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Casi clinici dalla Letteratura

4.1.1 Caso clinico

Uomo di 62 anni con diagnosi di artrite reumatoide dal Maggio del 2006 in terapia con prednisone (7,5 mg/die), MTX (15 mg/settimana), e idroclorochina (400 mg/die).

Dal Maggio del 2007, a causa di un’insoddisfacente risposta clinica, viene aggiunto al regime terapeutico l’infliximab con un dosaggio di 3 mg/kg in infusione ogni 2 mesi, al quale segue un buon controllo del processo infiammatorio articolare.

Nel Maggio del 2011 il paziente presentava ostruzione nasale con secrezione purulenta ed emorragica, dolore alla deglutizione, febbricola, anoressia e perdita di peso.

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Viene sospeso l’infliximab e mediante nasofaringoscopia si rileva una mucosa congesta e iperemica con secrezione purulenta e perforazione del setto nasale. Gli esami di laboratorio mostravano: risultati negativi degli strisci di secrezioni nasali e delle colture per batteri, funghi e micobatteri; infiltrato linfoplasmocitario in assenza di parassiti all’ esame istopatologico su biopsia del setto nasale; positività del test di Montenegro (test intradermico specifico per la leishmaniosi); polymerase chain reaction (PCR) su frammenti bioptici del setto nasale positiva per il genoma di Leishmania.

Nel Maggio del 2011, dopo aver definito la diagnosi di leishmaniosi muco- cutanea vengono sospesi tutti farmaci e viene introdotto il glucantim (N- metilglucamina antimoniato) alle dosi di 20 mg/kg/giorno per 4 settimane. Lo stato clinico del paziente è migliorato rapidamente, arrivando alla guarigione completa in 6 settimane50.

4.1.2 Caso clinico 2

Uomo di 29 anni con spondilite anchilosante dal 1997, trattato con Indometacina (50 mg/die), prednisone (10 mg/die), sulfasalazina (1,5 g/die), e MTX (17,5 mg/settimana). Nel Giugno del 2009, a seguito del peggioramento del suo stato clinico, viene aggiunto al regime terapeutico l’infliximab 5 mg/kg in infusione ogni 2 mesi, ottenendo un miglioramento duraturo.

Nel Maggio del 2011 il paziente presentava febbre, mialgie, cefalea e perdita di peso. Gli esami di laboratorio mostravano: pancitopenia (Hb 9.3 g/dl, Hct

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28%, leucociti 2450/mm3 con linfopenia 808/mm3 e trombocitopenia 61000/mm3), urea (40mg/ml), creatinina (1,4 mg/dl), ALT (44 U/L), AST (63 U/L), γ-GT (32 U/L), bilirubina totale normale, proteine totali (8,8 g/dl), albumina (3,3, g/dl) e globuline (5,5 g/dl), PCR 165,53 mg/L e VES 78mm/ora. L’eco addome rilevava una splenomegalia (vol. 1467 cm3) e il test rapido immunocromatografico per la ricerca di anticorpi anti-leishmania era positivo. Nel Giugno del 2011, dopo la diagnosi di leishmaniosi viscerale, vengono interrotti tutti i farmaci antireumatici e il paziente inizia il trattamento con amfotericina B liposomiale alle dosi di 4 mg/kg per 5 giorni, seguita da infusioni mensili di 4 mg/kg per 3 mesi. Tale trattamento portò a remissione completa in 6 settimane. Nel Settembre 2011, viene reintrodotta la terapia per la spondilite con prednisone (5 mg/die) e adalimumab (40 mg ogni 2 settimane). Sei mesi dopo il paziente mostrava condizioni cliniche generali buone ed era asintomatico50.

4.1.3 Caso clinico 3

Uomo di 39 anni con artrite psoriasica dal Febbraio del 2002, sotto trattamento con prednisone ( 10 mg/die) e MTX (25 mg/settimana). Nel Luglio del 2010 viene aggiunto al regime terapeutico l’adalimumab 40 mg sc ogni 2 settimane. Nel Febbraio del 2011, dopo 7 mesi dall’inizio della terapia, il paziente sviluppava disfagia, astenia, secrezioni e ulcere nasali. La biopsia portò alla

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diagnosi di leishmaniosi muco-cutanea, a cui fece seguito la terapia con glucantim a dosi di 20 mg/kg/die per 4 settimane. Il paziente mostrò un rapido miglioramento e poco dopo remissione clinica completa; si decise infine di non interrompere il trattamento con anti-TNF-α e dopo 1 anno il paziente non manifestava nessuno degli effetti collaterali comparsi precedentemente50.

4.1.4 Caso clinico 4

Un uomo di 50 anni affetto da artrite psoriasica dal 2002, vista la scarsa efficacia dei trattamenti precedenti, nel Dicembre del 2010 inizia la terapia con infliximab che produce un esito positivo per i primi 6 mesi . Nel Giugno del 2011, la diminuita risposta clinica all’infliximab, impone l’introduzione dell’adalimumab. Nel Febbraio del 2012 compaiono lesioni cutanee sul braccio sinistro e l’iter diagnostico (biopsia cutanea, test di Montenegro, colture positive per Leishmania spp.) conduce alla diagnosi di leishmaniosi cutanea. Vengono interrotti gli anti-TNF-α e introdotta una terapia con glutantim alle dosi di 20 mg/kg/die per 4 settimane, con rapida remissione clinica. La reintroduzione dell’adalimumab non ha determinato alcun effetto avverso nei successivi 12 mesi di osservazione50.

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Discussione

Dal primo caso riportato da Romani-Costa et al. nel 200451 ad oggi, ci sono stati 32 casi, compresi quelli appena descritti, di leishmaniosi insorta in pazienti con patologie reumatologiche in terapia con anti-TNF-α50.

Dall’analisi di questi casi possiamo desumere le seguenti osservazioni: 1) tutti i pazienti provenivano da aree endemiche;

2) l’infliximab è l’anti-TNF-α più usato (13x), seguito dall’adalimumab (12x) e etanercept (2x);

3) il tempo medio per la comparsa dell’infezione è di circa 23,5 mesi di uso continuato di anti-TNF;

4) la forma viscerale è molto comune (15x), seguita dalla forma cutanea (10x) e dalla forma muco-cutanea (4x);

5) in soli 5 casi l’infezione ha dato una presentazione clinica atipica; 6) in 21 casi la terapia con anti-TNF-α è stata sospesa alla diagnosi

dell’infezione;

7) solo in 4 casi la terapia con anti- TNF-α è stata mantenuta; 8) con appropriati trattamenti l’infezione si è risolta in 4 settimane;

9) in 10 casi la terapia con anti-TNF-α è stata reintrodotta dopo la risoluzione dell’infezione;

10) solo in 3 casi l’infezione si è ripresentata.

Nella leishmaniosi viscerale prodotta sperimentalmente il TNF-α svolge un ruolo importante sia nell’attivazione dei macrofagi, indotta dalle citochine, sia

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nella formazione del granuloma, fasi che controllano l’infezione causata dai ceppi viscerotropi di Leishmania spp. La formazione e il mantenimento del granuloma sono componenti chiave della risposta immunitaria dell’ospite nei confronti del parassita e in entrambe queste fasi è essenziale il TNF-α, ma non è ancora chiaro il modo in cui regolerebbe tali processi. Durante l’infezione, foci di macrofagi e linfociti attivati circoscrivono l’infezione stessa. I linfociti T CD4+ producono due citochine, la linfotossina α e il TNF-α, le quali regolano la migrazione dei leucociti a livello epatico e “l’assemblaggio” del granuloma. L’IFN-α e il TNF-α sono coinvolti sia nel controllo della replicazione dei parassiti nelle fasi iniziali dell’ infezione, sia nella patogenesi del danno tissutale.

Sarebbe quindi opportuno proporre un programma di screening per la leishmaniosi nei pazienti sottoposti alla terapia con inibitori del TNF-α, ma data la sua bassa incidenza questo si potrebbe limitare agli individui che vivono o dovranno soggiornare in aree endemiche, come ad esempio in Liguria dove si registrano 6,5 nuovi casi ogni anno, 5 dei quali in soggetti adulti in condizioni di immunodepressione52.

4.2 STRONGILOIDOSI

La strongiloidosi è una parassitosi causata da un nematode, lo Stroingiloides stercoralis, del quale non abbiamo dati epidemiologici certi, a causa delle

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difficoltà legate alla diagnosi poiché l’infezione ricorre spesso in modo asintomatico. E’endemica nei tropici e nelle aree subtropicali comprese le aree rurali del sud degli USA. In Italia è il nematode autoctono più diffuso anche a causa dell’automantenimento dell’infezione.

La trasmissione avviene da uomo a uomo, anche se in alcune zone esiste un reservoir animale (cani e gatti), tramite penetrazione dalla cute che può causare una dermatite pruriginosa con esantema. Manifestazioni allergiche e sintomi respiratori si possono evidenziare durante la migrazione delle larve attraverso il sistema cuore-polmone.

Nei soggetti immunocompetenti la malattia regredisce spontaneamente, mentre in soggetti in cui l’immunità cellulo-mediata è soppressa (linfomi, leucemie, terapie con cortisonici o altri immunosoppressori, carcinomi, LES, alcolismo cronico e cirrosi, malnutrizione, lebbra lepromatosa, HTLV-1), la conta parassitaria cresce enormemente fino a raggiungere un gran numero di tessuti (sindrome da iperinfezione).

Clinica

La strongiloidosi si può presentare con due quadri clinici differenti, uno con interessamento cutaneo e uno intestinale.

Sintomi cutanei:

 larva currens: eruzione serpiginosa localizzata inizialmente nella zona perineale che si può estendere al cavo ascellare e all’inguine.

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 Rush orticarioide aspecifico: caratterizzata dalla comparsa di poussez di pomfi intorno alla vita e sui glutei.

Sintomi intestinali: scariche diarroiche con muco e sangue che possono evolvere in colite ulcerativa, causando anemia e sindrome da protido- dispersione42.

Nell'iperinfezione, i vermi adulti femmina si accumulano nel piccolo intestino superiore mentre le larve filariformi invadono il restante tratto intestinale. I sintomi gastrointestinali precoci includono nausea, vomito, diarrea e dolore addominale. L'infestazione non trattata può causare ileo, ostruzione, sanguinamento gastrointestinale massivo, malassorbimento grave e peritonite. I sintomi polmonari includono tosse, espettorazione, dispnea, emottisi, broncospasmo e insufficienza respiratoria. La radiografia del torace può mostrare infiltrati interstiziali diffusi, consolidamento o ascesso. Il tasso di mortalità della sindrome da iperinfezione può raggiungere il 60-86%53.

Agente eziologico Strongiloides stercoralis

Distribuzione Cosmopolita

Trasmissione Penetrazione della cute da parte di larve stongiloidi o auto

infezione

Incidenza in Italia >1 per 100 abitanti

Sintomatologia durante la penetrazione della cute Sistemica (buona risposta immunitaria)

Sistemica (scarsa risposta immunitaria)

Dermatite (larva currens) associata a eosinofilia Infezione asintomatica

Infiammazione intestinale cronica associata a diarrea e dolore epigastrici. Le larve possono raggiungere altri organi

provocando setticemia e ascessi: questa forma dell’infezione può essere letale

Diagnosi clinica Diarrea, dolore addominale e orticaria

Diagnosi di laboratorio Leucocitosi con eosinofilia, identificazione delle larve nelle feci (metodo di Baermann o di coltura in Agar)

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Terapia Ivermectina

Lotta e prevenzione Miglioramento delle condizioni igenico-sanitarie che evitino la contaminazione del terreno con feci umane

Tab.2 Strongiloidosi

4.2.1 Caso clinico

Donna di 59 anni, venezuelana, con storia di 3 anni di linfoma mantellare trattato con Rituximab-iper-CVAD (chemioterapia intensiva contenente ciclofosfamide, vincristina, doxorubicina, desametasone), alte dosi di MTX e ARA-C (citarabina) per 5 cicli (dall’ottobre del 2005 all’aprile del 2006) e mantenimento con solo rituximab per 1 anno e 10 mesi, prima del ricovero. Ricoverata il 6 Febbraio del 2008 con diagnosi di meningite da stafilococco coagulasi negativo (apparentemente S. warneri) è stata trattata con vancomicina per via endovenosa, terapia che ha portato alla risoluzione del quadro clinico. Tre settimane dopo è stata nuovamente ricoverata a causa di dolori addominali, diarrea, persistente tosse produttiva, febbre e sintomi periodici di pseudo-occlusione intestinale. L’esame coproparassitologico e l’analisi dell’espettorato rivelavano abbondanti larve filariformi di S. stercoralis (circa 40 larve/50µl). Dall’ espettorato furono isolati Klebsiella pneumoniae e Candida albicans.

Il deterioramento delle condizioni cliniche portarono al ricovero in unità di terapia intensiva dove è stata trattata con fluconazolo per 7 giorni e ivermectina (200 µl /kg//die per due giorni) con miglioramento della sintomatologia. Dopo 7 giorni di trattamento, si osservò la comparsa di dolore

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addominale diffuso, edema degli arti inferiori, cute secca e desquamata, prurito, febbre, tosse persistente con espettorato bianco. Un nuovo ciclo di ivermectina ha portato un miglioramento dei sintomi respiratori. La coltura diretta su agar dell’espettorato e la ricerca nei campioni fecali con il metodo di Baermann (al 30° e 52° giorno dal trattamento con ivermectina), risultarono negativi per S. stercoralis.

Quattro mesi dopo il primo ricovero (25 Giugno 2008), la paziente accusò un nuovo episodio di polmonite da K. pneumoniae, trattata con ceftazidima e conseguente miglioramento del quadro clinico. Durante gli esami di laboratorio fu rilevato un aumento delle cellule del sangue (32500/mm3) e eosinofilia (22425/mm3), determinando la necessità di un nuovo esame delle feci e dell’espettorato che risultò positivo per S. stercoralis. La paziente fu trattata senza successo con albendazolo (400mg/die per 5 giorni) e solo successivamente con ivermectina (200µl/kg/die per 5 giorni) con conseguente negativizzazione degli esami delle feci e dell’espettorato53

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Discussione

L’associazione tra la sindrome da iperinfezione da Strongyloides stercoralis e linfoma è conosciuta da lungo tempo e sembra essere legata più alla terapia con i farmaci immunosoppressori che alla malignità della patologia in sé. Nel caso appena descritto, la prima diagnosi di strongiloidosi avveniva dopo il trattamento con il ciclo di chemioterapia che includeva il desametasone,

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quindi in questo caso poteva non essere chiaro il ruolo del rituximab; ma successivamente l’iperinfezione insorgeva quando la paziente assumeva solo il rituximab e aveva smesso la chemioterapia ormai da 1 anno e 10 mesi, fu così sospettata la relazione tra questo farmaco e l’infezione53.

Il rituximab induce lisi delle cellule B tramite una citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente, citotossicità complemento-dipendente e stimolazione dell’apoptosi54 e comporta una riduzione dei livelli di immunoglobuline,

soprattutto di IgG55 e IgM. Quest’ultime sono molto importanti nella risposta immune nei confronti di S. stercoralis e probabilmente prevengono la disseminazione del parassita56, 57.

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