CAPITOLO III: IL PATRONIMICO DEGLI STILISTI: TRA PATERNITÀ
9. Il caso Alviero Martini
direttiva 89/104 consiste nel verificare se l'ʹuso che viene fatto dell'ʹindicazione di provenienza geografica sia conforme agli usi di lealtà in campo industriale e commerciale». Ma la Corte di Giustizia sembra non aver condiviso tale impostazione, ritenendo invece che l’unico uso ammesso fosse quello rispondente a
«
una reale esigenza descrittiva inerente all'ʹattività, ai prodotti o ai servizi».Se la sentenza della Cassazione nella Causa Love Therapy, pur apprezzabile sotto molti aspetti, sembra però non essere riuscita a mettere perfettamente a fuoco la questione, la sentenza della Corte di Giustizia nella parallela Causa First Choice ha rappresentato un deciso passo avanti, che ha finito tuttavia per
«trattenersi» dal giungere a una piena definizione della medesima questione.
Infatti con la sua ultima decisione il Supremo Collegio ha infatti centrato il problema principale che non è quello dell’uso in funzione distintiva o descrittiva del segno, ma il fatto che in concreto l'ʹuso di un patronimico possa interferire con l'ʹambito di protezione di un marchio anteriore altrui ogni qual volta l'ʹuso del patronimico dia luogo ad un'ʹipotesi di agganciamento. La Corte non nemmeno sfiorato, invece, il tema dell'ʹart. 8, comma 3, C.P.I. , che oggi riserva al titolare del segno notorio non solo la legittimazione alla registrazione del segno ma anche il diritto all'ʹuso del nome famoso, anche come marchio, in tutti i casi in cui tale uso comporti un richiamo alla persona che porta il nome famoso, e quindi costituisca un agganciamento alla notorietà di esso[290].
9. Il caso Alviero Martini
Sorte non differente ha coinvolto lo stilista Alviero Martini, «lo stilista viaggiatore», noto universalmente per la sua geniale intuizione di rivestire valige
290 Cfr. PAGANI, La Cassazione si pronuncia ancora sul "ʺcaso Fiorucci"ʺ, in Quotidiano Giuridico, disponibile su http://www.studiolegale.leggiditalia.it;
e borse con il disegno di una vecchia carta geografica, la nota «Geo». Lo stilista, fondatore della Alviero Martini S.p.a., era titolare di alcuni marchi, alcuni consistenti e comprendenti il proprio nome patronimico «Alviero Martini» (tra cui «Alviero Martini Prima Classe»), i quali, a seguito della fuoriuscita dello stilista dalla compagine aziendale, a causa dei rapporti ormai compromessi con i soci di maggioranza, erano stati ceduti dal «Maestro» Martini, nel contesto di un più ampio accordo transattivo, insieme con la sua quota societaria, alla Alviero Martini S.p.a. Due contenziosi hanno avuto origine da questa vicenda: uno, storicamente antecedente, davanti al Tribunale di Napoli, con cui la società Alviero Martini S.p.a. aveva contestato l’uso da parte dello stilista del patronimico sulle creazioni realizzate nell’ambito di una nuova e autonoma attività imprenditoriale, poiché interferente con i diritti spettanti alla Alviero Martini S.p.a. in base all’accordo con lo stilista; il secondo, davanti al Tribunale di Milano, introdotto dallo stilista per contestare alla Alviero Martini S.p.a. alcuni inadempimenti alle obbligazioni assunte in sede di transazione, ed in particolare il fatto che la società avrebbe omesso di portare a conoscenza del pubblico del distacco dello stilista dalla società e il fatto che essa avrebbe continuato ad utilizzare come marchio il patronimico dello stilista evocandone la sua paternità stilistica (cosa che avrebbe comportato la sopravvenuta decettività di tali segni).
Naturalmente l’affaire Martini ruota intorno al principale tema della conformità dell’uso di un marchio al cosiddetto «statuto di non decettività» dei marchi d'ʹimpresa, asse portante del moderno diritto italiano in materia di segni distintivi. In questa trattazione ci si soffermerà invece sulla questione dell’uso da parte dello stilista del proprio patronimico.
La vertenza nasceva dal fatto che dopo la fuoriuscita dello stilista dalla Alviero Martini S.p.A., cessionaria dei marchi dello stilista, Alviero Martini aveva successivamente deciso di riprendere un’autonoma attività imprenditoriale utilizzando il suo patronimico per indicare la paternità stilistica delle sue nuove creazioni nell’ambito della società ALV, acronimo
dell’espressione «andare lontano viaggiando». Tale attività veniva «intercettata»
dalla società cessionaria dei marchi Prima Classe, che dava dunque avvio, avanti il Tribunale di Napoli, alla «saga» giudiziaria qui esaminata, con un’azione fondata sull’inadempimento contrattuale dell’accordo tra le parti e la violazione dei diritti della società su alcuni marchi contenenti il patronimico Alviero Martini di cui essa era titolare, nonché di concorrenza sleale.
Il Tribunale di Milano, investito parallelamente della questione, si è dunque trovato di fronte alle richieste dello stilista di accertare anzitutto l’inadempimento commesso dalla società cessionaria all’accordo intervenuto, con riguardo alle clausole poste a presidio dell‘affidamento del pubblico, per aver la stessa utilizzato i marchi di cui era cessionaria conservando il richiamo alla paternità stilistica del designer, del cui distacco non sarebbe stata data adeguata notizia e, viceversa, non mantenendo la qualità stilistica della produzione, e quindi in conseguenza di ciò, di dichiarare la decadenza per ingannevolezza sopravvenuta dei marchi della società a causa dell’incoerenza del messaggio collegato a tali marchi. Accanto a questo tema si affianca quello di maggior interesse in questo contesto che riguarda la rivendica dello stilista del proprio diritto sui generis previsto dall‘art. 8, comma III, C.P.I. , sia sul nome Alviero Martini, il proprio patronimico, sia sulla Geo, da ritenersi segni notorie e come tali, riservati all’autore degli stessi.
Il Tribunale nell’interpretare l’accordo transattivo intercorso tra le parti in base al quale «la Alviero Martini s.p.a. si era impegnata a non utilizzare mai autonomamente il solo patronimico Alviero Martini come marchio … impegno che evidentemente significava che essa società avrebbe potuto utilizzare tale patronimico solo secondo le modalità con le quali esso compariva nelle registrazioni di marchio depositate, e cioè sempre in unione con il segno 1A Classe» affermava che tale interpretazione fosse l’unica prospettabile in quanto l’unica «conforme a quanto stabilito dall’art. 8, comma 3 c.p.i. secondo il quale i nomi di persona notori possono essere usati come marchio solo dall’avente diritto o con il consenso di esso». Conseguentemente il
Tribunale finisce per ammettere che il diritto sui generis previsto dall’art. 8, co. III non si riferisce solo alla legittimazione alla registrazione, bensì anche all’uso, come correttamente modificato in occasione del varo del Codice[291], proprio per prevedere espressamente questa protezione[292]. La sentenza ha quindi affermato anche a livello giurisprudenziale che i segni notori, primo fra tutti il patronimico di un soggetto famoso, siano protetti contro ogni approfittamento parassitario diretto a sfruttare il valore di mercato di questi segni come strumento di comunicazione.
Così il Tribunale ha ritenuto che l’utilizzo «del solo patronimico dello stilista quale marchio (di fatto) da parte di Alviero Martini s.p.a. – certamente persona notoria non solo nell’ambito della moda … – risulta espressamente priva del consenso dell’Alviero Martini sulla base del tenore della transazione stessa», e quindi in violazione del diritto sui generis riconosicuto allo stilista, dovendosi invece escludere, a parere del giudicante, che un tale divieto incidesse «sui diritti propri dei segni registrati 1A Classe Alviero Martini di cui la società convenuta è titolare». Il tribunale, infatti, afferma che solo nel primo caso «tale utilizzazione integra una finalità distintiva indebitamente sganciata dall’unione con la denominazione 1A Classe, così rendendosi concreto ed indiscutibile – anche per la particolare evidenza che il nome dello stilista presenta nell’aspetto complessivo del capo di abbigliamento – il comportamento contrario sia agli accordi contrattuali che al disposto dell’art. 8, comma 3 c.p.i.».
Si rileva, solo per completezza di esposizione che con riguardo al disegno geografico «Geo», di cui erano stati ceduti tutti i diritti di sfruttamento economico alla società cessionaria, il Tribunale ha rilevato che «non può negarsi che il patrimonio di apprezzamento e di celebrità connesso ai prodotti connotati da tale
291 Tale modifica ha recepito l‘insegnamento della dottrina e della giurisprudenza già richiamato sul punto e in particolare VANZETTI-‐‑DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Milano, 2012, p.
212 e VANZETTI-‐‑GALLI, La nuova legge marchi, Milano, 2001, p. 157, e in tal senso di Trib. Modena, ord. 26 giugno 1994, in Giur. Ann. Dir. Ind., 1994, p. 805 e ss;
292 Cfr. GALLI, Codice della Proprietà Industriale: la riforma 2010, Milano, 2010, p. 22 e ss;