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5. Il change management

5.3 Il change management in MTU France

La panoramica finora introdotta circa il change management incorpora in sé ogni singolo passaggio di gestione del cambiamento: dalla sua pianificazione alla sua messa a regime (per quanto questo termine possa prendere significato in questo contesto).

Nella realtà aziendale in cui il candidato si è trovato ad operare, però, il change in effetti era già avvenuto: non si trattava dunque di pianificarne l’introduzione in modo da renderlo il più possibile “soft” e motivante per i dipendenti, ma semplicemente di prendere come dato di fatto il cambiamento – che, ripetiamo, nel nostro contesto era soprattutto a livello IT, ma che coinvolgeva comunque sia la sfera organizzativa (con l’aumento dell’headcount) che individuale - e cercare a posteriori di renderlo il più possibile allineato col business.

Questo gap temporale iniziale ha di fatto complicato notevolmente l’attività del candidato in azienda: in qualche modo si trattava di dover riparare danni indipendenti dall’operato e dalla volontà del candidato, e proporre poi interventi correttivi atti a modificare la traiettoria in corsa e cercare di rendere più condiviso un salto dalla burning platform che era stato comunque già fatto.

Ciò spiega dunque la massima attenzione dedicata al rapporto umano, quasi psicologico, con i dipendenti e la necessità di dar loro ascolto, per comprendere i loro problemi e capire cosa potrebbe essere fatto per alleviarli. E, analogamente, esplicita anche la necessità di partire da un lavoro di process mapping, per comprendere obiettivi, input, output, vincoli e risorse di ciascun processo, stabilirne criticità e punti di forza, e lavorare dunque su di essi per abilitare (da ciò, il process mapping come enabler) il cambiamento.

5.3.1 Case study in altri contesti

Durante alcuni incontri del gruppo di lavoro di Assochange, Associazione Italiana di Change Management a cui il candidato ha avuto la fortuna di partecipare, si sono effettuati studi statistici circa i trend più diffusi nelle aziende in ambito di change management.

In estrema sintesi, gli studi hanno portato a riscontrare per lo più “ignoranza e superficialità di azione” nella gestione di interventi di change, aspetto che stona ancor di più a ragione della parallela grossa enfasi comunicativa data ad aspetti quali lo sviluppo del Capitale Umano e le dichiarazioni che indicano nella propria dotazione di risorse umane il vero fattore distintivo aziendale.

Il gruppo di lavoro ha individuato la principale causa di questa dicotomia nei meccanismi e comportamenti direzionali, che spesso alimentano in effetti questa dicotomia con le loro azioni.

Inoltre, l’ottica di breve periodo su cui la maggior parte delle aziende sono ad oggi ancora focalizzate tende ad inasprire ancora di più le tensioni sui risultati da ottenere in tempi molto rapidi. Ciò è indubbiamente alla base della situazione di stress emotivo / professionale con cui si trovano a combattere quotidianamente molti CEO, CIO e semplici dipendenti coinvolti nel processo di change.

E’ evidente infine come la consapevolezza di forti differenze nei tempi di reazione tra i diversi attori coinvolti non faciliti di certo l’avvicinamento tra le differenti ottiche.

In sostanza, i meccanismi di coinvolgimento verso la base appaiono ancora come poco approfonditi e puntuali rispetto ad un programma di change.

Ad oggi, infatti, è sempre più frequente che l’azienda focalizzi la propria attenzione, ad un livello di analisi “macro”, sulla costruzione di un team “vincente” che sia capace dunque di stimolare l’imitazione da parte del resto delle risorse coinvolte nel change. Analogamente, l’azienda tutta è concentrata sull’impostazione del programma del change stesso. Ciò, a fronte di un approccio a livello “micro” totalmente carente: non c’è strategia né piani puntuali, quando è evidente che approcci di tipo universale vanno incontro al ben noto muro del “no one fits all”. C’è una forte richiesta dunque di viste segmentate, anche perché

esiste un lag temporale proprio del singolo nell’assimilazione e metabolizzazione del cambiamento.

A ciò, si aggiunta l’ulteriore criticità del fatto che gli individui valutano il change secondo un’ottica del tutto personale, che fa capo al ben radicato credo secondo cui “il change distrugge posizioni acquisite”.

5.3.2 Il change management individuale in MTU France

Il change management “a posteriori” che il candidato si è trovato a fronteggiare ha dunque stimolato approcci innovativi per la risoluzione dei problemi a livello individuale troppo spesso sottovalutati nella pratica delle realtà aziendali.

Per sostituire la tipica condizione di “disagio emotivo e cognitivo” (con conseguente improduttività, bassa motivazione ed autostima) propria di fasi di transizioni in processi di change significativi, il candidato, dopo aver individuato i dipendenti che meglio di altri hanno reagito al cambiamento, adattandovisi subito, ha proposto ed implementato una serie di incontri divisi per funzione nella sala delle riunioni in cui le risorse più reattive (le prove empiriche hanno confermato gli studi a tavolino che li quantificava nel 10%) hanno spiegato agli altri come e perché il nuovo sistema ERP ha apportato migliorie nel lavoro quotidiano e per il business tutto. Quei dipendenti sono stati dunque estremamente gratificati dal punto di vista morale da questo “riconoscimento”, ed in queste lezioni che sono rimaste comunque “frontali” (con interazioni, domande…) si è ottenuto da parte anche dei più “scettici” un coinvolgimento ed un senso di sfida personale che non si sarebbero mai potuti raggiungere con un approccio di tipo top-down, ovvero calato dall’alto.

Per facilitare il cambiamento, inoltre, l’azienda ha ritenuto opportuno non considerare l’ipotesi di affiancare alcun tipo di incentivo economico ai dipendenti dimostratisi più meritevoli.

Per ottenere una comunicazione il più possibile trasparente e chiara, si è subito sfruttato come enabler quello che poteva essere considerato come un elemento

stesso (in altre parole: un problema) del change management: il Business Portal. Nella prima parte del suo periodo di attivazione, il candidato si è occupato di curare la finestra “Le changement dans MTU”, inerente il cambiamento in azienda, descrivendo in maniera chiara e sintetica cause ed effetti dei cambiamenti introdotti. Il portale constava inoltre di una casella email con redirect verso l’indirizzo del candidato, che girava poi le domande ai vari responsabili funzionali laddove non fosse in grado di rispondere direttamente.

Tutto ciò ha dato un grosso aiuto a perseguire la continuità del “contratto psicologico” con i dipendenti, che non si sono mai sentiti abbandonati a se stessi. In generale, l’approccio vincente è stato ritenuto quello di evitare di proporre

burning platform costruite ad hoc, puntando invece ad un accrescimento di

competenze e sensibilità di pianificazione di medio - lungo periodo così come di coinvolgimento concettuale dei futuri amplificatori del cambiamento e delle figure chiave aziendali. Nel concreto, ciò ha trovato applicazione dunque in azienda tramite la volontà di distaccarsi dalla logica dei famosi “primi 100 giorni”: nell’effettuare le interviste, il candidato ha sempre optato per un approccio molto “soft”, che mettesse a suo agio l’intervistato, non facendogli percepire l’intervista come un banco di prova ma anzi come uno strumento con cui dare sfogo ai suoi pensieri liberamente. L’analisi è stata fatta da un punto di vista qualitativo, non andando mai in questa fase a misurare coi numeri eventuali cali di produttività, in modo da risultare il meno possibile pesanti ai dipendenti.

Per ovviare ai problemi più diffusi in azienda, si è infine lavorato molto sul concetto di brand identity, implementando un piano di viaggi verso la casa madre di tutti i dipendenti con visite guidate ritagliate sui singoli curriculum. Ogni dipendente pertanto si recherà nei prossimi mesi a Friedrichshafen, nello stabilimento principale, dove effettuare un tour comprendente la storia dell’azienda, la visita e spiegazione della catena produttiva e un confronto specializzato su come operano i dipendenti corrispettivi, che già da tempo hanno metabolizzati i cambiamenti giunti nella succursale francese con mesi di ritardo.

Per quest’ultima fase si è predisposta anche la presenza di un interprete franco- tedesco che sia in grado di tradurre simultaneamente in ambo i versi e facilitare la comunicazione tra i dipendenti.

5.4 Miglioramenti in uscita da Process Mapping e Change Management

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