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diti totali appare ancora la questua, ma la parte più consistente è costituita dai canoni riscossi: nel 1489 le entrate sono costituite da più d

22. Chiese e monast a

Gian Galeazzo Visconti, occupata Verona nel 1387, seguì nei confronti della chiesa locale e degli enti maggiori una politica non dissimile da quella perseguita per l’assegnazione degli offici

182 A.S.VR., S. Maria della Scala, reg. I.

(184). Ove gli fu possibile, ricorrendo anche alla forza, impose alle cariche maggiori, prima fra tutte quella vescovile, uomini a lui legati e facenti parte del ceto di governo da tempo gravitante intorno ai signori viscontei.

Nel 1388 egli pose sulla cattedra vescovile Iacopo Rossi di Parma; arciprete del capitolo divenne Cosma Damiano pure par- mense, e da città lombarde provennero altri canonici ancora per decenni, compreso il successore di Cosma.

All’episcopio come al capitolo i1 Visconti confermò i privile- gi e riebbe a sua volta la conferma dei beni posseduti dagli Scali- geri. Anche i monasteri di S. Maria in Organo e di S. Zeno, pro- tetti con privilegi, dovettero assegnare a lui quanto era stato dete- nuto dagli Scaligeri. Abate di S. Zeno divenne nel 1399 il bre- sciano Pietro degli Emigli.

Le famiglie che avevano appoggiato la politica del Visconti, furono da lui reintegrate nei loro beni, se avevano subito confi- sche, ed altri ne ricevettero dai nuovi signori o dagli enti eccle- siastici veronesi, dietro sollecitazione signorile.

Nel 1405 Verona ed il suo territorio, dopo il breve intervallo della dominazione carrarese, entrarono a far parte del dominio veneziano.

Una delle prime preoccupazioni della nuova signoria fu quella di assicurarsi la lealtà del vescovo. Il parmense Iacopo Rossi fu costretto ad allontanarsi e venne sostituito dal 1406 dal veneziano Angelo Barbarigo (185).

L’influenza veneziana divenne sempre più forte anche nel ca- pitolo – già dal 1400 un veneziano fruiva di una prebenda (186) – , nelle grandi abbazie, nei conventi femminili, nelle pievi rurali. Vedremo fra poco la consistenza patrimoniale [82] ed il peso e-

184 Per gli aspetti della signoria viscontea a Verona rinviamo all’ampio ed aggiornato studio, già utilizzato, di Soldi Rondinini, La dominazione cit., passim.

185 P. Brugnoli, Il primo vescovo veneziano sulla cattedra di S. Zeno (Angelo Barbarigo), «Atti e memorie dell’Accademia di agricoltura scienze e lettere di Verona», ser. 6a, XX (1968-1969), pp. 177-201.

186 G. Cracco, La fondazione dei canonici secolari di S. Giorgio in Al- ga, «Rivista di storia della Chiesa in Italia», XIII (1959), p. 72.

conomico generale che tale presenza venne assumendo fin dai primi decenni del secolo.

I rapporti del governo veneziano con la chiesa veronese, nelle sue varie componenti, non debbono essere visti solamente sotto il profilo delle relazioni fra governo centrale ed esigenze periferi- che o, ancor meno, come uno scontro fra Stato e Chiesa. Nella trama complessa di rapporti che sempre, come ci siamo sforzati di mostrare, hanno legato le classi dirigenti, dall’età carolingia in poi, alle maggiori e minori gerarchie ecclesiastiche locali, nei le- gami molteplici fra chiese e monasteri e singole famiglie nel cor- so dei secoli, fino a giungere alla prevalente ed invadente presen- za degli Scaligeri e delle famiglie a loro legate nella chiesa vero- nese dei secoli XIII-XIV, si affaccia ora un nuovo elemento, – la volontà del governo veneziano, che, nel mentre limita fortemente, suscitando, come vedremo, proteste anche vivaci, il potere e l’influenza delle aristocrazie locali nell’ambito delle strutture ec- clesiastiche, svolge una sua politica a raggio più vasto, tesa non solo a favorire gli elementi veneziani, ma anche a tessere una trama di rapporti, con esiti a volte favorevoli, a volte negativi, con il potere ecclesiastico centrale, con la Curia romana (187).

In questa situazione chi si rivela perdente è la classe dirigente locale; le famiglie aristocratiche veronesi, pur mantenendo posi- zioni importanti – ad esempio, nel capitolo dei canonici –, non controllano più la situazione.

Il governo della Dominante, per attutire, non certo eliminare, gli urti determinati dagli interessi dei Veneziani stessi per gli uf- fici ecclesiastici, istituisce la proba, l’approvazione cioè preven- tiva di un candidato determinato, mediante una procedura stabili- ta, ad un beneficio ecclesiastico disponibile (188).

Ciò non toglie che il governo non si preoccupi, quando sia possibile, di esaudire o almeno di ascoltare e vagliare con atten- zione le richieste dei sudditi veronesi, subordinandole sempre a- gli interessi ‘generali’.

Nel ristretto margine d’azione locale, che investe la distribu-

187 Penco, Storia della Chiesa cit., pp. 493 ss.

188 C. Piana, C. Cenci, Promozioni agli ordini sacri a Bologna e alle dignità ecclesiastiche nel Veneto nei secoli XIV-XV, Firenze, 1968, p. 320.

zione degli oneri fiscali, si svolge, come vedremo, una lotta fra la classe dirigente cittadina ed il clero, depauperato quest’ultimo per il fatto che molti prelati, per la maggior parte veneziani, dotati di rendite cospicue, non risiedono a Verona.

Le chiese locali permangono sì in condizioni difficili, ma in misura minore di quanto era avvenuto nei secoli XIII e XIV, con vescovi contrapposti fra loro, con monasteri pressoché privi di monaci. Il Consiglio cittadino fu sollecito a chiedere a Venezia un controllo fermo sulle chiese, sull’episcopio per primo, unendo a questa richiesta l’altra sulla necessità che i vescovi risiedessero nella loro sede e portando avanti a più riprese il tentativo, non riuscito, di designare un vescovo di proprio gradimento. Vescovi non residenti ed abati commendatari, piaga tanto spesso deplora- ta, rappresentano l’aspetto più clamoroso della nuova politica delle corti principesche, che di essi si servono per stringere lega- mi ad alto livello con la Chiesa romana.

Alcuni vescovi veneziani operarono alacremente per il risa- namento del clero e della diocesi – istituzione della Mensa degli Accoliti e visite pastorali –. [84] Analogamente alcuni abati commendatari di gloriose abbazie – per esempio di S. Maria in Organo – favorirono la loro ripresa prima, il loro inserimento poi in nuove o rinnovate congregazioni religiose.