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2.1 Gli studi e le ricerche tra XIX e XX secolo

L’attenzione alla classe della ceramica a vernice nera risale alla seconda metà dell’Ottocento, quando iniziano a suscitare interesse produzioni vascolari diverse dalle figurate1.

Il termine di paragone rimane la ceramica di tradizione attica, pertanto solo i vasi decorati e ritenuti di alto livello qualitativo hanno la fortuna di venir menzionati nei resoconti di scavo e nei contributi sul tema.

Segue queste linee di tendenza l’articolo di G.F. Gamurrini apparso sulla Gazette Archéologique del 1879, comunemente ritenuto punto di partenza per lo studio della classe2, in cui compare la definizione “ceramica etrusco-campana”3, col tempo definita anche solo

“campana”4, “black-glaze ware (o pottery)” o “black-gloss ware (o pottery)” in ambito anglosassone.

La definizione “campana” è stato oggetto di dibattito da parte di alcuni studiosi5 poiché non tiene conto della varietà dei luoghi di produzione, così come scientificamente non corretta è la dicitura anglosassone “black-glaze ware”, dacché per “glaze” si intende una sorta di rivestimento vetrificato, trasparente e impermeabile, che si discosta dalle effettive proprietà fisiche che queste ceramiche acquisiscono con la cottura. A ben vedere, infatti, le superfici risultano irregolari e non completamente impermeabili6. Per questi motivi accanto alla generica espressione italiana “ceramica a vernice nera”, ogni volta accompagnata dalla località geografica o dall’aggettivo corrispondente, che ne identifica il luogo di produzione (es.

“ceramica a vernice nera di Cales o calena”), compare nella letteratura scientifica in lingua inglese la dicitura “black-gloss ware”.

Dopo l’articolo del Gamurrini si dovrà attendere a lungo prima che altri studiosi si soffermino, di nuovo, sull’argomento.

Sono del 1909 e del 1912 i contributi di R. Pagenstecher7 dedicati alla ceramica di Gnathia, il primo, e alla ceramica a rilievo di produzione calena8, il secondo, ancora fortemente legati alla visione dell’oggetto come prodotto di “artigianato di qualità”.

1 Per una sintesi della storia degli studi: MOREL 1981, 39-40; SERRITELLA 1995-1996, 7-40; DI GUISEPPE 2012, 1-8;

FERRARA 2016, 27-38; SERRITELLA 2017.

2 LAMBOGLIA 1952, 139, nota 1; DI GIUSEPPE 2012, 1.

3 GAMURRINI 1879. Per Lamboglia sarebbe l’equivalente della Campana A, «termine col quale intendiamo definire in genere la ceramica “etrusco-campana” originaria». LAMBOGLIA 1952, 163.

4 LAMBOGLIA 1952, 139.

5 In primis LAMBOGLIA 1950, 60, nota 1.

6 CUOMO DI CAPRIO 1982, 100; DI GIUSEPPE 2012, 1.

7 PAGENSTECHER 1909; PAGENSTECHER 1912.

8 Per Lamboglia essa sarebbe una manifestazione di alta qualità della Campana A («Essa [la Campana A] ha nei vasi

“caleni” decorati a rilievo la sua manifestazione più ricca, più appariscente e finora l’unica studiata con qualche ampiezza». LAMBOGLIA 1952, 163.

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A questi si può aggiungere l’articolo di C. Leonard Woolley, apparso nel primo numero del Journal of Roman Studies del 1911, che, sebbene incentrato sullo studio di alcune firme di artigiani, presenta alcune ceramiche a vernice nera di produzione calena9.

Come dimostrano questi primi contributi la ceramica a vernice nera studiata fino agli anni Trenta del Novecento è decorata e nella maggior parte dei casi attribuita alla produzione di Cales10. Per lo studio delle produzioni non decorate si dovrà attendere il 1935, quando A.

Kirsopp Lake11 pubblica il materiale di un deposito di scarti fittili (ceramica e statuette) di una fornace individuata a Minturnae12.

Si tratta del primo tentativo di classificazione noto, basato su una generica distinzione per ‘tipi’13, da cui deriva la prima definizione della classe ceramica, ‘Campana Suppellex’, da cui prenderà spunto N. Lamboglia.

Questo lavoro segna una apertura ai vasi senza decorazione, che trovano così posto anche nella pubblicazione dei materiai del santuario alle foci del Garigliano di P. Mingazzini, del 193814.

Segue nel 1947 The Etruscan Vase-Painting di J.D. Beazley15, che trattando delle produzioni a figure rosse, sovraddipinte e a rilievo di area etrusca dedica una sezione (Black Vases Etruscan and Latin) alle ceramiche a vernice nera, ammettendo che si tratta di oggetti poco studiati e dando una propria schematizzazione per forma e in qualche caso variante (ad es. forma α, varianti αi, αii, αiii).

Allo studioso si deve una delle prime sintesi di quanto presente in letteratura per questo comprensorio geografico e il tentativo di distinguere i vasi «made in Etruria and Latium».

Inoltre, individua prodotti con caratteristiche simili, riconducibili a suo parere ad uno stesso atelier , che chiama ceramica di “Malacena”16.

9 WOOLLEY 1911.

10 LAMBOGLIA 1949, 48. Nella discussione della bibliografia dedicata all’argomento Lamboglia sottolinea questo aspetto. LAMBOGLIA 1952, 139, nota 2.

11 KRISOPP LAKE 1934-35.

12 «The finding of some moulds, such as were used for the relief decoration, also indicated a connection with an actual factory, as did the presence of rings used as support in firing. We observed that we often found several vases of the same type lying colse together in a nest, and that in general the same types tended to be found in proximity.

This suggested that the potter made different types on different days and threw out all the failures of one type together». KIRSOPP LAKE 1934-35, 97.

13 Si desume che l’individuazione dei tipi si basa sulle differenti caratteristiche tettoniche riscontrare per ogni forma vascolare (Jug, Aryballos, Lekythos, Bowl, Patera, Skyphos, Plate, Simpulum, Guttus, Lamp). Per la cronologia si individua un periodo molto ampio basandosi sui nominativi presenti nei bolli ceramici. KRISOPP LAKE 1934-35, 99-103; 108-109; 111-114.

14 MINGAZZINI 1938.

15 BEAZLEY 1947.

16 «An attempt is made here to distinguish the black vase made in Etruria and Latium from those made elsewhere, and in some manner to classify them. They have not recived very much attention hitherto. A certain amount of material has been published in excavation reports. The collection of black Etruscan vases in Leyden is included in useful work by J.H. Holwerda, Het Laat-grieksche en romeinsche Gebruiksaardewerk uit het Middellansche-zee-gebied in het Rjksmuseum van Oudheiden te Leiden. Those in Copenhagen have been published by Blinkenberg and Johansen in Corpus Vasorum. […]. Miss Lake dates the deposit at Minturnae about middle of the third century, and gives good reasons for supporting that it consists entirely of potters rejects, either from the workshop of one Valerios, or less probably from his workshop and one other. […] The date is the fourth century and the third. The more elaborate vases, and many of the others, too, are strongly influenced by metal-work, and some of them are simply copies of bronze or silver originals. A large proportion of better vases seem to be from one fabric, which in RG.93-4 I named “Malacena” after the site of the Tomba Calinii Sepus near Monteriggioni, which yielded a fine assortment of them. I do not know where the fabric lay: some would say Volterra. “Malacena” vases often have a good or fire bluish-black glaze; and when one sees this one is inclined to ask whether the vase may not be from the

“Malacena” fabric. On the other hand, not all “Malacena” vases are bluish. The vases in this chapter will be arranged according to shape. The fabric to which they belong, when determinable, will be stated: but often it must

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È a N. Lamboglia, però, che viene concordemente riconosciuto il primo studio puntuale sulla ‘Ceramica campana’17. Come spiega lo stesso studioso esso è frutto di dati raccolti durante gli scavi di Albintimilium18, ancora oggi esempio di rigore metodologico, rispetto all’introduzione nell’archeologia italiana degli approcci stratigrafici. Qui i termini cronologici della classe sono determinati dalle date di fondazione e distruzione della colonia e permettono di risalire dalle sequenze relative alle datazioni assolute, con un notevole grado di approssimazione.

È proprio N. Lamboglia ad ammettere lo stato embrionale del proprio studio e a definire la metodologia da adottare per lo sviluppo futuro della ricerca19.

I dati a disposizione dell’archeologo, infatti, erano circoscritti a quanto sapeva di Ventimiglia e a quanto era stato pubblicato fino a quel momento su alcuni contesti franco-spagnoli, in cui tale ceramica era stata rinvenuta20 e si arricchiranno con altri importanti attestazioni individuate nel carico del relitto di Punta Scaletta21.

Vengono riconosciute le principali produzioni di ceramica a vernice nera, in base alle caratteristiche dell’argilla e della vernice:

Campana A: «argilla rossa assai viva, a frattura netta e regolare, con vernice nero-metallica assai brillante, iridescente e spesso sfumata di rosso attorno al piede»

Campana B: «argilla assai pallida, con vernice molto nera e sensibilmente più opaca e uniforme, a frattura più irregolare»

Campana C: «argilla grigia («buccheroide») per effetto di cottura, con vernice nera od olivastra più o meno scadente»22.

La classificazione derivante è organizzata per luogo di produzione e forma, ognuna delle quali numerata e talvolta seguita da una lettera dell’alfabeto ad indicare la variante. I gruppi di N. Lamboglia risultano però troppo generici e a volte sotto la stessa ‘forma’ appaiono tipi molto diversi tra loro, spiegati come ‘varianti’23. Si può affermare però che gli studi tipologici relativi alla vernice nera iniziano con N. Lamboglia24 e che il suo sia il primo tentativo non finalizzato alla mera conoscenza della classe ceramica, bensì alla ricostruzione della storia di un sito.

La tipologia di N. Lamboglia, che ammette i limiti dovuti alla conoscenza della classe, ancora non matura25, si ripercuote subito in alcuni studi come quello di D.M. Taylor sulla

remain open. A good many alien pieces will be adduced for the sake of comparison: but warnig will always be given». BEAZLEY 1947, 230-231. Per la ceramica di Malacena: MOREL 1981, 48.

17 LAMBOGLIA 1952.

18 LAMBOGLIA 1949, 50; LAMBOGLIA 1950, 140.

19 «La ricerca minuta sull’evoluzione cronologica delle singole forme, ed anzitutto la definizione più precisa dell’età in cui i due tipi si svolsero (in riferimento alla Campana A e B) non potrà farsi se non in base a un duplice criterio:

quello della stratigrafia relativa, in scavi precisi e fortunati come quello di Ventimiglia; e quello della datazione assoluta, in località i cui limiti di occupazione siano circoscritti in un intervallo di tempo ben determinato da eventi storici sicuri». LAMBOGLIA 1952, 140.

20 Entremont, Ensérune, Saint-Blaise, Valentia, Pollentia, Bastida, San Miguel de Sorba, Azaila, Ampurias, Sagunto.

LAMBOGLIA 1952, 141-151.

21 LAMBOGLIA 1964. Nel carico del relitto si rinvenne una notevole quantità di ceramica Campana A, che permisero allo studioso di affinare le cronologie proposte per la classe ceramica nella Classificazione preliminare.

22 LAMBOGLIA 1952, 140. A queste bisogna aggiungere la Campana D, E, F, G, riconosciute come produzioni locali di Ventimiglia. LAMBOGLIA 1950, 68-69.

23 DI GIUSEPPE 2012, 2.

24 DI GIUSEPPE 2012, 2.

25 LAMBOGLIA 1952, 140-141.

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ceramica a vernice nera di Cosa26, di J.-P. Morel sulla ceramica a vernice nera proveniente dagli scavi del Foro Romano e del Palatino27 e di M. Montagna Pasquinucci sulle produzioni volterrane28.

Il lavoro di M. Montagna Pasquinucci e qualche anno prima quello di A. Balland29 sulla vernice nera di area etrusca accende negli anni Settanta del Novecento un vivace dibattito30, connesso al riconoscimento di produzioni locali, con caratteristiche proprie.

L’esigenza principale è la creazione di un sistema di riferimento e una metodologia unica da applicare a questa classe ceramica31, la cui varietà e diffusione viene via via messa in evidenza da vari contributi a carattere monografico, sintesi di campagne di scavo o di studi di reperti ereditati dalla ricerca archeologia passata.

J.-P. Morel, in particolare, porta all’attenzione della comunità scientifica alcune produzioni del Mediterraneo occidentale, lontane da quelle etrusche e magnogreche, che complicano ancora di più un quadro già ampio dal punto di vista dei possibili centri di produzione32.

È lo stesso studioso francese che nel 1981 pubblica Céramique Campanienne: les formes33, proponendo un metodo di studio della classe ceramica, attraverso il quale sistematizzare le testimonianze già note, inserire quelle proveniente da nuove campagne di indagine archeologica e definire l’articolazione e le cronologie delle produzioni34.

Il principio basilare è lo stesso adottato per la pubblicazione della ceramica a vernice nera del Foro romano e del Palatino, ovvero il contesto di provenienza, quando presente, per la datazione35.

Lo studioso aveva accumulato una grande quantità di informazioni sulla classe ceramica, derivate soprattutto dall’osservazione diretta dei materiali36 e dalla collaborazione con una fitta rete di studiosi37 di varie aree del Mediterraneo, che gli consente di accrescere la banca dati da cui nasce la pubblicazione38.

Particolarmente importante ed innovativa è anche la descrizione della metodologia e delle definizioni utilizzate, ciò permette di identificare aree di produzione in Italia e nel Mediterraneo circoscritte e definite “produzioni locali o regionali”.

26 TAYLOR 1957. Alle tre produzioni individuate dal Lamboglia la studiosa accosta una quarta locale.

27 MOREL 1965, in cui sul modello di Lamboglia la ceramica è strettamente legata al contesto di provenienza, da cui mutua quindi la datazione.

28 MONTAGNA PASQUINUCCI 1972. La studiosa si avvale dei contributi di Lamboglia (LAMBOGLIA 1950; LAMBOGLIA 1952), Morel (MOREL 1965; MOREL 1965a; MOREL 1968) ma anche di pubblicazioni di autori stranieri come Almagro (ALMAGRO 1953-1955, sulle necropoli di Ampurias) e Cuadrado (CUADRADO DÍAZ 1961-1962; CUADRADO DÍAZ 1963; CUADRADO DÍAZ 1968; CUADRADO DÍAZ 1978; CUADRADO DÍAZ 1978a; CUADRADO DÍAZ 1978b; sulle necropoli di El Cigallarejo, in Murcia) e individua produzioni locali definite ‘Volterrana D, E, F’.

29 BALLAND 1969. Di questi anni sono varia pubblicazioni relative alla produzione locale di vari contesti: Sardegna e Arezzo (MOREL 1963); Aleria (JEHASSE 1960; JEHASSE 1961; JEHASSE 1973); Tarquinia (CAVAGNARO VANONI 1972;

CAVAGNARO VANONI-MALLEGNI 1977); Norchia (COLONNA DI PAOLO-COLONNA 1978); Spina (POGGIO 1974).

30 SERRITELLA 2017, 14-15.

31 PASQUINUCCI 1972, 281.

32 MOREL 1962-1965; MOREL 1965; MOREL 1968; MOREL 1969.

33 MOREL 1981.

34 MOREL 1981, 7-9; 17-36.

35 MOREL 1965; MOREL 1981, 53-65.

36 MOREL 1981, 7.

37 MOREL 1981, 8-9.

38 Si pensi ad esempio a A. Stanco per la definizione delle produzioni di area laziale (STANCO 2009).

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