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Cenni di ottica geometrica, lenti sottili e formazione delle immagini

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3.2 Cenni di ottica geometrica, lenti sottili e formazione delle immagini

Per comprendere meglio le problematiche riguardanti la messa a fuoco e la profondità di campo nel seguito verranno introdotte nozioni base di ottica geometrica per capire: come si formano le immagini, il significato della profondità di campo, quando un oggetto è a fuoco.

3.2.1 Ottica Geometrica e principio di Fermat

L’ottica geometrica è una branca dell’ottica che assume che la luce si propaghi attraverso raggi rettilinei. Questa assunzione è vera quando la lunghezza d’onda della luce è molto minore della dimensione degli oggetti con cui interagisce. In queste condizioni gli unici fenomeni fisici che avengono sono: la propagazione rettilinea, la rifrazione e la riflessione. Con questi fenomeni è possibile spiegare il funzionamento di specchi, prismi, lenti e sistemi ottici formati da essi. Nell’ottica geometrica vale il Principio di Fermat che afferma che: ”di tutti i possibili cammini che un raggio di luce puo’ percorrere per andare da un punto all’altro, esso segue il cammino che richiede il tempo piu’ breve(minor cammino ottico)”.

3.2.2 Rifrazione e legge di Snell

Per questo studio sono di interesse le lenti e i sistemi ottici formati da essi. In questi sistemi la luce è soggetta al fenomeno della rifrazione. Il fenomeno della rifrazione si ha tutte le volte che un raggio luminoso passa da un mezzo ad un altro con densità diversa. Per esempio, dato un punto P nell’aria,(mezzo1) parte un raggio con direzione PA che incontra in A la superficie dell’acqua (mezzo2). Il raggio, invece che continuare secondo la direziona AB’, devia e si propaga nell’acqua secondo la direzione AB. Si dice che il raggio con direzione PA ha subito la rifrazione, vedere figura

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3.1. Il raggio con direzione AB prende il nome di raggio rifratto. La superficie che separa i due mezzi si chiama superficie rifrangente.

Figura 3.1, in figura il raggio incidente in A con direzione PA viene rifratto nel mezzo 2 con direzione AB La rifrazione è regolata da due leggi:

1. Il raggio incidente, il raggio rifratto e la normale alla superficie rifrangente giacciono nello stesso piano;

2. Il rapporto tra il seno dell’angolo di incidenza i e l’angolo di rifrazione r è una costante detta indice di rifrazione relativo ed è dipendente dalla natura dei due mezzi.

Si dice indice di rifrazione assoluto il rapporto tra l’indice di rifrazione di un mezzo e l’indice di rifrazione nel vuoto (pari a 1) ed è dato dal rapporto 𝑐

𝑣 dove c è la velocità della luce nel vuoto e v

è la velocità della luce in un determinato mezzo. La seconda legge della rifrazione è detta anche

Legge di Snell e si esprime nel seguente modo:

𝑛2∗ sin(𝑟) = 𝑛1∗ sin(𝑖) (3.1)

Da qui si può vedere che: se n2 è uguale a n1 il raggio non viene deviato, se n2 è maggiore di n1 il raggio rifratto si avvicina alla normale e viceversa.

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Figura 3.2, in figura viene mostrato l’effetto dell’indice di rifrazione sull’angolo di rifrazione del raggio incidente

3.2.3 Lenti sottili e formazione delle immagini

Una lente è un oggetto composto da materiale trasparente opportunamente sagomato in grado di deviare (convergere o divergere) i raggi luminosi. Una lente ha due superficie rifrangenti con gli assi centrali coincidenti e generalmente con raggi di curvatura diversi. La luce che attraversa una lente è deviata due volte: quando entra nella lente e quando esce. La forma delle curvature identifica il tipo di lente in biconvessa (fig. 3.3 in alto) se è più spessa al centro e in biconcava (fig. 3.3 in basso) se è più stretta al centro. La curvatura di una lente influenza il suo comportamento che possiamo dividere in: convergente se i raggi paralleli all’asse ottico che attraversano la lente si incontrano in un punto detto fuoco (una lente ha fuoco anteriore e posteriore) e in divergenti se i raggi paralleli all’asse ottico che attraversano la lente divergono.

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Figura 3.3, nella prima figura viene mostrato il funzionamento di una lente convergente, nella seconda figura il funzionamento di una lente divergente.

Per capire meglio il comportamento delle lenti e come si formano le immagini si usa l’approssimazione delle lenti sottili. Questa approssimazione è valida quando lo spessore della lente è piccolo rispetto ai raggi di curvatura della superfici. In questo caso la posizione del fuoco posteriore è speculare, rispetto alla lente, alla posizione del fuoco anteriore. Mostriamo ora come avviene la formazione delle immagini. Consideriamo una sorgente luminosa puntiforme S. La sua immagine è data dal punto S’ dove si intersecano i raggi luminosi provenienti da S dopo essere stati rifratti dalla lente. Per trovare S’ scegliamo, tra gli infiniti raggi che partono da S, due raggi particolari, dei quali è facile determinare i corrispondenti raggi rifratti. Uno è il raggio SP parallelo all’asse, che è deviato dalla lente in modo da passare per il fuoco f. L’altro è il raggio che attraversa il centro O della lente, che procede senza essere praticamente deviato (poiché nella zona vicina al centro, la lente ha facce piane e parallele), figura 3.4. Se davanti alla lente si pone una sorgente non puntiforme, da ciascuno dei suoi punti partono raggi luminosi che, dopo la rifrazione, danno l’immagine dell’oggetto.

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Figura 3.4, in figura si mostra in maniera schematica come viene proiettato un punto attraverso una lente convergente. La distanza dalla lente sottile a cui si forma l’immagine dipende dalla distanza focale e dalla posizione dell’oggetto rispetto alla lente. Ipotizzando che le lenti siano sottili (quindi che tutta la rifrazione abbia luogo quando i raggi attraversano il piano perpendicolare all’asse ottico e passando per il centro della lente), dalla similitudine tra i due triangolo SAO e OA’S’ si ottiene 𝑜𝑖 =

𝑞

𝑝. Il rapporto 𝑖

𝑜 è l’ingrandimento, cioè il rapporto tra la dimensione dell’immagine e quella

dell’oggetto. Essendo anche OLf e fA’S’ simili, si ha:

𝑖 𝑜 = 𝑞−𝑓 𝑓 (3.2) quindi: 𝑞 𝑝= 𝑞−𝑓 𝑓 (3.3) da cui: 1 𝑝+ 1 𝑞= 1 𝑓 (3.4)

la (3.4) è detta formula delle lenti sottili. Se conosciamo la distanza focale della lente e la distanza

p dell’oggetto dalla lente, sappiamo calcolare a che distanza q dalla lente si forma l’immagine. La

quantità 1𝑓 è detta potere diottrico della lente e si esprime in diottrie (D)[lxxix-lxxx].

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