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Una chiave di lettura nell’ottica del nuovo quadro di politiche per l’innovazione

Il progetto di creazione delle CdP porta in luce come l’utilizzo delle nuove tecnologie informatiche non solo permetta alla conoscenza di superare confini spaziali e generazionali11, ma anche come questa circoli come risultato di una interazione

sistemica di più soggetti, in maniera funzionale ai bisogni

espressi e soprattutto in tempo reale. Di certo, si è da più parti sollevato nel progetto come una maggiore efficienza possa essere ottenuta ampliando la base dei partecipanti in misura funzionale alla diffusione della conoscenza e alla risoluzione di problemi molteplici, diversi (anche per campo di afferenza), ma condivisi.

Al di là dei confini nazionali di applicazione, l’approccio delle CdP potrebbe nondimeno assumere anche nel nuovo contesto di policy europeo per la ricerca e l’innovazione un potenziale ruolo di strumento idoneo all’intermediazione tra scienza e pratica e alla condivisione della conoscenza tra diversi attori legati da un obiettivo comune cruciale: il suo trasferimento. Questo, peraltro, non solo è obiettivo della politica europea per la ricerca del prossimo periodo di programmazione 2014-2020 (CE, 2010a; 2011)12, ma è anche punto di raccordo di questa politica con quella dettata dai nuovi orientamenti per la Pac del

post-2013, in particolare per il secondo pilastro (CE, 2010b).

Il progetto di costituzione del Partenariato Europeo per l’Innovazione (Pei) (CE, 2012)13, poi, ha proprio il compito di orientare verso l’innovazione le politiche esistenti e, per via della sua natura di piattaforma dinamica, di collegare tra loro gli agricoltori, i ricercatori, i consulenti, le Ong, le imprese, ovvero i soggetti che comporranno i Gruppi Operativi per l’Innovazione (Goi)14 volti alla realizzazione delle attività previste dal Pei.

Quest’ultimo poggia le sue radici proprio sulla necessità di mediare tra la ricerca prodotta e la pratica che ne deve beneficiare, perché l’innovazione (che incorpora anche la conoscenza tacita, ovvero non puramente scientifica) possa generarsi in maniera sistemica, ovvero come interazione, cooperazione e condivisione della conoscenza tra più attori. L’approccio alle CdP potrebbe essere pertanto funzionale allo svolgimento di questo ruolo. Il programma di azione del Pei15 prevede difatti il riconoscimento di attività di animazione, coinvolgimento, partecipazione diretta degli attori interessati e condivisione di buone prassi quali fattori leva per la diffusione a livello europeo della conoscenza prodotta. Tuttavia, inevitabilmente trasferire sul piano europeo le implicazioni di un

approccio testato solo a livello nazionale non è esente da potenziali inefficienze legate alla eterogeneità sia dei contesti in cui viene prodotta la conoscenza, sia dei temi su cui vertono la specializzazione e la policy in campo agricolo dei diversi governi nazionali, sia di disponibilità di fondi a livello centrale perché si metta in moto un meccanismo incentivante, sia delle competenze tecniche necessarie perché si avvii un percorso di condivisione16.

Al contempo, però, potrebbe essere funzionale alla sistematizzazione della vasta mole di risultati prodotti dalla ricerca europea ma di cui si è avuta scarsa applicazione17, alla definizione di un meccanismo sistematico di feedback utile per la definizione dell’agenda di ricerca europea, infine per l’avanzamento della conoscenza nel suo complesso.

Conclusioni

L’esperienza delle Comunità di Pratica realizzata dal Cra in collaborazione con l’Aab, l’Inea e le Regioni dimostra la maturità ormai raggiunta da un lato, dai possibili fruitori del servizio, dall’altro delle soluzioni tecnologiche proposte, per una piena implementazione delle metodologie delle CdP attraverso l’utilizzo di soluzioni prevalentemente informatiche.

Piuttosto, l’approccio progettuale scelto dovrebbe essere coerente con la letteratura che in ambito CdP attribuisce un’importanza fondamentale agli aspetti motivazionali dei partecipanti, ricordando come non sia il numero dei partecipanti che determina il successo di una comunità, quanto piuttosto la loro partecipazione. Questa, peraltro, è auspicabile sia ampia, aperta ai diversi soggetti che costituiscono l’intero sistema della conoscenza, perché essa circoli e sia fruibile come esito di una interazione sistemica. Da un punto di vista dell’implementazione, inoltre, si dovrebbero avvalorare soluzioni che siano in grado di garantire una auto-organizzazione delle Comunità per superare il dualismo della necessità di garantire un adeguato livello di multidisciplinarità da un lato e dall’altro di evitare l’introduzione di eccessive barriere che la stessa multidisciplinarità rischia di creare. Quindi, una struttura delle CdP non per ruoli chiusi e pre- impostati, ognuno con il proprio “linguaggio”, ma per gruppi aperti dove ogni partecipante possa ritagliare il proprio spazio relazionale né più né meno come avviene all’interno delle sfere relazionali della vita di tutti i giorni.

Questo assume particolare rilevanza nell’ottica europea di creazione di una piattaforma quale il Pei che operi come mediatore tra soggetti coinvolti a diverso titolo nel processo di innovazione al di là dei meri confini nazionali di operatività. A tal proposito, pertanto, si ritiene strategico proseguire con un simile approccio all’indomani delle nuove sfide poste all’agricoltura che richiedono un notevole investimento nella conoscenza, nonché auspicabile rinnovare la collaborazione con gli enti coinvolti perché il fare rete diventi una condivisa buona pratica.

Note

1

Il presente contributo descrive esclusivamente le attività a cui hanno partecipato gli Autori, ovvero la progettazione ed implementazione delle CdP. Vengono invece solo accennate, in particolare, le complementari e fondamentali attività di animazione delle CdP svolte dal Cra ed il più ampio progetto “Agritrasfer-in-sud” dentro il quale le CdP sono state implementate.

2

Studi condotti a livello europeo sui sistemi della conoscenza testimoniano ad ogni modo come il problema della elevata frammentazione non solo sia comune a diversi paesi comunitari, ma sia anche l’esito di influenze provenienti dalla sfera politica che si esercitano anche sulle attitudini sociali e culturali verso il tema della condivisione della conoscenza (EU Scar, 2012).

3

Il progetto ha preso avvio nel 2007 e si è concluso nel Dicembre 2012. Recentemente, se ne è disposta la prosecuzione con un nuovo mandato. 4

Delibere Cipe n. 17 e n. 83 del 2003. 5 http://sito.entecra.it/portale/cra_atis.php 6

In primis, la banca dati della ricerca agricola regionale sviluppata dall’Inea: http:// www.bancadatiregioni.inea.it:5454/index.html

7

Il percorso che dalla identificazione dei risultati di ricerca trasferibili ha portato alla definizione di una metodologia appropriata per la loro sistematizzazione (ad esempio, per comparto produttivo ed ambito di ricerca) è stato condiviso dal Cra con i partner del progetto, vale a dire le Regioni, l’Inea, la Rete della Ricerca e il

Mipaaf. 8

È interessante notare a questo riguardo le esperienze più moderne di Comunità di Pratiche, come il sito di domande/risposte, prevalentemente per programmatori, “Stack Exchange”: non vi è un ruolo predefinito come nei forum classici (ad es. il “moderatore”), ma questi vengono definiti al raggiungimento di determinate soglie di attività o di “voto” da parte degli utenti.

9

Un log consiste nella memorizzazione nel sistema delle attività condotte. 10

Il 16% del campione si è invece iscritto alle CdP motivato dalla ricerca di soluzioni a problemi specifici, il 14% per contribuire ad individuare soluzioni per altri colleghi. La curiosità verso la metodologia ha spinto infine solo il 7% del campione a partecipare, infine la possibilità di fare relazione e conoscere nuovi colleghi il 4%.

11

Ad oggi, tutti i partecipanti hanno dimostrato buone competenze nell’utilizzo dell’informatica, a dispetto del passato quando questa era appannaggio solo di ceti sociali più elevati o di ristrette aree dove esistevano infrastrutture che ne consentivano l'utilizzo (pensiamo alla banda larga: gli ultimi dati forniti dal Mise riportano una copertura del 95,6% della popolazione).

12

Il periodo di programmazione 2014-2020 ha nella Strategia Europa 2020 per una crescita sostenibile ed inclusiva (CE, 2010) e nell’ottavo Programma Quadro (PQ) Horizon2020 (CE, 2011) i principali riferimenti.

13

Si rimanda alla iniziativa faro della Strategia Europa 2020 per una crescita sostenibile ed inclusiva intitolata “Unione dell’Innovazione” (CE, 2010c) che introduce il Pei quale strumento per promuovere e favorire l’innovazione. 14

Secondo quanto riportato nella comunicazione della Commissione europea, i GO si formeranno attorno a tematiche di interesse e realizzeranno progetti volti a collaudare e ad applicare pratiche, processi, prodotti, servizi e tecnologie innovativi (CE, 2012).

15

Tramite la struttura di rete del Pei che verrà definita nell’ambito della Rete per lo sviluppo rurale.

16

Basti pensare che in molti paesi europei i servizi di sviluppo sono stati soggetti negli ultimi decenni a privatizzazione (es. Paesi Bassi), mentre in altre realtà nazionali sono ancora supportati dal pubblico, seppure con difficoltà come dimostrato dal caso italiano. Naturalmente laddove c’è il privato c’è un incentivo da parte degli agricoltori stessi a pagare per un servizio mentre in altre realtà questo difficilmente si realizza.

17

Nell’ultima tornata di bandi di ricerca del settimo PQ è stata formalizzata la necessità di effettuare una repository dei progetti di ricerca europei già realizzati e dei loro risultati con il duplice obiettivo da un lato, di sistematizzare tutta l’informazione finora prodotta per evitare ulteriori duplicazioni di progetti e finanziamenti, dall’altro, di creare le condizioni perché il nuovo PQ risponda concretamente all’obiettivo del trasferimento della conoscenza.

Riferimenti bibliografici

• Commissione Europea (2010a), Europe 2020 - A strategy for smart, sustainable and inclusive growth, Bruxelles, Com (2010) 2020 finale

• Commissione Europea (2010b), La Pac verso il 2020: rispondere alle future sfide dell’alimentazione, delle risorse naturali e del territorio, Com(2010) 672/5

• Commissione Europea (2010c), Europe 2020 - Flagship Initiative Innovation Union, Bruxelles, Com(2010) 546 final

• Commissione Europea (2011), Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council establishing Horizon 2020 - The Framework Programme for Research and Innovation (2014-2020), Brussels, Com(2011) 809 final 2011/0401

• Commissione Europea (2012), Communication from the Commission to the European Parliament and the Council on the European Innovation Partnership 'Agricultural Productivity and Sustainability, Com(2012) 79 final, 29 Febbraio 2012

• EU Scar (2012), Agricultural knowledge and innovation systems in transition - a reflection paper. Bruxelles, Commissione europea

• Leeuwis C. (2004), Communication for Rural Innovation: Rethinking Agricultural Extension. Blackwell Science/Cta, Oxford/Wageningen

• Morgan S. L. (2011), Social Learning among Organic Farmers and the Application of the Communities of Practice Framework. Journal of Agricultural Education and Extension 17(1): 99-112

• Sulaiman R.V., Hall A., Kalaivani N.J., Dorai K., Vamsidhar R. T.S. (2011), Necessary but not sufficient: Information and communication technology and its role in putting research into use. RIU Discussion paper 16

• Wenger E., Mc Dermott R., Snyder W.M. (2002), Cultivating Communities of Practice: A Guide to Managing Knowledge, Harvard Business Press