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un supporto per il genitore psicopato logico: l’amministratore di sostegno

FATTORI DI RISCHIO FATTORI PROTETT

3.3 un supporto per il genitore psicopato logico: l’amministratore di sostegno

Negli ultimi anni anche in base alle ricerche effettuate in ambito psicologico, si è sottolineato che i bambini, di fronte a situazioni che non gli permettono di poter coltivare e mantenere i legami affettivi già stabiliti sin dalla nascita con i propri genitori, possono facilmente incorrere in disagi psichici, anche molto seri.

La consapevolezza del suddetto bisogno ha fatto sì che le Conven- zioni Internazionali, iniziassero a rivolgere la loro attenzione, oltre che alla tutela dei diritti dei figli, anche al diritto alla genitorialità. Tale diritto sussiste, però, solo se corrisponde al migliore interesse per il minore ("best interest")8

Nella Costituzione Italiana, ad oggi, non è contenuta alcuna menzio- ne specifica al c.d. "diritto alla genitorialità"; nonostante ciò, attraverso

8 Art.3 "Convention on the Rights of the Child, approvata dall’Assemblea Gene- rale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989": In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo (Best Interest) deve essere una considerazione preminente.

diverse sentenze della Cassazione è stato possibile ritenere la genito- rialità come un diritto attribuile a tutti gli individui (anche al soggetto psicopatologico), diritto che, però ,deve anche nel nostro paese, essere conciliabile con la preminente tutela del minore.

Nel caso specifico del soggetto psicopatologico (non grave), ciò è possibile a condizione che l’adulto venga affiancato da una figura in grado di fornirgli supporto.

In particolare, in questa prospettiva, assume una notevole rilevanza la figura dell’amministrazione di sostegno che rappresenta una risorsa importantissima, per la tutela di tutte le varie dimensioni in cui si esprime la personalità del paziente psichiatrico.

Il diritto di questi individui di vivere la propria condizione di geni- tore e la propria relazione con i figli, è stato argomento ampiamente dibattuto in giurisprudenza.

A tal riguardo, l’orientamento della giurisprudenza maggioritaria, come confermato dalla Suprema Corte di Cassazione, con la senten- za n.120 del 09/01/1998, richiamata successivamente nella sentenza n. 8527del 12/04/06, accerta che "insufficienze e/o disturbi mentali del geni- tore non determinano automaticamente un’inadeguatezza, ma occorre dimo- strare e accertare se in virtù di tale condizioni psichiche, il caregiver conservi o meno la consapevolezza del proprio ruolo e la capacità di fornire tutto il necessario allo sviluppo psico-fisico dei propri figli".

La legge del 9 Gennaio 2004 n.6, introducendo l’amministratore di so- stegno (ADS), ha prodotto una sorta di “stravolgimento” rispetto al tema della tutela di quegli individui privi (in tutto o in parte) di auto- nomia nei compiti di vita quotidiana, a causa di menomazioni fisiche o disturbi psichici di varia entità. « Due sono i principi fondamentali del- la legge: Scongiurare ogni rischio di abbandono per le persone in diffi- coltà e il rifiuto di soluzioni inutilmente espropriative o mortificatorie »(Ugolini, 2012 p.129).

La figura dell’amministratore di sostegno nasce per ridurre i pre- giudizi e i limiti storicamente imposti ad individui “non potenzial- mente sani”; rappresenta uno strumento di supporto utile ed efficace per il soggetto psicopatologico, grazie alla quale egli può riuscire ad affrontare diversi aspetti legati alla dimensione della quotidianità.

L’obiettivo, dunque, è quello di proteggere tali soggetti senza privar- li dei loro diritti. Il nuovo istituto è strettamente legato ad altre due misure di tutela previste nell’ordinamento italiano, ovvero l’interdizio- ne e l’inabilitazione. Nonostante la stretta correlazione, la nomina del- l’amministratore di sostegno si differenzia dai due citati strumenti di

tutela che, storicamente, comportavano l’eliminazione totale o parziale della capacità di agire della persona, con effetti a volte sproporzionati rispetto alle esigenze di protezione del soggetto il quale una volta di- chiarato come interdetto o inabilitato, finiva con l’essere "etichettato" e emarginato socialmente.

Con la legge 6/2004 la situazione cambia: l’individuo mantiene una generale capacità di agire, dalla quale vengono ritagliate delle aree d’incapacità, definite dal provvedimento di nomina dell’amministrato- re.

La nomina dell’ADS avviene in seguito ad un ricorso presentato, al giudice tutelare, dallo stesso soggetto beneficiario o dal suo coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore (o dal curatore) e/o dal pubblico ministero. Inoltre, anche i professionisti dei servizi sanitari e sociali che hanno in carico il paziente, se vengono a conoscenza di fatti tali per i quali si ritenga necessaria l’apertura del procedimento dell’amministrazione di sostegno, sono tenuti a proporre il ricorso al giudice tutelare o a fornirne comunque notizia al pubblico ministero.

Nella scelta della persona da designare come ADS, il Giudice, soli- tamente, tende a nominare il soggetto indicato dal beneficiario stesso e, laddove sia possibile, preferisce nella sua scelta i parenti e gli affini più stretti (coniuge, padre, madre, figlio, fratello, sorella).

L’amministratore di sostegno ha il compito di provvedere, in linea generale alla cura e agli interessi della persona. Egli può svolgere atti specifici, definiti dal provvedimento di nomina (Giudice tutelare) in nome e per conto del beneficiario, e atti per il quale dovrà esclusiva- mente supportare l’individuo che, può comunque continuare ad agire personalmente e autonomamente, in base alle proprie condizioni.

E ’stato dimostrato che « la presenza del sostegno costante di un adulto, esente da patologie psichiche (ADS), che sia in grado di fornire opportunità di apprendimento attraverso strategie d’insegnamento ap- propriate alle potenzialità mentali del genitore, nonché consigli pratici e assistenza nei compiti quotidiani, e che sia disponibile ad intervenire in qualsiasi momento, facendosi carico nei casi d’ emergenza di alcuni compiti che spetterebbero al cargiver, può essenzialmente compensare, e sostenere in modo positivo la relazione del genitore affetto da malat- tia mentale con il figlio minore »(Greco et Maniglio, 2009 cit. Ciliberti et al 2012, p.32 ).

La presenza di una malattia psichica non prevede infatti, in ogni ca- so, la decadenza della responsabilità genitoriale; tra l’altro per alcuni

autori nemmeno l’interdizione determinerebbe l’automatica decaden- za della responsabilità genitoriale: « non si può negare ad un genitore interdetto, compatibilmente con le sue condizioni psicofisiche, di eser- citare quelle funzioni che all’articolo 30 della Costituzione (diritti e doveri sui figli) gli garantisce e che nessuna disposizione di legge gli nega »(Baccarani, 2006, p.127).

Nello specifico, è importante sottolineare come il soggetto protetto dall’ADS non sia un’ incapace a tutti gli effetti; per tanto l’individuo potrà continuare a mantenere rapporti con i propri figli, a prendersi cura di loro (anche se a volte con qualche supporto esterno).

Il Tribunale di Lodi, a tal proposito, (30 luglio 2008, G.T. Gentile) ha sottolineato la possibilità per l’amministratore di sostegno di « fornire ausilio al caregiver, per l’esercizio delle sue responsabilità nei confronti del figlio minore, consigliando il soggetto circa le decisioni pertinenti e congruenti all’interesse del bambino e, nel caso sia necessario, for- nendo ausilio anche nell’intrattenimento dei rapporti con gli insegnan- ti, con il pediatra e con tutti gli altri soggetti pubblici o privati che interagiscono con il figlio nel suo interesse”9

. »

Il nuovo istituto è indirizzato, in pratica, a colmare quel vuoto di protezione che prima della legge 6/2004, colpiva tutta la fascia di di- sabili lievi o temporali, la cui condizione non è estremamente grave o stabile da giustificare un interdizione ma che, tuttavia, necessitano di supporto e di tutela.

Quanto esposto ci ha permesso, dunque, di rintracciare un ulteriore strumento giuridico, volto a garantire (per quanto possibile) il diritto del genitore di conservare relazioni significative con il figlio e, quello del bambino, di riconoscere nel caregiver, per quanto bisognoso di assistenza, il proprio genitore.

Oltre alla scelta dell’affido familiare per la tutela specifica dei mi- nori, il giudice di competenza potrà decidere, quindi, sulla base di un’accurata analisi della situazione, di affiancare al genitore questa nuova figura, cosi da supportarlo in caso di necessità, permettendogli di compiere atti e di espletare quelle responsabilità e funzioni che può svolgere, nonostante la psicopatologia anche nei confronti dei figli.

9 Dott. Giuseppe Ondei, Presidente della Terza Sezione Civile del Tribunale di Brescia. Gli atti di cura dell’amministratore di sostegno, con particolare riferimento al consenso infor- mato. (http://www.ordineavvocatibrescia.it/uploads/allegati

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I C A S I : T R A E S I T I P O S T I V I E

T R A S M I S S I O N E

I N T E R G E N E R A Z I O N A L E D E L L A

S O F F E R E N Z A

Nel capitolo che segue, attraverso gli studi di alcuni importanti tera- peuti (Cirillo S., Selvini M., Sorrentino A.M ), che da più di trent’anni lavorano in équipe con pazienti molto difficili e con le loro famiglie, nel solco della terapia della famiglia fondata da Mara Selvini Palazzoli, e grazie anche al contributo del lavoro del professor R. Mazza, psicologo e psicoterapeuta di rilievo, verranno presi in esame alcuni casi concreti di genitori affetti da disturbi psichici.

I casi verranno esposti in maniera analitica, per permettere una mag- giore comprensione delle complesse circostanze che possono verificarsi nella relazione genitore psicopatologico-figlio. La scelta specifica delle suddette storie è volta ad evidenziare, in particolar modo, l’importan- za del legame primario tra caregiver e bambino, legame che, in alcune circostanze, non svolgerà la famosa funzione di “base sicura” ma, piut- tosto, assumerà le sembianze di un “labirinto“ dal quale il bambino farà fatica ad uscire.

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la storia di donata e la trasmissione