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Nelle case dei borghesi: stanze e disposizione dei quadri

III. Prezzo, copie e posizionamento in casa

4. Nelle case dei borghesi: stanze e disposizione dei quadri

Tutti gli inventari si aprono presentando il nome del proprietario di casa e precisando la posizione della stesa in città, solitamente indicata con il nome della contrada o della parrocchia di appartenenza. Qualora anche la casa fosse soggetta alla divisione tra gli eredi, veniva descritta definendo la tipologia, i confini e il valore dell'immobile.

Le tipologie abitative più diffuse a Ferrara nel Seicento furono quella del palazzo per i nobili e della casa per i borghesi232: «murata, solarata e cupata» ovvero in muratura, a più piani e con un tetto in

coppi. E' possibile avere un'idea riguardo la disposizione degli ambienti interni dal momento che gli inventari qui analizzati procedono con l'elencare i beni stanza per stanza233; solitamente l'elenco

iniziava dagli ambienti del piano superiore e procedevano in maniera discendente. Alcuni inventari tra quelli analizzati procedono seguendo altri criteri: per categoria è quello del dottore in legge Fedriani; per provenienza (dote della moglie, eredità del padre) quello del mercante Paolo Locarini. Le stanze per essere distinte sono definite facendo riferimento alla loro ampiezza (grandi e piccole), per vicinanza agli altri ambienti («contigua a..», «successiva a..», «alla destra/ alla sinistra della scala», «in capo alla scala», «in testa al..», ecc) e per il loro orientamento rispetto all'esterno («verso la strada/ il cortile/ la casa di..», «che guarda la via publica», «che guarda l'orto», ecc). Tutte le stanze sono decorate con opere pittoriche di diverse misure, di cui però non si ha precisa indicazione sul modo dell'allestire: si presume che le opere fossero disposte a seconda della loro misura più in basso o più in alto su tutta la superficie della parete in modo omogeneo che non lasciava spazio libero. Per tutta la prima metà del XVII secolo non si è riscontrato un criterio espositivo, i quadri erano disposti in modo totalmente casuale e soggettivo secondo il gusto del

231Guerzoni, 2006, p. 233.

232Il modo di abitare gli ambienti è molto diverso tra nobili e borghesi. Tuttavia le due tipologie abitative, il palazzo e la casa, non sono così lontani da un punto di vista dell'architettura interna. Ciò si deve principalmente all'evoluzione avvenuta in questo campo nel corso del Rinascimento grazie agli studi del Serlio e dello Scamozzi. Cft. Ago, 2006, pp.60-61 e pp. 84-85.

233Diversamente da quanto si faceva a Roma, dove la maggior parte degli inventari elenacava gli oggetti raggruppandoli per categoria. Cft. Ago, pp. 59-63.

proprietario. Dalla metà del secolo invece cominciò a manifestarsi un criterio di allestimento: nella maggior parte dei casi nelle camere di transito, in quelle di rappresentanza e negli studi trovarono spazio ritratti, soggetti profani e paesaggi, mentre alle camere private si riservarono i soggetti sacri. Verso fine secolo invece si sviluppò un vero e proprio criterio museografico, di cui ci fu piena consapevolezza da parte dei proprietari234.

Anche a Ferrara sono rispettate le tre funzioni principali della casa: il dormire, l'abitare e il mangiare235. Ognuna di queste azioni ebbe uno spazio ad essa riservato e sono pochi i casi in cui gli

spazi furono promiscui. Questo tuttavia non significò una totale mono-funzionalità degli spazi: una camera poteva comunque assolvere più funzioni anche nel caso in cui non fosse l'unica. Un esempio è la camera detta del fuoco, la quale poteva assolvere la funzione del dormire e anche quella del ricevere: non era, infatti, inusuale ricevere in una stanza che accoglieva il letto.

Non sempre è chiaro quale fosse il ruolo svolto da uno spazio interno alla casa: il più delle volte arredo e opere non sono in grado di specificarlo o meglio forse lo specificano, ma a noi contemporanei non è più così evidente. La maggior parte degli spazi sono definiti da notai e pittori «camere» o «camerini», «sale» o «salette», ma in altri casi la definizione si fa più precisa: per gli interni si ha studio, cucina, camera del padrone, camera del servitore, «camera da fuoco»; per gli esterni invece c'è la loggia, il portico, il poggiolo, l'altana. Dall'analisi dei documenti la cucina risulta essere un lusso che non tutti si poterono permettere anche a Ferrara; lo stesso accadde in altre città durante il secolo, ad esempio a Roma236.

La tabella 8 fa riferimento a trentanove inventari poiché l'architetto Aleotti e la moglie abitarono nella stessa casa (ma hanno due inventari distinti, in cui sono indicati separatamente i beni di ciascuno dei due coniugi con diverse volontà testamentarie) e il mercante Francesco Pacchieni ebbe la residenza a Venezia. In particolare si analizzano i trentaquattro inventari che procedono per ambiente; dei rimanenti due procedono per categoria, uno per provenienza, uno per destinazione ed un ultimo di cui non si percepisce un ordine tra quelli appena citati. Si è segnalato il numero delle case per ogni borghese: solitamente una in città e una o più di una nel contado ferrarese, inoltre si è indicato se di queste erano proprietari o affittuari. Di ogni residenza si sono elencati gli ambienti, ognuno dei quali è specificato nella sua definizione e quando è stato possibile funzione, evidenziano in fine il numero totale di stanze, segnalando le eccezioni (quando per esempio contengono cucine, studioli, chiesette, camini ecc.); inoltre si sono elencati e raggruppati i quadri contenuti in ogni stanza: in tal modo è possibile rendersi conto di dove erano disposti i quadri nella casa, di come

234Scardino, Traina, 2002, p. 145. 235Ago, 2006, p. 62.

tutta questa ne fosse decorata e quanto affollate fossero le stanze dei borghesi.

Dalla sistemazione dei dati in tabella è emerso che la media degli ambienti nelle case a Ferrara era di poco meno di sette stanze per ognuna. Non tutte le abitazioni erano dotate di cucina e camini, sinonimi di uno stile di vita benestante, ma tutte erano dotate di camere e camerini.

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