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rigassificazione del GNL in un’area portuale

5.3. I Layout Impiantistic

5.3.2 Le caratteristiche generali degli impianti propost

5.3.2.2 Il ciclo bottoming

5.3.2.2.1 Ciclo ORC supercritico a CO2

La scelta del ciclo bottoming è inizialmente ricaduta su un ciclo ORC operante a CO2 in condizioni supercritiche. I vantaggi derivanti da tale scelta, rispetto ai tradizionali cicli a vapore, riguardano:

 Possibilità di sfruttare efficientemente anche le sorgenti di calore a temperatura medio bassa. In questo caso ciò risulta particolarmente utile in quanto le temperature dei fumi caldi in uscita dalla turbina a gas raggiungono, nella configurazione senza raffreddamento dell’aria, valori di circa 450°C;

90  Migliore accoppiamento delle curve di scambio sia lato fumi sia lato GNL,

dovuto al minor calore latente di vaporizzazione della CO2 rispetto all’acqua e alle minori temperature e pressioni di condensazione raggiungibili durante lo scambio a bassa temperatura. In questo modo si può così evitare di ricorrere allo scambio a più livelli di pressione, limitando così la complessità impiantistica ed i costi;

 Salti entalpici modesti da sfruttare in turbina e maggiori paesi molecolari del fluido di lavoro, con conseguente possibilità di utilizzo di turbine con basso numero di stadi e dalle velocità di rotazione ridotte (accoppiamento diretto con il generatore elettrico);

 Tempi di avviamento estremamente rapidi;

 Elevata affidabilità, durata dell’impianto e minore manutenzione;

 Ottimi valori del rendimento della turbina, soprattutto nel caso di utilizzo di turbo espansori.

Gli svantaggi collegati all’utilizzo dei cicli ORC sono essenzialmente legati ai maggiori costi di investimento in quanto si tratta di una tecnologia ancora in fase di sviluppo e perfezionamento. Inoltre essi si presentano soprattutto in applicazioni di piccola o media taglia, nell’ordine di qualche MW, mentre in caso di potenze maggiori perdono di competitività a causa della mancanza di macchine standardizzate e di una economi di scala che ne abbassi i costi di produzione. Tuttavia, le temperature modeste dei fumi e la necessità di rinunciare al generatore di vapore a recupero a più livelli di pressione, rendono necessario l’impiego di questa tecnologia.

Figura 71: Esempio di accoppiamento tra le curve di scambio lato fumi caldi nel caso di a) Acqua; b) Fluido organico

Si è scelto di utilizzare la CO2 come fluido di lavoro in quanto presenta molte caratteristiche favorevoli per operare all’interno dei sistemi considerati; questa rientra nella categoria dei fluidi bagnati ed ha una bassa temperatura critica (304 K), vicina alla

91 temperatura ambiente, ed una modesta pressione critica (73 bar). Essendo però un fluido bagnato, presenta degli svantaggi termodinamici rispetto all’impiego di fluidi asciutti od isentropici, in teoria più indicati per i cicli ORC, in quanto prima dell’ingresso in turbina sarà necessario effettuare un deciso surriscaldamento per evitare la presenza di condensato durante le ultime fasi dell’espansione; questo comporterà un costo maggiore dell’evaporatore data la maggiore area di scambio necessaria.

Nonostante ciò, la bassa temperatura critica permette al fluido di passare molto presto allo stato gassoso, rendendolo idoneo per sfruttare fonti di calore di media temperatura; di contro, una bassa temperatura critica comporta delle basse temperature di condensazione, non sempre semplici da attuare. Tuttavia questa è una proprietà posseduta dalla CO2 che può condensare fino a temperature inferiori ai -50°C per bassi valori della pressione, come si può vedere dal seguente diagramma di stato dove il punto triplo si colloca a P= 5.2 bar e a T= -56.6°C. Proprio per questo si è ipotizzato di realizzare un sottoraffreddamento della CO2 in uscita dallo scambiatore con il GNL, in modo da migliorare l’efficienza di scambio ed il rendimento del ciclo. Per ottenere sottoraffreddamento evitando di avvicinarsi troppo al punto triplo, e quindi al punto di congelamento, si è imposto che la pressione minima di condensazione non sia mai inferiore a 6.9 bar.

Figura 72: Diagramma di stato dell’anidride carbonica

La CO2 si presta, date la sua modesta pressione critica, all’impiego in cicli supercritici; in queste condizioni la pressione massima di esercizio sarà superiore a quella critica del fluido di lavoro, il quale viene compresso direttamente alla pressione di ingresso in turbina e raggiunge lo stato di vapore surriscaldato senza attraversare la regione di transizione di fase liquido-vapore. Attraverso un ciclo supercritico, che verrà adottato nelle simulazioni di questa trattazione, è possibile raggiungere livelli di temperatura più elevati limitando la spesa energetica per il surriscaldamento e, quindi, il carico sull’evaporatore. Si riesce inoltre ad avvicinare le curve di scambio, migliorando così l’efficienza dell’evaporatore stesso.

92 In letteratura esistono numerosi studi per quanto riguarda l’utilizzo di fluidi come l’anidride carbonica e l’R134a in applicazioni con cicli supercritici [38], con pressioni critiche che possono raggiungere i 200 bar. Tale pressione massima è stata scelta anche per i casi in esame, così da realizzare un rapporto massimo possibile di espansione pari circa a 28, pienamente in linea con i valori realizzabili tramite la tecnologia ORC con turbine radiali.

Figura 73: Diagramma T-S di un ciclo ORC subcritico e supercritico

Uno dei problemi che si pone dalla realizzazione di un ciclo supercritico è la grande quantità di calore che deve essere smaltita dal condensatore posto all’uscita della turbina di espansione; tale problema risulta ancora più marcato se si deve effettuare un surriscaldamento con il duplice obiettivo di aumentare il lavoro di espansione in turbina e di evitare la presenza di condensato all’uscita.

Figura 74: Diagramma T-S di un ciclo supercritico a CO2 con surriscaldamento: l’area sotto il tratto e-a identifica il calore da smaltire mediante il condensatore

93 Nonostante il calore possa essere smaltito attraverso lo scambio con il GNL, effettuando quindi la rigassificazione, per non aumentare troppo il carico termico sul componente, con conseguente lievitazione dei costi, e con l’obiettivo di aumentare il rendimento del ciclo ORC, riducendo la quantità di calore da introdurre mediante l’evaporatore, si è deciso di inserire nel circuito un rigeneratore.

Il rigeneratore inoltre migliora sensibilmente l’accoppiamento delle curve di scambio sia lato gas sia lato GNL, avvicinando le temperature medie di trasferimento del calore tra le varie sorgenti ed aumentando l’efficienza di secondo principio degli scambiatori. L’utilizzo dell’anidride carbonica come fluido di lavoro, oltre che dalle proprietà termodinamiche, è stato poi giustificato anche da altre motivazioni. Questa presenta infatti:

 Un’elevata conduttività termica sia in fase liquida sia in fase gassosa, in cui si trova in condizioni di elevata densità, ed un elevato calore specifico del liquido, che varia con la pressione e che presenta il massimo nei pressi della temperatura critica. Queste proprietà permettono alla CO2 di realizzare maggiori coefficienti di scambio;

 Una maggiore densità rispetto agli altri fluidi refrigeranti, cosa che, accoppiata all’elevato calore specifico, permette di operare con portate massiche inferiori rispetto ai tradizionali fluidi refrigeranti a parità di potenza termica scambiata;

 Un’elevata stabilità termica alle alte temperature. Infatti la CO2 presenta fenomeni di dissociazione termica, da cui si originano CO ed O2, per temperature prossime o superiori ai 1700°C, consentendo così di effettuare il surriscaldamento e lo scambio di calore con i gas combusti senza problemi di sicurezza;

 Basso impatto ambientale. L’anidride carbonica ha infatti indice GWP pari ad 1 ed è preso come il fluido di riferimento per la stima dell’impatto sul riscaldamento globale degli altri fluidi organici; ciò comporta che, a parità di chilogrammi emessi in ambiente, la CO2 è la sostanza che inquina meno rispetto a tutti gli altri fluidi. Il contributo al riscaldamento globale dell’anidride carbonica è infatti dato dalle quantità emesse, non dal potenziale della sostanza in se, e se utilizzata come gas tecnico, ha un impatto ambientale nullo. Inoltre la CO2 ha un ODP nullo quindi, anche se emessa in ambiente, non impatta minimamente la concentrazione dell’ozono stratosferico;

 Tossicità ed infiammabilità nulla. E’ inoltre un gas inerte perciò è compatibile con tutti i materiali tradizionalmente impiegati per la costruzione dei sistemi di produzione energetica;

 Grande abbondanza e disponibilità in natura che, assieme agli svariati ambiti in cui viene già impiegata, rendono la CO2 decisamente più economica se

94 comparata con la maggior parte dei fluidi organici, soprattutto nei confronti dei fluidi refrigeranti.

I primi due impianti che si andranno a studiare ed ottimizzare comprenderanno in sostanza l’installazione di un tradizionale ciclo combinato che accoppia un gruppo turbogas, sia in presenza che in assenza del sistema di raffreddamento, ad un ciclo Rankine ORC supercritico a CO2. Sia il raffreddamento dell’aria sia la condensazione della CO2 verranno realizzate mediante lo scambio con il GNL, che subirà allo stesso tempo il processo di rigassificazione trasferendo la propria exergia ai fluidi interessati. 5.3.2.2.2 Il ciclo Brayton-Joule chiuso ad Azoto

Con l’obiettivo di poter confrontare tra loro sistemi diversi, si è poi deciso di sostituire il ciclo ORC supercritico con un ciclo Brayton-Joule chiuso funzionante con l’impiego di azoto come fluido operativo. Si è quindi realizzato l’accoppiamento tra due cicli Brayton-Joule in serie, uno aperto ed uno chiuso, ottenendo così una configurazione simile a quella rappresentata in figura 75, ripresa da uno studio condotto da alcuni ricercatori italiani [55]:

Figura 75: Schema impiantistico con accoppiamento di due cicli Brayton-Joule in cascata [55]

95 E’ stato dimostrato dagli studi effettuati e dall’esperienza su macchine reali, che l’impiego di un ciclo Brayton-Joule chiuso può comportare i seguenti vantaggi:

 Si possono raggiungere efficienze maggiori rispetto ai cicli ORC per temperature elevate di ingresso in turbina;

 Sono cicli più semplici dal punto di vista della configurazione impiantistica rispetto ai cicli Rankine;

 La possibilità di operare con pressioni elevate permette ottenere componenti più compatti e di contenere la superficie necessaria all’installazione del ciclo bottom;

 Mentre i cicli Brayton-Joule aperti possono lavorare soltanto con combustibili puliti, quelli chiusi, grazie all’impiego di comuni scambiatori di calore, possono sfruttare senza problemi anche fonti di calore sporche, come ad esempio i fumi di scarto derivanti dal ciclo top;

 Si possono utilizzare differenti fluidi di lavoro con proprietà termiche e di trasporto favorevoli, come elio, azoto, CO2.

L’impiego dell’azoto è giustificato dal fatto che esso è un gas totalmente inerte, per cui non si ha nessun problema legato alla sicurezza in caso di eventuali perdite nel circuito; inoltre presenta una temperatura critica molto bassa (-146°C), cosa che permette un ottimo accoppiamento con la curva di riscaldamento del GNL e consente all’azoto stesso di raffreddarsi a temperature molto basse prima dell’ingresso nel compressore, riducendone così sensibilmente il lavoro specifico. Quest’ultimo risulta infatti essere un aspetto determinante in quanto il compressore rappresenta un componente molto costoso, per cui si hanno vantaggi sia dal punto di vista termodinamico sia dal punto di vista economico. L’azoto inoltre presenta il valore maggiore del calore specifico cp tra i vari fluidi, dietro solo l’elio; tuttavia questo valore risulta essere abbastanza basso, per cui sarà necessario effettuare un sensibile surriscaldamento per migliorare lavoro utile e rendimento del ciclo, comportando questo un carico maggiore sullo scambiatore caldo. Rispetto all’utilizzo dell’elio, lo svantaggio termodinamico viene compensato dalla maggiore disponibilità e dai minori costi dell’azoto, oltre che da una maggiore esperienza tecnica nell’applicazione alle turbomacchine, dato che l’azoto può contare sulla vasta esperienza delle turbine ad aria, con cui condivide in gran parte composizione e proprietà. Data la bassa pressione critica dell’azoto (34 bar) si potrebbe pensare anche in questa configurazione all’impiego di un ciclo supercritico con pressioni molto elevate, in modo da migliorare le proprietà di scambio termico. Tuttavia, a differenza del ciclo ORC a CO2 dove si ha la compressione di liquido mediante una pompa, in questo caso si ha la compressione di gas, cosa che comporta un’enorme fabbisogno di potenza aggiuntiva. Tutto ciò significherebbe un compressore molto più grande e più costoso, e la necessità di aumentare il surriscaldamento dell’azoto per garantire al sistema una produzione di qualche MW di

96 potenza utile, unico modo per giustificare l’attuazione di questo ciclo; questo porterebbe ad un ulteriore aumento del carico termico sullo scambiatore lato fumi, e si avrebbe inoltre a che fare con il limite tecnologico imposto dalla temperatura dei fumi in uscita dal gruppo turbogas, che anche nel caso più favorevole raggiunge “solo” i 458°C. In base a tutti questi motivi si è scelto di far variare la pressione superiore del ciclo, tramite ottimizzazione, in un range da 10-40 bar, quindi comprendente anche l’ipotesi di un ciclo supercritico ma con una pressione massima comunque vicina a quella critica, in modo da non avere pressioni troppo elevate nell’impianto. Per la pressione inferiore il range scelto è stato quello tra 3 e 6.5 bar; questo poiché si è scelto un massimo rapporto di compressione possibile compreso tra 6 e 13, il quale è un buon compresso tra lavoro utile del ciclo ottenibile e pressioni non troppo elevate [54].

5.3.2.2.3 Il Circuito intermedio ad olio diatermico

Nell’ultimo caso si è cercato di analizzare un sistema che non prevede l’integrazione di un ciclo di potenza sottoposto al gruppo turbogas, ma bensì l’inserimento di un circuito intermedio ad olio diatermico, funzionale solo a trasferire il calore residuo nei fumi di scarico direttamente verso il GNL. Non prendendo in considerazione l’introduzione di un secondo ciclo di potenza, la presenza del circuito ad olio risulta necessaria in quanto i fumi in uscita si trovano, specialmente nel caso di assenza del sistema di pre-raffreddamento pericolosamente vicini alla temperatura di auto ignizione del metano; questo potrebbe essere fonte di pericolo in caso di perdita di una frazione del metano rigassificato.

Come olio diatermico per il circuito ausiliario si è scelto il Therminol VP-1, prodotto dall’azienda Therminol [55]. Questo è un fluido sintetico adatto al trasferimento del calore che combina un’eccezionale stabilità termica ed una bassa viscosità, garantendo performance efficienti ed uniformi in un ampio range di temperature che va da 12 a 400°C. In particolare possiede la più elevata stabilità termica tra tutti i fluidi organici impiegati per il trasferimento del calore, e risulta efficiente anche nella transizione allo stato di vapore. Il circuito ad olio prevede l’installazione di due scambiatori di calore, lato fumi caldi e lato GNL rispettivamente, e di una pompa che compensi le perdite di carico del circuito stesso.

97 Figura 77: Caratteristiche tecniche e termodinamiche del Therminol VP-1 (Fonte Therminol)

Riassumendo quanto esposto circa le caratteristiche generali degli impianti analizzati, le quattro configurazioni impiantistiche prevedranno tutte:

 L’installazione del gruppo turbogas LM6000 DLE funzionante secondo un ciclo Brayton-Joule aperto ad aria della potenza nominale in condizioni ISO di 42.2 MW;

 La simulazione del funzionamento del gruppo turbogas sia con la presenza del sistema di raffreddamento ad aria sia con la configurazione standard in cui l’aria entra direttamente nel compressore a 20°C;

La presenza di un ciclo bottoming posto all’uscita dei fumi caldi dalla turbina gas e diversificato nei vari casi come segue:

- Un ciclo Rankine ORC supercritico a CO2 con rigeneratore per quanto riguarda i primi due layout, adatto alla generazione di energia elettrica.

- Un circuito ad olio diatermico adatto solo al trasferimento di calore dai fumi caldi alla fonte fredda, senza generazione di potenza aggiuntiva.

- Un ciclo Brayton-Joule chiuso ad azoto per la quarta configurazione, anch’esso adatto alla produzione di energia elettrica.

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