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5.1 SCOPO DEL LAVORO

Lo scopo di questo lavoro è valutare i possibili vantaggi e svantaggi delle tecniche open e laparoscopica applicate all’omentalizzazione delle cisti prostatiche nel cane, osservando il successo o meno della tecnica laparoscopica applicata a questo tipo di intervento e confrontando i diversi tempi chirurgici necessari per le due diverse tecniche.

5.2 MATERIALI E METODI

Nel nostro studio abbiamo preso in considerazione 18 cani tra i 6 e gli 11 anni d’età, appartenenti a diverse razze, che presentavano cisti o ascessi prostatici. Su 11 cani è stata utilizzata l’omentalizzazione laparotomica, eseguita dal Prof. Vannozzi presso l’Ospedale Didattico Veterinario “Mario Modenato” di San Piero a Grado (PI), mentre i restanti 7 cani sono stati trattati con l’omentalizzazione laparoscopica, effettuata dal Dott. Pazzaglia presso la Clinica Veterinaria “Galilei” di Prato.

La distribuzione delle diverse razze è stata la seguente:  2 Boxer  4 Meticci  1 Golden Retriever  1 American Staffordshire  1 Beagle  3 Dobermann  1 Labrador  2 Pastori tedeschi  1 Bullmastiff  1 Setter inglese  1 Pitbull

111 Di questi soggetti:

 14 presentavano cisti prostatiche/paraprostatiche;

 3 presentavano un ascesso prostatico (2 cani trattato con tecnica open, l’altro con tecnica laparoscopica);

 1 presentava cisti a parete calcificata che ha comportato la conversione dell’intervento da laparoscopia a chirurgia open.

Prima dell’intervento chirurgico i pazienti sono stati sottoposti ad una visita preoperatoria atta a verificare la loro idoneità all’anestesia e per individuare il protocollo anestesiologico più adatto a loro, in dipendenza delle loro condizioni fisiche, esami di laboratorio per valutare emocromo, coagulazione e profilo epatico e renale, al fine di ridurre al minimo i rischi. Per i criteri di esclusione alla laparoscopia si rimanda al paragrafo 3.5 (controindicazioni assolute e relative).

Per gli interventi laparotomici lo strumentario di base è stato il seguente:  pinze fissateli di tipo Backhaus;

 pinze emostatiche di tipo Kocher;  manico di bisturi n.4;

 lama di bisturi da 19 a 21 a seconda delle dimensioni del paziente;  forbice da dissezione a punta acuta-smussa;

 pinza chirurgica;

 portaaghi di tipo Mayo-Hegar;  bisturi per elettrochirurgia bipolare;  aspiratore

Tali strumenti dovranno essere sempre presenti anche durante gli interventi eseguiti con tecnica chirurgia laparoscopica per poter procedere in maniera rapida nel caso in cui si presenti per qualche motivo la necessità di convertire l’intervento in laparotomico, proprio come si è verificato in un nostro caso.

Gli strumenti prettamente laparoscopici utilizzati sono stati i seguenti:

 Ottica di diametro di 5 mm, lunghezza 35 cm ed angolo di visione di 0°;  Fonte luminosa (potenza 250-400 watt);

 Cavo a fibre ottiche;  Sistema video;

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 Laparoinsufflatore di CO2 ad alto flusso di tipo automatico;

 App. per ultrasuonochirurgia (Ultracision®);

 3 o 4 trocars, dal diametro di 5 e 10 mm e lunghezza di 10 cm;  Pinze laparoscopiche di diametro di 5 mm;

 Forbici a lame curve con lunghezza dello stelo di 320 mm, stelo rotante, diametro di 5 mm ed impugnatura ergonomica non autostatica;

 Pinza bipolare a stelo lungo 330 mm rotante a 360°, un diametro di 5 mm, dotata do ganasce con morso interno da presa zigrinato, cannula di isolamento e serraggio scorrevole sulle ganasce.

 Irrigatore/aspiratore laparoscopico di diametro di 5 mm;  Porta-aghi laparoscopico di diametro di 5 mm.

La preparazione del paziente è stata eseguita con le stesse procedure nelle diverse tecniche, procedendo con la tricotomia dell’addome, delle facce mediali delle cosce e del perineo ventrale. In vista di un intervento laparoscopico si preferisce eseguire una tricotomia più ampia del necessario, in caso ci sia la necessità di convertire l’intervento a causa di complicazioni, come è successo in un nostro caso. In tutti i soggetti il campo operatorio è stato disinfettato con tre passaggi alternati di alcool e iodopovidone al 10%. Anche il prepuzio è stato accuratamente pulito con iodopovidone. I pazienti sono stati sottoposti ad un digiuno preoperatorio di 12 ore. Tutti i cani sono stati intubati e la vescica è stata svuotata prima dell’intervento mediante cateterizzazione.

Il protocollo anestesiologico prevedeva quanto segue: per la premedicazione sono stati utilizzati analgesici narcotici oppiacei come il metadone alla dose di 0,2-0,3 mg/Kg IM, poi induzione con il propofol (Proposure®) alla dose di 2-3 mg/Kg EV e per l’analgesia intra- operatoria, in caso di necessità, butorfanolo. Per il mantenimento gassoso è stato adoperato l’isofluorano. Per l’analgesia post-operatoria generalmente nulla o metadone, all’occorrenza. Nei casi in cui è stata effettuata la chirurgia open, nella premedicazione è stato somministrato il fentanyl, e per l’analgesia postoperatoria, durante il periodo di degenza, è stato somministrato metadone. Questo a causa del maggior dolore che deriva da questo approccio chirurgico, come trattato nel precedente capitolo.

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Tutti i pazienti sono stati monitorati durante l’intervento nelle medesime modalità, controllando frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, pressione sistolica e diastolica, temperatura corporea, saturazione di ossigeno dei tessuti e composizione gassosa dell’espirato.

5.3 OMENTALIZZAZIONE OPEN

RAZZA ETA’ MOTIVO INTERVENTO PATOLOGIE

PROSTATICHE CONCOMITANTI

Boxer 10 anni Cisti prostatica

Meticcio 8 anni Cisti prostatica IPB microcistica

Boxer 8 anni Cisti paraprostatica IPB microcistica

Dobermann 8 anni Ascesso prostatico

Golden Retriever 7 anni Cisti prostatica IPB microcistica

American Staffordshire

8 anni Cisti paraprostatica IPB e prostatite

Beagle 10 anni Cisti prostatica (5 cm)

Pitbull 6 anni Cisti prostatica (3,64

cm)

Meticcio 6 anni Ascesso prostatico

Dobermann 10 anni Cisti paraprostatica (20

cm)

Meticcio 10 anni Cisti prostatica (10 cm)

Tabella 5.3 Casi di omentalizzazione open.

Questi cani sono stati operati dal Prof. Vannozzi presso l’Ospedale Didattico Veterinario “Mario Modenato” utilizzando la tecnica chirurgica open. I cani presentano un’età compresa tra i 6 e i 10 anni. Queste patologie prostatiche sono state diagnosticate con la visita clinica e l’ausilio dell’esame ecografico, il quale, per 2 cani (un Dobermann e un meticcio) ha rilevato

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cisti di notevoli dimensioni (rispettivamente di 20 cm e 10 cm). Per 8 di questi soggetti all’omentalizzazione è stata associata la castrazione, eseguita nella stessa sessione chirurgica, successivamente all’intervento addominale. 4 soggetti presentavano concomitante ipertrofia prostatica benigna, microcistica nel caso del Golden Retriever, del meticcio e del Boxer di 8 anni, trattata prima dell’intervento con osaterone acetato (Ypozane ®) al dosaggio di 0,25-0,5 mg/kg di peso corporeo una volta al dì per 7 giorni. Il Boxer presentava inoltre un’ernia perineale destra, che non è però stata trattata durante l’intervento di omentalizzazione. Il meticcio di 8 anni, insieme all’omentalizzazione ha subito anche cistotomia e cateterismo ureterale per trattare una stenosi dell’uretere sinistro. L’American Staffordshire presentava anche un quadro di prostatite.

Per quanto riguarda le complicanze intraoperatorie, nel Beagle è stata riscontrata della fuoriuscita di urina, proveniente da una lesione a livello dell’uretra prostatica, che è stata suturata con filo riassorbibile monofilamento 3.0.

Tutti gli 11 soggetti sono stati ricoverati nell’Unità di Terapia Intensiva dell’Ospedale veterinario di San Piero a Grado per 1 giorno. Sono stati sottoposti a terapia antibiotica, fluidoterapia e terapia analgesica con metadone, somministrato ogni 4 ore, per via IM alla dose di 0,2-0,3 mg/Kg.

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5.3.1 Immagini ecografiche

Esperienza personale presso l’Ospedale veterinario “Mario Modenato”.

Figura 5.1 Visione trasversale

della prostata, che risulta aumentata di dimensioni e

disomogenea per la presenza di numerose lesioni cistiche millimetriche ed una grande lesione lacunare di 6x3.2 cm occupante l’intero lobo destro, con contenuto anecogeno, in alcune scansioni finemente corpuscolato.

Figura 5.2 Immagine ecografica

rappresentante una lesione prostatica a contenuto finemente corpuscolato compatibile con ascesso prostatico.

116

A

Figura 5.3 (A e B) Vescica

poco repleta, compressa ventro- cranialmente da una lesione a contenuto liquido, pareti sottili, a partenza dalla prostata, a contenuto corpuscolato, compatibile con cisti paraprostatica (A: scansione trasversale; B: scansione longitudinale).

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Figura 5.4 Immagine ecografica

rappresentante una ciste prostatica di 10 cm di diametro, a contenuto finemente

corpuscolato.

Figura 5.5 Immagine ecografica

rappresentante una lesione prostatica lacunare a contenuto liquido, corpuscolato, di 7,8 x 5,9 cm, compatibile con ciste prostatica.

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5.4 OMENTALIZZAZIONE LAPAROSCOPICA

Tabella 5.2 Casi di omentalizzazione laparoscopica

L’omentalizzazione di cisti prostatiche in laparoscopia è stata eseguita su 7 cani di età compresa tra i 7 e gli 11 anni, appartenenti a diverse razze. L’intervento è stato eseguito dal Dott. Pazzaglia presso la Clinica veterinaria “Galilei” di Prato.

Per eseguire la coagulazione e la dieresi della strutture da recidere è stata utilizzata l’ultrasuonochirurgia (Ultracision ®).

2 di questi interventi sono stati eseguiti utilizzando 4 porte, tra cui l’ascesso prostatico del Pastore tedesco, mentre negli altri 5 è stata utilizzata la tecnica a 3 porte.

In un caso si è presentata una grossa cisti prostatica con parete parzialmente calcificata, con conseguente difficoltà nell’aspirazione e nella dieresi e asportazione della parete cistica stessa. Questo intervento era eseguito con tecnica a 4 porte, ma è stato necessario convertirlo in tecnica open. Il Dobermann presentava 2 cisti prostatiche di discrete dimensioni. Una volta terminata l’omentalizzazione secondo tecnica della prima cisti, c’è stata la perforazione accidentale della parete vescicale, provocata dalla punte della pinza da presa, con lieve perdita di urina in addome. Dopo aver aspirato completamente l’urina residua, la vescia è stata prontamente suturata e, dopo un accurato lavaggio addominale con soluzione fisiologica calda, si è proceduto con l’omentalizzazione della seconda cisti, avvenuta senza ulteriori complicazioni. Tutti i soggetti sono stati tenuti in osservazione per una notte, e sono stati sottoposti a terapia antibiotica.

RAZZA ETA’ MOTIVO

INTERVENTO

Pastore tedesco 8 anni Ascesso prostatico

Setter inglese 8 anni Ciste prostatica

Meticcio 11 anni Ciste prostatica

Labrador 9 anni Ciste prostatica

Bullmastiff 7 anni Ciste prostatica

Pastore tedesco 10 anni Ciste prostatica

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5.4.1 Immagini intraoperatorie

Esperienza personale presso la Clinica veterinaria “Galilei” di Prato.

Figura 5.6 Aspirazione dell’ascesso prostatico, tecnica

a 4 porte. Le garze sono state utilizzate per tamponare le piccole fuoriuscita di materiale dall’ascesso stesso. Una volta terminato, è stato effettuato un accurato lavaggio addominale con soluzione fisiologica calda.

Figura 5.7 Aspirazione della cisti a parete

parzialmente calcificata. Dopo averne aspirato il contenuto e recisa in parte la parete, è stato necessario convertire l’intervento per asportarla ed eseguire l’omentalizzazione.

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Figura 5.8 Esposizione di una piccola cisti prostatica.

A causa della parete molto sottile, la cisti si è rotta durante le manipolazioni con la pinza da presa. Una volta eseguita l’omentalizzazione è stato effettuato un lavaggio addominale per eliminare il contenuto della cisti. Tecnica a 3 porte.

Figura 5.9 Lavaggio e aspirazione della cavità residua

della cisti, prima di inserirvi l’omento. Tecnica a 3 porte.

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Figura 5.10 Inserimento di un lembo di omento

all’interno della cavità cistica. Tecnica a 3 porte.

Figura 5.11 Ancoraggio dell’omento alla parete cistica

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5.5 RISULTATI

Su tutti i 18 soggetti entrati a far parte del nostro studio, ad eccezione del caso in cui è stato necessario convertire in open, l’omentalizzazione delle cisti o ascessi prostatici è stata eseguita con successo. Non sono state riscontrate complicazioni postchirurgiche a lungo termine.

5.5.1 Tempi chirurgici

 Per quanto riguarda l’omentalizzazione effettuata in tecnica open, la media della durata dell’intervento chirurgico, dalla prima incisione della cute fino all’ultimo punto di sutura effettuato, è stata di 57 minuti. L’intervento più lungo è stato di 1 ora e 30 minuti, mentre il più breve di 40 minuti.

 Per quanto riguarda i 5 cani operati in laparoscopia utilizzando la tecnica a 3 porte la media complessiva della durata dell’intervento è stata di 65 minuti. L’intervento più lungo è stato di 144 minuti. In questo caso, però, le cisti da omentalizzare erano due, e non una sola come in tutti gli altri casi. Il tempo necessario per l’omentalizzazione di una singola cisti è stato di 70 minuti per la prima e 57 minuti per la seconda; i restanti 17 minuti sono stati impiegati per la sutura della parte vescicale che era stata accidentalmente perforata. L’intervento più breve è stato di 39 minuti.

 Per quanto riguarda il cane operato in laparoscopia con la tecnica a 4 porte, l’intervento è durato complessivamente 128 minuti. L’altro caso in cui sono state utilizzate le 4 porte riguarda la cisti a parete parzialmente calcificata, per cui sono trascorsi 130 minuti di intervento laparoscopico prima della necessità di convertire il tutto in chirurgia open.

 Complessivamente, la media dei tempi chirurgici necessari per l’intervento laparoscopico è stata di 75 minuti.

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Grafico 5.1 Durata di ciascun intervento eseguito in laparoscopia. Non è stato considerato l’intervento

convertito.

Grafico 5.2 Durata di ciascun intervento eseguito in chirurgia open. Tempi chirurgici in tecnica open

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 Caso 1 Caso 2 Caso 3 Caso 4 Caso 5 Caso 6 Caso 7 Caso 8 Caso 9 Caso 10 Caso 11 Casi Te m po ( m in)

Tempi chirurgici in laparoscopia

0 20 40 60 80 100 120 140 160

Caso 1 Caso 2 Caso 3 Caso 4 Caso 5 Caso 6

Casi Te m po ( m in)

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Grafico 5.3 Media complessiva dei tempi chirurgici ottenuti con le due diverse tecniche.

5.5.2 Complicazioni

Negli 11 cani trattati con la chirurgia open, non si sono verificate complicazioni postchirurgiche né a breve né a lungo termine. Si è presentata una complicazione intrachirurgica in un unico caso, in cui si è riscontrata una lesione dell’uretra prostatica, con conseguente fuoriuscita di urina.

Nemmeno nei 7 casi trattati con la laparoscopia sono state riscontrate complicazioni a breve o a lungo termine. Per quanto riguarda le complicanze intraoperatorie si è verificata la perforazione iatrogena della parete della vescica, con piccola fuoriuscita di urina in addome. In alcuni casi laparoscopici la visione non è sempre stata della migliore qualità, a causa dell’appannamento dell’ottica, causata dal mancato utilizzo di CO2 riscaldata nel trocar

dell’ottica. La diminuita qualità della visione ha comportato un aumento dei tempi chirurgici necessari per eseguire l’intervento.

Media dei tempi chirurgici nelle due tecniche

0 10 20 30 40 50 60 70 80 1 Te m po ( m in) Laparoscopia Open

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5.6 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Mediamente, tra la chirurgia laparoscopica e la chirurgia open è stata rilevata una differenza di tempo di 18 minuti, col presentarsi di una complicanza intraoperatoria sia nell’una che nell’altra tecnica. Non sono state rilevate complicazioni postoperatorie a lungo termine. In un caso è stato necessario convertire l’intervento per la presenza di una cisti con parete parzialmente calcificata, che ha reso difficoltosa la resezione della parete stessa ed impossibile la sua asportazione dalle piccole brecce operatorie.

Inoltre, in alcuni casi in cui è stata effettuata la laparoscopia è stato rilevato un appannamento dell’ottica, con conseguente diminuzione della qualità della visione e allungamento dei tempi chirurgici a causa della necessità di sfilare frequentemente l’ottica dal trocar per pulirla. Ciò è dovuto al mancato utilizzo, nella Clinica Veterinaria “Galilei” di Prato, di CO2 riscaldata nel

trocar dell’ottica; con questo accorgimento si potrebbe trarre vantaggio sia in termini di tempi chirurgici sia in termini di lesioni iatrogene accidentali che potrebbero essere provocate da una visione di bassa qualità.

L’accidentale perforazione della parete vescicale che si è verificata in uno dei casi operati in laparoscopia è stata causata da un non completo svuotamento della vescica attraverso il catetere urinario. Ciò ha comportato una maggiore fragilità della parete della vescica, che si è quindi lesionata durante le manipolazioni con la pinza da presa. La distensione della vescica comporta, infatti, una controindicazione relativa alla laparoscopia. Un adeguato svuotamento della vescica prima di iniziare l’intervento avrebbe probabilmente evitato questo tipo di complicazione intraoperatoria.

Nel caso in cui sono state utilizzate 4 porte il tempo chirurgico è stato maggiore rispetto alla tecnica a 3 porte (128 minuti contro una media di 65 minuti), questo perché, trattandosi di un ascesso, è stato maggiore il tempo dedicato all’aspirazione del materiale presente in cavità e del successivo lavaggio sia dell’ascesso stesso sia dell’addome. E’ stato inoltre speso più tempo anche nella sutura, ancorando l’omento con più punti di sutura rispetto a quanto fatto negli altri casi laparoscopici (4 punti semplici nel caso dell’ascesso contro mediamente 2 negli altri casi). Considerando che in laparoscopia eseguire i nodi chirurgici è più laborioso rispetto alla chirurgia open (Benini, 2003) è ovvio che l’aumento dei punti di sutura eseguiti in questo caso ha comportato un considerevole aumento del tempo necessario per l’intervento.

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L’omentalizzazione di cisti/ascessi prostatici in laparoscopia ha comportato meno dolore postoperatorio rispetto alla tecnica open, nella quale è stato somministrato metadone durante la degenza nell’Ospedale Veterinario “Mario Modenato”, mentre è stata sufficiente una terapia analgesica intraoperatoria per gli interventi laparoscopici.

La chirurgia laparoscopica sta acquistando un interesse sempre maggiore in Medicina Veterinaria, dove trova applicazione sia a scopo diagnostico che a scopo operativo già in diverse aree. Ormai da diversi anni interventi come ovariectomia, criptorchidectomia e gastropessi preventiva vengono eseguiti quasi di routine in laparoscopia. L’omentalizzazione di cisti e ascessi prostatici, invece, ha ancora un basso utilizzo in chirurgia laparoscopica veterinaria. Perfino la letteratura è abbastanza scarna sull’argomento, e i lavori presenti riguardano per lo più la prostatectomia, parziale o totale.

Ciò può essere forse dovuto in parte alla bassa incidenza di questa particolare patologia prostatica (compresa tra 2,6% e 5,3% delle patologie prostatiche (Dorfman e Barsanti, 1998)) e quindi a una minor possibilità di eseguire un intervento laparoscopico di omentalizzazione. Inoltre è opportuno considerare che cisti e ascessi prostatici sono maggiormente ricorrenti in soggetti anziani (Levy et al., 2014), di conseguenza questi pazienti potrebbero presentare anche altre patologie o situazioni per cui è controindicato un intervento di laparoscopia. E’ fondamentale, infatti, un’attenta ed accurata valutazione preoperatoria di ogni paziente, al fine di scegliere la tecnica chirurgica più adeguata.

Sebbene il campione da noi utilizzato non sia statisticamente significativo, i dati raccolti dal nostro studio fanno comunque intuire che, nonostante i tempi chirurgici siano leggermente superiori, l’omentalizzazione delle cisti prostatiche eseguita in laparoscopia presenta tutti i vari vantaggi di un intervento eseguito con questa tecnica rispetto alla chirurgia open, come ad esempio il minor trauma a carico dei tessuti durante le procedure chirurgiche, la minore incidenza di complicazioni post-operatorie (infezione della ferita, deiscenza, formazione di ernie), minor rischio di sviluppo di aderenze, marcata riduzione del dolore post-operatorio e della durata del ricovero.

Il maggior costo che questa tecnica inevitabilmente comporta può essere ammortizzato dalle minori attenzioni necessarie nel postoperatorio, quali giorni di degenza, trattamento antidolorifico ecc., proprio grazie al minore rischio di complicazioni che si ha in laparoscopia (Benini, 2003; Devitt et al., 2005).

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Pertanto è auspicabile, in futuro, continuare questo studio, al fine di raccogliere una casistica maggiormente significativa per meglio valutare il confronto tra l’omentalizzazione di cisti/ascessi prostatici laparoscopica e open, sperando di arrivare ad un sempre maggiore utilizzo della laparoscopia per la risoluzione chirurgica di questa patologia del cane.

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