Questi fenomeni risultano particolarmente spinti durante le stagioni piovose, quando le acque meteoriche, incrementando le falde freatiche localizzate in corrispondenza della interfaccia basamento roccioso/copertura incoerente, impongono una forte pressione idrostatica e determinano una elevata circolazione sotterranea che drena verso le cavità carsiche.

Gli abbassamenti del livello delle falde, dovuti ad un periodo di siccità o ai forti emungimenti per uso irriguo, determinano invece un altro fenomeno che, con i precedenti, concorre nel determinare la formazione dei sinkhole. Le acque sotterranee in pressione esercitano una spinta di sostegno sulle volte delle cavità carsiche e una spinta idrostatica di contenimento nei livelli acquiferi incoerenti alluvionali soprastanti le litologie carbonatiche. Queste azioni cessano quando vi è un abbassamento del livello piezometrico o del livello freatico e il venir meno del

“sostegno” favorisce il crollo delle cavità presenti nel basamento calcareo e i fenomeni di subsidenza dei sedimenti di copertura.

Per quanto finora scritto, è evidente come le condizioni più favorevoli per la formazione di un sinkhole si abbiano nei periodi di scarse precipitazioni preceduti da periodi di forti piogge. A questo proposito è significativo osservare i dati pluviometrici che sono stati raccolti rispettivamente nella diga P.Gennarta e in quella di Medau Zirimilis, prossime all’area in studio.

1968 1969 1970 1971 1972 1973 1976 1977 1978 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2003 2005 1989 1988 1975 1974 1980 1979 2002 2004 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 P re ci p it a zio ni [m m ]

Figura 27 – Dati pluviometrici raccolti nella Diga P.Gennarta

1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 0 200 400 600 800 1000 1200 P re cip it a zio ni [m m ]

Figura 28 – Dati pluviometrici raccolti nella Diga Medau Zirimilis

I sinkhole di Cuccuru Tiria si sono formati nel 1990, quello di Su Merti nel 1998, le voragini di Medau Olla nel 1999, mentre i restanti sinkhole sono apparsi nel 2001. In questi anni, come si vede nelle figure 27 e 28, si sono registrati dei

minimi pluviometrici dopo anni in cui le precipitazioni erano state relativamente abbondanti.

La lunga serie dei dati raccolti nella di diga di P.Gennarta mostra altri periodi in cui, teoricamente, sarebbero sussistite condizioni analoghe a quelle in cui si sono verificati i sinkhole ma in cui, per quanto a noi noto, non si è presentato alcun fenomeno simile. La sola analisi dei dati pluviometrici non è in grado di rispondere ad una semplice ma fondamentale domanda: perché i sinkhole sono comparsi nella valle del Cixerri solo a partire dai primi anni novanta? Dal quadro complessivo scaturito dagli studi fatti, si ritiene possibile dare una risposta, se non definitiva, sicuramente plausibile. Senza dubbio hanno avuto un’importanza fondamentale i crescenti e incontrollati emungimenti per uso irriguo e idropotabile che sono stati operati in tutta l’area. Le falde profonde, che in condizioni naturali, attraverso i condotti carsici e le fratture del basamento, risultano interconnesse ed in equilibrio con le falde freatiche superficiali, localizzate in corrispondenza dell’interfaccia basamento-copertura, subendo un emungimento spinto perdono pressione in modo abnorme. Ciò determina il richiamo delle acque di falda superficiale, che si introducono nei condotti carsici determinando l’asportazione delle frazioni litoidi appartenenti alla porzione alterata, e dei sedimenti che sono penetrati. Il materiale roccioso viene di conseguenza dilavato e veicolato dalle acque sotterranee che, asportando porzioni sempre più ampie, favoriscono lo sviluppo delle cavità.

È significativo notare come la sorgente di Caput Aquas, che forniva l’acqua alle città di Villamassargia, Carbonia e Iglesias, si sia esaurita proprio nel 1990 (Bianco and De Waele 1992) e che da allora abbia avuto inizio l’emungimento incontrollato mediante una serie di pozzi scavati vicino alla sorgente, con ulteriore, sensibile abbassamento del livello della falda. A conferma di questo mutamento, si osserva come un altro importante pozzo fosse attivo in località Su Merti fino

all’esaurimento, avvenuto all’inizio degli anni novanta; inoltre, fino a qualche decina di anni fa, l’acqua per usi irrigui veniva estratta anche dagli acquiferi ospitati nelle alluvioni più superficiali. Si osserva anche che successivamente si è reso necessario spingere i pozzi fino al basamento paleozoico, trovando l’acqua a profondità considerevoli.

Un’ipotesi, diffusa ma non confermata da studi specifici pubblicati, attribuirebbe un’importanza rilevante, nei meccanismi di formazione dei sinkhole, alla dismissione delle vicine attività minerarie che, quando attive, necessitavano dell’emungimento di grandi quantità d’acqua dai livelli oggetto di coltivazione. Secondo questa ipotesi, la fine di questi emungimenti, coincisa con la fine dell’attività estrattiva, avrebbe influenzato il quadro idrologico della vicina valle del Cixerri. In realtà, la presenza di un’anticlinale, che separa dal punto di visto idrogeologico la valle del Cixerri dalla vicina valle di Iglesias che ospitava le miniere (Civita et al., 1983), sembra essere decisamente in contrasto con questa ipotesi.

Il fatto che la distribuzione delle litologie carbonatiche si presenti continua ed estesa nel sottosuolo della valle e che i circuiti idrici in essa sviluppatisi siano interconnessi con dei settori, a nord e a sud, dove il basamento carbonatico affiora, presenta molte analogie con gli ambienti di altre zone d’Italia in cui si sono verificati i sinkhole. Per questi fenomeni, e in particolare per i sinkhole della Piana di S.Vittorino, è stato ipotizzato un processo di dissoluzione che si sviluppa, dal basso verso l’alto, per l’azione di acque ricche di gas in pressione e in risalita in corrispondenza delle discontinuità presenti nel bedrock (vedi paragrafo 3.3.5 del capitolo 1).

Solo uno studio sul chimismo delle acque di falda potrà confermare o smentire questo possibile scenario.

Figura 29 - Possibile modello per lo sviluppo di sinkhole in aree caratterizzate

dalla risalita di acque ricche di CO2 (da Salvati and Sasowsky 2002 modificato).

12 La carta del rischio

Sulla base di quanto finora detto, è stato possibile elaborare una prima, preliminare, carta del rischio della valle del Cixerri che prevede tre zone a differente livello di rischio (vedi figura 30). Il termine rischio viene qui inteso nella sua accezione più tipica, ovvero come possibilità che si verifichi un evento pericoloso.

L’area con il rischio più elevato è quella lungo la quale sono allineati i sinkhole finora verificatisi e dove il basamento paleozoico, intensamente fagliato e carsificato, risulta ricoperto da sedimenti cenozoici e quaternari con spessori che variano tra i 0 e i 50 metri (zona A). Ad est di questa fascia è ragionevole ritenere che il rischio decresca. In questo settore (zona C), in cui non risulta essersi verificato alcun fenomeno di subsidenza, è lecito ipotizzare che non esistano le condizioni perché detti eventi possano verificarsi. Infatti, essendo il basamento carbonatico sormontato da spessori considerevoli di materiali di copertura prevalentemente impermeabili, non vi è l’abbondante circolazione idrica presente nella zona di fratturazione, per cui risultano meno spinti, se non assenti, i fenomeni

di dissoluzione e di ravelling precedentemente descritti. In queste condizioni inoltre, vista la profondità a cui si trova il basamento, solo una cavità di notevoli dimensioni sarebbe in grado di determinare un qualche effetto in superficie.

Figura 30 – Mappa del rischio per la valle del Cixerri

Ad ovest della zona A è possibile individuarne un’altra, in cui il basamento non è ancora completamente affiorante, alla quale si può attribuire un livello di rischio medio (zona B), in quanto non si può escludere in assoluto che in essa vi siano specifici settori in cui potrebbero svilupparsi le condizioni per la formazione di un sinkhole.

Infine, a sud ovest di questa zona, il basamento risulta praticamente affiorante per cui si può attribuire a questa area un rischio basso (zona C).

La collocazione dei limiti tra le zone dette può ovviamente essere affinata, per esempio con uno studio delle caratteristiche geomeccaniche dei sedimenti di copertura che consentirebbe, tra l’altro, di definire meglio i meccanismi di formazione e sviluppo delle cavità nell’interfaccia basamento-copertura e di chiarire

le condizioni geologiche e strutturali in cui essi si sviluppano. Allo stesso modo, studi più accurati potrebbero essere svolti nel territorio definito a livello di rischio medio.

Discussione e conclusioni

Il fenomeno dei sinkhole rappresenta un evidente rischio per i cittadini, le abitazioni e le infrastrutture e, in quanto tale, deve essere tenuto in grande considerazione nella realizzazione degli strumenti di programmazione urbanistica e territoriale. Anche se i sinkhole colpiscono solitamente con frequenza sporadica, assumono un’estrema importanza e gravità quando le zone in cui avvengono sono localizzate in aree urbanizzate o attraversate da importanti infrastrutture. E’ evidente inoltre come i sinkhole rappresentino un rischio anche per il patrimonio culturale e storico.

Per affrontare i comuni rischi geologici (instabilità dei versanti, frane, alluvioni, etc.) si ricorre generalmente ad un programma che prevede l'individuazione e la delimitazione delle aree pericolose e la predisposizione di adeguate misure di salvaguardia atte a rimuovere le situazioni a rischio più elevato. Tali interventi, generalmente realizzati attraverso il ricorso a opere di ingegneria civile e idraulica, hanno lo scopo di mitigare il livello di rischio attraverso la riduzione sia della pericolosità dell'evento atteso, sia della vulnerabilità dei soggetti a rischio. Per il primo scopo vengono realizzati interventi strutturali come la sistemazione dei versanti (consolidamento delle aree in frana, drenaggi, piantumazioni) e la regimazione delle acque lungo le reti idriche superficiali (vasche di laminazione, pennelli trasversali, canali scolmatori, briglie); per il secondo vengono costruite opere di difesa passiva (muri di contenimento, canalizzazioni, argini) nelle aree dove sono presenti i soggetti a rischio. Per quanto riguarda i fenomeni di sinkhole, fino ad ora non sono state individuate delle possibili misure

ingegneristiche di salvaguardia e prevenzione analoghe a quelle descritte. Bisogna limitarsi, quindi, all’individuazione delle aree a rischio e alla predisposizione di opportune tecniche di monitoraggio che possano seguire l’evoluzione dei fenomeni e consentire una rapida evacuazione delle zone interessate. Se non possono essere realizzati degli interventi di tipo strutturale, è sicuramente auspicabile che vengano adottate delle misure di carattere preventivo, la cui efficacia risiede, oltre che in una adeguata e ordinaria manutenzione del territorio, in una corretta politica di pianificazione territoriale. Questa programmazione deve essere effettuata a valle di una accurata conoscenza delle caratteristiche geologiche e strutturali del territorio e dei processi genetici, naturali e indotti dall’attività umana, che guidano l'evoluzione dei fenomeni di sinkhole. Essa inoltre deve essere realizzata già in fase di redazione dei piani regolatori, attraverso l'imposizione di vincoli di tipo urbanistico, l'emanazione di mirate regolamentazioni edilizie e la scelta di una idonea disciplina circa l'uso del territorio nelle aree maggiormente vulnerabili.

Il primo passo da compiere è sicuramente quello dell’individuazione e delimitazione delle zone a rischio sinkhole. A questo proposito è evidente notare come, mentre è diffusa la consapevolezza del rischio legato ad altri fenomeni di dissesto, è ancora poca l’attenzione rivolta ai fenomeni di sinkhole. Infatti, se si escludono alcune regioni storicamente colpite da questi fenomeni, essi vengono presi in considerazione e studiati solo dopo che si verificano e, spesso, allo studio dei fenomeni non consegue un adeguato programma di gestione dell’uso del territorio. È emblematico il caso dei sinkhole della valle del Cixerri, dove, poco lontano da una voragine di dimensioni ragguardevoli, si trovano una casa di riposo per anziani e un campo sportivo. Altre volte, invece, al fenomeno di subsidenza segue l’imposizione di una serie di vincoli indiscriminati che impediscono qualunque

attività di trasformazione ed uso del territorio, e che di fatto bloccano lo sviluppo di zone spesso molto ampie.

Nella fase conoscitiva, ovvero di studio e analisi del territorio, risulta fondamentale l’impiego di indagini basate sulla geofisica applicata, come peraltro dimostrato anche nel presente lavoro. Tali indagini sono in grado di fornire indicazioni sulla presenza e sull’estensione di eventuali cavità ipogee, sulla profondità, la morfologia e lo stato del substrato carbonatico e sulla natura e sulle caratteristiche dei sedimenti di copertura. Ad esse dovrà, di norma, essere affiancata un’indagine idrogeologica supportata da analisi chimico-fisiche delle acque di falda e da prospezioni per la determinazione delle concentrazioni dei gas nel suolo. Gli accertamenti dovranno poi essere completati da indagini geognostiche dirette, per definire l’andamento delle diverse litologie riscontrate e verificare l’eventuale presenza delle cavità indicate dalle prospezioni geofisiche. Pertanto, solo seguendo un coerente e rigoroso percorso di indagini è possibile accertare la reale presenza di aree a rischio di collasso e delimitarle. In altri termini, e per quanto d’interesse specifico al rischio connesso al fenomeno dei sinkhole, solo con procedure programmate in modo razionale e multidisciplinare è possibile acquisire elementi di certezza che consentano alle amministrazioni locali un’appropriata programmazione territoriale.

Da questo punto di vista, il lavoro svolto per i sinkhole della valle del Cixerri ha indicato un percorso che si è dimostrato efficace nel fornire informazioni sia di interesse scientifico, con il contributo alla comprensione dei meccanismi di formazione e dei loro legami con il quadro geologico generale, sia di ordine tecnico ed operativo, con la definizione delle aree di rischio e delle condizioni locali, indispensabile per gli interventi di prevenzione, monitoraggio, messa in sicurezza e bonifica.

Nell'ampio quadro dei fattori che concorrono allo sviluppo dei fenomeni di sinkhole, non può di certo essere tralasciata l'attività antropica che, soprattutto negli ultimi decenni, ha in molti casi condizionato, fino a modificare a volte in modo sostanziale, le dinamiche naturali. L’attività dell’uomo, quando svolta senza controllo e senza adeguati criteri di sfruttamento delle risorse, ha incrementato il verificarsi di questi fenomeni, incrinando i già delicati equilibri di territori ad alta fragilità. In alcuni casi, lo sviluppo socio-economico e demografico ha portato allo sfruttamento e all'occupazione di determinati contesti ambientali a rischio, quali le piane alluvionali, senza tenere conto della loro naturale tendenza evolutiva. Tale sviluppo, a fronte dei benefici più o meno reali, ha spesso indebolito il territorio attraverso un sovraccarico di opere e l'utilizzo di tecniche agricole poco rispettose degli equilibri idrogeologici.

Alla luce di quanto detto, appare chiaro che una corretta politica di previsione e prevenzione deve mirare ad una razionalizzazione dell’uso del territorio e delle sue risorse (in particolare dell’ acqua), che consenta il necessario sviluppo delle attività agricole e industriali e soddisfi il sempre maggiore fabbisogno abitativo, ma che sia, allo stesso tempo, in grado di garantire l’integrità del territorio e la salvaguardia dei suoi fruitori. Numerosi studi, e tra questi il caso dei sinkhole della valle del Cixerri, hanno evidenziato l’importanza che gli emungimenti per uso irriguo, idropotabile e industriale rivestono nei processi di formazione di questi fenomeni.

Negli ultimi anni, da molte parti del mondo politico e scientifico, si avverte la necessità di un maggiore coinvolgimento dei privati cittadini nelle diverse fasi decisionali che guidano lo sviluppo di una regione. In particolare è da molti auspicata una responsabilizzazione dei cittadini nella scelta della corretta localizzazione dei manufatti da inserire nel territorio. A tal fine, in alcune aree

intensamente colpite dai sinkhole come la Florida, si è dimostrato vantaggioso introdurre l’obbligo di dotarsi di prescrizioni assicurative a salvaguardia dei beni presenti nelle aree a maggior rischio. Per far questo risulta chiaramente necessario informare la popolazione delle caratteristiche del territorio in cui vive ed opera e dei concreti rischi a cui essa è esposta.

Questo tipo di approccio al problema potrebbe portare, oltre che a un'effettiva mitigazione delle condizioni di rischio, anche ad un recupero da parte delle comunità locali della coscienza civile e ambientale, che porti ogni privato cittadino ad acquisire la consapevolezza dei naturali processi che guidano l'evoluzione del territorio, requisito fondamentale per convivere correttamente anche con condizioni di rischio e per rendere efficace qualsiasi politica in favore dell'ambiente.

Per rafforzare i concetti appena esposti si presentano, di seguito, due esempi diversi e significativi di gestione del problema sinkhole in Italia.

Il primo esempio riguarda il Lazio dove, sebbene gli sprofondamenti catastrofici improvvisi siano noti sin dai tempi dei Romani, l’interesse scientifico e l’attenzione nei loro confronti si sono sviluppati solo nel secolo scorso, contestualmente alla realizzazione nella regione di importanti opere infrastrutturali, industriali e residenziali. L’elevato numero di sinkhole avvenuti e la loro diffusione nel territorio (vedi figura 1), ha spinto la Regione Lazio ad intraprendere delle collaborazioni tra i propri tecnici e appositi gruppi di ricerca delle Università di Roma, con l’obiettivo di investigare il problema, per capire la genesi e l’evoluzione di questi fenomeni.

Figura 1 - Aree con sinkhole accertati nella

Regione Lazio (da Colombi and Nolasco, 2004).

La Regione ha principalmente operato con l’obiettivo di rispondere celermente durante le fasi d’emergenza, individuare nel territorio le zone a rischio sinkhole e predisporre per queste aree delle adeguate norme di salvaguardia e di gestione.

La Regione Lazio è inizialmente intervenuta con alcuni provvedimenti di prevenzione che hanno riguardato soltanto specifiche zone: è del 1992 la “Delimitazione delle aree a rischio nella Piana di S.Vittorino” e nel 1996 è stata

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