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LA BIDDINA Il mito

SETTORI ECONOMIC

L’agricoltura, che rappresenta l’attività prevalente dell’economia agrigentina e assorbe circa il 28,3% delle attività produttive in provincia, risulta essere ancora incentrata prevalentemente sulla figura tradizionale del coltivatore e della produzione, evidenza che ne fa emergere una forte carenza di professionalità legate alla commercializzazione e al marketing, alla

diversificazione dell’attività agricola e alla logistica.

La situazione non è nell’insieme delle più floride. Il settore è composto per lo più da piccolissime imprese di produzione di cereali, leguminose da foraggio, ortaggi, uva, olive, agrumi e mandorle. Le conseguenze sono negative su diversi fronti. Primo fra tutti si crea una struttura di mercato “allungata” con una struttura distributiva eterogenea. La frammentazione non permette la concentrazione dell’offerta e ciò crea due tipi di svantaggi soprattutto nella commercializzazione: la difficoltà ad intercettare il mercato estero e la difficoltà ad

intercettare quei consumatori disposti a pagare un premium price per la qualità.

Tale frammentazione dell’offerta è all’origine, peraltro, di una minore omogeneità verso livelli qualitativi elevati, di una minore elasticità dell’offerta e, quindi, anche di una minore

adattabilità alle mutevoli esigenze della domanda e del mercato.

In tale contesto, particolarmente importante e sviluppato risulta essere il settore vitivinicolo, che negli ultimi anni ha raggiunto livelli d’eccellenza, soprattutto nella coltivazione del “Nero D’Avola”, vitigno autoctono che in questa parte dell’isola raggiunge il massimo della qualità organolettica per le caratteristiche geomorfologiche del territorio.

Da qualche anno sono inoltre attive numerose produzioni biologiche che stanno riscuotendo un discreto successo. Colture che variano dall’uva, sia da mosto che da tavola, all’origano e piante officinali, all’olive e alle mandorle. Proprio la mandorla è una delle colture più tipiche

tali da collocare Agrigento sempre nelle ultime posizioni in campo nazionale. Le imprese del comprensorio sono gestite soprattutto da operatori che hanno una modesta professionalità, livelli manageriali e organizzativi insufficienti e che necessitano, pertanto, di un

ammodernamento anche dal punto di vista gestionale e della formazione/informazione. I dati relativi alla diffusione dell’innovazione tecnologica, infatti, evidenziano una situazione di scarsa vivacità, se non per il tasso di incidenza delle imprese giovanili, leggermente superiore alla media nazionale, un tessuto imprenditoriale che potrebbe svolgere un ruolo di traino per lo sviluppo dell’intera area.

L’apertura dell’economia agrigentina al commercio internazionale appare decisamente

modesta. La propensione all’esportazione è infatti in assoluto fra le più basse d’Italia, dato che implica un elevato grado di dipendenza delle attività economiche dalle dinamiche del mercato interno.

Per quanto riguarda la vitalità e l’incidenza delle attività imprenditoriali relative all’economia culturale, la provincia presenta indicatori i cui livelli si posizionano ben al di sotto rispetto al quadro nazionale.

TURISMO

Il territorio, negli ultimi anni, si è mosso abbastanza dinamicamente, ma non ha ancora raggiunto adeguati livelli rispetto alle potenzialità turistiche che il territorio offre, sia rispetto al polo turistico di Agrigento, ricordando che la Valle dei Templi è uno dei siti Unesco

maggiormente conosciuti anche nel contesto internazionale, che determina la possibilità di veicolare i flussi turistici provinciali, dati dalla crescente domanda di turismo relazionale e rurale, sia rispetto a fattori ambientali e climatici, in quanto clima mite, assenza di grandi industrie, limitato sfruttamento territoriale, e uso limitato dei diserbanti e dei prodotti antiparassitari, potrebbero condurre ad una crescente domanda di un turismo legato alla naturalità, alla qualità e alle tradizioni locali.

Dalle politiche territoriali messe in pratica emerge l’incentivo proprio allo sviluppo del turismo rurale e relazionale, integrato da attività sportive, legate all’enogastronomia e

degli operatori del settore turistico, è ancora ad un livello medio-basso, così come sono quasi del tutto assenti piani marketing mirati. Emerge, quindi l’esigenza di un intervento prioritario sull’interazione dei settori agricolo e forestale con quelli del turismo e dell’artigianato, con il settore dell’istruzione e il terzo settore.

Grotte dal 2017 è attraversato da una delle più sviluppate Vie Francigene siciliane, la Magna Via, un cammino che collega Palermo ad Agrigento, collegando le sponde del mediterraneo con quelle del Tirreno. Già percorsa dai coloni Greci provenienti dalle isole dell’Egeo, dai Romani che una volta conquistata Akragas risalirono la via alla conquista di Panormus, costruendo una rete di statio e mansio che consentivano di cambiare cavalli, riposarsi, mangiare qualcosa e dormire, rimasta attiva fino al IV sec. d.C. Seguirono i Bizantini, i Musulmani e i Franchi. Alla fine del XIX secolo, infine, i Borboni catalogarono tale sistema di “Regie Trazzere” nei loro catasti.

La presenza dei pellegrini ha stimolato un aumento delle strutture ricettive, triplicate rispetto al 2013, anno in cui è stato percorso il cammino per la prima volta.

L’apertura di numerose strutture extra-alberghiere, ha portato ad un miglioramento generale nel settore a livello locale, con un aumento di ospiti, non solo relativi al cammino.

Oggi in paese sono presenti più di sessanta posti letto, due ristoranti, quattro pizzerie, due rosticceria e numerosi bar.

Grotte presenta un importante patrimonio archeologico con tracce insediative testimoniate dai ritrovamenti archeologici che risalgono fin dall'età preistorica, come il sito di Erbessus con le sue strutture sepolcrali.