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Da 11 a 15 punti Megaprotesi o spaziatore intercalare modulare (B1; B2)

8. CEMENTOPLASTICA PERCUTANEA

La cementoplastica di lesioni metastatiche dell’osso è una procedura scarsamente invasiva utilizzata per rinforzare la struttura di un osso colpito da neoplasia al fine di alleviare il dolore causato dalla lesione neoplastica e prevenire contestualmente fratture invalidanti.

Prevede l'iniezione del cemento osseo (polimetilmetacrilato o PMMA) all'interno di una lesione tumorale localizzata in un osso mediante un apposito ago che viene inserito direttamente nella lesione per via percutanea, visualizzando il suo percorso con una fluoroscopia o con una TAC. Una volta iniettato, il cemento si solidifica in

circa 10-15 minuti, eliminando il dolore e consolidando eventuali fratture.

Viene eseguita in anestesia locale o con una leggera sedazione ed è una procedura altamente efficace nel consentire una remissione immediata del dolore e il consolidamento di un osso ad elevato rischio di frattura. Inoltre presenta il vantaggio di essere complementare a chemio e radioterapia e consente di proseguire con gli altri trattamenti antitumroali senza interferire con essi.

La comparsa di complicanze è rara e si limita quasi esclusivamente a piccole fuoriuscite del cemento iniettato dall'osso, generalmente innocue. Generalmente il paziente riferisce fin da subito un attenuarsi significativo della sintomatologia algica locale con ripresa della deambulazione autonoma già dopo circa 2 ore dall’esecuzione della procedura.

La cementoplastica è indicata in caso di tumori osteolitici o misti delle ossa lunghe, del bacino, soprattutto della regione sopracetabolare (acetaboloplastica) e della colonna vertebrale (cifoplastica). Più raramente è utilizzata anche in caso di metastasi

stabili, se il tumore si estende allo spazio epidurale causando compressione midollare e in presenza di dolore radicolare, osteomielite, gravi condizioni cardiopolmonari, infezioni locali sistemiche e in caso di coagulopatia non correggibile, diatesi emorragica, allergia alle sostanze utilizzate durante la procedura.

Nel caso dell’acetaboloplastica l’indicazione al trattamento si pone quando vi sia una lesione di tipo osteolitico con interessamento della zona direttamente sopracetabolare o della colonna anteriore o posteriore, ma sia mantenuta una continuità dell’osso subcondrale o della cartilagine articolare, quando visualizzabile. Tale integrità della corticale periferica è necessaria per evitare spandimenti del cemento a livello articolare, con prevedibili complicanze. Molti Autori [28-29] hanno riportato la loro esperienza con tale metodica con buoni risultati.

Il “problema” della acetaboloplastica risulta nella non dotazione di una strumentazione dedicata che crei una cavità dove iniettare il cemento, cosa che ne limita l’utilizzo a metastasi che siano molto osteolitiche e con una componente parenchimatosa ridotta, per la difficoltà di ottenere un riempimento adeguato. Tale difficoltà tecnica ha suggerito la possibilità di creare una distruzione tessutale con altre metodiche complementari alla cementoplastica.

Come già sperimentato nelle metastasi della colonna vertebrale, sono stati trattati alcuni pazienti con lesioni acetabolari combinando due metodiche, di cui una ablativa come la RFA o la crioterapia percutanea, e successivamente la cementoplastica per stabilizzare la sede interessata dalla lesione.

La Cifoplastica è una procedura minimamente invasiva, analoga all’acetaboloplastica precedentemente descritta, che può essere eseguita in anestesia locale. E' richiesto un solo giorno di ospedalizzazione quindi i pazienti possono ritornare immediatamente a svolgere le normali attività della vita quotidiana.

Viene eseguita inserendo un catetere a palloncino o un dilatatore meccanico nel corpo vertebrale attraverso una cannula metallica di maggiori dimensioni, generalmente 8G (Figura 9). Viene quindi dilatato il corpo vertebrale nell'intento di ristabilirne la normale altezza. Al termine viene quindi iniettato il cemento per consolidare e stabilizzare la frattura.

Figura 9: Metodica di esecuzione di cifoplastica

La Cifoplastica trova indicazione unicamente nelle fratture vertebrali recenti (entro 90 giorni) e nelle fratture traumatiche; essendo tale trattamento leggermente più complicato della Vertebroplastica e utilizzando una cannula di maggiori dimensioni è preferibile che la Cifoplastica venga eseguita da medici particolarmente esperti.

CAPITOLO 4

MATERIALI E METODI

Il nostro studio ha preso in esame la casistica dei pazienti valutati per patologia ossea di natura neoplastica presso la Clinica di Ortopedia e Traumatologia I Universitaria di Pisa, tra Ottobre 2007 ed Maggio 2015, ponendo la nostra attenzione su quelli affetti da malattia metastatica trattati con tecniche chirurgiche mini-invasive.

I pazienti sono stati valutati clinicamente e suddivisi in due gruppi: nel primo sono stati inclusi i pazienti sottoposti a trattamento conservativo, nell'altro quelli trattati chirurgicamente, i quali sono stati poi classificati in base al tipo di lesione, se primitiva o secondaria, benigna o maligna, al segmento osseo interessato dalla stessa ed infine in base al tipo di trattamento eseguito.

Tutti i pazienti sono stati studiati con esami Rx standard e RMN del segmento scheletrico interessato per porre diagnosi e valutare i rapporti della lesione ossea con i tessuti molli circostanti.

Sono stati poi sottoposti anche ad esame TC total-body e scintigrafia total-body per evidenziare eventuali ulteriori localizzazioni, oltre ad esame TC del segmento oggetto di studio al fine di valutare lo stato dell'osso corticale, così da programmare adeguatamente il tipo di intervento e scegliere l’eventuale mezzo di sintesi più appropriato.

L'obiettivo di questo studio è stato pertanto quello di valutare i possibili percorsi, sia chirurgici che non, scelti per ciascun paziente, prestando maggior attenzione all’utilizzo di tecniche chirurgiche mini-invasive, cercando di analizzare criticamente i risultati ottenuti alla luce dei trattamenti eseguiti.

I pazienti valutati sono stati 230, di cui 103 maschi e 127 femmine (M:F=1:1,2) con età compresa tra 10 e 87 anni (media 52,7 anni).

116 erano tumori primitivi (114 benigni e 2 maligni) mentre i restanti 114 erano secondari ( 56 Ca. tiroide, 16 Ca. polmone, 15 mieloma multiplo, 10 Ca. mammella, 3 Ca. renale, 3 Ca. colon-retto, 2 Ca. prostata, 2 Ca. pancreas, 1 Epatocarcinoma, 1 Ca. stomaco, 1 Ca. endometriale, 1 Sarcoma retroperitoneale, 1 Ca. lingua, 1 Ca. testicolo, 1 sarcoma con primitivo sconosciuto).

Di questi, 137 sono stati trattati chirurgicamente e 3 hanno subito più interventi per diffusione di malattia ad altre sedi.

I segmenti scheletrici colpiti sono stati così trattati: femore 37 casi, mano 26, rachide 23, omero 22, tibia 11, piede 9 , bacino 6 , perone 2, scapola 1, clavicola 1, radio 1, ulna 1, sterno 1.

26 pazienti sono stati sottoposti ad esame bioptico della lesione.

I trattamenti chirurgici scelti sono stati exeresi delle neoformazioni (31 casi) e curettage

+ borraggio con osso sia autologo (16 casi) che di banca (2 casi) per quanto riguarda le

lesioni di natura benigna; le metastasi maligne sono state trattate con sostituzioni protesiche, in particolare protesi cefaliche (2 casi), protesi standard (12 casi Protesi Totale dell‘Anca, 1 caso Protesi Totale del Ginocchio), protesi spalla (3 endoprotesi, 1 inversa), protesi gomito (1 caso) e megaprotesi cementate (4 casi), curettage + borraggio con cemento + stabilizzazione con placche e viti (9 casi), osteosintesi semplice con chiodo (7 casi), acetaboloplastica (3 casi), cifoplastica (7 casi), stabilizzazione vertebrale con barre + decompressione midollare (8 casi), elettrochemioterapia (1 caso) ed amputazione (3 casi).

Tra tutti quelli presi in analisi 11 pazienti, di cui 8 maschi e 3 femmine (M:F=1:2,7) con età compresa tra 47 e 68 anni (età media 56,4 anni), sono stati sottoposti a trattamento chirurgico mini-invasivo.

137 11

Casi trattati con chirurgia

maggiore Casi trattati con chirurgia mininvasiva 7 3 1 Cifoplastica Acetaboloplastica ECT

0 5 10 15 20 25 30 35 40 Fe m or e M an o Ra ch id e O m er o Tib ia Piede Bacin o Pe ro ne Sc ap

ola Clavicola

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dio Ulna Stern

o

Frequenza di interessamento scheletrico

CAPITOLO 5

RISULTATI

Alla valutazione dei pazienti con metastasi ossee per i quali risultava indicata una terapia palliativa, e quindi trattati con tecniche di chirurgia mininvasiva, fanno riferimento i dati sotto riportati differenziati in base al tipo di neoplasia primitiva, al tipo di terapia mini-invasiva utilizzata e alle eventuali complicanze insorte; è stata infine osservata la sopravvivenza e la qualità di vita in seguito al trattamento.

Degli 11 pazienti trattati 8 erano maschi (73%) e 3 femmine (27%) con età compresa tra 47 e 68 anni (media 56,4 anni).

Le lesioni ossee trattate risultavano derivare in 10 casi da Carcinoma tiroideo ed in 1 solo caso da mieloma multiplo.

Tutte le lesioni erano di natura osteolitica localizzate a livello del rachide in 8 pazienti, in regione sovracetabolare in 3 pazienti ed a livello della branca ischiopubica in 1 paziente, trattate rispettivamente con cifoplastica, acetaboloplastica ed elettrochemioterapia.

Non è stata osservata alcuna complicanza intra o postoperatoria e la degenza media è stata di 1,2 giorni.

Attualmente tutti i pazienti sono ancora in vita senza recidiva locale con evidenza di progressione di malattia in 4 casi.

In tutti i pazienti è stata osservata buona soddisfazione per riduzione significativa della sintomatologia algica locale fin da subito dopo l’intervento e buon recupero di autonomia nello svolgimento delle regolari attività quotidiane.

CAPITOLO 6

CONCLUSIONI

L’oggetto di questo studio è stata una revisione critica della letteratura e della casistica dell’UO di Ortopedia e Traumatologia I Universitaria di Pisa riguardante pazienti con metastasi ossee trattati sia conservativamente che chirurgicamente, prestando particolare attenzione alle tecniche chirurgiche mini-invasive.

Le tecniche mini-invasive percutanee grazie alla loro capacità di determinare una rapida riduzione del dolore sono un valido trattamento alternativo alle metodiche convenzionali, anche nel trattamento delle metastasi ossee.

I pazienti che fino a pochi anni fa venivano esclusi dalla chirurgia convenzionale in quanto affetti da lesioni metastatiche che non erano a rischio di frattura o in zone non portanti dello scheletro assile o peduncolare possono rientrare, oggi, nel trattamento mini-invasivo.

Il trattamento mini-invasivo delle metastasi ossee, nonostante sia descritto in letteratura da oltre un decennio, sta osservando, solo da poco, un vero sviluppo sia quantitativo, sia qualitativo. L’utilizzo di una tecnica percutanea minimizza i rischi chirurgici e consente di ottenere una necrosi del tessuto tumorale con buona riduzione del rischio di recidiva locale.

L’analisi dei nostri dati mostra risultati perfettamente in linea con la letteratura più recente.

Come da letteratura lo scheletro risulta essere sede di metastasi molto frequente, terza dopo polmone e fegato. Sebbene talvolta lo scheletro non venga considerato

condizione estremamente debilitante dal punto di vista della sintomatologia dolorosa e dell’autonomia di movimento e quindi altamente invalidante per il paziente.

Nonostante il costante interesse da parte della comunità scientifica nell’elaborare linee guida il più dirimenti possibile, spesso l’Ortopedico si trova di fronte a situazioni limite nelle quali l’indicazione non risulta essere chiara anche perché in molti casi viene chiamato a consulenza quando il quadro è ormai troppo avanzato o quando si ha già di fronte una frattura patologica.

Poiché i migliori risultati, sia dal punto di vista delle procedure chirurgiche che della qualità di vita del paziente, si ottengono quando quest‘ultimo è adeguatamente preparato al trattamento, oltre ad una diagnosi precoce di metastasi è necessario uno scrupoloso inquadramento internistico del paziente al fine di giungere all’intervento con il miglior performance status possibile.

La diagnosi precoce è inoltre fondamentale poiché in determinati casi consente l’utilizzo di tecniche mini-invasive risolvendo rapidamente la sintomatologia algica e riducendo al minimo degenza e complicanze, migliorando il più rapidamente e nel miglior modo possibile la qualità di vita del paziente considerando anche che il tempo per un paziente oncologico è ancor più prezioso.

CAPITOLO 7

CASI CLINICI

CASO CLINICO 1: Maschio, 76 anni, Ca Follicolare plurimetastatico. Lesione Osteolitica di L3 sintomatica trattata con Cifoplastica previa termoablazione RFA.

Immagini di tecnica intraoperatoria con posizionamento di cannule per via

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