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6. Risultati e discussione

6.1 Cenni preliminar

Aspetti quali sensibilità, selettività e riproducibilità della detection sono fortemente dipendenti dall’omogeneità e dal ricoprimento funzionale delle superfici, con elementi di bioriconoscimento. A loro volta questi aspetti sono influenzati, non solo dai parametri d’incubazione adottati, ma anche dalla riproducibilità e stabilità nel tempo del layer di funzionalizzazione. Per tale motivo sono state sviluppate alcune prove a verifica di queste condizioni, riportate in questo paragrafo.

L’efficace immobilizzazione di proteine su superfici funzionalizzate rappresenta tutt’oggi una delle principali sfide nello sviluppo di microarray e biosensori a base proteica. Lo sviluppo del saggio di detection del DIII-Dengue Virus 1 si è incentrato nella fase preliminare sull’ottimizzazione del protocollo di immobilizzazione di macromolecole proteiche, prendendo a modello il comportamento della PtG. La scelta non è casuale, infatti, sfruttando la caratteristica interazione tra PtG e regione costante (Fc) degli anticorpi, è stato possibile valutare l’impiego di questa proteina anche come elemento orientante per l’immobilizzazione degli anticorpi utilizzati nel saggio Dengue. Inoltre, la PtG è stata precedentemente utilizzata con successo nel laboratorio in cui è stata svolta la tesi: l’uso di tale proteina come elemento orientante per anticorpi è stato validato su MCs funzionalizzati con APTES e GA (si veda capitolo 5) [193]. L’uso di questa funzionalizzazione ha però sempre generato una certa variabilità nei quantitativi di proteina immobilizzata, molto probabilmente per la tendenza della GA a polimerizzare orizzontalmente e verticalmente [119]. Questo comportamento fa sì che invece di un monolayer di proteina, la superficie venga ricoperta con più strati. Tutto ciò potrebbe risultare utile in un’ottica biosensoristica: un maggior numero di siti di legame specifici sulla superficie aumenterebbero il range dinamico del sensore. In realtà, questo tipo di funzionalizzazione risulta alquanto instabile nei diversi passaggi, con probabile distacco di materiale e quindi perdita dei possibili vantaggi a livello di misura.

La presenza di più layer aumenta l’instabilità della funzionalizzazione della superficie che, specialmente per l’amminosilano (APTES), può parzialmente idrolizzarsi in soluzione acquosa, riducendone le capacità di legame. La modifica chimica delle superfici in silicio è stata, perciò, eseguita attraverso un processo di silanizzazione con APTES successivamente modificato con SA per l’esposizione superficiale di gruppi carbossilici (-COOH). Questo tipo di modifica superficiale sviluppato nel Laboratorio di Nanoscienze (D.I.S.A.T) ha dato buoni risultati in quanto a stabilità, permettendo di massimizzare il numero di molecole proteiche immobilizzate su superfici di silicio

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funzionalizzato, ma mantenendo un buon rapporto segnale/rumore. Questo protocollo di funzionalizzazione adottato nelle prove presentate in questo capitolo, era già in corso di valutazione presso il laboratorio prima dell’inizio del mio periodo di tesi. La sua ottimizzazione è stata condotta attraverso il confronto con il metodo precedentemente utilizzato e basato su APTES e GA (glutaraldeide). In figura 6.1 è riportata la caratterizzazione in frequenza di dieci array, cinque dei quali trattati con SA e i restanti con GA dopo silanizzazione con APTES. Il segnale è espresso in shift di frequenza relativa:

Figura 6.1 Confronto funzionalizzazione APTES/SA e APTES/SA: Nei grafici viene riportato l’andamento, espresso in shift di frequenza

relativa, della deposizione del layer di funzionalizzazione in APTES/SA (a) e, in APTES/GA (b), la linea tratteggiate identifica lo shift relativo alla formazione del monolayer.

Il massimo ricoprimento superficiale teorico (si veda capitolo 5) è stato stimato essere 3.95x1014 molecole/cm2, corrispondente ad uno shift in frequenza relativa di -1.08x10-4 e, rappresentativo della formazione di un SAM (Self

Assembled Monolayer) in entrambi i metodi di funzionalizzazione. Com’è possibile osservare dal grafico, il

metodo con SA permette di ottenere superfici con ricoprimento riproducibile, caratterizzato da shift in frequenza relativa prossimi a quello di formazione del monolayer. Al contrario per il metodo GA si conferma una variabilità molto elevata, probabilmente dovuta ai processi di polimerizzazione del cross-linker in soluzione acquosa [119], che sono stati illustrati brevemente nel capitolo 3.

Partendo da questi presupposti, l’ottimizzazione del protocollo è stata portata avanti valutando le differenti variabili che possono influenzare il coating su APTES/SA, ed in particolare è stata presa in considerazione l’influenza della presenza di tensioattivi nel tampone di incubazione, del volume e del tempo d’incubazione. Per quanto riguarda le concentrazioni di PtG e la modalità di passivazione si è fatto riferimento, anche in questo caso, ad ottimizzazioni precedenti: il coating è stato effettuato incubando la PtG a 50 µg/ml, mentre per quanto riguarda la passivazione è stata utilizzata una soluzione di BSA 1% in PBS.

In questo paragrafo verranno presentate le prove di ottimizzazione effettuate per mezzo di ELISA test e caratterizzazione in frequenza, attraverso la quale è stata valutata principalmente la riproducibilità del coating in relazione a quella della funzionalizzazione. Queste prove sono state effettuate prima su campioni in silicio

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(5x5mm), anche chiamati campioni “macro”, utilizzati come superficie di immobilizzazione in modalità ELISA, con la possibilità di esplorare un maggior numero di condizioni in tempi più brevi rispetto alla caratterizzazione diretta su MCs. Solo in un secondo momento sono state quindi verificate le condizioni, ottimizzate in test ELISA, su array di MCs, caratterizzati in frequenza, in modo da valutare il coating direttamente sulle piattaforme che sarebbero state impiegate per lo sviluppo del saggio di detection del DIII-DV1.

Nelle diverse prove si sono inseriti anche dei controlli negativi (no PtG) che consentono di calcolare un rapporto segnale rumore e dei controlli non passivati (no BSA) che permettono di fare una stima del segnale aspecifico.

6.2 Ottimizzazione del protocollo di coating con PtG attraverso test ELISA su campioni