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Propofol Infusion Syndrome: case report

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Academic year: 2021

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Scuola di Medicina

Dipartimento di Medicina Clinica e S perimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Università Di Pisa

– Dipartimento Di Ricerca Traslazionale E Delle Nuove Tecnologie In

Medicina E Chirurgia-

Corso Di Laurea Magistrale In Medicina E Chirurgia

Tesi Di Laurea

“Propofol Infusion Syndrome: fisiopatologia di una sindrome

complessa e Case report”

RELATORE

Chiar.mo Prof. Francesco Forfori

CANDIDATO

Giuseppe Ippolito

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Indice Analitico

1. Propofol:

1.1 Cenni storici;

1.2 Caratteristiche generali e proprietà chimiche; 1.3 Farmacocinetica: 1.3.1 Assorbimento; 1.3.2 Distribuzione; 1.3.3 Metabolismo; 1.3.4 Escrezione; 1.4 Farmacodinamica:

1.4.1 Effetti sul Sistema Nervoso Centrale; 1.4.2 Effetti sul controllo della respirazione; 1.4.3 Effetti sul sistema Cardiovascolare; 1.5 Effetti collaterali:

1.5.1 Abuso da Propofol;

1.5.2 Propofol Infusion Syndrome;

2. PRIS (Propofol Infusion Syndrome):

2.1 Epidemiologia e stato dell’arte; 2.2 Fisiopatologia:

2.2.1 Danno Muscolo cardiaco e periferico; 2.2.2 Ruolo delle catecolamine;

2.2.3 Ruolo degli steroidi;

2.2.4 Ruolo della SIRS e della MODS; 2.2.5 Stimolazione del SNC;

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3.1 Case Report

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Capitolo I

1. Propofol

1.1 Cenni Storici

Il propofol è un farmaco anestetico metabolizzato velocemente, ad attività sedative ed ipnotiche. Le sue proprietà anestetiche sono state ampiamente studiate e documentate da quando nel 1973 la ICI (Imperial Chemical Indrusties) ha codificato il farmaco per la prima volta come ICI 35.8681,2. I primi trials clinici sono stati condotti in Europa con una preparazione di farmaco all’1% in Cremophor EL da parte di Kay e Rolly3 . In questa prima formulazione con Cremophor EL del 1977 la somministrazione del farmaco era accompagnata da dolore all’iniezione e reazioni anafilattiche complemento mediate derivanti dall’eccipiente stesso: per questo la sua formulazione venne radicalmente modificata negli anni successivi4. Nel 1983 in Europa e nel 1984 negli Stati Uniti venne valutata una nuova formulazione del farmaco in emulsione di olio in acqua o a base lipidica: questa risultò avere le stesse proprietà farmacologiche della precedente ma con nessun riscontro di reazioni avverse di tipo anafilattico5.

Dal 1986 nel in Regno Unito e in Nuova Zelanda il propofol venne commercializzato come emulsione all’1% in olio di semi di soia 10%, glicerolo al 2,25% e lecitina d’uovo all’1,2%: grazie all’utilizzo di queste nuove formulazioni venne scongiurato il rischio di reazioni anafilattiche complemento mediate ma non il dolore nella sede di inoculo che rimane un effetto indesiderato nell’uomo6,7,8,9,10

. Il propofol viene somministrato per via EV con fiale da 20ml di emulsione all’1-2% o tramite flaconi da 50ml di emulsione all’1-all’1-2%, offrendo una valida alternativa a vecchi farmaci come il tiopental sodico o la Ketamina11 rispetto ai quali è caratterizzato da un’induzione e un risveglio dall’anestesia più rapidi e graduali12,13

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Una volta introdotto per via EV il propofol ha una rapida ridistribuzione dal compartimento plasmatico agli altri tessuti con diminuizione delle concentrazioni plasmatiche e cerebrali nel tempo. Oltre ad una rapida diffusione nei vari compartimenti, il propofol ha anche una clearance metabolica molto rapida rendendo così questo farmaco perfetto per l’uso in terapia infusionale.

In Italia il farmaco viene commercializzato sotto il nome di Diprivan (DI-iso-PR-opilfenolo IntraVenous Anesthetic) da parte della ditta farmaceutica AstraZeneca spa in formato fiale EV ( 200 mg/200 ml - 1000 mg/1000 ml) o in flaconi EV (1000mg/50ml – 500mg/50ml – 200mg/20ml)

1.2 Caratteristiche generali e proprietà chimiche;

Il propofol è un derivato fenolico chimicamente inerte ottenuto per sostituzione di due gruppi isopropilici in posizione meta sull’anello

benzenico; a PH neutro risulta praticamente insolubile in acqua, è solubile invece in alcool e

toluene14. Il valore di solubilità in acqua è pari a 0.16 g/L (Human Metabolome Database) .

Caratteristica peculiare del farmaco è che al contrario della maggior parte degli induttori utilizzati oggi in anestesia, il propofol è un composto achirale per questo non presenta variabilità enantiomerica. Ha un aspetto lattiginoso caratteristico14 in parte dovuto ai solfatidi d’uovo presenti nella sua formulazione che accorciano la durata di utilizzo del farmaco una volta aperta la confezione15 .

Il peso molecolare del propofol è di 178.27 g/mol e la sua pKa di 11. Normalmente il farmaco si trova in una formulazione a PH neutro e senza conservanti, per questo è possibile la proliferazione

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batterica e di endotossine16,17,18,19,20,21,22 : sono state associate infatti infezioni post-operatorie all’utilizzo di propofol in condizioni di non sterilità e per l’uso ripetuto di fiale singole. Alla preparazione della siringa di propofol deve seguire la sua infusione il prima possibile proprio per scongiurare il rischio infettivo: qualunque formulazione di farmaco non utilizzata inoltre dovrebbe essere eliminata e non dovrebbe essere permesso il mantenimento di soluzioni a temperatura ambiente. Per ridurre il dolore all’inoculo sono stati fatti numerosi tentativi tra cui l’aggiunta di EDTA o metabisolfito di sodio, il quale però si è dimostrato in grado di destabilizzare l’emulsione (in infusione continua può causare un collasso cardiovascolare). In alcuni soggetti inoltre, l’induzione da propofol può essere associata ad un aumento dei trigliceridi plasmatici.

1.3 Farmacocinetica

Il propofol è un farmaco altamente liposolubile, ha una rapida clearance metabolica e una particolare capacità di ridistribuzione. Successivamente all’introduzione del farmaco in bolo singolo, la concentrazione plasmatica decresce nel tempo con un andamento curvilineo tipico: la distribuzione del farmaco può essere suddivisa così in tre momenti temporali, ognuno descritto da una funzione ben precisa che correla con la velocità di diffusione del farmaco :

 Fase iniziale con distribuzione dal compartimento plasmatico ai tessuti maggiormente perfusi;

 Fase intermedia di rapida clearance metabolica del farmaco dal sangue;

 Fase finale con ritorno lento del farmaco dai territori a più scarsa perfusione al compartimento plasmatico.

Nella fase iniziale il propofol diminuisce rapidamente a livello plasmatico per spostamento del farmaco dal sangue e da tessuti altamente vascolarizzati, come il cervello, a tessuti scarsamente

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vascolarizzati o a compartimenti a minore vascolarizzazione, soprattutto i muscoli e il tessuto adiposo. La clearance del propofol dal sangue oltre ad essere molto rapida ha una particolarità: eccede la perfusione epatica. Per questo negli anni si è ipotizzato che ci fosse un sito di metabolismo extraepatico del farmaco: questa ipotesi ha avuto in seguito conferma in un lavoro in cui sono stati misurati i metaboliti del propofol durante la fase anepatica di trapianto di fegato nell’uomo23

. Il sito responsabile di questo metabolismo extraepatico non è ancora stato determinato precisamente ma alcuni studi in vitro e in vivo puntano il dito su rene e polmone come possibili organi in grado di metabolizzare il propofol11,23-30. Ancor più di recente alcuni studi hanno confermato il ruolo del rene nella clearance extraepatica del farmaco mentre il polmone così come il cervello sembrano non essere altrettanto coinvolti31-37.

L’emività di eliminazione del propofol è abbastanza prolungata nell’uomo, così come nel cane e nel gatto38,39,40 ma nonostante questo i tempi di recupero in seguito ad un singolo bolo risultano essere molto brevi: anche in seguito ad infusioni prolungate di propofol non ci sono evidenze negative sui tempi di risveglio nell’uomo40

. Secondo alcuni autori, l’emivita del farmaco non può essere utilizzata come predittore dei tempi di risveglio nell’uomo in quanto non è un parametro molto affidabile41 : mentre risulta essere un indice più affidabile l’emivita sensibile al contesto, ovvero la misurazione del tempo che occorre al farmaco per ridurre del 50% la sua concentrazione nel compartimento centrale dopo la somministrazione in infusione continua. I dati ottenuti da delle simulazioni degli stessi autori tuttavia indicano che, per infusioni della durata complessiva inferiori alle 9 ore, il propofol mostra delle deviazioni lievi dell’emivita sensibile al contesto al contrario di altri anestetici come pentobarbitale o fentanyl. La particolare PK del propofol rimane anche relativamente poco influenzata da patologie epatiche e renali42-45.

Il propofol riassumendo ha una rapida distribuzione, un’efficiente clearance metabolica e un’emivita sensibile al contesto abbastanza breve e soprattutto indipendente dalla funzionalità epatica o renale

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del soggetto: queste caratteristiche riflettono il successo del propofol come agente induttore dell’anestesia e del suo ruolo di primo piano nella TIVA.

1.3.1 Assorbimento

Il propofol ha una biodisponibilità orale pari a zero e un forte sapore amaro: per questi motivi la via endovenosa risulta la principale via di somministrazione. Viene introdotto per via parenterale nell’organismo, principalmente per via endovenosa con largo utilizzo per tecniche come la TIVA

(Total IntraVenous Anesthesia) o la TCI (Target Control Infusion):oltre alla via endovenosa, che

risulta essere la più utilizzata, esistono anche formulazione per la somministrazione via dermica e per la via inalatoria.

1.3.2 Distribuzione

Grazie alla sua elevata liposolubilità il propofol acquista subito dopo la fase di inoculo un rapido volume di distribuzione iniziale, di dimensioni 20 – 80 volte maggiore rispetto al volume d’acqua corporeo. Una volta introdotto il farmaco in bolo (con un dosaggio da 1 a 4 mg / Kg) si ha una riduzione molto rapida della concentrazione plasmatica nei primi 10 minuti grazie all’ampia diffusione e alla captazione tissutale: in questa prima fase il farmaco ha un’emività di circa 1-3 minuti . Una volta raggiunto lo stato stazionario il farmaco si distribuisce su di un volume apparente di distribuzione maggiore rispetto al volume iniziale e la sua concentrazione ematica scende anche grazie al metabolismo epatico. La diminuzione della concentrazione plasmatica e la clearance permettono l’eluizione del farmaco dal cervello con un recupero dose dipendente in 10 – 20 minuti. L’emivita del farmaco nella fase terminale risulta essere più elevata (40 – 50 ore) e il farmaco può essere individuato anche fino a 3 gg nel plasma.

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Il propofol ha un legame con le proteine plasmatiche che può arrivare al 96 – 98%46 : per il 95% la molecola risulta legata all’albumina mentre un legame più debole e meno rappresentato si ha con la

glicoproteina acida α. Il propofol si distribuisce in proporzione variabile tra componente plasmatica

ed eritrocitaria tra le varie specie animali: studi in vitro hanno dimostrato una distribuzione uniforme nel sangue umano46.

La forma libera del farmaco risulta essere quella attiva a livello farmacologico, in quanto solo il farmaco non legato riesce ad attraversare facilmente le membrane cellulari per espletare la sua azione farmacologica47: per questo il legame plasmatico risulta essere una variabile importante per il volume di distribuzione e per la clearance del farmaco48. Fattori come lo spiazzamento competitivo da parte di altri farmaci, il bypass cardiopolmonare o le variazioni della proteinemia (come accade nei pazienti epatopatici o nefropatici) quindi possono modificare la clearance e il grado di massima distribuzione tissutale del farmaco49,50.

Negli organi maggiormente perfusi l’uptake e la biodisponibilità di farmaci fortemente lipofili come il propofol sono solitamente ritenuti flusso-dipendente, per la loro elevata capacità di diffusione; inoltre alcune variazioni del flusso ematico possono addirittura venir indotte dall’anestetico stesso alterandone così la distribuzione. Dopo rapida somministrazione di propofol si riscontra una notevole differenza tra le concentrazioni presenti a livello arterioso e a livello del flusso cerebrale: questo fenomeno sembra esser dovuto alla capacità del farmaco stesso di modificare il flusso ematico cerebrale alterando la velocità di eluizione del propofol nel cervello riducendola51. Da alcuni autori è stato ipotizzato che il cervello possa essere un’importante sede di metabolismo extraepatico del farmaco per la presenza di isoforme dell’Uridina difosfato glucuroniltransferasi (UGT) a livello cerebrale52. Secondo gli studi effettuati da altri autori invece non vi sono evidenze riguardo ad un metabolismo cerebrale del farmaco in quanto non vi sono differenze riscontrate tra le concentrazioni di propofol presenti nel sangue arterioso e a livello del bulbo della vena giugulare interna35.

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1.3.3 Metabolismo

Dopo somministrazione di una dose sub-anestetica di propofol marcato con C-14 da 0,47 mg/Kg, la quantità immodificata rilevata nelle urine risulta solamente dello 0,3% indicando quindi come principale meccanismo di eliminazionedel farmaco la via di trasformazione metabolica53. La via metabolica principale prevede la glucuronizzazione del propofol a propofol-glucuronide con o senza precedente idrossilazione da parte del citocromo P450:

La rimanente parte di farmaco viene metabolizzato, da alcune isoforme specifiche del citocromo P450 quali CYP 2B6 e 2C9, a 2,6-diisopropilchinolo e successivamente eliminato per via urinaria dopo coniugazione con il glucuronato o solfato. In caso di infusione prolungata, le urine possono acquisire un colore verde proprio per i metaboliti chinolonici presenti; altre tracce di metaboliti diversi possono ancora essere ritrovate nelle urine. L’idrossilazione del propofol può avvenire anche nei polmoni, mentre la sua glicuronil-coniugazione avviene principalmente se non esclusivamente nella circolazione enterica. Il propofol inoltre inibisce anche il metabolismo farmacologico di substrati da parte di isoforme del citocromo P450, soprattutto CYP 1A1, CYP 2A1 e CYP 2B1: diminuisce la clearance di alcuni farmaci come fentanil, alfentanil o propanololo aumentandone così la durata d’azione forse proprio per l’inibizione del loro metabolismo. Il propofol non induce gli

From “Goodman & Gilman's The Pharmacological Basis of Therapeutics” 11th ed by Brunton et al,and “Basic & Clinical Pharmacology” 11th ed. By Katzung et al, as well as a chapter devoted to propofol in the excellent “Clinical Anaesthesiology “ by Morgan Mikhail and Murray

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enzimi coinvolti nella sintesi porfirinica e per questo non è controindicato in questa malattia al contrario del tiopental ed altri barbiturici.

Essendo il fegato l’organo che principalmente metabolizza la molecola di propofol, la clearance del farmaco è sensibile ai cambiamenti del flusso plasmatico epatico, ma risulta poco o nulla influenzata da alterazioni nel legame proteico o dell’attività enzimatica. Come già accennato però, esistono delle vie extraepatiche di metabolizzazione del farmaco come dimostrato dal fatto che durante la fase anepatica del trapianto di fegato sono state recuperate dalle urine quantità significative di propofol-glucuronide23. Grazie ad uno studio effettuato con microsomi di polmone e rene è stato dimostrato che i microsomi renali sono capaci di glucuronidare il propofol, mentre non è stata dimostrata la stessa capacità in quelli polmonari25. Tuttavia è noto che i polmoni sono degli organi metabolicamente attivi in grado di modificare le concentrazioni plasmatiche di farmaci somministrati per via EV. Questi infatti possono captare, immagazzinare, metabolizzare e in seguito rilasciare molti tipi di farmaci54. Mentre nella specie felina il ruolo polmonare risulta ormai chiaro, nell’uomo questo rimane un argomento di dibattito tra i vari autori28,34 . Il gruppo di ricerca di Dawidowicz e colleghi28 ha misurato una concentrazione più alta del farmaco in atrio destro rispetto a quello prelevato a livello dell’arteria radiale: questo ha fatto ipotizzare un possibile metabolismo ossidativo a livello polmonare del propofol durante l’infusione. L’indice di estrazione calcolato in questo esperimento è pari a 0,3 – 0,4 e questo sostiene l’ipotesi di un coinvolgimento polmonare nell’eliminazione del propofol sotto forma di 2,6-diisopropyl-1,4-chinolo. Il gruppo di He e colleghi nel 200034 invece hanno rilevato l’assenza di un metabolismo polmonare allo stadio pseudostazionario; in accordo con altri studi in letteratura25,36 hanno confermato che nei polmoni non avviene la glucuronidazione e dimostrato che i polmoni nell’uomo non contribuiscono alla clearance extraepatica di propofol. Infine nel modello umano cinetico e dinamico con ricircolo del propofol sviluppato da Upton e Ludbrook55, la migliore corrispondenza è stata riscontrata assumendo un indice di estrazione polmonare del 10% e renale del 30%. I polmoni possono giocare un ruolo non

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indifferente nel metabolismo del farmaco in quanto anche se risultano avere un basso indice di estrazione, questi organi ricevono il 100% della portata cardiaca e risultano quindi in grado di partecipare in maniera attiva alla clearance del farmaco. Recenti studi hanno anche rilevato un tasso di glucuronidazione del propofol più alto nel rene che nel fegato umano35.

1.3.4 Escrezione

Come già considerato in precedenza, il propofol viene escreto immodificato nelle urine solo per lo 0,3 % circa: ciò dimostra come la quasi totalità del farmaco venga eliminato dal corpo solo dopo aver subito un processo di metabolizzazione, che ricordiamo avviene principalmente a livello epatico. Il fegato infatti è l’organo principalmente coinvolto nella clearance da propofol53,56,57

. La clearance del propofol può però superare la perfusione epatica grazie alla componente extraepatica del metabolismo attraverso una via che coinvolge principalmente l’emuntorio renale: questa rientra tra le ipotesi più plausibili condivisa da vari autori11,56,58. Gli indici di estrazione riportati in letteratura sono di 0,9 per il fegato e di 0,7 per l’emuntorio renale35; generalmente vengono accettati rispettivamente i valori di 21 e 18 ml/(Kg*min) dei flussi epatico e renale59 con una clearance complessiva pari a 31 ml/(Kg*min) che risulta essere un valore prossimo a quello riportato in letteratura dai maggiori autori29,60,61. La clearance del propofol nell’uomo supera quella di altri anestetici come il tiopental grazie alla sua elevata clearance metabolica62. L’88% del propofol viene escreto come glucuronide nelle urine, nelle feci invece si ritrova per meno del 2%. La quota che viene escreta immodificata è pari all 0,3% mentre la rimanente parte subisce una coniugazione con gruppi solfato in posizione 1 e 4 58,63.

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1.4 Farmacodinamica

Per generare una rapida perdita di coscienza con l’induzione dell’anestesia un farmaco ha bisogno di un’ampia frazione libera diffusibile, un’elevata liposolubilità e una minima barriera ematoencefalica nel sistema nervoso centrale per permettere una rapida diffusione con la produzione dell’effetto ipnotico desiderato11 . Il propofol grazie alla sua rapida distribuzione nei vari compartimenti e alla sua alta liposolubilità ha tutte le caratteristiche per essere un anestetico con rapido onset e quindi un’induzione rapida dell’anestesia nell’uso clinico. Studi farmacodinamici dimostrano questa rapidità di induzione dell’anestesia: il propofol infatti può attraversare velocemente qualunque membrana cellulare, compresi i capillari del SNC. Tuttavia è stata riscontrata un’isteresi

concentrazione – effetto nella curva di distribuzione del farmaco, ovvero, esiste un fattore temporale

non nullo presente tra il raggiungimento della concentrazione farmacologica efficace al raggiungimento dell’effetto clinico e il raggiungimento dell’effetto clinico stesso di induzione dell’anestesia. I meccanismi di questa isteresi possono essere molti tra cui una ritardata diffusione emato-encefalica, un legame iniziale con siti non attivi o un ritardo di legame con i recettori effettori della risposta farmacologica11. Tuttavia questi meccanismi non sono ancora stati compresi completamente. In uno studio con modello PK/PD64 è stato utilizzato un compartimento effettore con un’emività di 3 minuti che colma matematicamente il ritardo generato dall’isteresi osservata. I tempi dell’isteresi sono stati misurati in maniera pressocchè invariata sia durante infusioni lente che rapide, anche se nel secondo caso la quantità totale di farmaco necessaria risulta essere più elevata con maggior rischio di tossicità o reazioni avverse. Per infusioni più lunghe di due minuti invece la percentuale di successo dell’induzione scende probabilmente a causa del fatto che il farmaco distribuendosi maggiormente nei vari tessuti non riesce a raggiungere una concentrazione farmacologica efficace a livello del SNC55 .

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Per indurre rapidamente un’induzione dell’anestesia occorre un forte gradiente nella concentrazione plasmatica di propofol, tuttavia all’aumentare della concentrazione plasmatica del farmaco aumentano proporzionalmente gli effetti indesiderati soprattutto a livello cardiovascolare: per questo motivo è preferibile una somministrazione più lenta del farmaco, a costo di una quantità somministrata totale più elevata, per evitare gli effetti collaterali a livello cardiaco11,58. L’azione farmacologica del propofol si ha grazie al suo legame selettivo con i recettori GABAergici presenti a livello encefalico: l’azione sui recettori viene esplicata a livello delle subunità β-2 o β-3 adiacenti al canale del cloro. Gli stessi siti di legame sembrano essere insensibili allo stesso GABA e risultano essere assolutamente distinti dai siti di legame dei barbiturici o delle benzodiazepine. Lo stesso antagonista delle benzodiazepine, il flumazenil non ha alcun effetto sull’attività farmacologica del propofol. Oltre ai recettori GABAergici ci sono alcune evidenze riguardo all’attivazione dei recettori della glicina e dei recettori nicotinici dell’acetilcolina. Il propofol sembra aumentare l’attività dei recettori della glicina alla stricnina nel SNC, o inibire l’attività eccitatoria dei recettori nicotinici: la sua attività sembra tuttavia limitata a quei recettori che contengono le subunità β. Le attività su questi ultimi due tipi di recettori sembrano però mostrarsi solo per concentrazioni più elevate del farmaco rispetto a quelle normalmente utilizzate in anestesia probabilmente a causa di una minore affinità recettoriale rispetto ai recettori GABAergici.

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1.4.1 Effetti sul Sistema Nervoso Centrale (SNC)

Il propofol produce una rapida perdita di coscienza con una dose di induzione tra 1,5 e 2,5 mg/Kg, grazie alla sua rapida diffusione al SNC. L’induzione dell’anestesia produce una riduzione della frequenza di scarica rilevabile all’EEG e una predominanza di onde β e δ : queste ultime sembrano associate ai movimenti involontari che possono occorrere durante la fase di induzione. Il propofol causa una riduzione nella richiesta di ossigeno e del flusso sanguigno a livello cerebrale; inoltre nonostante causi una riduzione delle resistenze cerebrovascolari, nel complesso risulta esserci una riduzione della pressione intracranica e della pressione di perfusione cerebrale. Rispetto ad altri farmaci utilizzati in regime anestesiologico, nel post operatorio si riscontrano meno frequentemente nausea e vomito soprattutto in quei pazienti che hanno utilizzato come unico anestetico il propofol: questo risulta un vantaggio che ha portato ad una rapida diffusione del farmaco come agente di induzione per procedure brevi e per la chirurgia in ambito ambulatoriale.

1.4.2 Effetti sul controllo della respirazione

Come moltissimi altri farmaci utilizzati in anestesia, il propofol induce una depressione dell’attività respiratoria con un meccanismo dose-dipendente: si ritrova una riduzione del volume corrente al minuto e può verificarsi apnea64-69. Nonostante la depressione respiratoria sia solitamente transitoria, questa può risultare prolungata in caso vengano utilizzate dosi ai limiti degli intervalli temporali raccomandati o in concomitanza di altri induttori capaci di deprimere la capacità respiratoria. Gli effetti sulla depressione respiratoria possono però essere ridotti al minimo iniettando il farmaco lentamente69,70,71. In uno studio del 200172 hanno dimostrato che le concentrazioni sedative di propofol hanno un effetto importante di diminuita risposta all’ipercapnia a livello del circuito dei chemocettori centrali: con basse dosi di anestetici inalatori, il circuito dei chemocettori periferici se stimolato dall’anidride carbonica non viene influenzato dall’azione del propofol. Nonostante questo,

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vi sono evidenze per cui alte dosi di propofol hanno mostrato la capacità di deprimere la funzionalità dei corpi carotidei periferici nel gatto e nel coniglio73 , indicando un coinvolgimento periferico nella depressione respiratoria se pur mediata principalmente a livello centrale a basse dosi.

1.4.3 Effetti sul sistema Cardiovascolare

L’ipotensione è sicuramente uno degli effetti principali del propofol, determinata da una riduzione transitoria della pressione arteriosa dovuta principalmente ad un calo delle resistenze periferiche74,75, ad una diminuzione del tono simpatico e dell’attività miocardica76. Il calo pressorio soprattutto in pazienti ipovolemici può raggiungere pericolosamente anche il 70–80 % rispetto al valore preoperatorio: il grado di ipotensione correla con la dose somministrata e il ritmo di iniezione, con un picco che di solito viene raggiunto dopo 5-10 minuti. Solitamente l’ipotensione generata da propofol non è seguita da una tachicerdia riflessa ma , al contrario, si ritrova più frequentemente insieme ad una riduzione della frequenza cardiaca: alla base di questo meccanismo si pensa ci sia l’azzeramento del riflesso barocettore77,78,79. Altre ipotesi riguardo l’ipotensione da propofol, oltre all’azione di reset sui barocettori periferici, sembrano coinvolgere un possibile blocco dei canali del calcio o la produzione a livello endoteliale di ossido nitrico59. Nell’uomo l’uso di propofol è stato associato anche all’insorgenza di aritmie 65,69,70,80

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1.5 Effetti Collaterali

Tra gli effetti indesiderati legati all’utilizzo di propofol ritroviamo:

Dolore all’iniezione;

Bradicardia e Ipotensione;

Effetti eccitatori;

Reazioni allergiche.

Il dolore nella sede di inoculo è più tipico per sedi distali come l’utilizzo di vene dorsali della mano o a livello del polso, anche se può presentarsi anche a livello prossimale durante l’iniezione (braccio e spalla). L’intensità del dolore sembra essere strettamente legata alla percentuale di farmaco presente in fase libera nell’emulsione81, per questo l’aggiunta di trigliceridi a catena media o lunga sembra ridurre la prevalenza del dolore (come la preparazione cosidetta Propofol - LIPURO). Per ridurre il dolore è utile anche utilizzare le grandi vene per la somministrazione come le vene della fossa ante

cubitale, o in alternativa è possibile l’aggiunta di lidocaina nel sito di inoculo (10-20 mg). Anche

altri farmaci come fentanil, alfentanil o tramadolo sono stati utilizzati per ridurre il dolore in sede di iniezione.

Una bradicardia profonda può presentarsi in seguito alla somministrazione di propofol, tale da richiedere il trattamento con un agente muscarinico come l’atropina. In letteratura vengono riportate alcune morti pediatriche successive ad una sedazione a lungo termine con propofol nelle unità di terapia intensiva: caratteristicamente i pazienti presentano segni di acidosi metabolica progressiva con bradicardia e insufficienza miocardica progressiva. Nonostante la causa non sia ancora stata isolata, alcune teorie considerano sia il farmaco sia il contenuto lipidico del solvente come causa principale di questi effetti cardiaci e metabolici.

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Durante il recupero dall’anestesia è possibile il verificarsi di effetti eccitatori sul SNC come convulsioni, mioclonie o opistotono. Il rischio di convulsioni è maggiore in pazienti con storia di epilessia, talvolta con un inizio ritardato. Infine è possibile anche il subentrarsi di una reazione allergica: in passato le crisi venivano attribuite soprattutto al Cromoforo EL (olio di ricino polietossilato) presente nella vecchia formulazione del farmaco. Oggi la nuova formulazione con olio di soia è stata associata a più di 30 casi comprendenti fenomeni allergici ed anafilattoidi. In ogni caso non c’è evidenza immunologica diretta per il farmaco in sé, anzi in molti casi l’utilizzo concomitante di bloccanti neuromuscolari è stato implicato in alcune di queste reazioni. Il margine di sicurezza del propofol risulta essere maggiore del tiopental ma minore del etomidato, sia per gli effetti collaterali che per le reazioni da ipersensibilità.

1.5.1 Abuso di propofol

Nel 2013 all’interno del “Journal of Addiction Medicine” Earley & Finver82

pubblicarono un articolo denunciando il crescendo abuso di propofol all’interno del personale sanitario anestesiologico. Dallo studio emerse che più frequentemente i soggetti dipendenti avevano una storia familiare positiva per abuso di sostanze, erano di sesso femminile e lavoravano in sala operatoria oppure avevano una specializzazione in campo anestesiologico. Nella maggior parte dei casi i soggetti arrivavano all’attenzione medica in seguito a eventi drammatici come incidenti d’auto o lesioni fisiche legate in maniera diretta all’intossicazione da parte del farmaco. I soggetti propofol-dipendenti presentavano comunemente storia di depressioni o trauma recente. Rispetto ad altre dipendenza, l’abuso di propofol porta rapidamente alla terapia con un minore intervallo di tempo tra inizio della dipendenza e necessità di trattamento, per questo la diagnosi risulta più difficoltosa così come anche le indicazioni post-trattamento.

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1.5.2 Propofol Infusion Syndrome

La PRIS (propofol infusion syndrome) è una rara evenienza della somministrazione di propofol descritta inizialmente nei pazienti pediatrici, trattati con alte dosi del farmaco ( ≥4mg/Kg per ora) a lungo termine ( ≥ 48 ore )83 - 96

. A partire dal 1998 sono stati descritti casi anche in pazienti adulti, tra cui pazienti neurologici o in cura con catecolamine. La sindrome raggiunse l’attenzione del mondo medico quando nel 2001 alcuni autori pubblicarono un articolo sulla rivista The Lancet97 descrivendo 7 casi riguardanti pazienti neurochirurgici in cui è stato associato lo sviluppo della sindrome con l’infusione continua di propofol utilizzato per la sedazione durante l’intervento. La PRIS, anche se molto rara, è una sindrome potenzialmente fatale. Non vi è una definizione uniformemente accettata per la descrizione di questa patologia, ma tra le varie combinazioni vengono descritti i seguenti sintomi: acidosi metabolica, iperkalemia, rabdomiolisi, insufficienza renale, epatomegalia, iperlipidemia, aritmie, alterazioni ECG (Brugada-Like) e rapida progressione verso lo scompenso cardiaco99. Nel 2006 l’agenzia americana FDA (Food and Drug Administration) ha lanciato un appello riguardo all’uso del propofol in sedazione e ha introdotto un limite massimo raccomandato pari a 4mg/kg per ora98. Tra il 1986 e il 2015 uno studio ha riportato ben 153 casi di

PRIS100, di cui il 51% con esito fatale (78 casi). Il tasso di mortalità nei casi riportati è diminuito fortunatamente negli anni: la mortalità prima del 2001 era pari al 74%, tra il 2001 e il 2006 del 64% e per i casi riportati dopo il 2006 scese addirittura fino al 32%. Lo stesso report condotto dall’università di Praga100

mostra inoltre come nel 90 % dei pazienti che hanno sviluppato PRIS in UTI la causa sia riferibile ad una complicanza occorsa durante una sedazione non procedurale, mentre solo il 10% deriva da complicanze indotte dall’uso di propofol durante l’anestesia.

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BIBLIOGRAFIA Capitolo I

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Capitolo II

2. Propofol Infusion Syndrome

2.1 Epidemiologia

Si stima che ogni anno vengano venduti più di un miliardo di soluzioni da 20ml equivalenti di propofol1 , con un prezzo per dose che negli USA è diminuito da 5$ a 3$ negli ultimi decenni2. La sindrome fu inizialmente descritta da Parke et al nel 1992 con la somministrazione di propofol in pazienti pediatrici3 , successivamente descritta anche nel paziente adulto trattato con alte dosi di propofol o con infusioni continuedi lunga durata (≥48 h)4-13. Nonostante la presenza di numerosi studi randomizzati che dimostrano l’efficacia e la sicurezza del propofol nella sedazione del paziente adulto a lungo e breve termine, dal 1998 al 2003 sono stati descritti ben 14 casi correlati alla sindrome in pazienti adulti13. Nel 2001 sulla rivista The Lancet venne pubblicato uno studio riguardante 7 casi di PRIS in una UTI neurochirurgica e per la prima volta gli autori collegarono, come maggior fattore di rischio per lo sviluppo della sindrome, la dose cumulativa del farmaco10. Venne così richiamata l’attenzione sul problema e, pochi mesi dopo l’uscita dell’articolo, la FDA

(Food and Drug Administration) mise in guardia gli specialisti a proposito l’uso di propofol per

sedazioni prolungate nella popolazione pediatrica14. Nel 2006 inoltre la FDA ha aggiornato le proprie linee guida introducendo una dose massima raccomandata per la sedazione da propofol pari a 4mg/Kg per ora15; nello stesso periodo le autorità regolatorie Europee suggerirono di diminuire la dose del farmaco se durante il monitoraggio il paziente sviluppava una tra le seguenti alterazioni: acidosi metabolica grave, iperkalemia, rabdomiolisi, elevazione della creatinin-kinasi e/o segni di scompenso cardiaco16-17. Nonostante però l’allerta posta da parte delle autorità regolatorie, i casi di PRIS non sono diminuiti negli anni e il tasso di mortalità correlato alla sindrome rimane sempre elevato. In un database europeo per sospette reazioni avverse ai farmaci realizzato dalla EMA

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(European Medicines Agency) tra Dicembre 2001 e Marzo 2005 sono stati registrati un totale di 394

casi di PRIS di cui il 35% (137 casi) risultarono fatali18. Il tasso di mortalità nei casi riportati in letteratura però è fortunatamente diminuito negli anni, passando da una mortalità prima del 2001 del 74%, tra il 2001 e il 2006 del 64% e del 32% per i casi riportati dopo il 200619. Secondo uno studio del 201519 la PRIS è associata maggiormente a casi di sedazione non procedurale (90% dei casi) piuttosto che a pratiche anestesiologiche routinarie (10% dei casi): le condizioni cliniche del paziente pre sedazione sono infatti determinanti per lo sviluppo della complicanza correlata all’infusione continua di propofol. Sedazioni condotte in regime di urgenza e non elezione possono avvantaggiare lo sviluppo della sindrome . Nello studio condotto da Krajcova et al del 2015, tramite un’analisi multivariata su più di 150 casi di PRIS, sono stati individuati i seguenti fattori correlati con un aumento della mortalità della sindrome: dose del farmaco, maggior durata di infusione, sviluppo di febbre e presenza di TBI (Traumatic Brain Injury)19. La velocità di infusione inoltre sembra correlare notevolmente con lo sviluppo di febbre, dato che quest’ultima occorre in meno del 5% dei casi con una velocità di infusione inferiore a 4mg/Kg per ora, mentre è presente nel 40% dei pazienti con una velocità di infusione intorno agli 8mg/Kg. Una simile correlazione dose dipendente correla inoltre con la probabilità di shock cardiaco e acidosi metabolica19 . La durata di infusione sembra invece correlare maggiormente con alterazioni ECG o aritmie che risultano più frequenti quando la durata della terapia in infusione continua supera le 48h19. Il parametro più importante sembra dunque essere la dose cumulativa del farmaco, un indice che combina sia la durata sia la velocità di infusione del farmaco19.

(30)

2.2 Fisiopatologia

La PRIS è una sindrome complessa ed eterogenea, caratteristicamente descritta con un quadro clinico dato da : grave acidosi metabolica, iperkalemia, rabdomiolisi, insufficienza renale e fatale insufficienza cardiaca.

La presentazione clinica però può variare notevolmente a causa di fattori concomitanti o terapie associate a cui sono sottoposti tipicamente i pazienti UTI o in stadio critico di malattia. Tra le prime definizioni della sindrome ritroviamo quella data da Bray nel 1998, descritta come “sudden onset of

bradycardia, resistant to treatment and progression to asystole plus one of the following:

hyperlipidemia, fatty infiltration of the liver, severe metabolic acidosis or muscle involvement with

rhabdomyolysis and myoglobinuria”12. Ia descrizione della patologia ha avuto notevoli modifiche

nel corso del tempo soprattutto riguardo al paziente tipico descritto: infatti nei primi anni 90’ la sindrome emergeva soprattutto in pazienti pediatrici a cui era stata somministrata una dose eccessiva di propofol per la sedazione3,21,22. Oggigiorno invece è molto più probabile una diagnosi di PRIS in pazienti adulti o anziani portati in sedazione con una dose usuale di propofol in UTI ma che iniziano a sviluppare un’acidosi metabolica apparentemente inspiegabile con un peggioramento della funzione renale rilevato dalla CK sierica, a volte con sviluppo contemporaneo di aritmie, ma di solito gli altri caratteri della PRIS rimangono sconosciuti22-26. Questa variazione nella presentazione tipica della sindrome deriva probabilmente dai cambiamenti nell’uso del farmaco: il propofol infatti viene sempre più utilizzato nei pazienti UTI quotidianamente ma con un attenzione particolare a non raggiungere dosi elevate e pericolose. I fattori determinanti alla base della fisiopatologia della sindrome sono infatti pochi, tra cui la dose cumulativa di farmaco, la velocità di infusione e la sua durata19. Il più importante di questi sembra essere la quantità di farmaco a cui il soggetto viene esposto nel tempo, quindi la sua dose cumulativa19. Il contributo indipendente del propofol come causa scatenante la sindrome non è semre facile da stabilire, soprattutto in presenza di malattie del SNC, sindrome da insufficienza multiorgano MODS o terapie in atto con steroidi e/o catecolamine.

(31)

Nello specifico la sindrome da risposta infiammatoria sistemica SIRS e la sindrome da insufficienza multiorgano giocano un ruolo fondamentale nella PRIS: mentre gli steroidi, le catecolamine e le alte dosi di propofol visti finora possono esser considerati tutti come fattori scatenanti la sindrome, la SIRS, cosi come la MODS, possono esser considerati com fattori inizianti la sindrome da propofol. Insieme alla malattia critica che è

spesso concomitante nel quadro clinico dei pazienti in UTI, il paziente candidabile allo sviluppo della PRIS è un paziente che in seguito a condizioni di stress e produzione di citochine pro-infiammatorie ha una risposta

inadeguata allo stress che mette in

moto tutti quei meccanismi patologici che culmineranno nella

PRIS. La risposta allo stress del paziente infatti partecipa alla produzione di citochine pro-infiammatorie nella sede del danno tissutale stress-indotto: le citochine presenti attiveranno così il sistema di risposta allo stress causando il rilascio di catecolamine e steroidi nel circolo, ormoni che abbiamo visto partecipare pienamente al danno tissutale soprattutto a livello di miocardio e muscolo periferico. La risposta allo stress dovrebbe indurre un’azione antinfiammatoria, se però la risposta risulta inadeguata può generare una maggiore sensibilità verso le malattie infiammatorie. E’ grazie a questo “background” che l’azione di catecolamine, steroidi e alte dosi di propofol trova il terreno adatto per il manifestarsi del quadro clinico della PRIS.

From Vasile B, Rasulo F, Candiani A, Latronico N. The pathophysiology of propofol infusion syndrome: a simple name for a complex syndrome. Intensive Care Med. 2003;29:1417-1425

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Sono stati proposti numerosi modelli patogenetici della PRIS ma non vi è ancora un quadro completo e condiviso tra i vari autori. Alcune ipotesi che si basano sulle analogie di struttura tra la molecola di propofol e il Coenzima-Q affermano che la PRIS deriva da un disaccoppiamento della catena respiratoria a livello mitocondriale27. In una serie di esperimenti sugli animali28,29, mitocondri epatici di topo esposti ad una concentrazione di propofol tra 0–100 μmol/l (la concentrazione raggiunta nel plasma di un paziente sotto sedazione si aggira intorno ai 5-30 μmol/l ) riducono la capacità della catena respiratoria e il potenziale transmembrana (ΔΨ) ma non la sintesi di ATP per una concentrazione massima pari a 75 μmol/l: superata questa soglia, anche la produzione di ATP viene interrotta. In questi esperimenti è stato utilizzato succinato come substrato mitocondriale per trasportare gli elettroni al Complesso II bypassando il Complesso I che veniva danneggiato durante l’isolamento dei mitocondri. In altri esperimenti condotti cinque anni dopo30

, venne dimostrato la maggior sensibilità all’inibizione da propofol del Complesso I rispetto al Complesso II in mitocondri epatici murini isolati; gli autori inoltre dimostrarono la capacità del propofol (con una concentrazione pari a 25-400 μmol/l) di sottrarre protoni dal compartimento interno a quello esterno dei mitocondri riducendo così il potenziale transmembrana (ΔΨ), probabilmente a causa di un’alterazione nella sintesi di ATP. Altri studi condotti con un simile apparato sperimentale su mitocondri cardiaci murini isolati dimostrarono una resistenza maggiore al danno da propofol, con una riduzine del potenziale transmembrana (ΔΨ) e della sintesi di ATP registrati solo con concentrazioni del farmaco > 300 μmol/l 31

. Studi ex vivo effettuati su cuori di cavia, perfusi con delle concentrazioni di propofol sovraterapeutiche ( 50-200 μmol/l) , dimostrarono un ritardo nella desaturazione della mioglobina e riduzione della concentrazione di citocromo c dopo esposizione all’ischemia, coerente con il quadro di inibizione della catena respiratoria ma non con il disaccoppiamento nella produzione di ATP32. Questi effetti non sembrano essere correlati alla durata d’infusione (da o a 120 minuti) ma solamente alla dose del farmaco. In biopsie del muscolo scheletrico di due pazienti deceduti per PRIS è stata riscontrata indipendentemente una ridotta attività della citocromo c ossidasi: il difetto non era

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presente nei fibroblasti dei soggetti scartando quindi l’opzione genetica e avvalorando l’ipotesi di un fattore acquisito33,34. Più di recente è stata riscontrata una riduzione complessiva di tutti i Complessi della catena respiratoria, maggiormente colpito il Complesso IV, in un paziente deceduto per PRIS35. Progressi in questo senso sono stati fatti attraverso proprio questo modello murino di PRIS realizzato in laboratorio: l’esposizione in vitro di omogenati di tessuto al propofol (concentrazione terapeutica) ha dimostrato che il propofol è in grado di inibire il trasferimento di elettroni tra il Coenzima Q e i Complessi della catena respiratoria tramite un’interazione con il Co-Q. Il propofol blocca il trasferimento sui Complessi I e II e attraverso questi al Complesso III; occorrono concentrazioni più alte del farmaco per inibire individualmente le attività dei singoli complessi35. L’attività del Complesso IV sembra essere la più sensibile all’inibizione da parte del propofol e probabilmente risulta essere l’unico complesso inibito dalle concentrazioni di propofol raggiunte nei tessuti degli animali trattati.

Un altro meccanismo proposto riguarda l’inibizione della ossidazione degli acidi grassi, ipotesi formulata da Wolf36,37 et al e Withington et al38 i quali osservarono un incremento nella concentrazione plasmatica di derivati acilici della carnitina come la malonil carnitina (pari a 3,3 mol/l - range normalità <0,2 mol/l) e la

5-acylcarnitina ( 8,4 mol/l - range normalità <0,8 mol/l) in un bambino di 2 anni con diagnosi di PRIS. Questi metaboliti vanno incontro a regressione con ritorno alla normalità dopo sospensione dell’infusione di propofol, suggerendo un ruolo attivo del farmaco nell’aumento della loro concentrazione a livello del circolo39. A sostegno di quest’ipotesi, un caso di PRIS è stato descritto come indotto da una dieta chetogenica40 . La sindrome stessa infatti causa il passaggio da un metabolismo glucidico ad uno sostenuto dall’ossidazione lipidica: alti livelli di ormoni dello stress e la resistenza all’insulina attivano la lipolisi endogena e l’aumento degli acidi grassi liberi nel plasma41. Anche il veicolo lipidico della soluzione del farmaco potrebbe aumentare il carico imposto all’ossidazione lipidica. L’esatto meccanismo con cui il propofol riesce ad alterare il metabolismo

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lipidico in ogni caso resta sconosciuto. Sembra però essere indispensabile una lunga durata di infusione per lo sviluppo del difetto metabolico: in un paziente con infusione di propofol (6,6mg/Kg all’ora) i substrati plasmatici C4-carnitina risultano aumentati costantemente per un periodo di 5 giorni37.

In uno studio animale42 è stata dimostrata una riduzione del trasporto di acidi grassi nel mitocondrio a livello dell’enzima carnitina-acil transferasi I, a sua volta attivati dalla chinasi AMPK (chinasi dell’adenosin monofosfato). Se fosse in grado di inibire il Co-Q35

, il propofol potrebbe inibire anche l’attivazione dell’ossidazione degli acidi grassi da parte dell’AMPK43

ma alcuni studi, condotti su miocardio di conigli sedati tramite propofol, dimostrano che l’attività di questo enzima sembra essere aumentata sotto l’azione del farmaco44. Altre ipotesi riguardano la capacità del propofol di indurre in apoptosi linee cellulari endoteliali umane e l’incremento della permeabilità vascolare nel topo, ma le concentrazioni necessarie sono molto più elevate di quelle utilizzate nella pratica clinica44.

In sintesi i dati a nostra disposizione dimostrano che il propofol è in grado, grazie alla sua struttura simile al Co-Q, di inibire il trasferimento di elettroni nella catena respiratoria, dai Complessi I e II al Complesso III. Inoltre il propofol altera l’ossidazione degli acidi grassi che aumentano la loro concentrazione plasmatica durante l’infusone del farmaco: quest’ultimo meccanismo potrebbe esser dovuto anche alla componente lipidica presente nella formulazione del farmaco.

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