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La Rigassificazione del GNL

3.1 Impianti di rigassificazione

Il rigassificatore è una tipologia di impianto industriale che consente di riportare allo stato gassoso il gas naturale che si trova in forma liquida. Il GNL, trasportato alla temperatura di circa -162°C dalle navi metaniere, viene trasferito, grazie a delle pompe sommerse, ad un serbatoio di stoccaggio, in cui mantiene le proprie condizioni termodinamiche. In seguito viene inviato in un opportuno scambiatore di calore, detto vaporizzatore, dove espande ed aumenta la sua temperatura, ritornando così allo stato gassoso originario.

Figura 15: Catena di approvvigionamento del gas naturale con trasporto via nave

Gli impianti di rigassificazione sono infrastrutture che permettono di collegare i serbatoi criogenici di stoccaggio del GNL alla rete dei gasdotti tradizionali di distribuzione. All’interno dell’impianti possono avvenire diversi processi come: attracco della metaniera, scarico del GNL, stoccaggio, gassificazione, possibile stoccaggio di gas naturale, immissione nella rete di distribuzione.

I terminali di rigassificazione vengono progettati in base alle condizioni dei mercati e dei requisiti che devono rispettare. Possono servire per soddisfare la domanda giornaliera se hanno sufficiente capacità di stoccaggio (impianti base load), oppure essere utilizzati per rispondere ad eventuali picchi nella domanda. Il volume minimo di stoccaggio deve essere superiore a quello della più grande nave metaniera che la struttura può accogliere, in quanto deve far fronte a ritardi nelle consegne e/o

23 impossibilità di immettere in rete il gas naturale; per questo di solito i terminali di rigassificazione sono progettati per contenere almeno 2 serbatoi di gas naturale, con capacità di stoccaggio compresa tra i 125,000 m3 ed i 300,000 m3 di gas. In caso contrario devono poter immettere simultaneamente il gas in eccesso in rete.

Si possono distinguere terminali di rigassificazione onshore ed offshore, ciascuno con caratteristiche e strutture impiantistiche ben diverse in relazione al sito ed allo spazio disponibile per l’installazione.

Gli impianti di rigassificazione onshore, situati quasi sempre vicino alla costa e agli attracchi portuali, dispongono di 4 principali sezioni:

 La sezione di ricezione del GNL;

 La sezione di stoccaggio del GNL;

 La sezione di rigassificazione;

 La sezione di collegamento con la rete dei gasdotti;

La sezione di recupero dei Boil-off gas

Una volta giunta la nave metaniera all’approdo, dei bracci articolati vengono collegati per la ricezione del GNL; la parte liquida viene così scaricata ed inviata alla sezione di stoccaggio, mente il gas di boil-off viene reinserito all’interno della nave per compensare la perdita di pressione. Il GNL viene così depositato in serbatoi criogenici isolati, in grado di sopportare temperature inferiori ai -160°C. Il gas di boil-off, formatosi a causa degli scambi di calore con l’esterno, viene catturato e riportato in fase liquida per mezzo di un sistema di condensazione mentre il GNL nel serbatoio viene movimentato per mezzo di pompe sommerse. Negli impianti tradizionali il GNL viene poi prelevato dai serbatoi criogenici, pressurizzato dalle pompe fino ad 80-100 bar e quindi rigassificato tramite opportuni scambiatori di calore; il fluido viene riscaldato fino a portarsi a temperature prossime a quella ambiente, per poi essere inviato alla rete di trasporto. Prima però di essere immesso nella rete nazionale il gas viene trattato in modo da rispettare le specifiche imposte dal servizio alle utenze, per garantirne l’intercambiabilità. In particolare si provvede alla correzione del potere calorifico e all’eventuale aggiunta di mercaptani [10].

24 Figura 16: Schema tipico del processo di rigassificazione del GNL.

Qualunque rigassificatore offshore, sia a struttura fissa che a struttura mobile, è invece costituito dai seguenti elementi:

 Struttura principale: fissa o mobile;

 Gassificatore/vaporizzatore di GNL;

 Struttura di stoccaggio associata (per GNL o gas naturale)

La prima cosa cui si deve tenere conto per la realizzazione di questi impianti è la profondità del fondale marino. Le navi metaniere hanno tipicamente una parte sommersa di 12 metri e richiedono di norma altri 2 metri di margine per poter manovrare in sicurezza. La profondità minima del fondale deve perciò essere di almeno 14 metri, mentre con le moderne tecnologie non si hanno particolari limiti di profondità massima. Fattori importanti risultano poi essere la forza delle onde, il fondale marino, la distanza e la visibilità della costa, fattore quest’ultimo che sta assumendo sempre più un ruolo chiave negli ultimi anni. Per quanto riguarda le strutture fisse off-shore, queste vengono scelte per acque poco profonde, che non superano i 30 metri, a causa delle limitazioni derivanti dalla costruzione stessa. Gli impianti fissi consentono di costruire più facilmente uno stoccaggio di GNL e si dividono in due tipologie principali:

Gravity based structures (GBS)

Presentano la stessa struttura delle piattaforme utilizzate già da diversi decenni per l’estrazione del petrolio e si adattano facilmente a progetti di espansione. I terminali GBS sono costruiti in cemento armato e vengono prima realizzati sulla terraferma per poterne verificare il corretto funzionamento; vengono poi trasportate via mare al sito d’installazione. La taglia di una struttura GBS è limitata dalla capacità di stoccaggio o dallo spazio richiesto per le strutture.

25 Figura 17: Immagine di una struttura GBS

Piattaforme offshore

Sono piattaforme fisse come le GBS e possono ospitare un sistema di stoccaggio del GNL; la maggior parte di esse sono state progettate per la produzione di idrocarburi, e successivamente riconvertite per soddisfare i requisiti operazionali e di sicurezza di un rigassificatore. In alcuni casi non si ha la possibilità di stoccaggio del GNL, per cui il liquido in arrivo dalle metaniere viene direttamente inviato ai vaporizzatori e poi immesso in rete.

Per minimizzare l’impatto visivo della struttura dalla costa, i progetti di nuovi terminali offshore stanno spostandosi sempre più al largo. Ciò implica necessariamente la realizzazione di strutture in acqua sempre più profonde, e quindi il ricorso a strutture mobili e galleggianti. In questo caso si possono realizzare due tipologie diverse di unità di rigassificazione:

Floating Storage and Regasification Unit (FSRU)

In un terminale FSRU, i sistemi di stoccaggio e rigassificazione fanno parte della stessa struttura. Questo consiste in una nave ormeggiata, di lunghezza compresa tra 350 e 400 metri, con una larghezza di circa 70 metri.

La nave non dispone di un sistema autonomo di propulsione, a meno che non venga considerata la possibilità di frequenti cambi di locazione del terminale. Queste strutture richiedono profondità maggiori, di almeno 50 metri, per avere spazio sufficiente a collegare la condotta flessibile al gasdotto, fissato al fondale marino. Le unità di rigassificazione si trovano sul ponte principale della nave e sono studiate per far sì che il gas abbia i dovuti requisiti prima dell’immissione nel gasdotto; lo stoccaggio

26 invece utilizza i classici serbatoi adatti alle metaniere, ovvero possono essere impiegati tank sferici, a membrana o prismatici opportunamente isolati termicamente. I serbatoi allocati possono essere più di uno, ed il GNL, prima di essere vaporizzato, viene portato ad una pressione di circa 100 bar; l’impianto di vaporizzazione consiste in una serie di scambiatori di calore che possono impiegare un ciclo ad acqua chiuso o aperto, o uno scambiatore con fluido intermedio, come nel caso del terminale OLT di Livorno [11].

Floating Regasification Unit (FRU)

In questo sistema la nave non ha al suo interno il sistema di stoccaggio ed effettua soltanto la rigassificazione del GNL. Effettua quindi il processo istantaneamente sul GNL che viene scaricato e lo immette nella rete di distribuzione.

Figura 18: Schema di funzionamento di un sistema FRSU (Fonte marcotorbianelli.wordpress.com) Le soluzioni di tipo offshore offrono invece una grande versatilità poiché trovano applicazione in mare aperto, a distanze tali da non essere visibili dalla terraferma, rendendole più adeguate a situazioni in cui vi è una forte densità di popolazione sulla costa e non vi siano grossi porti; di contro questi sistemi hanno costi decisamente superiori e tempi di progettazione e realizzazione più lunghi rispetto alle strutture onshore, di solito realizzate nelle aree portuali.