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LA BIDDINA Il mito

1.2 IL CASO STUDIO Alcune informazion

2.1.1

L’ASSOCIAZIONE

La Biddina è un’associazione che si occupa di progettazione e promozione culturale, attiva a Grotte, piccolo paese della provincia di Agrigento, dal 2017.

Nata dalla volontà di un gruppo eterogeneo di giovani, per formazione e background, a seguito del ritorno in paese una completati gli studi universitari, un esodo al contrario accompagnato dalla voglia di investire sul proprio territorio.

In un contesto di disagio culturale e sociale, come quello che è possibile riscontrare a Grotte, l'associazione investe in cultura, consapevole delle ricadute positive in termini di sviluppo nel lungo periodo, impattando sul benessere dei cittadini.

L’ arte diventa uno strumento per restituire senso di appartenenza agli abitanti, una pratica culturale a disposizione di tutti che mette il pubblico nella condizione di generare relazioni personali: l’arte crea comunità, modificando la morfologia del paese; innesca processi di riattivazione urbana e umana, invogliando a guardarsi ancora intorno, a uscire fuori dalle proprie abitazioni accogliendo/criticando la storia che gli viene raccontata.

Tale processo di riattivazione ruota attorno a processi di tessitura sociale, che mirano a riallacciare i rapporti di vicinato, ritenuti vettori di buone pratiche.

Prevede sostanzialmente due macro-fasi:

• una fase si basa sulla produzione artistica di significati;

• l’altra fase mira a creare spunti di riflessione attraverso incontri e dibattiti, laboratori e workshop per adulti e bambini, con la presenza di studiosi, artisti e figure chiave. Per La Biddina è stato fondamentale impostare fin da subito la propria azione come un

laboratorio di rete con il paese, tramite l’interazione tra i portatori d’interesse e il

coinvolgimento degli abitanti al fine di accrescere il senso civico e di appartenenza dei luoghi. L’associazione ha scelto di identificarsi con il mito della “Biddina”, per enfatizzare da una parte il profondo radicamento con il territorio, in quanto ogni attività proposta è basata e cucita addosso al paese e ai suoi abitanti; dall’altra, per specificare il desiderio scoprire il bello che sembra impossibile trovare.

2.1.2

LOCALIZZAZIONE

Il covo della Biddina è il centro storico di Grotte.

Grotte, paese della provincia agrigentina di 5.000 abitanti, fin dalla sua fondazione, trova nelle attività agricole inizialmente, nelle miniere di zolfo e nel commercio poi, le sue radici più profonde. La storia vuole questo paese legato sia ai latini, sia agli arabi, passaggio di monaci e pellegrini. Ma soprattutto lo vuole legato alle vicende di una ricca famiglia che pur di ottenere il titolo nobiliare promise a poveracci di tutta la Sicilia, terre ricche e lavoro, trascurando le reali condizioni della piccola borgata, che appariva agli occhi dei visitatori una collina gessosa e misera, in cui la gente abitava come i lupi nelle numerose grotte. Paese di contraddizioni e paradossi, ribelli e mercanti, protestanti e sovversivi, in cui le vie sono intitolate a Bruto, ma non a Cesare, dove i preti fanno scismi religiosi, nonostante non presenti un’importante storia, appare, però, come un paese molto aperto, vitale e vivace culturalmente.

furono trasformate in pianterreni abitabili.

Il paese oggi emana un fascino labirintico e spettrale, con susseguirsi di scale, che seguono l’andamento della collina su cui poggia, attraversato dalle strette stradine del centro storico, punteggiate da case in pietra e gesso e ruderi.

Un paesaggio, reso ancora più suggestivo dal fenomeno dell’abbandono fisico ma soprattutto politico. La mancanza di un piano di recupero urbano del centro storico, ha fatto si che molte case diventassero pericolanti senza dare ai proprietari l’opportunità di potenziali recuperi attraverso vendite o agevolazioni. Un paese dai tempi lenti, dove le piccole botteghe hanno fatto spazio ai vicini centri commerciali. In cui l’età media degli abitanti si alza inesorabilmente anno dopo anno. Dove nel corso degli ultimi 60 anni l’emigrazione pare essere l’unica certezza, causando di fatto un terremoto economico e sociale dalla portata allarmante.

2.1.3

CENNI STORICI SUL PAESE

Le origini del paese di Grotte sono piuttosto incerte. Da notizie storiche presenti in diverse pubblicazioni, tra cui la testimonianza di Polibio, pare che l’attuale nome derivi dalla parola “erbessus”, dal greco “érebos”, cioè “oscurità sotterranea”, oppure da “Here-bos”, le grotte dei buoi.

Lo storico greco, riporta, infatti, nei suoi scritti, la presenza di Erbesso durante la prima guerra punica del 262 a.C. in occasione dell’assedio di Agrigento.

Erbesso fu utilizzata dai romani, quale centro di raccolta dei viveri e rifornimenti per l’esercito, fino all’arrivo dei cartaginesi, che comportò la resa del villaggio. Tuttavia, anche senza i

rifornimenti di Erbesso, i romani riuscirono a sottomettere Agrigento nel 261 a.C. e qualche anno dopo, nel 258 a.C., sottomisero anche Erbesso, passata in mano cartaginese,

deportandone in schiavitù gli abitanti.

Da allora si perdono le notizie su Erbesso, fino all’età bizantina tra il VII e l’VIII secolo d.C. Di questo periodo è noto che nelle vicinanze della “Petra di Calathansuderj” (toponimo di origine

araba), a pochi passi dalla collocazione odierna del paese, esisteva un insediamento abitativo. La Petra è un ammasso roccioso isolato alto 30 metri, nelle cui viscere fu scavato un fitto complesso di ambienti e gallerie su più livelli, che diede origine a una fortezza preposta al controllo del territorio e delle vie di comunicazione. Questa funzione venne mantenuta anche nel periodo arabo, poi normanno e fino al XIII secolo.

Durante le aggressioni musulmane, gli abitanti nei casali prospicienti alla Petra, cercarono riparo nelle grotte esistenti nel vicino pendio collinare roccioso, rifugiandosi prima

saltuariamente, poi stabilmente, dando così vita all’insediamento che verrà poi chiamato Grotte.

Con il sopraggiungere delle armate saracene la popolazione aumentò, perché in esso si rifugiarono anche gli abitanti degli insediamenti vicini, poiché Grotte costituiva il luogo più elevato della vallata, ed aveva il vantaggio di essere provvisto d’acqua, grazie alla presenza di una sorgente all’interno dell’abitato.

Nell’anno 840 d.C. Grotte fu saccheggiata dall’esercito musulmano diretto contro

Castrogiovanni, ed ancora nel 868 fu messa a ferro e fuoco dall’esercito musulmano diretto contro Girgenti.

Il nome del paese trae origine proprio dai numerosi ingrottati che caratterizzano il sottosuolo della gran parte del territorio abitato. Nelle grotte per molto tempo la gente vi abitò e

successivamente costruì sopra la maggior parte delle case che costituiscono oggi il centro storico del paese. Oggi molte di queste grotte non sono più facilmente rilevabili nella loro complessità distributiva, in quanto nel tempo le varie appropriazioni ne hanno modificato la composizione originaria. Ne sono state rilevate ben 280, con quattro principali tipologie, con superficie variabile: partono da una minima di due metri sino ad arrivare a 80-100 metri; le

laterali. Le grotte nel tempo hanno conosciuto molti usi. Furono rifugio stagionale per i pastori, vennero utilizzate come silos per stipare approvvigionamenti alimentari, servirono da ricovero per animali, all’interno vennero installati palmenti e frantoi. Ma soprattutto la gente ci viveva, trasformandole in pianterreni abitabili, almeno fino al 1600 inoltrato, epoca in cui cominciarono a costruire su di esse le prime case. Le grotte vennero man mano ampliate, ristrutturate e inglobate nelle nuove case, tanto che oggi quasi tutte sono chiuse da porte. I grottesi le abitarono fino al 1945.

Tutto il tessuto urbano di Grotte è influenzato dalla presenza delle grotte. Il centro storico che a primo acchito potrebbe identificarsi medievale, non è invece altro che il frutto di un paese di fondazione, ovvero influenzato dalla caratteristica urbanistica, in quanto le case furono

costruite sulle grotte, le quali hanno condizionato tutta la viabilità e lo stesso tessuto. Per questo motivo ci si trova di fronte ad un groviglio di case che si accavallano una all’altra e che lasciano intendere questo centro come medievale, quando in realtà non lo è strettamente. Nel secolo XII la “Terra di Grotte” appartenne al Vescovo di Girgenti. Durante il medioevo Grotte fu territorio feudale. L'esistenza del territorio di Grotte, chiamato Grotticelle, è attestata fin dal 1300 da un documento pontificio che testimonia il pagamento delle decime apostoliche nella diocesi di Girgenti negli anni 1308-1310.

Varie famiglie nobiliari si alternarono al possesso del feudo di Grotte: Sanches, Ventimiglia, Montaperto, Castrogiovanni.

I MONTAPERTO

La baronia di Grotte fu proprietà dei Montaperto sino al 1500. Nel 1471 Giovanni II

d’Aragona, discendente dell’imperatore Federico II, Re delle Due Sicilie, concesse al barone Federico Montaperto l’autorizzazione a costruire:

“... una turri seu fortiliziu cum soi barbacani, baglu et merguli per tutela et defentioni di li persuni

coversanti in dictu fegu” (una torre con finalità difensive, di guardia, a protezione dei forestieri

La torre di guardia, provvista di merli, venne costruita nella parte più alta del territorio. Nel 1627 il Barone Gaffore acquisterà dal Viceré l'autorizzazione all'esercizio della giustizia penale e ad innalzare nel paese "furcas, perticas, palos…”.

Fece perciò erigere, come monito, accanto alla già esistente torre, un palo. Da allora la torre venne chiamata "Torre del palo”. Uno dei monumenti più interessanti del paese, oggi

visitabile. Il paese di Grotte nasce a seguito della licentia populandi concessa da parte di Carlo V al Barone Gaspare Montaperto, figlio di Federico, il 13 dicembre 1527.

Durante il XVI secolo il Casale di Grotte era formato come una colonia agricola sorta attorno a due poli: il convento di San Francesco, oggi andato distrutto, e il convento di Santa Maria Annunziata dei Carmelitani, sede attuale del Palazzo di Città, il quale fu presto abbandonato dai monaci per la troppa povertà. Nel 1595 Grotte contava 1041 abitanti.

I SANFILIPPO

Estintasi la casata dei Montaperto, il feudo passò ai Tagliarla, i quali nel 1601 vendettero la Baronia ai Gaffurri; successivamente passò agli Inguardiola e, nel giugno 1634, fu acquistata da Desiderio Sanfilippo di Piazza Armerina. Il Re Filippo IV, nel 1648, innalzò il feudo di Grotte agli onori di Ducato.