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dalle città dell’Italia settentrionale (tra le quali anche Trento) dove evidentemente esisteva la possibilità di acquisire le nozioni

di base5. Per quanto la disgregazione dell’impero carolingio debba

aver senz’altro messo a dura prova molte di queste esperienze educative, si ha la certezza del funzionamento, soprattutto in Francia e in Germania, di svariate scuole cattedrali, anche nel

X e XI secolo6. Queste ricevettero anzi nuovo impulso quando

dopo il Mille la riforma monastica mise in dubbio l’opportunità, per i religiosi, di esercitare attività di insegnamento a coloro che monaci non sarebbero diventati, contribuendo così a indirizzare

ancor più chierici e laici verso le scuole cattedrali7.

Sembra però che questa fortunata stagione sia durata solo qual- che decennio. Le disposizioni del III e del IV concilio lateranense in favore dell’insegnamento presso le cattedrali sono state interpretate come il segnale che una grande stagione si era, alla fine del XII seco- lo, già conclusa: secondo Gherardo Ortalli, gli interventi pontifici e conciliari segnerebbero «piuttosto la fase di graduale decadenza e di contrazione ultima che non i momenti di effettivo ripotenziamento

del sistema delle scuole ecclesiastiche»8; si sarebbe dunque trattato

solo di un tentativo di rianimare un’istituzione nata e fiorita in un contesto molto diverso. Con il Duecento la stabilità dei chierici

non fu più la norma, ma l’eccezione9; le università – che in qualche

caso avevano preso l’avvio proprio dalle scuole cattedrali – attrae- vano e assorbivano tutti coloro che erano in cerca di un’istruzione superiore; a livello locale agivano con successo maestri pubblici che, per quanto sovente appartenenti all’ordine clericale, non avevano

più legami diretti con le scuole cattedrali10.

Le disposizioni di cui si è detto costituirono peraltro la base normativa sulla quale si svilupparono, a partire dal XIII secolo, le residue esperienze di insegnamento presso le cattedrali. Il canone 18 del III concilio lateranense (1179), tra l’altro, affermava:

«perché i poveri, che non possono contare sulle risorse dei loro geni- tori, non siano esclusi dalla possibilità di studiare e progredire, in ogni

chiesa cattedrale venga assegnato un beneficio proporzionato a un mae- stro incaricato di insegnare gratuitamente ai chierici della stessa chiesa e agli scolari poveri; in questo modo si provvede alle necessità del maestro, e si apre ai discepoli la via della scienza. In altre chiese o monasteri, dove in passato fosse stato destinato a tale scopo qualche beneficio, ciò venga ripristinato»11.

Il canone 11 del IV concilio lateranense (1215), dopo aver preso atto con rammarico che la precedente istruzione era rimasta lettera morta, aggiunse:

«non solo in ogni chiesa cattedrale, ma anche nelle altre che dispon- gono di mezzi sufficienti, venga istituito dal superiore un maestro com- petente; egli sia scelto in accordo col capitolo, o con la maggioranza di esso; questi istruirà i chierici di quelle chiese e delle altre, gratuitamente, nella grammatica e in altre discipline come meglio potrà. La chiesa cat- tedrale abbia tuttavia un maestro di teologia che istruisca i sacerdoti e gli altri chierici nella sacra scrittura, e li formi specialmente in tutto ciò che riguarda la cura delle anime. A ciascun maestro sia assegnata dal capitolo la rendita di un solo beneficio, e in modo analogo provveda il metropolita per il teologo; con questo però egli non diventa canonico, ma percepisce il beneficio solo finché dura l’insegnamento»12.

Va rilevato che in questo modo venivano istituiti due gradi di insegnamento. Il primo era quello elementare, gratuito e aperto anche ai laici, presente in tutte le chiese (non solo quelle catte- drali) che avevano i mezzi per poterselo permettere, affidato a

un magister e a spese del Capitolo. Il secondo era invece quello

superiore, di carattere teologico, biblico e pastorale, riservato a chi intendeva intraprendere la carriera ecclesiastica, a cura di un theologus scelto (e pagato) dal vescovo; per quanto il Concilio

avesse usato i termini metropolitana ecclesia e metropolitanus, la

norma interessò non solo le sedi arcivescovili che erano al centro

che di solito il teologo (che nella prassi prese o mantenne il nome di scolasticus) veniva scelto tra i canonici, lo scolasticato fu spesso

considerato una delle dignità capitolari14.

Gli scolastici della cattedrale di Trento

Trento non fu affatto estranea ai circuiti politici, e verosi- milmente anche culturali, dei secoli centrali del medioevo (due vescovi della metà del XII secolo, Eberardo e Adelpreto, proveni-

vano dalla celebre scuola cattedrale di Bamberg15). Non esiste però

alcuna notizia riguardante la presenza di scuole e scolastici nella

cattedrale trentina prima del IV concilio lateranense16. L’esistenza

di una scuola presso la basilica di San Vigilio in epoca precedente è dunque più un presupposto che un dato storicamente accertato. Il silenzio delle fonti a questo riguardo, per quanto parzialmente

motivato dalle gravi carenze documentarie17, lascia piuttosto stu-

piti, dato che in tante altre città l’esistenza di una scuola cattedrale nei secoli XI e XII è testimoniata, per lo meno, dalla menzione di

scolastici negli elenchi dei canonici18.

Chi si occupa della storia dell’insegnamento nell’area trenti- na ricorda l’importanza di questa istituzione, ma preferisce poi passare subito alla descrizione delle esperienze di insegnamento “pubblico” che, a partire dal XIV secolo, hanno lasciato tracce

documentarie, per quanto sporadiche, più consistenti19. È dun-

que utile analizzare la documentazione capitolare disponibile20

per dare un giudizio meno generico del significato della scuola cattedrale per il medioevo trentino.

Il primo scolastico di cui si ha notizia è il magister Ulrico,

citato a partire dal 2 giugno 122021. Apparentemente egli rimase

in carica per un periodo incredibilmente lungo: sessantasei anni,

fin dopo il 20 maggio 128622. È però possibile che con lo stesso

nome e lo stesso incarico si siano succeduti uno zio (in carica dal 1220 fin forse al 1262, morto prima del 1268) e un nipote

(canonico dal 1244 e scolastico dal 1267 al 1286)23. Entrambi si

trovano citati in molte occasioni nella documentazione capitolare di tipo economico-amministrativo, e il secondo fu anche vicario dei vescovi Egnone ed Enrico II; ma non hanno lasciato tracce di attività di tipo formativo.

A partire dal 19 settembre 128624 risulta scolastico il magister

Enrico da Chiusa. Il titolo di scolasticus gli fu però attribuito,

nella documentazione, solo sporadicamente25: le lotte tra vescovi

e conti del Tirolo, nella seconda metà del Duecento, e il coinvol- gimento del Capitolo cattedrale nelle vicende politico-militari del periodo non resero certamente facile un eventuale impegno edu- cativo (Enrico stesso era stato un notaio del conte Mainardo II, e

per lunghi periodi non fu tra i canonici residenti26). Il lavoro dello

scolastico veniva peraltro ricompensato con una retribuzione piuttosto bassa: stando all’inchiesta sul valore dei benefici eccle- siastici del 1309, il «benefitium scolastrie» rendeva annualmente quattro marche (ossia quaranta lire, meno di un semplice cano- nicato e della maggior parte dei benefici aventi obblighi di cura

d’anime)27, e diveniva dunque appetibile solo nel momento in cui

si sommava a una prebenda canonicale propriamente detta. L’aprirsi di una stagione di relativa stabilità, nella prima metà

del Trecento28, favorì invece la ripresa (perché tale termine, come

vedremo, va usato) dell’attività nella scuola cattedrale. Il vescovo Enrico da Metz, il 3 giugno 1317, ordinò infatti perentoriamente proprio a Enrico da Chiusa, che certamente era in età avanzata, di iniziare il suo servizio e di munirsi successivamente di un sostituto; per quest’ultimo venne stabilito uno stipendio annuo di 55 lire di veronesi, dieci delle quali sarebbero state fornite dal

vescovo, 20 dal Capitolo e 25 dallo stesso Enrico29 (il beneficio

del quale, come si è visto, non superava però le 40 lire).

Dopo la morte di Enrico, avvenuta circa un anno dopo, il

vescovo nominò scolastico il magister Nicolò da Meissen (12

agosto 1318)30; l’insediamento avvenne il giorno successivo con la

l’ufficio fino al 1345, insieme a quello di vicario in spiritualibus32.

In questo periodo lo scolasticato cominciò ad essere considerata come la terza delle dignità capitolari (dopo quella del decanato e quella dell’arcidiaconato), com’è attestato dallo statuto del

133633.

Le costituzioni promulgate nel 1344 dal vescovo Nicolò da Brno pongono però nuovi interrogativi sull’attività della scuola. Nel paragrafo 21 si ordinava infatti che in cattedrale vi fosse stabil-

mente un eruditor per istruire gli illetterati nella grammatica e nel

canto, e che a lui fosse assegnato il beneficio relativo (che in caso di necessità sarebbe stato integrato con i beni vescovili e capitolari).

«Ut idiotae et illitterati qui nec legendi nec cantandi habent peritiam facilius et competentius informentur, statuimus ut in ecclesia cathedrali eruditor tam in grammatica, quam in cantu continuus habeatur, cui etiam beneficium deputatum volumus ex integro assignari. Et si eruditor, propter ipsius beneficii modicitatem, non posset commode sustentari, nos et capitulum tridentinum de bonis nostris tantum contribuemus eidem, quod ipse sustentationem habere valeat competentem»34.

È ben vero che lo scolastico (che non viene invece menzio- nato) avrebbe avuto la responsabilità solo degli studi superiori, a carattere biblico, teologico e pastorale, e che quindi il tenore dello statuto vescovile non costituisce prova diretta della sua inat- tività; ma ci mancano altri dati in merito, e l’unica impressione che rimane è, ancora una volta, quella della scarsa efficienza delle istituzioni formative legate alla cattedrale. Di personaggi definiti eruditores la documentazione non dà altre notizie.

Dopo la scomparsa di Nicolò da Meissen, avvenuta nel 1345, si registra una sola presenza in Capitolo del suo successore, un

certo Polino, il 9 gennaio 134835; questi morì probabilmente

durante l’epidemia di peste dell’estate successiva, che fece strage

anche all’interno della cattedrale trentina36.

vo Alberto di Ortenburg riottenne l’effettiva sovranità sul territo- rio solo dopo essersi sostanzialmente sottomesso ai duchi d’Au-

stria, nel 136537. Due anni dopo egli nominò scolastico Enrico

Westfal, in sostituzione del defunto Martino dalla Boemia38; in

quel momento l’incarico era affidato a personaggi che non faceva- no parte del Capitolo. Con Federico da Scharenstetten (canonico dal 1361 al 1398, scolastico dal 1374) il responsabile degli studi venne nuovamente scelto dalle file del collegio cattedrale, anche se (com’era accaduto con Enrico da Chiusa) i notai gli attribuirono

il titolo molto raramente39. Manca la prova che i chierici che pre-

sero la tonsura in quegli anni (dei quali rimangono i documenti di ordinazione) siano passati per la scuola cattedrale; al contrario, si ritiene che alcuni di essi abbiano frequentato la scuola “priva-

ta” del magister Stefano da Cles40. Quando nel 1396 il vescovo

Giorgio Liechtenstein e il Capitolo decisero di ridurre le preben- de canonicali da 27 a 18, ricordarono l’esistenza del decanato e

dell’arcidiaconato, ma non fecero parola dello scolasticato41.

Anche nel primo Quattrocento l’incarico venne attribuito a personaggi che non facevano parte del Capitolo; talvolta essi raggiunsero il canonicato a qualche anno di distanza (Giorgio da Trento, pievano di Coredo e scolastico dal 1403 al 1412,

divenne canonico nel 141042; Marquardo da Bamberg, pievano di

Villalagarina e scolastico dal 1412 al 1421, divenne canonico nel

141343; Giovanni Ottenheim, scolastico dal 1426 al 1447, diven-

ne canonico nel 143544), o non lo raggiunsero affatto (è il caso di

Ermanno Cassel, scolastico nel 142145). Si trattava di personaggi

almeno in parte svincolati dalle dinamiche di potere connesse con il ruolo del Capitolo all’interno del principato vescovile: ma neppure essi hanno lasciato tracce di attività di tipo formativo. Anzi, sembra improbabile un impegno in questo senso da parte di Giovanni da Fondo, che fu scolastico dal 1422 al 1425. Egli, fin dal 1389, era stato uno dei canonici più in vista: aveva opera- to come subcollettore della camera apostolica e amministrato la diocesi durante il periodo che era seguito alla morte di Giorgio

Liechtenstein (1419-1423). Cadde poi in disgrazia, i cittadini lo accusarono di abusi di fronte al nuovo vescovo Alessandro di Masovia e il papa scrisse che Giovanni aveva falsificato «litteras et scripta auctentica pro dotacione beneficiorum». Perse così tutti

gli incarichi e i benefici; nel 1427 venne perfino incarcerato46.

I dati sembrano invitare dunque a un’estrema prudenza nella valutazione dell’importanza dello scolastico per la cultura trenti- na. Coloro che ricoprirono tale ruolo, che fossero personaggi noti e impegnati nella vita della diocesi e del Principato o altrimenti del tutto oscuri, non hanno lasciato nella documentazione tracce

più concrete della tabula con la quale era stato investito Nicolò

da Meissen.

Libri, scolares e professores

La ricerca non sarebbe completa senza una valutazione delle

tracce lasciate dalla scuola cattedrale47, prescindendo dall’impe-

gno diretto dello scolasticus presso di essa.

È inutile la ricerca di libri atti all’insegnamento nell’attuale Biblioteca Capitolare, in quanto quest’ultima venne fondata solo

grazie al lascito del decano Giovanni Sulzbach nel 146948. È certo

che i canonici possedevano libri (che furono oggetto di lasciti

testamentari)49, ma l’unico riferimento significativo a proposito di

scuola è quello che si trova nel testamento del canonico Giovanni da Stammersdorf, che il 12 ottobre 1422 lasciò alla cattedrale

un libro detto Chatholichon, che egli considerava prezioso per

l’istruzione e la dottrina di tutto il clero della cattedrale, e ordinò di farlo legare con catene sul coro, dove doveva rimanere perché i chierici potessero grazie ad esso essere istruiti:

«Cum habeat unum librum nomine Chatholichon preciosum ad instructionem et doctrinam totius cleri ecclesie Tridentine, et in memo- riam et pro salute anime sue mandavit ipsum librum poni et catenis ligari

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