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FATTORI DI RISCHIO FATTORI PROTETT

4.6 considerazioni sui cas

La casistica descritta, ha permesso di sottolineare ancora una vol- ta, le difficoltà che la malattia mentale, può provocare sulle capacità di parenting, determinando facilmente un’alterazione dell’equilibrio familiare.

I racconti hanno mostrato, come si evince nel caso del papà con un disturbo dell’umore (Mazza 2016) o nel caso di Donata e del figlio Alessandro, descritto da Cirillo et al (2002), che un disturbo psichico rilevante e cronico in una delle figure genitoriali, può a volte ( anche se in forme diverse) determinare una trasmissione intergenerazionale del disagio psichico , provocando delle forti ripercussioni non solo sull’infanzia dei bambini ma anche nella loro successiva vita adulta.

Non è sporadico, infatti, che una relazione con un genitore psico- patologico provochi delle implicazioni negative sulla sviluppo psico- affettivo dei bambini; in diverse circostanze i bambini diventano vit- time di comportamenti inadeguati da parte dei loro caregivers che, li spingeranno a sviluppare un falso sé, una visone distorta della realtà,

esponendoli inoltre, al rischio di reiterare gli atteggiamenti dei loro genitori .

E’ anche vero però, che gli esiti non sono sempre così negativi. Il fatto che un paziente soffra a causa di un disturbo mentale non può essere un elemento sufficiente per escluderlo dalla vita del proprio figlio poiché, questo, grazie all’appoggio di un ambiente familiare sup- portivo e all’aiuto di un percorso terapeutico adeguato, potrà essere o comunque, tornare ad essere un buon genitore.

Da un punto di vista dei trattamenti terapeutici, i casi evidenziano in particolar modo, l’importanza di una terapia di tipo familiare.

Una terapia di questo genere, attraverso una riorganizzazione delle dinamiche familiari e della “messa in discussione” dei comportamenti genitoriali, rafforzerà le capacità di resilienza del sistema familiare e porrà tutti i membri della famiglia nelle condizioni di poter superare le difficoltà presenti.

Non è detto però che una terapia di questo genere abbia sempre una buona riuscita.

In determinate situazioni, è particolarmente complesso evitare l’al- lontanamento dei figli da un genitore psicopatologico, puntando solo ed elusivamente su una terapia di tipo familiare sperando in una com- pleta “riabilitazione” del genitore. In alcuni casi l’allontanamento del minore è l’unica “strada percorribile” per il suo benessere.

A tal proposito, una buona esperienza d’integrazione tra i servizi di salute mentale e i servizi di tutela minorile sarà sicuramente utile, e permetterà nei casi in cui la psicopatologa genitoriale abbia creato delle condizioni di pregiudizio per il sistema familiare, l’avvio di un processo d’aiuto condiviso, con lo scopo di prevedere un recupero del- le competenze genitoriali e un ripristino del rapporto tra genitori e figlio.

Giunti al termine del nostro percorso, ci sembra opportuno dedica- re qualche pagina ad alcune considerazioni finali, in merito a quanto esposto nei capitoli precedenti.

Come ampiamente ribadito, per un bambino, la famiglia, e in parti- colar modo la relazione con i propri caregivers, dovrebbe essere fonte di protezione, cura e sostegno. Purtroppo però, per alcuni di loro, la famiglia si presenta come una dimensione complessa, di stress e soffe- renza, spesso a causa della presenza di atteggiamenti di incuria, trascu- ratezza e di condizioni di malessere che gli stessi genitori producono nei loro confronti.

Il nostro lavoro ha dimostrato che la presenza di una psicopatolo- gia genitoriale (nello specifico caso, la Depressione, la Schizofrenia e il DBP) può essere ritenuto uno tra i fattori che può limitare profon- damente le capacità di parenting dei caregivers, influenzando inevita- bilmente il loro rapporto con i figli, intaccando quindi il benessere di quest’ultimi.

In molti casi, accade che tali bambini, rimangano invischiati in re- lazioni parentali malsane, diventando vittime di "giochi familiari" di- storti, di inversioni di ruoli, di stati d’abbandono e di problematiche relative alla sfera dell’affettività e del comportamento.

Delineando un quadro conclusivo, possiamo sicuramente affermare che il nostro lavoro è stato ampiamente complesso, poiché ancora ad oggi non esistono dei consistenti e continuativi studi rispetto a tale tematica.

Ciò che è emerso comunque con chiarezza, sono le difficoltà che una psicopatologia costituisce non solo sul soggetto malato ma, come si è detto precedentemente, anche sull’intero equilibrio familiare.

Tale equilibrio familiare viene spesso a scemare non esclusivamente a causa della patologia psichica ma, piuttosto, dalle modalità interatti- ve e maladattive che si vengono a costituire tra i membri della famiglia, dando vita alle cosiddette famiglie disfunzionali, incapaci di svolgere la loro naturale funzione, cioé quella di provvedere alla crescita dei propri componenti.

A partire da tale constatazione è stato possibile rintracciare una serie d’interventi clinici rivolti a "risanare" lo stato di equilibrio familiare e

a prevedere un recupero del rapporto tra caregivers e bambino.

Nel ricercare le strategie d’intervento più efficaci per agire in circo- stanze simili, la terapia sistemico-familiare è parsa quella più indicata. Essa prende le distanze dalla terapia individuale, poiché non consi- dera più il malato isolatamente, ma bensì in una dimensione sistemica, caratterizzata da un’interconnessione tra tutti i membri della famiglia e con l’intero contesto sociale.

Tutte le relazione di un sistema familiare possono, dunque, essere profondamente compromesse dalla presenza di un importante distur- bo psichico. Tuttavia, ciò non è sempre detto.

Le suddette conclusioni sono state rese possibile grazie al contribu- to di alcune ricerche nazionali (Fava Vizziello, Disnan, Colucci, 1991) e internazionali che hanno permesso di dimostrare l’erroneità dell’e- pistemologia lineare di tipo meccanicistico che prospetta una sorta di casualità diretta del tipo "la patologia individuale di un genitore (o dei genitori) è causa di disturbi nel figlio", in quanto non in grado di defi- nire con chiarezza fattori determinanti che legano indissolubilmente i due fenomeni.

La stesura del suddetto lavoro ha dimostrato, infatti, che la presenza di un mental disorder non compromette inevitabilmente le capacità genitoriali.

Il disturbo deve essere considerato in interconnessione con una mol- teplicità di altri fattori di rischio (ambientali, sociali e relazionali) che congiuntamente possono determinare una condizione critica e danno- sa per i bambini.

Nonostante determinati fattori di rischio legati alla genitorialità e alla vita di un minore per la presenza di una patologia psichica, la letteratura e la casistica esposta ci spingono, infatti, a riconoscere l’im- possibilità di generalizzare.

Abbiamo dimostrato come, ad esempio, in moltissimi casi possedere una diagnosi ufficiale a carico del genitore (e quindi, il riconoscimen- to del disagio psichico sia da parte del caregiver che del bambino), la volontà di cambiamento, una buona esperienza di comunicazione all’interno della famiglia e, soprattutto, la presenza dell’altro partner "valido", permetta, sia al soggetto patologico che ai figli, di affronta- re con maggior consapevolezza e serenità le condizione di difficoltà, senza pregiudicare il loro rapporto.

Il diritto alla genitorialità dell’adulto psicopatologico deve, quindi, essere garantito.

nostro ordinamento con la L.6/2004, assume un valore fondamentale in quanto, come esposto nella nostra indagine, permette all’individuo che si trova in lieve e/o temporanea difficoltà psichica/fisica di svol- gere comunque i propri compiti di parenting, grazie all’ausilio di una terza persona (ADS). Il genitore, infatti, deve poter continuare a vivere il suo rapporto con i figli. Tale diritto deve, però, ovviamente essere conciliabile con l’interesse e la tutela della prole.

La protezione del benessere del figlio minore, sia dal punto di vista degli psicoterapeuti che dal punto di vista giuridico, rimane l’obiettivo primario da dover perseguire.

L’Italia in questo panorama, sulla base della Convention on the Rigths of the Child(1989) si è posta in difesa del bambino.

Il legislatore ha previsto una serie di strumenti e di istituti giuridi- ci volti a proteggere gli interessi e la cura del minore in assenza di ambedue figure genitoriali idonee (tutore), tutelando anche, nei limiti previsti, il suo diritto a vivere la relazione con i propri caregivers.

Secondo tale prospettiva, come abbiamo dimostrato, l’affido etero- familiare o intra-familiare (L.184/1983 modificata dalla L.149/2001) è considerata la misura di protezione più efficace per il benessere del bambino e del suo intero sistema familiare.

Esso rappresenta una sorta di "ancora di salvezza" per molti genitori (psicopatologici, in difficoltà personali, ecc) che, trovandosi in condi- zioni di malessere temporaneo, non sono in grado di farsi carico dei loro compiti di cura verso i figli.

Il suo scopo non è punitivo nei confronti del genitore, ne tanto meno si presenta come un’esperienza riparativa per i minori; l’affido rappre- senta, piuttosto, un’opportunità elaborativa, una sorta di protesi offer- ta al minore che permette ai genitori di investire su se stessi in un percorso di maturazione personale e di recupero, al fine di ristabilire la relazione con i propri figli.

Tuttavia, nonostante i suddetti strumenti di tutela, i nodi critici ri- spetto al tema dei figli di genitori psicopatologici, sono ancora moltis- simi.

Sono pochi gli esperti che si sono impegnati realmente nell’indaga- re le conseguenze sui bambini, connesse alla malattia mentale di un genitore; ciò pare collegarsi ad un’impossibilità da parte dei servizi territoriali di agire in modo predittivo.

La prevenzione per i figli di genitori con disturbi psichici, in Italia, pare essere un tema rimasto intoccato o comunque considerato solo in minima parte, date le profonde difficoltà nello sradicare i tabù e le

paure, ancora esistenti, legati al tema della malattia mentale.

Nonostante siano passati più di trentanni dalla legge 180/1978, "la Legge Basaglia", 3

che ha portato per la prima volta ad un vero e pro- prio cambiamento nel campo della psichiatria in Italia; siamo ancora lontani anni luce da una vera e propria "cultura della salute mentale".

proposte operative future Tirando le somme del suddetto la- voro, considerata la complessità del tema e la vulnerabilità dei prota- gonisti, ritengo personalmente che nel nostro paese, sia necessario un concreto cambiamento.

Dai riscontri ottenuti dal presente lavoro di tesi, essendo consapevoli delle difficoltà operative da parte dei servizi territoriali e data la scarsi- tà di equipe interistituzionali integrate, ho reputato opportuno ipotiz- zare delle proposte operative pratiche, cercando di prevedere possibili strumenti atti ad agevolare una presa in carico globale delle famiglie con genitori psicopatologici.

Le prospettive per l’avvenire dovrebbero essere attuate, non soltan- to nell’ambito degli interventi, ma anche e soprattutto nell’area della prevenzione.

Sull’esempio di alcuni modelli internazionali (Finlandia, Australia, Gran Bretagna), l’Italia dovrebbe presumere:

• L’istituzione di maggiori protocolli d’intesa inter-istituzionali volti a costituire una rete più coesa di servizi in grado di rispondere ai bisogni specifici di una famiglia con uno o entrambi genitori con disturbi mentali. Gli obiettivi del lavoro, dovrebbero volgere a costruire prassi di collaborazione tra i servizi coinvolti, circa gli interventi necessari al fine del miglioramento del benessere globale della famiglia portatrice di bisogno, evitando quindi di settorializzare.

• Fornire strumenti e competenze pratiche ai vari professionisti, per agire in un ottica globale e non frammentaria, rispetto ai figli di genitori con disturbi psichici;

• La creazione di programmi di sensibilizzare rivolti alla comunità locale, al fine di sradicare i pregiudizi, ancora esistenti, sul tema della malattia mentale;

3 Legge n. 180 del 13 maggio 1978, "Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori", legge quadro che impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici. Da Wikipedia-L’Enciclopedia libera (https://it.wikipedia.org/wiki/Legge_Basaglia)

• L’Individuazione e la diffusione di strategie efficaci per miglio- rare la qualità delle relazioni interpersonali e atteggiamenti di collaborazione solidaristica, a partire dalla rete familiare e socia- le;

• Individuare e diffondere strategie di trattamento precoce dei di- sturbi psichici;

• Diffondere interventi psico-educativi di gruppo, di promozione delle capacità di coping delle famiglie con un genitore affetto da un disturbo mentale;

• Promuovere iniziative di formazione rivolte ai caregivers basate sulla valorizzazione di abilità comunicative e strategie di risolu- zione dei problemi, anche in presenza di una patologia psichica. Non si può, dunque, continuare a rimanere "estranei" rispetto ad una tematica così importante e delicata che tocca l’intera comunità.

L’obiettivo generale delle politiche Italiane dovrà essere quello in- tervenire preventivamente sia sui genitori psicopatologici che sui loro figli, evitando il "drammatico" fenomeno della trasmissione intergene- razionale della sofferenza.

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