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La verifica empirica delle suddette ipotesi concernerà otto differenti sistemi di partito dell’Europa continentale, quattro occidentali (Francia, Spagna, Germania, Olanda) e quattro centro-orientali (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia).

La scelta di prendere in esame sistemi multi-partitici è riconducibile a due diversi ordini di fattori, entrambi collegati al fatto che l’elemento centrale del quadro teorico proposto è rappresentato dal ruolo giocato dalla dimensione normativa di un cleavage o, in altre parole, dal sistema di credenze valoriali ed ideologiche di quest’ultimo. Innanzitutto, i sistemi multi- partitici paiono più adatti agli obiettivi di ricerca esposti, in quanto, qui, «nessun partito ha un grande incentivo ad allargarsi troppo sovrapponendosi ideologicamente ad altri, cercando, piuttosto, di integrare strettamente le proprie politiche attorno ad una precisa posizione filosofica» (Downs 1957, 171). Si ritiene quindi che le ideologie siano più compatte rispetto a quelle di un sistema bipartico e, di conseguenza, che le piattaforme elettorali riflettano più nettamente una determinata Weltanschaung. Secondariamente, l’idea che i programmi elettorali

107 sono finalizzati non solo ad attrarre nuovi voti, ma anche a conservare il proprio bacino elettorale tradizionale, appare decisamente più verosimile nei sistemi multi-partitici. In questi ultimi, difatti, «i partiti hanno un più spiccato interesse a mantenere nicchie di sostegno elettorale minimo, essendo irrealistico puntare alla massimizzazione dei voti, dato che l’accanita competizione tra molteplici attori, per guadagnarsi il supporto dei voti marginali, forza i partiti a non focalizzarsi sull’ottenimento della maggioranza assoluta» (Lane ed Ersson 1999, 133).

Diversamente, la scelta di considerare casi appartenenti sia all’Europa Occidentale che a quella Orientale è riconducibile a quanto emerso nel corso primo capitolo circa l’ipotesi di congelamento. In particolare, sostenendo che meccanismi che hanno permesso il congelamento dei sistemi partitici europeo-occidentali non abbiano avuto modo, per ragioni storico-politiche, di attivarsi nell’altra metà del Vecchio Continente, si ritiene che qui l’individuazione di dimensioni di identificazione risulti più difficile, dato che si sta attualmente assistendo alla formazione di nuove cleavage structures, con la conseguenza che, qui, non ci sia aspetta né che vi sia necessariamente maggior congruenza tra le posizioni degli elettori e quelle dei partiti sulle issues correlate a tali dimensioni rispetto alle altre, né che esse siano salienti anche per i corrispondenti party voters51. Più specificatamente, trattandosi di

sistemi partitici di recente formazione, con scarsi legami di continuità con quelli della prima esperienza democratica, caratterizzati da un estrema fluidità degli attori in competizione, da uno scarso ancoramento di questi ultimi nel tessuto sociale e da un’elevata volatilità elettorale, è plausibile ipotizzare che le dimensioni di identificazione non solo siano ancora in fieri, ma anche che queste riguardino sin da subito sia issues strutturali che non. Difatti, in seguito alla disintegrazione delle “organizzazioni-ombrello”, emerge una chiara propensione delle organizzazioni partitiche est europee ad emulare, a livello programmatico, le controparti occidentali, al fine di potersi dichiarare appartenenti alle tradizionali famiglie partitiche che predominano nelle assemblee legislative occidentali e nello stesso Parlamento europeo (Mahr e Nagle 1999, 170-1). Perciò, ritenendo che agli inizi degli anni Novanta gli orientamenti

51 Ovviamente, la prospettiva adottata per individuare sia le dimensioni di identificazione, sia quelle di competizione strutturale è in questo caso il medio periodo. Per la discussione circa l’applicabilità della freezing proposition all’Est Europa si rimanda al paragrafo 2.2 del I capitolo.

108 valoriali dei partiti europeo-occidentali siano correlati non solo alle caratteristiche socio- strutturali del loro elettorato di riferimento, ma anche tematiche contestuali più recenti e più strettamente legate agli sviluppi delle società occidentali, si ritiene che l’emulazione ideologica e programmatica concerna entrambi i tipi di issues sin dalle prime elezioni democratiche. In un contesto socio-politico così fluido ed instabile, difatti, la natura delle issue positions di elettori ed élite politiche è suscettibile di essere strettamente connessa sia alla situazione socio-economica contingente, sia a variabili socio-strutturali di identificazione etnica e/o religiosa, che però non si traducono in party loyalties consolidate di lungo periodo, trattandosi appunto di neo-democrazie sorte da regimi altamente destrutturanti. Inoltre, gli stretti legami transnazionali con le democrazie occidentali, favoriti dal processo d’integrazione europea, permettono un rapido, seppur indiretto, dispiegarsi degli effetti delle trasformazioni socio-tecnologiche che hanno caratterizzato le società occidentali anche nell’altra metà del Continente, inducendo ad ipotizzare una convergenza, in atto, delle issues attualmente ritenute salienti nelle due regioni del Vecchio Continente.

Alla luce di ciò, appare evidente come si ritenga che anche le dimensioni di competizione strutturale, in quanto “sottotipo” di quelle d’identificazione, siano ancora in una fase di formazione e stabilizzazione, supponendo, perciò, che in Europa Centro-Orientale tendano a prevalere, almeno inizialmente, le dimensioni contingenti di competizione. La logica conseguenza di tale ragionamento è che ci si aspetta non soltanto un minore grado di congruenza tra party policy positions e voter policy positions sulle dimensioni di identificazione (e un maggiore scostamento tra le issues enfatizzate dai partiti e quelle ritenute salienti dai corrispondenti elettori), ma anche un inferiore livello di correlazione tra issue positions (delle masse e delle élite) lungo le dimensioni di competizione strutturale e auto-collocazione sull’asse sinistra-destra, per il fatto che entrambe sono suscettibili di non essere ancora consolidate52. Oltre a ciò, è opportuno ricordare che qui la l’assenza del conflitto di classe in

quasi tutta la regione durante la prima esperienza democratica ha fatto in modo che le contrapposizioni partitiche stentassero non soltanto a radicarsi sul territorio, ma anche a

52 Tuttavia, così come nei casi europeo-occidentali, si ritiene possibile che le élite presentino un maggior livello di sofisticazione normativa, con una possibile conseguente maggior correlazione tra posizioni su determinate issue dimensions e collocazione lungo il continuum sinistra-destra..

109 collocarsi definitivamente sull’asse sinistra-destra (Pisciotta 2005, 340), con la logica conseguenza che, nel 1989, «l’introduzione di una competizione politica reale ha reso necessario lo sviluppo di un vocabolario interamente nuovo per descrivere le posizioni ideologiche dei vari partiti politici» (Huber e Inglehart 1995, 74)53. A tale proposito, in

letteratura, oltre all’approccio della tabula rasa, secondo cui i cittadini est europei soffrirebbero di un gap cognitivo nei confronti di quelli occidentali nella capacità di definizione ed organizzazione del processo politico in termini di destra e sinistra, vi è la posizione opposta secondo cui, al contrario, nei PECO, si assiste «ad un rapido processo di apprendimento che rende l’opinione pubblica, a livello di cognizione politica, non qualitativamente differente da quella europea occidentale» (Toka 1993, 29). Una visione intermedia è invece quella proposta da Markowski (1997, 222), secondo il quale, a questo proposito, «l’Europa Centro-Orientale non presenta uno scenario omogeneo, bensì differenti livelli e tipi di articolazione ideologica, in virtù dei diversi background storici che la caratterizzano».

Infine, per quanto riguarda le singole unità partitiche considerate nell’analisi empirica, esse possono suddivise in due distinte categorie. La prima comprende i partiti sorti come espressione dei cleavages tradizionali identificati da Rokkan e Lipset (1967): regionalisti, agrari, confessionali, liberali, conservatori, socialisti, socialdemocratici e comunisti. La seconda categoria, invece, include i partiti che traggono origine dalle cosiddette “nuove fratture”, quelli ecologisti e quelli della destra radicale di stampo populista e xenofobo, «entrambi figli della rivoluzione silenziosa e della società post-industriale» (Ignazi 2006, 34)54.

Mentre per ciò che concerne i partiti tradizionali si sono già avanzate ipotesi circa le tematiche suscettibili di strutturare, nel lungo periodo, il legame identitario con i rispettivi elettorati (cfr. paragrafo 3.2), in riferimento a questi ultimi il discorso appare più complesso.

53 Problematico potrebbe poi rivelarsi il fatto che, in questi paesi, le questioni nazionali rivestono ancora un ruolo preponderante nella strutturazione della competizione partitica, dato che esse rappresentano «le meno sovrapponibili, rispetto a tutti gli altri tipi di conflitto politico, ad un ipotetico continuum sinistra-destra» (Inglehart e Klingemann 1976, 247).

54 In riferimento ai partiti della desta radicale, l’autore precisa che, mentre «la difesa della comunità naturale dalle presenze straniere è soprattutto una risposta in termini di identità all’atomizzazione ed alla spersonalizzazione, […] il recupero dei valori morali tradizionali è la risposta al libertarismo post-materialista», incarnato dai partiti ecologisti (Ignazi 1994, 56).

110 Essi, difatti, non sono qui considerati espressione di un determinato cleavage nel senso di Bartolini e Mair (1990, 213-5), in quanto carenti della dimensione empirica, non avendo un elettorato identificato distinguibile, almeno inizialmente, in termini di caratteristiche socio- strutturali quali occupazione, status, religione o etnia. A questo proposito, in realtà, Knutsen (2004, 263) sostiene che, nell’epoca contemporanea, sia possibile rintracciare una qualche caratteristica distintiva degli elettori tipici di tali partiti, nello specifico educazione e genere: «mentre le donne con elevato livello d’istruzione tendono a sostenere i partiti della sinistra post-materialista, gli uomini con un basso livello d’istruzione tendono invece a votare per la destra radicale»55. Tuttavia, a tale proposito, sono necessarie almeno due precisazioni.

Innanzitutto, non si tratta di bacini elettorali strettamente ed inequivocabilmente identificati, quanto, piuttosto, di trend generalizzati, che non escludono la presenza di questi tipi di caratteristiche tra gli elettori di altri partiti. In secondo luogo, le tematiche suscettibili di essere enfatizzate in maniera continuativa da questi partiti sono, in qualche modo, fatte proprie anche dai partiti tradizionali appartenenti allo stesso versante dello spettro politico. Così, ad esempio, i temi dell’ecologia, dell’anti-nucleare e del pacifismo, di cui i partiti verdi si fanno portavoce (Bomberg 1998, 7-8), sembrano essere stati assorbiti, almeno in parte, dalla dimensione normativa dei tradizionali partiti di sinistra56. Per quanto riguarda invece le issues

care alla destra radicale, è opportuno attuare una distinzione tra quelle che paiono essere sempre più enfatizzate anche dalla destra conservatrice, come l’immigrazione e l’ordine interno (law and order), e quelle che invece sembrano rimanere una prerogativa dei partiti estremisti, come la xenofobia, l’appello diretto al popolo e l’opposizione ai meccanismi rappresentativi tipici delle liberal-democrazie.

Sebbene la scelta delle organizzazioni di partito oggetto di studio sia profondamente influenzata dalla storia politica dell’Europa Occidentale, si ritiene che essa sia adeguata anche al contesto est europeo, dato che l’influenza esercitata delle formazioni politiche occidentali non si limita ad una loro emulazione da parte dei nuovi attori collettivi dell’Est, ma si

55 Sotto l’etichetta sinistra post-materialista vengono fatti rientrare – e perciò considerati nell’analisi empirica- anche i partiti di orientamento social-liberale sorti negli anni Settanta in esplicito riferimento ai valori post-materialisti, come, ad esempio, la D66 nei Paesi Bassi.

111 concretizza anche in supporto organizzativo, finanziario e simbolico verso quest’ultimi, «volto a favorire la nascita di partiti fratelli in Europa Orientale, nel quadro del rafforzamento della figura del partito pan-europeo» (Grilli di Cortona 1997, 83). A tale proposito è tuttavia opportuna una precisazione, poiché, all’indomani della caduta del comunismo, nella regione ad Est dell’Elba compare una categoria di partito (anch’essa oggetto di studio) estranea al contesto europeo occidentale, quella dei cosiddetti «partiti successori» del vecchio regime, la cui maggiore esperienza politica, la forte centralizzazione decisionale ed il forte radicamento territoriale ed organizzativo sono le caratteristiche distintive che li differenziano dagli élitari partiti di nuova generazione (Grzymala-Busse 2002a, 56)57. Tali partiti, inoltre, si distinguono tra loro sulla base del grado di rigenerazione,

inteso «come capacità di guadagnare un accesso più o meno continuativo al potere di governo, attraverso il rispetto delle regole democratiche della competizione politica», i cui due casi polari sono rappresentati, da una parte, dal completamente rigenerato Partito socialista ungherese e, dall’altra, dall’ideologicamente ortodosso Kscm ceco (Grzymala-Busse 2002, 14). Essi sarebbero il frutto dello scontro transizionale tra l’apparato di partito ed i forum democratici, concretizzatosi nell’opposizione tra la maggior parte dei partiti sorti dalle cosiddette “organizzazioni ombrello” (anti-comunisti) e le formazioni eredi del vecchio regime (post-comunisti) (De Waele 2002, 146-161).

57 In realtà anche in Germania, a partire dagli anni Novanta, vi è un partito post-comunista, il Pds, erede del partito unico al potere nella DDR, i cui ex Länder costituiscono tuttora il suo principale bacino elettorale.

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TERZO CAPITOLO

Identificazione e competizione in Europa Occidentale:

teoria ed evidenza empirica