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ovimenti che interpretano in modo più aderente que

animarum e favorendo sempre più la propria diff

eli, appartenenti alle classi più umili come a quelle più elev

della Gh

avanti ci serviremo, concernenti appunto gli anni in questione. Nel 1479 le entrate assommano a minali 987 di frumento, 305 quarte [78] di uva, 704 bacede d’olio, e a lire 4930; le uscite, come nel secolo precedente, corrispondono sostanzialmente alle entrate: la parte maggiore viene distribuita, in derrate e denaro, ai canonici residenti. La sola spesa di rilievo è quella delle

inarie assommante a lire 232 e mezza.

L’anno seguente le entrate consistono in 1004 minali di fru- mento, 305 quartari» di uva, 719 bacede d’olio, 4963 lire; nel 1481 a 989 minali, 719

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Nel secolo XIII, che vede culminare la crisi dei monasteri tra- dizionali, incapaci di resistere alle usurpazioni signorili, isolati, non più in sintonia con le nuove esigenze religiose della società, appaiono nuovi m

ste esigenze.

La sensibilità pauperistica trova rispondenza in movimenti e ordini religiosi nuovi. I loro seguaci non si chiudono nel chiostro, ma vivono ed operano fra la comunità dei fedeli; i loro obiettivi sono sì la preghiera, lo studio delle Scritture, il lavoro manuale, obiettivi già propri, del resto, al monachesimo di tradizione bene- dettina, ma soprattutto la predicazione e la confessione. Per que- sti aspetti essi contendono il campo anche al clero secolare, sot- traendogli la cura

usione (175).

Il favore di cui godevano i nuovi ordini presso la popolazione orienta verso di loro il flusso delle donazioni per scopi pii da par- te dei fed

ate.

La prima fondazione degli Umiliati a Verona, S. Maria iara, è già fiorente nel secondo decennio del secolo XIII.

175 Ci limitiamo a rinviare all’opera recentissima, con ampia bibliogra- fia, di G. Penco, Storia della Chiesa in Italia, I, Milano, 1977, pp. 369-392.

Poco dopo fondarono un loro primo modesto convento i Frati Minori, che nel 1261 si trasferirono in S. Fermo Maggiore. Ana- loga la vicenda dei Domenicani, che, costruita dapprima la loro chiesa di S. Maria Mater Domini, ricevettero nel 1260 un ampio terreno presso l’antica chiesa di S. Anastasia, dove diedero inizio alla costruzione della grande basilica. Presso S. Eufemia si stabi- liro

ento ricordò con legati equiva- lenti conventi e monasteri (178).

igera: S. Maria elle Vergini e S. Maria della Scala

to, d’altronde, affluirono al convento, in modo anche co- spic

no nello stesso periodo gli Agostiniani (176).

L’affermazione dei nuovi ordini religiosi fu favorita dagli Scaligeri, che furono verso di essi larghi di protezione e donazio- ni. Senza ripercorrerne minutamente le vicende, ricordiamo un fatto che ci sembra significativo: nel suo testamento del 1301 (177) Alberto della Scala ricorda con legati cospicui i conventi dei Francescani, Domenicani, Agostiniani, nonché altre minori recenti fondazioni religiose, mentre ignora i monasteri antichi. Ma una più accorta politica religiosa farà sì che i suoi successori si interessino anche di questi ultimi. Così alla metà del secolo XIV Cangrande II nel suo testam

[80] 21. Conventi ‘minori’ in età scal d

Il convento femminile di S. Maria delle Vergini, sorto nel 1226 in Campomarzo, fu sottoposto nel 1245 alla direzione spiri- tuale dei Frati Minori. Inizialmente legate alla professione della povertà più rigida, poterono così tenere proprietà e redditi, che ben pres

uo.

Nella seconda metà del secolo XIII entrarono nel convento e ne divennero badesse suore provenienti da nobili famiglie vero- nesi, dapprima due dai di Palazzo, poi una dai di Moratica. In quest’epoca che vede la crisi delle famiglie veronesi già potenti

176 Pighi, Cenni storici cit., «Bollettino ecclesiastico veronese», VII (1920), pp. 55-58.

177 Biancolini, Serie cit., doc. XXV.

per l’ascesa prima di Ezzelino, poi degli Scaligeri, il porre propri rampolli nei monasteri, come nel capitolo della cattedrale, costitui- va u

tutte badesse, le ultime ancora nel terzo decennio del secolo XV

va, ecc., solita- mente costituenti le cosiddette ‘onoranze’ (180).

one e nel 132

n mezzo caratteristico per conservare lo status nobiliare (179). Nel secolo seguente il convento accolse figlie degli Scaligeri del ramo signorile come di quelli collaterali, divenute anch’esse quasi

.

Possiamo calcolare la ricchezza del monastero mediante i redditi che vi affluivano alla metà del secolo XIV, secondo un inventario degli anni 1341-1342. Erano dati a soccida 36 bovini, per la stima complessiva di lire 396. Dai fitti provenivano 1159 lire, più di cinquanta carri di frumento – un carro equivaleva a 24 minali –, 72 bacede d’olio, oltre a corresponsioni di minore entità come cera, capponi, galline, spalle di porco, uo

I signori scaligeri favorirono anche un convento dei Servi di Maria. Questi, stabilitisi nel 1314 a Venezia, ottennero nel 1324 la donazione di un terreno a Verona, nella contrada di S. Quirico, da Cangrande della Scala per costruire una chiesa, attendervi agli uffici divini e predicare al popolo. Furono ostacolati subito dai Frati Minori di S. Fermo, i quali sostenevano che la costruzione della chiesa e del convento avveniva in uno spazio non sufficien- temente lontano dal loro convento, secondo princìpi stabiliti dalla Santa Sede, per evitare che si stabilissero nella stessa città, troppo vicini l’uno all’altro, conventi di ordini religiosi che si procura- vano il sostentamento mediante l’attività di questua. I Servi di Maria ottennero tuttavia l’autorizzazione alla costruzi

9 poterono consacrare due altari della chiesa (181).

179 M. Luzzati, Familles nobles et familles marchandes à Pise et en Toscane dans le bas moyen âge, in Famille et parenté dans l’Occident mé- diéval, Paris, 1977, p. 286.

180 G. Sandri, Scaligere francescane in S. Maria delle Vergini di Cam- pomarzo in Verona, in Scritti di Gino Sandri, Verona, 1969 (I ed. 1933), pp. 133-147.

181 G. M. Todescato, Ordini religiosi del 300. Le origini di S. Maria della Scala a Verona (1324-1329), «Studi storici veronesi», XVIII-XIX (1968-1969), pp. 153-205.

Una serie numerosa di registri di entrate ed uscite, dal 1341 in poi, con poche interruzioni, permette di seguire l’amministrazione del convento, relativa tuttavia solo alle entrate che provengono dal ministero pastorale e dall’attività di questua, poiché non vi sono compresi i canoni provenienti dalle proprietà, che conosciamo nel loro ammontare complessivo per il secolo seguente. Le entrate sono costituite da somme in denaro prove- nienti dalle offerte per la celebrazione di messe, servizi funebri; dalla vendita di generi in natura recati per oblationem dai fedeli, che i frati regolarmente vendevano, realizzando somme in dena- ro: cera e candele, cereali – soprattutto frumento [81] – e farina; in alcune occasioni sono venduti anche panni, in eccedenza per i bisogni del convento. L’entrata tuttavia più cospicua fra quelle registrate mese per mese è costituita dalle questue svolte in città o nel contado, che assommavano in un anno a poco meno di un mi- glia

stava 20 o 25 soldi, uno di frumento quasi 20, uno

i 800 lire, da quasi 270 minali di frumento, da 141 bacede d’olio.

eri veronesi dalla signoria viscontea quella veneziana

civili, come ha recentemente posto in luce la Soldi Rondinini

io di lire (182).

Possiamo dare indicazioni sul valore di tale somma traendo dal registro stesso alcuni dati relativi al prezzo dei cereali: un mi- nale di farina co

di miglio 6.

Oltre un secolo dopo, verso la fine del ’400 (183), il convento