imprese; gap infrastrutturali significativi nelle regioni meno sviluppate e una inefficiente gestione delle risorse naturali; bassi tassi di occupazione, particolarmente dei giovani e delle donne, e presenza di un mismatch professionale; una debole capacità amministrativa e una pubblica amministrazione inefficiente. Nei prossimi anni queste sono le sfide fondamentali sulle quali, secondo la Commissione, sia i Fondi sia le politiche nazionali dovrebbero concentrare gli sforzi e cercare di sfruttare il massimo delle sinergie possibili. La Commissione, oltre a definire le grandi priorità di intervento attorno a queste quattro sfide, delinea nel Position Paper anche più in dettaglio, in una sezione annessa al documento principale, come gli obiettivi tematici dei Fondi possano contribuire a tali sfide. In tale sezione la Commissione articola anche gli obiettivi più specifici dei Fondi, seguendo uno schema logico abbastanza stringente, che va sicuramente oltre i semplici orientamenti e delineando la struttura dell’AP.
Le strategie per lo sviluppo rurale nel Position
Paper
Il Position Paper contiene raccomandazioni rivolte agli interventi per le aree rurali, raccomandazioni che sono distribuite in gran parte degli 11 obiettivi tematici di Europa 2020. Sotto questo profilo, come vedremo meglio tra breve, si tratta di un documento positivo, che fornisce valide indicazioni al nostro paese in alcune aree di intervento in cui effettivamente la programmazione 2007-2013 è stata molto carente o del tutto assente. Si deve dare atto agli estensori del documento di aver tenuto conto degli esiti concreti della programmazione comunitaria, così come risultano dai documenti della Corte dei Conti europea, dei dati del monitoraggio fisico e finanziario e infine degli stessi rapporti di valutazione intermedia.
Potremmo distinguere, per una discussione più ordinata del Position Paper, le raccomandazioni della Commissione in tre categorie fondamentali, quali:
• la governance generale della programmazione;
• una migliore efficacia delle misure;
• un bilanciamento delle risorse finanziarie tra le diverse misure.
Per ciò che riguarda la governance, il Position Paper, in generale, raccomanda un rafforzamento del ruolo di
coordinamento delle politiche che deve essere svolto a livello centrale. Nel campo dello sviluppo rurale, in particolare, questo ruolo di coordinamento è necessario per due obiettivi specifici: il trasferimento della conoscenza e dell’innovazione in agricoltura e nell’agro-alimentare e gli interventi nell’agro-alimentare con caratteristiche e dimensioni interregionali. Sono, secondo il Position Paper, due temi che non possono essere affidati esclusivamente alla dimensione regionale. Cosa implica rafforzare il coordinamento? Secondo il Position Paper implica lavorare in due direzioni: a) innanzitutto, sviluppare una forte collaborazione tra amministrazioni dei diversi Fondi nelle varie fasi (preparazione, realizzazione, monitoraggio e valutazione dell’AP e dei diversi PO); b) in secondo luogo, sviluppare regole e strumenti per il coordinamento, quali la costruzione di un forte quadro di policy (con documenti strategici vincolanti), il rafforzamento delle competenze interne del governo centrale, la definizione di una chiara divisione di responsabilità e una maggiore accountability delle istituzioni coinvolte.
Per ciò che riguarda la governance del Community-Led Local Development (Clld), cioè del futuro approccio Leader, vengono avanzate due indicazioni forti:
• da un lato, quella che nell’AP si definiscano precise scelte sull’applicazione del Clld in merito a diversi aspetti (criteri di selezione, rispetto della concorrenza, priorità, tipi di territori eleggibili, ruolo dei Gruppi di Azione Locale (Gal), meccanismo di coordinamento tra Fondi, ecc.);
• dall’altro, quella di incrementare la dotazione di Fondi a favore dei progetti di sviluppo locale, auspicando un approccio multi-fondo nel finanziamento a livello regionale. Ciò richiede, da parte delle istituzioni responsabili dei diversi Fondi, un grande sforzo per elaborare una governance comune, considerando che il Leader è stato sinora sviluppato soprattutto nelle aree rurali e, in minor misura, nel settore della pesca con i Gac (Gruppi di Azione Costiera).
La seconda categoria di raccomandazioni ha un contenuto più specifico ed è volta a migliorare l’efficacia delle singole misure. Si possono distinguere tre tipi di raccomandazioni: a) sulle priorità di intervento da selezionare; b) sui contenuti delle misure e le condizioni di applicazione, pur non entrando nel merito di questioni di dettaglio; c) sul grado di innovazione nel disegno delle misure.
Nel caso dell’obiettivo tematico “competitività” una certa enfasi è data alle relazioni tra produttori primari e altri attori economici, sia dentro la filiera sia al di fuori di essa. Un’enfasi peraltro giusta, che è basata sulla consapevolezza del ruolo dei fattori organizzativi ai fini della competitività settoriale. Non manca di ricordare, tuttavia, che un‘attenzione appropriata va rivolta anche ai benefici del rafforzamento della filiera per i piccoli agricoltori. Al di fuori dell’approccio per filiere, il sostegno all’evoluzione strutturale del settore agricolo (e della pesca) dovrebbe avere una natura “sostenibile” dal punto di vista economico. Questa raccomandazione ha delle implicazioni, a nostro avviso, abbastanza chiare sui criteri di scelta degli investimenti aziendali e andrebbe sviluppata sotto il profilo delle modalità applicative. Su questo tema già la Corte dei Conti Europea ha avuto modo di soffermarsi in una sua recente relazione (Corte dei Conti Europea, 2012), criticando la Commissione Europea per non aver sorvegliato adeguatamente che le scelte operate dai Psr andassero in direzione della sostenibilità. In sostanza, la Corte ha rilevato che in molti Psr soggetti a controllo non vi fosse stata una sufficiente verifica della redditività economica delle aziende e dei progetti d‘investimento presentati. Non solo, la Corte ha anche segnalato che in diversi Stati membri sono stati selezionati progetti già avviati, generando in tal modo un cosiddetto “effetto inerziale”7. Questi elementi di valutazione appaiono rilevanti per una riflessione sul concetto di sostenibilità economica delle aziende che utilizzeranno le risorse del futuro Feasr per la propria ristrutturazione.
Un‘analoga richiesta di maggiore efficacia sembra provenire dalle raccomandazioni rivolte agli interventi per obiettivi tematici di tipo ambientale. A tal proposito la Commissione sottolinea
fondamentalmente due esigenze: un approccio più mirato e selettivo e una maggiore innovazione. Ciò è vero per le misure agro-ambientali, per le quali si sollecita una maggiore finalizzazione alle condizioni locali e regionali; per le misure forestali, per le quali si mette un’enfasi su una gestione attiva delle foreste; per l’agricoltura biologica o integrata, per la quale si sollecitano impegni più severi per accrescere l’impatto positivo sull’ambiente, così come si chiede un appropriato monitoraggio delle tendenze in atto nella biodiversità; per l’energia rinnovabile, dove si chiede una attenzione prioritaria per le biomasse e il solare; o, infine, per le riduzioni di emissioni di azoto nelle aree di agricoltura intensiva. Queste raccomandazioni, anche per la materia ambientale, riecheggiano in qualche misura le rilevazioni critiche già manifestate dalla Corte dei Conti Europea. Infatti, in una relazione speciale del 2011 dedicata a una revisione generale delle misure di sostegno ambientale, la Corte aveva evidenziato tre elementi particolarmente critici, tutti legati all’assenza di una adeguata focalizzazione delle misure agro- ambientali. In primo luogo, gli Stati membri non definiscono il quadro delle aree con specifici problemi ambientali e non distinguono tra queste aree e quelle soggette a pressioni ambientali di tipo (più) generale. Di conseguenza, anche il monitoraggio delle diverse misure non segue una differenziazione per tipo di zona. In secondo luogo, anche per effetto della precedente carenza, non vi è stata una differenziazione degli aiuti fra le diverse aree. Infine, come più volte sottolineato in passato dalla stessa Corte, vi è il tema della concentrazione territoriale degli aiuti: «Qciò potrebbe avvenire, ad esempio, definendo criteri di ammissibilità che limitano la spesa a zone definite con precisione, in cui i cambiamenti nelle pratiche agronomiche sono necessari o in cui le pratiche agronomiche più rispettose dell’ambiente attualmente applicate non verrebbero mantenute in assenza degli aiuti agro- ambientali» (Corte dei Conti Europea, 2011, p.38).
Un maggior grado di innovazione viene sollecitato alla programmazione italiana anche nel campo della diversificazione economica e del miglioramento della qualità della vita nelle aree rurali. Sotto questo profilo ci sembrano interessanti i richiami a fare attenzione alle seguenti tipologie di intervento:
• la creazione e lo sviluppo di micro-imprese e Pmi fornitrici di servizi, specie quelli per la promozione di opportunità per le donne e l’uguaglianza di genere;
• le iniziative di carattere innovativo nel campo della diversificazione dei piccoli agricoltori e la creazione di micro- imprese e Pmi, cercando il coinvolgimento anche di stakeholder non agricoli;
• le iniziative tendenti alla riduzione del lavoro nero/irregolare, soprattutto in agricoltura, edilizia e servizi;
• le iniziative nel campo dell’inclusione sociale attiva, attraverso piani integrati per le comunità rurali socialmente ed economicamente deprivate.
Sono tutte priorità scarsamente presenti nella programmazione attuale dei Fondi (considerati nel loro complesso, non solo del Feasr), pur non esclusi dal loro campo di azione. La Commissione fa bene dunque a richiamarne l’importanza per il prossimo periodo 2014-2020, lasciando naturalmente alle autorità italiane responsabili la scelta delle concrete modalità e con quali Fondi coprire questi fabbisogni ineludibili di intervento. Nella stesura dell’AP occorrerà individuare e concertare una sorta di “divisione del lavoro” tra i Fondi per finanziare le misure prima menzionate, che rappresentano i punti deboli dei Psr e dei Por nei passati cicli di programmazione.
In realtà, analizzando con attenzione il Position Paper, vi sono altri temi per una possibile integrazione tra i Fondi, quali:
• la ricerca e il trasferimento dell’innovazione in agricoltura, nell’agro-alimentare e nelle foreste, per il fatto che si raccomanda l’attenzione alle tecnologie (Ict e biotecnologie) e all’economia “verde”;
• le infrastrutture di trasporto, in particolare le connessioni tra le strade rurali finanziate dal Feasr e le principali infrastrutture di trasporto (autostrade, ferrovie, ecc.)
finanziate dal Fesr;
• le infrastrutture per la distribuzione e l’accesso alla rete della banda larga, in particolare nelle aree a bassa densità di popolazione e/o nelle aree più remote.
In buona sostanza il Position Paper, sollecitando un‘adeguata attenzione su questo complesso di temi, pone le premesse perché la strategia per le aree rurali sia più ampia e comprenda anche una serie di interventi per l’economia e la popolazione rurale. Ma non specifica con quali modalità ciò si debba fare, se non richiamando genericamente la necessità di un coordinamento tra Fondi e lasciando opportunamente la scelta delle opzioni più adeguate alle istituzioni italiane.
Vorremmo concludere l’esame degli aspetti salienti del Position Paper sullo sviluppo rurale considerando alcune indicazioni sull’allocazione delle risorse finanziarie tra le diverse misure. Tali indicazioni sono rivolte al ruolo e al peso delle misure per la gestione del rischio, in primo luogo, e agli interventi per le filiere, in secondo luogo. Nel primo caso, il Position Paper sostiene che «tutte le regioni italiane dovrebbero essere incoraggiate ad usare per il loro massimo potenziale le misure per la gestione del rischio in agricoltura» (pag. 28). Nel secondo caso si raccomanda “un giusto bilanciamento” tra il sostegno delle filiere corte e il rafforzamento delle filiere agro-alimentari.
Ora, mentre nella definizione della strategia nazionale, come si è visto in precedenza, le raccomandazioni del Position Paper vanno viste positivamente in quanto pongono l’attenzione su temi rilevanti per il contesto italiano, non altrettanto felici ci sembrano le indicazioni sull’allocazione finanziaria delle risorse. In primo luogo, non ci appaiono chiare formulazioni quali “il massimo potenziale” o “un giusto bilanciamento”. In secondo luogo, queste formulazioni, in particolare quella relativa alle misure per la gestione del rischio, potrebbero spingere verso una distribuzione delle risorse che penalizza misure chiave per lo sviluppo rurale, vale a dire quelle che hanno una natura strutturale e di sostegno degli investimenti.