• Non ci sono risultati.

3.1 Case report

Nel documento Propofol Infusion Syndrome: case report (pagine 53-61)

Riporto qui un’interessante serie di casi clinici assimilabili al quadro clinico della PRIS che sono avvenuti nel Marzo 2013 nella nostra UTI dell’ospedale Cisanello di Pisa. Le tre pazienti di sesso femminile, con un’età compresa tra i 45 e gli 80 anni, furono ricoverate in UTI per monitoraggio post operatorio in seguito a degli interventi di tiroidectomia: due pazienti operate in elezione programmata mentre la terza operata in regime di urgenza per sanguinamento e revisione chirurgica della tiroidectomia. I dati principali all’ammissione delle tre pazienti sono riportati nella seguente tabella:

Paziente A Paziente B Paziente C

Età, sesso 54, F 79, F 48, F Motivo del ricovero MPO in seguito a completamento tiroidectomia in elezione MPO in seguito a tiroidectomia in elezione MPO in seguito a revisione chirurgica di tiroidectomia per sanguinamento in emergenza Condizioni cliniche all’ammissione

Sedata, intubata per via

OT. Buoni scambi

respiratori.

Emodinamica stabile

non sostenuta da

vasoattivi

Respiro spontaneo con cannule nasali da 3L/min

Sedata, intubata e ventilata (SpO2 100%). Emodinamica stabile Patologie Croniche preesistenti Ridotta aggregabilità piastrinica, Intubazione difficile documentata per macroglossia FA trattata con CV elettrica, scompenso cardiaco, ipertensione Ipertensione arteriosa, Insufficienza venosa arti inferiori, sovrappeso, tiroidectomia

Allergie Cefalosporine, Bactrim,

Augmentin Nega Nega

Anamnesi

Farmacologica Eutirox NN Amlodipina, Cotareg

Terapia Antibiotica effettuata

Tutte e tre le pazienti sono state operate con regime anestasiologico TIVA sotto infusione continua di propofol all’ 1-2%. Le pazienti A e C hanno raggiunto il reparto UTI ancora sotto sedazione continua di propofol e ultiva. In seguito alla degenza in UTI le tre pazienti hanno sviluppato delle complicanze che sono correlabili al quadro clinico della PRIS in seguito all’infusione continua di propofol:

Durante il monitoraggio della paziente A è stata riscontrata una tachicardia sinusale (FR 110/min, PA 85/40) associata ad ipotensione non responsiva al riempimento volemico, con acidosi lattica regredita in alcune ore con adeguato supporto volemico e farmacologico. La durata infusionale del farmaco è stata di circa 20 ore con diminuizione progressiva della dose farmacologica. I parametri della paziente sono stati monitorati attraverso esami di laboratorio e emogasanalisi condotte ogni 30’ circa fino alla risoluzione del quadro clinico. Gli esami hanno evidenziato un’innalzamento dei livelli sierici di CK - MB, lattati e della glicemia che in uno degli esami EGA condotti è stata addirittura incalcolabile (ultimo valore registrato pari a Glu 200 mg/dl). Il quadro di acidosi iatrogena della paziente è riportato dai seguenti valori riferiti a misurazioni seriate condotte in UTI tramite la tecnica di emogasanalisi su sangue arterioso:

PAZIENTE A PH PO2 mmHg PCO2 mmHg Glu mg/dl Lac mmol/L BE ecf mmol/L BE mmol/L T1 7,15 91 51 222,00 9,50 -11,10 -10,70 T2 7,17 155 46 222,00 9,30 -11,70 -11,20 T3 7,15 207 44 213,00 9,60 -13,60 -12,90 T4 7,18 199 44 200,00 9,80 -12,00 -11,40 T5 7,20 196 45 nnn 9,60 -10,40 -10,00

La consulenza cardiologica ha confermato l’evento di tachicardia sinusale all’ECG con un diffuso sottoslivellamento del tratto ST. Alla paziente è stato posizionato un CVC con accesso da vena femorale sotto guida ecocardiografica, sono stati valutati i marcatori di danno muscolare e cardiaco con il ritrovamento di un aumento della mioglobina (picco plasmatico 97 ng/ml ), di troponina T HS (valore massimo 22 pg/ml) e del BNP cardiaco (valore

massimo 316 pg/ml): questi dati sono in linea con il modello fisiopatogenetico della sindrome e la sua correlazione col danno alla muscolatura periferica e al muscolo cardiaco. L’emodinamica è stata sostenuta con farmaci vasoattivi ( noradrenalina) durante l’evento clinico ipotensivo; è stata inoltre praticata la ventilazione invasiva con tecnina CPAP per il mantenimento di una corretta PO2 durante l’evento. Una volta risolto il quadro di acidosi la paziente è stata dimessa senza complicanze registrate.

La paziente B raggiunge il reparto UTI in condizioni di respiro spontataneo con cannule nasali (flusso da 3L/min), diversamente dalle pazienti A e C che raggiungono l’UTI ancora in sedazione sotto IC di propofol: la differenza nella durata di infusione del farmaco correla con il grado di gravità dei sintomi sviluppati delle tre pazienti. Mentre infatti le pazienti A e C hanno entrambe sviluppano un quadro di acidosi iatrogena importante (legata probabilbmente alla maggior durata della sedazione in infusiona continua di propofol), la paziente B sviluppa un dolore toracico tipico con irradiazione al braccio SX ma nessun segno di acidosi. Il dolore anginoso viene trattato con Carvasin sublinguale da 5mg con risoluzione del quadro clinico. La misurazione degli enzimi di necrosi cardiaca non ha rilevato nessuna alterazione significativa: Valore sierico a 3 h dalla sintomatologia Valore sierico a 6h dalla sintomatologia Valore sierico a 9h dalla sintomatologia Mioglobina (ng/ml) 151 109 71 CK – MB (µg/l) 3,29 3,35 2,88 Troponina T (pg/ml) 7 6 6

Alla dimissione la paziente si presenta sveglia, vigile e cosciente, in respiro spontaneo con cannule nasali (3L/min) con buoni scambi respiratori (PH 7,39 ; PO2 141; PCO2 56; SPO2 100%). L’emodinamica della paziente al momento della dimissione risultava stabile (PA 149/62; FC61) e non sostenuta da farmaci vasoattivi; la diuresi e gli altri parametri erano nella norma.

Dopo qualche ora dal trasferimento nel reparto UTI, la paziente C di ritorno da una revisione chirurgica di tiroidectomia condotta in regime di urgenza ha iniziato a sviluppare un’acidosi metabolica iatrogena. La paziente si trovava sotto infusione continua di propofol al dosaggio di 6ml/h soluzione al 2% (20ng/ml); la sedazione è stata mantenuta con il farmaco ultiva in infusione continua alla velocità di 2ml/h. L’acidosi è stata riscontrata grazie ad una instabilità della paziente visualizzata all’ emogasanalisi: qui di seguito vengono riportate le misure seriate dei principali indici di acidosi metabolica eseguita ad intervalli regolari (ogni 30’) durante l’evento: PAZIENTE C PH PO2 mmHg PCO2 mmHg Glu mg/dl Lac mmol/L BE ecf mmol/L BE mmol/L T1 7,25 154 36 228 9,9 -11,4 -10,6 T2 7,22 129 35 238 11 -13 -12,1 T3 7,28 142 36 231 12,4 -10,3 -9,5 T4 7,22 124 33 219 13,6 -13,4 -12,5 T5 7,20 145 35 210 13,9 -15,1 -14,00 T6 7,18 175 36 214 12,3 -14,00 -14,00

Per risolvere il quadro ipotensivo e l’acidosi è stata sospesa l’infusione continua di propofol e l’emodinamica è stata sostenuta dalla somministrazione di un inotropo, noradrenalina in regime di infusione continua, fino a risoluzione del quadro clinico. L’ipotensione è stata trattata tramite terapia con Gelosine da 500 ml in due somministrazione per la riespansione volumica e soluzioni in fiale di KCl e Ca-gluconato per il mantenimento degli equilibri

elettrolitici. L’esame ECG condotto sulla paziente ha evidenziato un sottoslivellamento ST inferolaterale con sopraslivellamento ST in aVR; i marcatori di miocardionecrosi sono stati ritrovati nei limiti della norma. Alla paziente è stata applicata la ventilazione invasiva tramite tecnica CPAP. Il miglioramento del quadro clinico è iniziato subito dopo la sospensione della terapia infusionale con propofol. Alla dimissione la paziente presentava uno stato vigile e orientato, con buoni scambi respiratori con cannule nasali (5L/min), stabilità emodinamica con PA 160/82 e FC 50bpm e con completa risolluzione del quadro di acidosi verificato tramite esami di laboratorio ed EGA.

La durata di infusione del farmaco ha giocato sicuramente un ruolo importante nello sviluppo della PRIS: l’acidosi iatrogena infatti è stata ritrovata solamente nelle due pazienti che hanno raggiunto il nostro reparto UTI ancora in condizioni di sedazione con infusione continua di propofol, mentre la paziente B ha sviluppato solamente un dolore anginoso che è regredito con la terapia OS (Carvasin sublinguale). L’evento acidosi metabolica quindi sembra esser correlato con la quantità cumulativa di farmaco che infatti risulta, a parità di velocità di infusione, tanto maggiore quanto più sarà la durata della sedazione. Un’altra importante differenza tra le nostre pazienti riguarda ad esempio il regime operatorio a cui sono state sottoposte: mentre infatti le pazienti A e B sono state operate in regime di elezione, la paziente C è stata operata in regime di urgenza e questo ha sicuramente favorito lo sviluppo della sindrome PRIS con un aggravamento dello stato metabolico e infiammatorio della paziente. Le alterazioni rilevate all’EGA e agli esami di laboratorio sono sicuramente stati influenzati anche da questo aspetto. La diversa manifestazione della sindrome nelle tre pazienti così come il grado di morbilità dei sintomi associabili alla PRIS (grado di acidosi, stato di ipotensione e mancata risposta alla riespansione volemica) correlano probabilmente con i fattori di rischio e lo stato metabolico diverso per ciascuna delle pazienti. La paziente B con una storia di FA trattata con cardioversione elettrica, scompenso cardiaco e ipertensione arteriosa ha avuto un minor

coinvolgimento dello stato metabolico, non sviluppa acidosi, ma ha maggiormente risentito della sedazione a livello del muscolo cardiaco da dove ha avuto origine la sintomatologia anginosa. Ricordiamo inoltre che la PRIS è stata inizialmente descritta solo nei pazienti pediatrici mentre è solo di recente che la sindrome ha acquisito importanza nel paziente adulto grazie anche alla maggiore diffusione del propofol come agente induttore e di mantenimento in TIVA. Forse anche l’età ha quindi giocato un ruolo nello sviluppo delle complicanze della sindrome: la paziente B con un’età di 79 anni non ha sviluppato l’acidosi metabolica grave che invece ha colpito le due pazienti A e C, rispettivamente di 54 e 48 anni. Tutti questi fattori e molti altri in concomitanza hanno giocato un ruolo nello sviluppo della sindrome e soprattutto nel grado di morbilità che si è manifestato in ognuna delle nostre pazienti.

3.2 Conclusioni

La PRIS è una sindrome complessa che non può semplicemente essere associata all’infusione del farmaco ma che deve essere ricercata attraverso i fattori inizianti e scatenanti che caratterizzano il

paziente critico. All’interno della sindrome possiamo infatti associare la malattia critica come fattore

iniziante, mentre l’utilizzo di propofol in alte dosi gioca un ruolo come fattore scatenante. Anche catecolamine e steroidi rientrano tra i fattori scatenanti in quanto costituiscono i prodotti finali della risposta allo stress che caratterizza la malattia critica del paziente. La condizione clinica del paziente che va incontro a sedazione con propofol sembra giocare un ruolo più importante della dose del farmaco stessa proprio perché la probabilità di sviluppo della PRIS dipende in larga misura dalle condizioni metaboliche e sistemiche del paziente ovvero del suo stato di paziente in malattia critica. Ricordiamo che i pazienti con trauma cranico grave o con importanti affezioni del SNC (emorragia subaracnoidea, ictus, stati epilettici, meningiti) se trattati con alte dosi di propofol (≥ 5mg/Kg per ora) hanno un rischio raddoppiato di sviluppare la sindrome11; in questi pazienti infatti è raccomandata una dose di farmaco che non superi un periodo di lungo (>48 ore)77.

La mortalità correlata alla PRIS riportata in letteratura si aggira intorno al 51% ma l’andamento è in netta diminuizione grazie soprattutto alle nuove conoscenze sui meccanismi fisiopatogenetici che ne favoriscono lo sviluppo agendo come fattori inizianti. Le maggiori difficoltà si hanno ancora nella diagnosi precoce di questa patologia: anche se il dosaggio dei marcatori di danno cellulare (CK, mioglobina e Troponina T) risulta fondamentale nel riconoscimento della sindrome, questi non sono specifici per il danno causato dalla PRIS ma si ritrovano alterati in numerose condizioni cliniche ponendo problemi di diagnosi differenziale. Nel paziente in UTI soprattutto, patologie come l’infarto del miocardio, lo scompenso cardiaco, l’insufficienza renale e molte altre possono sovrapporsi al quadro clinico – laboratoristico della PRIS ritardando così la diagnosi. La tempestività della diagnosi gioca un ruolo fondamentale nella terapia e nella gestione di questi pazienti perché è necessario interrompere la somministrazione del farmaco il più velocemente possibile: questo determina un

miglioramento clinico importante e soprattutto evita lo sviluppo di complicanze maggiori nel paziente che possono portare anche all’exitus. Ecco perché grandi passi avanti possono essere fatti nell’individuazione dei soggetti che rientrano in quelle condizioni cliniche che caratterizzano il

Ringraziamenti

Seguono di rito i più sentiti ringraziamenti dovuti alle persone che mi sono state vicino durante questo periodo di lavoro sulla tesi . Ringrazio in primis il mio relatore il prof. Forfori senza il quale questo lavoro di tesi non avrebbe visto la luce.

Rringrazio la mia famiglia, i miei genitori e le mie sorelle divisi tra due regioni d’Italia lontane l’una dall’altra, ma sempre al mio fianco per affrontare ogni problema o avversità dela vita.

Ringrazio i colleghi del corso di medicina e tutti gli amici che questo percorso di studi mi ha fatto incontrare, persone fantastiche che grazie al loro spirito mi hanno insegnato tanto, non sono nell’ambito della professione ma anche e soprattutto nella vita di tutti i giorni.

Infine ringrazio Caterina, compagna inseparabile delle mie avventure, per essermi stata accanto durante la stesura di questo lavoro e in mille altri momenti.

Nel documento Propofol Infusion Syndrome: case report (pagine 53-61)

Documenti correlati