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2. La liquefazione del gas naturale: stato dell’arte

2.2. La micro-liquefazione

Negli ultimi anni, l’aumento dei rischi economici connessi alla realizzazione di impianti di grande taglia per la produzione di GNL ha progressivamente disincentivato gli investitori a finanziare questo tipo di progetti. Al contrario, l’interesse verso impianti di medio-piccola taglia (produzione minore di 1000 tonnellate di GNL al giorno) ha assistito ad una rapida crescita.

La scelta del migliore processo di liquefazione in un contesto small-scale si basa su parametri diversi dall’efficienza, elemento chiave dei grandi impianti [24-25-26]. In particolare, sono essenziali: • Semplicità e compattezza; • Sicurezza; • Facilità di gestione; • Economicità; • Affidabilità;

Le soluzioni tecnologiche adottate negli impianti di piccola taglia esistenti sono i processi a ciclo singolo con refrigerante misto (SMR), di cui un esempio è il processo PRICO, e i processi a espansione di azoto, nelle diverse configurazioni descritte nei paragrafi precedenti. Nella tabella riportata di seguito si mettono a confronto queste alternative, sottolineando punti di forza e debolezza delle due soluzioni [27].

24 Single Mixed Refrigerant Espansione di azoto

Efficienza

Buon consumo specifico di energia grazie alle minori irreversibilità di scambio termico.

Maggiore consumo specifico di energia (+30%) con ciclo singolo. Migliorabile con preraffreddamento o configurazione DNE (+15%). Flessibilità

Necessità di regolare la composizione del refrigerante in base a composizione del gas e condizioni operative.

Flessibilità rispetto a composizione del gas

in ingresso e condizioni operative. Tubazioni

Portate volumetriche ridotte grazie al passaggio di refrigerante allo stato liquido.

Il refrigerante sempre in fase gassosa permette l’impiego di turbo-espansori, ma necessità di tubi di diametro maggiore. Pressione Pressioni minori (40 bar). Pressioni maggiori (70 bar) per

contenere il diametro dei tubi. Storage Serbatoi di azoto e

idrocarburi (C2-C5).

Solo serbatoio di azoto.

Perdite

Le perdite sono un rischio per la sicurezza e l’ambiente. Servono guarnizioni ermetiche o sistemi di recupero delle perdite di refrigerante (non convenienti nello small-scale).

Le perdite sono “solo” perdite di efficienza. Impiego di soluzioni standard (tenute a labirinto o ad anello di carbonio).

Regolazione

Difficile regolazione a causa del sistema bifase. Si riduce la pressione in uscita dai compressori o si aprono le valvole di ricircolo (parzializzazione del carico fino al 50%). Regolazione attraverso variazione di portata di refrigerante (parzializzazione del carico fino al 30%). Tempi

Tempi di passaggio da stand-by a pieno carico doppi rispetto ai processi ad azoto.

Passaggio veloce da stand-by a pieno carico.

Modalità d’impiego

Adatto a impieghi con alto numero di ore equivalenti di funzionamento.

Adatto a impieghi con basso numero di ore equivalenti di funzionamento.

Sicurezza Bassa sicurezza dovuta all’uso di idrocarburi.

Alta sicurezza grazie all’impiego di azoto.

TABELLA 2.1:PRINCIPALI TECNOLOGIE PER IMPIANTI SMALL-SCALE A CONFRONTO

2.2.1. Processi a refrigerante interno

Oltre ai processi di liquefazione basati su cicli a refrigerante esterno, in alcuni studi vengono proposti cicli a refrigerante interno per l’impiego in impianti di piccola taglia, nei quali è il gas naturale stesso a fluire nel circuito di refrigerazione.

Tali schemi sono mutuati dai settori della liquefazione di azoto, idrogeno ed elio e risultano interessanti per la loro intrinseca semplicità realizzativa e operativa. Tuttavia, la minore efficienza rispetto ai complessi sistemi a cascata o a refrigerante misto ne ha scoraggiato

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l’impiego nei grandi impianti. Inoltre, per applicazioni small-scale sono stati preferiti i processi a espansione di azoto, caratterizzati da alta sicurezza e affidabilità, fondamentali, ad esempio, in impieghi off-shore. Per tali motivi, sono ancora pochi gli studi che hanno preso in considerazione l’impiego di questo tipo di processi per la produzione di GNL.

• Processo Linde-Hampson

Il processo Linde-Hampson [28] prevede uno schema semplice e un ridotto numero di componenti. Il gas naturale in ingresso viene compresso e raffreddato a temperatura ambiente; successivamente, attraversa lo scambiatore di calore in cui è ulteriormente raffreddato dal vapore ricircolato dal separatore di fase; quindi, la valvola Joule-Thompson espande il gas fino a pressione ambiente completando la liquefazione; nel separatore di fase dalla miscela liquido- vapore viene estratto il GNL, mentre il vapore è fatto ricircolare; un sistema di reintegro provvede al ripristino della portata di gas naturale.

Per la natura del processo, non tutto il gas naturale viene liquefatto; la frazione di GNL è un parametro chiave nello studio di questo tipo di schemi e dipende dalle condizioni iniziali del gas e dall’entalpia del fluido dopo la compressione. Inoltre, si sottolinea l’importanza dello scambio termico “interno”: affinché la valvola J-T possa espandere il gas con conseguente riduzione di temperatura, il fluido deve essere prima raffreddato sotto la soglia di inversione, per non incorrere nell’effetto contrario.

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Il processo Linde-Hampson, secondo quando riportano Articoni e Polonara [29], ha un consumo specifico di 2,10 kWh/kg GNL, significativamente più alto rispetto al ciclo Claude (analizzato di seguito). Miglioramenti in termini di efficienza possono essere ottenuti inserendo un preraffreddamento esterno oppure un doppio livello di pressione, aumentando però la complessità del sistema, il numero dei componenti e il costo d’investimento.

• Processo Claude

Il processo Claude [28] rappresenta un’evoluzione del processo Linde-Hampson e si basa sull’introduzione di un turbo-espansore e la ripartizione dello scambio termico interno su tre scambiatori in serie.

Dopo la fase di compressione e post-refrigerazione, il fluido attraversa lo scambiatore di preraffreddamento; la portata di gas viene, quindi, suddivisa in due: una parte raggiunge il turbo-espansore, in cui subisce un’espansione isoentropica producendo lavoro meccanico, mentre l’altra è raffreddata nel secondo scambiatore ed espansa nella valvola J-T; la miscela liquido-vapore entra nel separatore di fase, dove viene estratto il GNL e ricircolato il vapore; a questo punto le due portate si ricongiungono in un unico flusso, che attraversa gli scambiatori di calore e fa ritorno al compressore; la portata totale viene ripristinata grazie ad un sistema di reintegro. Un parametro chiave nello studio del processo Claude è la frazione di portata destinata alla valvola J-T rispetto alla portata totale compressa, la cui ottimizzazione dipende strettamente dalla pressione operativa.

FIGURA 2.15:SCHEMA DEL CICLO CLAUDE

L’efficienza del ciclo Claude è superiore a quella del ciclo Linde-Hampson (1,08 kWh/kg GNL e 2,10 kWh/kg GNL rispettivamente, a parità di condizioni del gas in ingresso [30]), poiché l’utilizzo del turbo-espansore permette di ridurre le irreversibilità prodotte dall’espansione isoentalpica nella valvola J-T e di estrarre lavoro meccanico utile a muovere il compressore, riducendo la spesa energetica.

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• Varianti del processo Claude: Kapitza, Heylandt e Collins

Per la liquefazione dell’aria vengono spesso utilizzate due varianti del processo Claude originale: i processi Kapitza e Heylandt. Il primo introduce elimina semplicemente dallo schema Claude lo scambiatore di bassa temperatura; il secondo è un sistema di liquefazione ad alta pressione (200 bar) in cui lo scambiatore di calore ad alta temperatura viene eliminato e il fluido entra nel turbo-espansore a temperatura ambiente, con vantaggi in termini di lubrificazione e funzionamento dell’espansore [28].

FIGURA 2.16:SCHEMA DEL CICLO KAPITZA (SOPRA) E SCHEMA DEL CICLO HEYLANDT (SOTTO)

Il processo Collins [28] rappresenta un’estensione del processo Claude e viene utilizzato principalmente negli impianti di liquefazione dell’elio. Lo schema prevede cinque scambiatori di calore e da due a sei turbo-espansori, in base alla portata da trattare e alla pressione operativa.

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