• Non ci sono risultati.

3. Processi a refrigerante interno: simulazione e analisi

3.1. Cenni di criogenia

La criogenia può essere definita come la scienza che studia la produzione di bassissime temperature [28-31]. Per convenzione si parla di criogenia per temperature inferiori a 123 K (- 150 °C), mentre per valori superiori a tale soglia si rimane nell’ambito della refrigerazione. Tale distinzione deriva da motivazioni storiche: fino alla fine del secolo scorso erano detti gas criogenici, o “gas permanenti”, quelle sostanze che si pensava non fosse possibile ricondurre allo stato liquido, per motivazioni dovute allo stato immaturo delle conoscenze e delle tecnologie allora esistenti. Avendo, infatti, una temperatura critica molto inferiore alla temperatura ambiente, risultava impossibile liquefare tali sostanze per solo effetto di pressione.

Criogenia Refrigerazione Ossigeno (90,19 K) R134a (246,8 K) Azoto (77,36 K) R12 (243,3 K) Aria (78,6 K) R22 (233 K) Idrogeno (20,39 K) Butano (272,7 K) Elio (20,39 K) Propano (231,1 K) Metano (111,42 K) Etano (184 K)

TABELLA 3.1:TEMPERATURA DI EBOLLIZIONE NORMALE DEI GAS [28]

Tra i gas criogenici vi sono sicuramente l’aria e le sue componenti, l’ossigeno, l’azoto, l’elio, l’idrogeno, l’argon, ma anche il metano, di cui il gas naturale è composto in prevalenza. Essendo aria e gas naturale miscele di diverse sostanze, il passaggio dallo stato gassoso allo stato liquido avviene su un intervallo di temperatura, compreso tra la temperatura di rugiada e

29

la temperatura di bolla. Non è possibile quindi, in tali casi, definire la temperatura di ebollizione con un valore univoco.

Il gas naturale contiene una percentuale di metano che varia indicativamente tra 90% e 99%, a seconda della provenienza e del grado di purezza dello stesso. Perciò, l’errore commesso nell’approssimare le proprietà della miscela con quelle del metano puro è estremamente ridotto. Nella tabella seguente sono riportate le principali caratteristiche fisiche del metano.

Temperatura di ebollizione normale* [K] Temperatura di solidificazione normale* [K] Temperatura critica [K] Pressione critica [bar] Densità normale* del liquido saturo

[kg/m3]

Metano 111,42 90,66 190,55 46,41 424,3

* a pressione atmosferica normale p0 = 1,01325 bar

TABELLA 3.2:CARATTERISTICHE FISICHE DEL METANO [31]

Oltre al metano, il gas naturale contiene idrocarburi gassosi più pesanti come propano ed etano, più alto-bollenti del metano.

Per richiamare i concetti utili alla trattazione, si prende in considerazione il processo Linde, già introdotto nel capitolo precedente, che rappresenta la più semplice soluzione impiantistica per la liquefazione dei gas criogenici.

FIGURA 3.1:SCHEMA E RAPPRESENTAZIONE SUL PIANO T-S DEL CICLO LINDE [13]

Un parametro interessante da considerare quando si parla di impianti di liquefazione è la “resa” (z), ovvero il rapporto tra la portata di liquido prodotto e la portata di gas compresso, che, in riferimento alla figura 3.1, risulta:

𝑧 =𝑚̇6 𝑚̇2

= 1 − 𝑥4

30

Facendo un bilancio di energia rispetto al sistema formato da scambiatore di calore, valvola di laminazione e separatore, trascurando i contributi dovuti a energia cinetica e potenziale, si ottiene:

𝑚̇2ℎ2 = 𝑚̇6ℎ6 + (𝑚̇2− 𝑚̇6)ℎ7

da cui è immediato ricavare:

𝑧 =ℎ7− ℎ2 ℎ7− ℎ6

La resa del processo dipende, quindi, solamente dagli stati 2, 6 e 7 del fluido.

Considerando che il raffreddamento del fluido dopo la compressione è eseguito mediante aria o acqua, si nota che la temperatura nello stato 2 sarà sempre leggermente superiore a quella ambiente. Alla stessa conclusione si arriva considerando lo scambiatore rigenerativo, in cui deve essere in ogni caso (T7 < T2). Al limite, le due temperature potrebbero coincidere nel solo caso di refrigeratore e scambiatore rigenerativo ideali (perfetta controcorrente e superficie di scambio infinita).

Se si osserva l’espressione ricavata della resa, si vede che l’impianto deve generare condizioni tali da rendere positiva e quanto più possibile elevata la differenza di entalpia (ℎ7− ℎ2). A questo proposito, è necessario osservare l’andamento delle isoentalpiche nel diagramma T-s, riportato in figura 3.2.

31

Si nota che tali curve, al di sopra della temperatura massima di inversione, assumono un andamento quasi piatto. Questo comportamento è tipico dei gas rarefatti ed è assimilabile a quello del gas ideale, per il quale le isoentalpiche sono isoterme. Al di sotto della temperatura massima di inversione, invece, le isoentalpiche presentano un massimo e la curva che unisce i massimi delle diverse curve è detta “curva di inversione”.

Si può affermare che non è possibile, nemmeno teoricamente, liquefare con un semplice processo Linde un gas criogenico la cui temperatura massima di inversione sia inferiore alla temperatura ambiente, come nel caso dell’idrogeno e dell’elio.

Negli altri casi, quindi anche per il gas naturale, ottenere un valore positivo ed elevato della differenza di entalpia (ℎ7− ℎ2) è possibile adottando un valore di pressione finale di compressione tale da posizionare il punto 2 in prossimità della curva di inversione e riducendo il più possibile la differenza di temperatura (T2 - T7) grazie all’impiego di scambiatori di calore ad alta efficienza.

Inoltre, la condizione appena esposta permette anche la fase di messa a regime spontanea dell’impianto ed è richiesta per ottenere un raffreddamento iniziale, seppur ridotto, tramite l’espansione isoentalpica nella valvola di laminazione.

Un ulteriore parametro da tenere in considerazione per la valutazione dei sistemi criogenici è il lavoro, o consumo energetico, specifico di liquefazione L*, definito come il lavoro meccanico da fornire ai compressori necessario alla produzione di un’unità di massa di liquido. Riferendosi al ciclo Linde di figura 3.1, che rappresenta un caso ideale in quanto realizza una compressione isoterma (T1 = T2), dal bilancio di primo principio sul compressore si ottiene:

𝑚̇ℎ1− 𝑊𝑐 = 𝑚̇ℎ2− 𝑄𝑟

Riordinando i termini:

𝑄𝑟− 𝑊𝑐= 𝑚 ̇(ℎ2− ℎ1)

Ricordando la definizione di 𝑄𝑟 per una compressione isoterma secondo il secondo principio e l’espressione precedentemente ricavata per la resa z

32

𝑧 =ℎ1− ℎ2 ℎ1− ℎ6

e sostituendo nel bilancio di primo principio, si ottiene l’espressione del lavoro specifico:

𝐿∗ = −𝑊𝑐

𝑚̇6 = [𝑇1(𝑠1− 𝑠2) − (ℎ1− ℎ2)]

ℎ1− ℎ6 ℎ1− ℎ2

Il lavoro specifico sarà un parametro di importanza fondamentale nella seguente trattazione, il cui obbiettivo sarà quello di ricercare la soluzione impiantistica più efficiente in termini di consumo energetico per la liquefazione del gas naturale. Infatti, il ciclo Linde presenta una scarsa efficienza a causa delle perdite elevate causate nella laminazione, nel compressore e nello scambiatore termico. Alcune modifiche e particolari accorgimenti permettono di migliorarne l’efficienza: è possibile utilizzare un doppio livello di pressione, un preraffreddamento esterno, oppure realizzare un ciclo Claude, introducendo un’espansione adiabatica. In particolare, il ciclo Claude per la produzione di GNL, verrà simulato mediante il software Aspen HYSYS e scelto come punto di partenza per la ricerca di nuovi processi implementabili su small-scale.

Come spiegato in precedenza, per liquefare gas criogenici più basso-bollenti dell’aria e del gas naturale, come l’idrogeno e l’elio, è necessario ricorrere a processi molto più efficienti, che impieghino il preraffreddamento esterno e un numero consistente di espansori per realizzare uno scambio termico a più livelli di temperatura (processo Collins).

Documenti correlati