FATTORI DI RISCHIO FATTORI PROTETT
4.2 il caso di anna e sabrina
Un secondo caso clinico con un’evoluzione positiva è stato descritto sempre da Cirillo S., Selvini M. e Sorrentino A.M., (2002, pp. 185- 193) gli autori raccontano la storia di una mamma soggetta a crisi depressive, eventi maniacali e la sua complessa relazione con la figlia. Anche in questo caso la storia verrà delineata nei suoi tratti più salienti.
Anna è nata nel 1940, con una storia di psicosi clinica per la quale ha un rapporto con il servizio che risale al 1972, egli ha subito numerosi ricoveri psichiatrici con alcuni TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) per eccitamento maniacale.
Anna convive dal 1981 con Mario, una persona descritta come più interessata agli amici che non alla famiglia. Egli non è solo una donna, ma anche una moglie e una mam- ma; dal loro matrimonio,infatti, è nata una figlia di nome Sabrina.
I genitori della paziente sono morti da più di vent’anni; dei quattro fratelli sono vicini ad Anna soprattutto Pierina e Luigi, entrambi sposati e con figli.
Al momento dell’invio alla consultazione familiare nel novembre del 1994 la paziente è in carico a una psichiatra del CPS.
Anna sopraffatta dalla sua sofferenza psichica, diventa pian piano, una persona passiva e apatica, non si occupa più della casa, della famiglia, né tanto meno della figlia; trascorre le sue intere giornate giocando da sola a scala quaranta.
la segnalazione del caso e il decorso della terapia
Il caso in questione, venne segnalato al centro di terapia familiare.
La segnalazione però, non è motivata tanto dalle condi- zioni di salute di Anna, che è giudicata una paziente croni- ca non problematica, ma in particolare dalla preoccupazio- ne per la figlia Sabrina.
Infatti, anche se solitamente durante i diversi periodi di crisi della mamma la ragazza era stata sempre molto con- sapevole e responsabile la giovane, in questa fase, eviden- zia un forte atteggiamento di ribellione caratterizzato da scontri verbali violentissimi con entrambi i genitori.
Sabrina inoltre, sembra non voler accettare alcun tipo di consiglio o di appoggio, perché si dichiara sana e senza problemi.
La terapia prevede lo svolgimento di quattro sedute fa- miliari, e una serie di sedute di coppia per permettere di stimolare un legame utile sia per superare la sintomatolo- gia della paziente, sia per dare a Sabrina dei genitori più adeguati.
Inizialmente la terapia sembra procedere positivamente ma quando Mario, senza tenere conto della preoccupazione della moglie, decide di comprare un motorino alla figlia, la situazione degenera e Anna cade in una situazione di crisi maniacale. Tale crisi non viene però seguita da un ricove- ro; la paziente infatti, verrà ospitata in un appartamento protetto.
sorella di Anna; le sedute prendono una forma più allarga- ta, in cui oltre a Anna, Mario e Sabrina, vengono coinvolti anche i familiari della donna.
Tale coinvolgimento è il momento più importante del processo terapeutico perché permette di ricostruire un siste- ma familiare con figure stabili e valide, alle quali possono far riferimento sia Anna che Sabrina.
Superato il momento di crisi, i terapeuti hanno ritenuto utile continuare la relazione con la famiglia attraverso un lavoro di sostegno continuativo, con sedute ogni due/tre mesi, con tutti i membri.
Dopo l’agosto del 1995, Anna non ha più avuto gravi crisi ; argomento principale delle sedute diventa piuttosto Sabrina.
Quest’ultima pur continuando a rifiutare qualsiasi tipo d’aiuto esterno, inizia a riconoscere che il suo comporta- mento e le sue difficoltà con i genitori siano oggetto di discussione.
Il rapporto tra il terapeuta e la famiglia è proseguito a lungo con sedute molto dilazionate nel tempo, con l’obiet- tivo soprattutto di consolidare l’affetto familiare.
Analizzando il caso e il decorso della terapia, si evince come l’intervento da parte dell’equipe di terapia familiare è da attribuire non tanto alla malattia della mamma, ma al rifiuto da parte di Sabrina di accettare il sostegno de- gli operatori volto ad aiutarla a riconoscere la complessità della situazione e soprattutto, per non permettere il dete- rioramento dei rapporti della ragazza con i suoi genitori.
L’ipotesi è che già l’iniziale iper-maturità messa in at- to da Sabrina non fosse altro che un segnale di disagio per lei; disagio causato dalla carenza di figure genitoriali idonee che l’avevano portata a sviluppare un falso sè e a manifestare uno pseudo adattamento alla situazione, che successivamente le pulsioni adolescenziali hanno messo in crisi.
il ruolo della terapia familiare per sabrina Do- po diversi tentativi (falliti) di mettere Sabrina nelle condi- zioni di riconoscere il suo stato di bisogno, in una seduta, quando come di consueto ci si aspettava un forte rifiuto da
parte della ragazza, Sabrina si apre e piange nel momen- to in cui il suo terapeuta le fa riconoscere la difficoltà che sta vivendo a causa di due genitori incapaci di offrirle un valido sostegno nel suo percorso di crescita.
Questo sembra essere un piccolo passo verso il riconosci- mento da parte della ragazza della sua situazione familiare, ma la strada per accettare un aiuto concreto è ancora lunga. La modalità d’ approccio della seduta di terapia familia- re fa conoscere all’adolescente una modalità d’aiuto com- pletamente diversa, fondata sulla possibilità per ognuno di esprimersi, comprendere la situazione e di essere compre- so, piuttosto che sul riconoscimento di un comportamento sbagliato e sul modo di eliminarlo.
Ciò che si evince in particolar modo da questo caso, è sicuramente l’incapacità di entrambi i caregivers nell’espletamento delle proprie funzioni e competenze genitoriali. Anche se per diverse motivazioni, ambedue i coniugi si sentono incapaci, deboli e contemporaneamente percepiscono l’altro come instabile e non come fonte di sostegno.
Mario non riesce a gestire la malattia mentale della moglie, Anna invece, non riesce ad accettare il disinteresse del marito per la famiglia.
Entrambi i genitori finiscono per considerare Sabrina come un part- ner sostitutivo, addossandogli implicitamente responsabilità che non le appartengono.
La conclusione della storia prevede un intervento da parte del servi- zio psichiatrico,per cercare di indurre i genitori a un comportamento più funzionale per l’equilibrio familiare, che abbia come conseguenza la rottura del "gioco patologico" con la figlia; ciò però sembra ottenere solo risultati parziali.
Un risultato abbastanza positivo emerge, invece, dall’ allargamento del contesto familiare di Sabrina che, grazie al coinvolgimento degli zii, ottiene finalmente la possibilità di avere dei punti di riferimento stabili.
La presenza di affetti “sostituitivi” validi,infatti, fa accettare alla ra- gazza il fatto di mettersi in discussione e successivamente, quello di sperare in un rapporto futuro con altre figure adulte.
La terapia familiare, in questo caso, si è posto l’ obiettivo, di offrire a Sabrina( figlia) la possibilità di un’ evoluzione positiva,attraverso un processo volto a migliorare le capacità di parenting dei genitori e al tempo stesso, fornendo loro un appoggio sostitutivo temporaneo per la tutela della figlia.