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4.a. Ciclo Epico e poesia epica di età arcaica. Introduzione.

Il Ciclo Epico e la poesia epica di età arcaica offrono attestazioni molto interessanti in merito all'oggetto del presente studio: sono emerse testimonianze che finora, a quanto mi risulta, non erano state prese in considerazione o che non erano state sfruttate adeguatamente.

Ho potuto riportare attestazioni relative a tutta la costellazione divina qui esaminata; in questo capitolo non ho riportato tutte le testimonianze relative a Demetra1: ho infatti tralasciato quelle che non offrivano elementi ulteriori rispetto a quanto già acquisito.

Le opere e i passi sono presentati secondo l'ordine di citazione nell'edizione Bernabé; per la cronologia, salvo dove diversamente specificato, si fa riferimento a quella indicata nella stessa edizione2; per ciascun frammento ho indicato anche la pagina dell'edizione Bernabé, per agevolare la consultazione.

L'indicazione dei passi, che segue la numerazione Bernabé, è accompagnata dall'indicazione della fonte3; in alcuni casi ho selezionato solo la porzione di testo interessante per l'argomento del presente studio; in altri casi ho integrato il testo riportato da Bernabé con una sezione ulteriore di testo presa dalla fonte, per renderne il senso più chiaro.

La traduzione dei passi presi in esame, salvo dove diversamente indicato, è di chi scrive: allo stato attuale manca un'edizione con traduzione italiana integrale di testimoni e frammenti dei poeti epici greci.

Non tutte le opere e non tutti gli autori citati hanno fornito elementi significativi4; ho potuto utlizzare i seguenti testi: del Ciclo Epico Teogonia (epoca incerta), Titanomachia (8°- 6° a. C.), Tebaide (8°-6° a. C.), Alcmeonide (benché non si sia certi della sua inclusione nel 1

Ho trascurato ad esempio frammenti in cui si accenna alla vicenda che vede coinvolte Demetra e Persefone: Panyassis frr. 3 + 13a + 13b Bernabé pp. 175-179, sebbene proponessero delle varianti mitiche rispetto all'Inno Omerico 2.

2 Bernabé A., Poetarum Epicorum Graecorum, Testimonia et Fragmenta, pars I, Lipsiae 1987 (di seguito Bernabé PEG I), indice a p. VII; passim per la cronologia.

3 Ho aggiunto anche la numerazione di West, nella cui edizione si trova una traduzione inglese e alcune note, di cui mi sono talvolta avvalsa. Non ho potuto consultare un testo di recente edizione: West 2013.

4 Non hanno quindi fornito elementi utili: Edipodia (fine 8° a. C.), Epigoni (inizio 7° a. C.), Etiopide (fine 8° a. C.; autore Arctino Milesio), Piccole Iliadi (più opere), Caduta di Troia (fine 8° a. C.), Nostoi (metà sec. 7° a. C., autore Aghias Troezenius), Telegonia (6° a. C., autore Eugammon Cyrenaeus); della poesia genealogica e di storia regionale: Cineto (8°-7° a. C.), Phocais (epoca incerta), Carmen Naupactium (6° a. C., autore Carcinus Naupactius ?), Meropis (6° a. C.), Theseis (6° a. C.), Minyas (6°-5° a. C.?); frammenti tramandati sotto falso nome: (Chersia 6° a. C.?) ed Egesino (?), Aristea di Proconneso (7° a. C.) e i poeti astronomici antichi, Phocus (epoca incerta) e Cleostrato di Tenedo (6° a. C.); autori che si sono occupati di Eracle: Creophilus (7° a. C.), Pisinus (?).

Ciclo Epico; inizio 6° a. C.), Cypria (7° a. C.; autore Stasino); della poesia genealogica e di storia regionale: Eumelo (8° a. C.), Phoronis (7°-6° a. C.), Danais (6° a. C.), Asius (6° a. C.?); poi alcuni autori che si sono occupati di Eracle: Pisander (7° a. C.), Panyas(s)is (5° a. C.) e infine Cherilo di Samo (5° a. C.), il primo autore di epica storica.

Nei titoli dei sotto-paragrafi sono stati riportati solo i titoli delle opere in cui ho trovato passi rilevanti.

4.b. Ciclo Epico e poesia epica di età arcaica. Analisi del testo. CICLO EPICO:

Theogonia, Titanomachia, Thebais, Alcmaeonis, Cypria

Cyclus epicus T 13 Bernabé p. 3 (Cycli epitoma Procli) (om. West) = (I) (V 157 Henry,

Bekker 319 a 21 sgg.) = Procl. Chrest. 17 (I 2, 35 Seve.)

Διαλαμβάνει δὲ καὶ περὶ τοῦ λεγομένου ἐπικοῦ κύκλου, ὃς ἄρχεται μὲν ἐκ τῆς Οὐρανοῦ καὶ Γῆς μυθολογουμένης μίξεως, ἐξ ἧς αὐτῷ καὶ τρεῖς παῖδας ἑκατοντάχειρας καὶ τρεῖς γεννῶσι Κύκλωπας...

“ [Proclo]1 passa in rassegna in modo completo anche il cosiddetto ciclo epico, che prende inizio dall'unione raccontata dal mito tra Ouranos e Ghe, a seguito della quale generano come figli i tre Ecatonchiri e i tre Ciclopi...”.

La parte seguente del testo greco, che non ho riportato, così recita: “Passa in rassegna inoltre le vicende raccontate nei miti dai Greci riguardo agli dèi, ed evidenzia se mai viene detto qualcosa riguardo alla storia. E il Ciclo Epico è composto nel complesso da diversi poeti, fino allo sbarco di Odisseo a Itaca, dove viene ucciso dal figlio Telegono, che non lo aveva riconosciuto. Dice poi che i poemi del ciclo epico si sono salvati e sono oggetto di interesse da parte di molti non a causa del loro valore, ma a causa della successione dei fatti in esso. Poi dice anche i nomi e l'origine di coloro che lavorarono al ciclo epico”.

Com'è noto, la composizione dei poemi del Ciclo Epico (come per gli Inni Omerici, e per questi ultimi con più insistenza) era attribuita ad Omero2; il significato di questa notizia antica è probabilmente che la composizione di tali opere, o almeno di una buona parte di esse, è dovuta ad una scuola che si fregiava del nome del maestro; avvalorerebbe tale tesi il fatto che ciascuno dei poemi del Ciclo trattava solo una sezione narrativa della più ampia narrazione mitica in cui si inseriva, e la narrazione era talvolta priva dell'inizio o del finale, 1 Fozio ha appena detto che i migliori poeti sono Omero, Esiodo, Pisandro, Paniassi ed Antimaco; e che Proclo studia ciascuno di questi autori, indicandone ove possibile la famiglia di orgine, la patria e ciò che hanno fatto di particolare.

2 Le opere che erano incluse nel Ciclo Epico e di cui ci sia pervenuta una sia pur minima traccia sono le seguenti: Theogonia, Titanomachia, Edipodia, Tebaide, Epigoni, Alcmeonide (non si è certi della sua inclusione nel Ciclo Epico), Cypria, Ilias Homerica, Etiopide, Piccole Iliadi, Caduta di Troia, Nostoi, Odissea ciclica, Telegonia. Cfr. ad es. Allen 1924 p. 51. Ma cfr. cosa dice Aristotele (Anal. Post. 77B 32): ἆρα πᾶς κύκλος σχῆμα; ἂν δὲ γράψῃ, δῆλον. τί δέ; τὰ ἔπη κύκλος; φανερὸν ὅτι οὐκ ἔστιν; ved. il commento di Giovanni Filopono (Ioann. Philopon. ad loc. = Cyclus Epicus T 28 Bernabé PEG I p. 7). Una panoramica sul ciclo epico è in Kiessling & Wilamowitz 1884, pp. 328-380; Rzach “Kyklos”; Huxley 1969; recentemente Burgess 2009 in Foley J. M. 2009, dove viene fornita una sintetica ma utile visione d'insieme. In modo specifico sull'attribuzione ad Omero, nell'ambito della riflessione sulla pseudepigrafia: Cerri 2000c (p. 32 così viene riassunta la riflessione sulla pseudepigrafia omerica: “Se si considerano tutte le attribuzioni ad Omero di singoli poemi e, nello stesso tempo, quella cumulativa del 'Ciclo' nel suo insieme, si ricava la strana sensazione di una sorta di pulsione pseudoepigrafica totalizzante..”); ved. poi in particolare pp. 55-58.

che dovevano essere trattati in un altro poema1; ciò non toglie che esistessero degli accavallamenti tra le sezioni iniziali e finali dei poemi2. Si trattava in ogni caso, secondo la mentalità antica, di una sorta di prontuario o enciclopedia delle narrazioni mitologiche, talmente noto che era denominato semplicemente come κύκλος3; di fatto, ad esso attinsero gli autori delle epoche successive, in particolare i tragediografi4.

La nostra fonte più importante sull'argomento è Proclo, benché tale attribuzione non sia scevra da dubbi5. La Suida riferisce che Proclo neplatonico ἔγραψε... ὑπομνημα εἰς ὁλον τὸν Ὅμηρον... Περὶ χρηστομαθείας βιβλία γʹ6.

La Chrestomatheia Grammatiké procliana (che potremmo tradurre come “Conoscenze letterarie scelte”), che si occupa del Ciclo Epico, ci è giunta sia come epitome di Fozio (sec. IX d. C.; tratta del Ciclo Epico dopo Omero, Esiodo, Pisandro, Paniassi, Antimaco)7 , sia come epitome in alcuni manoscritti dell'Iliade8.

Si diceva che Proclo è la nostra fonte più importante per il Ciclo Epico; ma non è l'unica, né è per noi esauriente: per lo meno nelle epitomi a noi pervenute, non si parla di tutti i poemi a noi noti del Ciclo Epico; inoltre talvolta l'autore ha utilizzato fonti aggiuntive, mescolandole indissolubilmente a quelle del Ciclo, e forse ha lui stesso utilizzato, almeno in alcuni casi, delle epitomi9; infine, le notizie che ci fornisce sono talvolta contraddette da altre fonti e frammenti10.

1 Allen 1924 pp. 71- 77; ad esempio, Aethiopis, Ilias Parva e Iliou Persis sono uno la prosecuzione dell'altro (p. 72).

2 Burgess 2009 p. 346.

3 Rzach “Kyklos”; col. 2347. Burgess 2009 in Foley J. M. 2009, p. 345: “”the Epic Cycle represents a literary manifestation of a longstanding notional arrangement of early Greek Myth”; aggiunge però “But the Epic Cycle is far from comprehensive, and by no means should the Cycle poems be considered the sole or most authoritative narratives for their myth”; infine (p. 348): “it will be clear that the Epic Cycle does not seem to have existed as a unit before the Hellenistic Period, though the poems that later were gathered into it stem at least from the Archaic Age.”

4 Rzach “Kyklos”; col. 2347; cfr. Schol. Hom. Od. 2, 120: … ὡς ἐν τῷ Κύκλῳ φέρεται; Athen. VII, Kaibel 5, 33: ἔχαιρε δὲ Σοφοκλῆς τῷ ἐπικῷ κύκλῳ, ὡς καὶ ὅλα δράματα ποιῆσαι κατακολουθῶν τῇ ἐν τούτῳ μυθοποιίᾳ.’

5 Il noto filosofo neoplatonico morì nel 485 d. C.; alcuni dubitano che il Proclo neoplatonico sia lo stesso Proclo che ha parlato del Ciclo Epico, poiché ritengono che gli interessi filosofici non possano coniugarsi con gli interessi filologici; si pensa quindi ad un altro Proclo, che si colloca nel sec. II d. C.; tuttavia sono state sollevate diverse obiezioni a questa convinzione; si dubita anche del fatto che all'epoca del Proclo neoplatonico i poemi del Ciclo Epico potessero ancora essere letti. Allen 1924 pp. 51-60, con bibliografia delle argomentazioni pro e contro, propende sia per l'ipotesi dell'identificazione del Proclo filologo con il Proclo neoplatonico, sia per l'ipotesi che all'epoca del Proclo neoplatonico i poemi del Ciclo Epico fossero ancora leggibili, come dimostrerebbero le testimonianze degli studiosi successivi, e altri dati che vengono analizzati dallo studioso; cfr. anche Rzach “Kyklos”; coll. 2351-2352), Cerri 2000c p. 31.

6 Suid. s. v. Προκλος (Π 2473).

7 Phot., Bibl. Cod. 239; titolo (318b.) Ανεγνώσθη ἐκ τοῦ ἐπιγραφομένου βιβλίου Π ρ ο κ λ ο υ χρηστομαθείας γραμματικῆς ἐκλογαί. Ἔστι δὲ τὸ βιβλίον εἰς δʹ διῃρημένον λογους. Da un'osservazione posta nella conclusione, sembra che si tratti dell'epitome di un'epitome. Tuttavia non tutto quello che leggiamo in Proclo è da intendersi come derivato dal Ciclo Epico; si ritiene generalmente che Proclo abbia usato anche altre fonti, se non una o più sintesi intermedie che potrebbero essere state utilizzate anche da Apollodoro (Rzach “Kyklos”; col. 2352-2353).

8 Si tratta di un'epitome più dettagliata di quella di Fozio, ma che riporta solo una sezione dell'epos, vale a dire la vita di Omero e una sintesi di alcuni poemi del Ciclo Epico; si tratta di due gruppi distinti di manoscritti dell'Iliade: Ven. 454 (Ven. A) e una famiglia di manoscritti (s) il più antico dei quali è E 4 (Escorialensis Ω i. 12, sec. XI); ved. Allen 1924 pp. 52-53, con indicazioni bibliografiche; Rzach “Kyklos”;col. 2352; le testimonianze Bernabé PEG I pp. 1-8.

9 Rzach “Kyklos”, coll. 2353-2354 con esempi.

Altre fonti antiche interessanti sono le Tabulae Iliacae, in particolare la Tabula Iliaca Borgia (sec. I d. C.); tuttavia le sue condizioni estremamente frammentarie ne limitano la fruibilità1.

Il Ciclo è poi citato in modo allusivo in diverse testimonianze antiche, il che prova se non altro che era percepito come un complesso unitario2; come si diceva sopra, il Ciclo è stato ampiamente utilizzato, nelle epoche successive alla sua composizione, dagli scrittori di diversi generi letterari; tuttavia desumere sic et simpliciter i contenuti del Ciclo da tali opere sarebbe un'operazione impropria, data l'enorme varietà delle versioni mitiche epicoriche nel patrimonio culturale greco3; inoltre spesso anche gli scrittori che scrivono di aver letto questo o quel poema del ciclo epico, ne dimostrano poi una conoscenza di seconda mano4.

Come si nota nel testo qui riportato e nei due testi seguenti, dal contenuto analogo, il Ciclo iniziava con la narrazione di una cosmo-teogonia il cui atto iniziale sembra essere quello dell'unione tra Ouranos e Ghe (dunque non si parla di un'unica entità primordiale, ma di una unione primordiale); la narrazione proseguiva attraverso i vari poemi fino all'uccisione di Odisseo.

Ciclus Epicus T 14 Bernabé p. 4 (om. West) = (II) Arethas ad Euseb. Praep. Ev. 1, 10, 40

p. 428 Mras

τοὺς περὶ τὸν ἐπικὸν καλούμενον κύκλον ποιητὰς λέγει. Οὗτος δὲ (Mras: οὐδὲ Schol.: οὗτος ed. pr.) ὁ ἐπικὸς καλούμενος κύκλος ἄρχεται μὲν ἐκ τῆς Οὐρανοῦ καὶ Γῆς μίξεως μυθολογουμένης καὶ περατοῦται συμπληρούμενος ἐκ διαφορων ποιητῶν μέχρι τῆς εἰς Ἰθάκην ἀποβάσεως Ὀδυσσέως, εν ἧι καὶ ὑπὸ τοῦ παιδὸς Τηλεγονου (Τηλέγονος Schol.: corr. edd.) ἀγνοούμενος ὡς πατὴρ εἴη κτείνυται.

“(Proclo) Enumera poi i poeti del cosidetto ciclo epico. E questo Ciclo Epico inizia dall'unione raccontata dal mito fra Ouranos e Ghe, ed è composto dall'unione dei componimenti di diversi poeti, fino all'arrivo di Odisseo a Itaca, quando, non essendo stato riconosciuto dal figlio come padre, viene ucciso”.

Per questo passo rimando al mio commento a Theogonia, argumentum Bernabé p. 9.

Ciclus Epicus T 15 Bernabé p. 4 (om. West) = Et. M. 327, 39 sgg. Kallierghes, s. v.

Ἔλεγος.

Ἐκ τοῦ περὶ Χρηστομαθίας Προκλου·

Ὁ μέντοι ἐπικὸς κύκλος ἄρχεται μὲν ἐκ τῆς μυθολογουμένης Οὐρανοῦ καὶ Γῆς μίξεως· ἀφ’ ἧς Ἑκατοντάχειρες γίνονται.

1 Cyclus Epicus T 2 Bernabé PEG I p. 1; CIG III 6129 (Franz); IG XIV 1292 (Kaibel). Un'edizione con commento è in Sadurska 1964, in particolare pp. 58-61; si tratta di un frammento piuttosto piccolo, di cm. 4, 5 di altezza per 8, 5 di larghezza; la provenienza è sconosciuta; nel 1784, dopo aver cambiato diversi proprietari, è registrata come appartenente alla collezione privata del cardinal Borgia a Velletri, da cui il nome; dal 1820 si trova al Museo Nazionale di Napoli; sul recto porta bassorilievi di difficile interpretazione con iscrizioni (tra cui Danais fr. 2 Bernabé, riportato infra); sul verso porta un'iscrizione estremamente mutila (nessuno dei margini originali è rimasto visibile), che contiene alcune informazioni sul Ciclo Epico: i titoli di Danaide, Edipodia e Tebaide e l'indicazione frammentaria del numero dei versi.

2 Le testimonianze sono raccolte in Rzach “Kyklos”.

3 Rzach “Kyklos”;, in particolare col. 2350; lo studioso si sofferma anche sulle possibili fonti iconografiche del Ciclo Epico.

Καὶ ἑξῆς,

Διαπορεύεται δὲ τά τε ἄλλως περὶ θεῶν τοῖς Ἕλλησι μυθολογούμενα, καὶ εἴ που τι καὶ πρὸς ἱστορίαν ἐξαληθίζεται. Περατοῦται δὲ ἐξ διαφορων ποιητῶν συμπληρούμενος, μέχρι Ὀδυσσέως· ὧν καὶ ὀνοματα καὶ πατρίδας φησὶν ὁ αὐτος.

“Dalla Chrestomathia di Proclo:

Il ciclo epico inizia dalla narrazione mitica dell'unione tra Ouranos e Ghe, dalla quale nascono gli Ecatonchiri.

E di seguito:

Passa in rassegna inoltre le vicende raccontate nei miti dai Greci riguardo agli dèi, ed evidenzia se mai venga detto qualcosa di interessante riguardo alla storia. Cerca di unire i componimenti di diversi poeti, fino a Odisseo; egli dice di questi anche il nome e la patria.1

Theogonia, argumentum Bernabé p. 9 = Apollod., Bibl. 1, 1 – 2, 1, 1

= fr. 6 Eumelus (Titanomachia) West = Apollod., Bibl. 1, 2, 1

Dato che il passo è piuttosto lungo, invece di riportarlo ne tratteggio una sintesi:

Ouranos sposa Ghe e generano come primi figli gli Ecatonchiri (Briareo, Cotto, Gige); dopo questi, Ghe genera con lui i Ciclopi, che Ouranos getta nel Tartaro; il Tartaro è un luogo oscuro nell'Ade, che dista dalla terra tanto quanto questa dista dal cielo.

Ouranos, dopo aver gettato i Ciclopi nel Tartaro, genera da Ghe i Titani (Oceano, Koios, Hyperion, Crios, Iapeto e Kronos) e le Titanidi (Thētys, Rhea, Themis, Mnemosyne, Phoebe, Dione, Thia). Ghe, adirata per la perdita dei figli gettati nel Tartaro, convince i Titani a ribellarsi al padre; Kronos risponde positivamente alla richiesta della madre.

Kronos, dopo aver portato a compimento la promessa di aiutare Ghe, fa prima risalire i fratelli relegati nel Tartaro perché lo aiutino a prendere il potere; subito dopo li relega di nuovo nel Tartaro e sposa la propria sorella, Rhea; Ghe ed Ouranos gli profetizzano che sarà spodestato da uno dei suoi figli; in conseguenza di questa profezia, Kronos li divora appena escono dal ventre della sua sposa.

Zeus, che è stato sottratto a questa sorte, grazie all'aiuto di Metis, fa prendere a Kronos un emetico per permettere ai propri fratelli di uscire dal ventre del padre; poi dà inizio ad un combattimento contro Kronos e i Titani; Dopo qualche tempo, Ghe profetizza a Zeus la vittoria se richiamerà coloro che sono nel Tartaro. Zeus libera i Centimani e i Ciclopi; questi ultimi consegnano i rispettivi attributi a Zeus (tuono, fulmine e saette), Plutone (elmo che rende invisibili) e Poseidone (tridente); i tre dèi si dividono quindi il potere. Ghe compare ancora quando si enumera la discendenza dall'unione con Pontos (1, 2).

Ghe successivamente insieme ad Ouranos genera i Giganti, esseri mostruosi con la coda di serpente al posto dei piedi; due di essi vengono successivamente uccisi da Eracle, con l'aiuto di Zeus, ed altri da varie divinità o da Zeus stesso; infine Gaia si unisce a Tartaro e partorisce Tifone, il più temibile dei suoi figli; gli altri dèi si spaventano e fuggono in Egitto, e rimane soltanto Zeus, che dopo un primo attacco sembra debba avere la peggio, ma riesce infine a reagire e schiaccia il mostro sotto l'Etna (1, 6).

Ghe torna di nuovo in 2, 1, dove si dice che da essa e da Tartaro nasce Echidna.

Di Demetra, Apollodoro racconta la nascita da Kronos e Rhea (1,1); poi l'episodio del rapimento di Persefone (1, 5): Demetra cercò la figlia vagando notte e giorno con le fiaccole in mano; infine seppe dalla gente di Hermione che era stata rapita da Plutone; adirata, 1 Ved. commento a Theogonia, argumentum Bernabé p. 9.

abbandonò il consesso degli dèi, prese sembianze mortali e si recò ad Eleusi, dove si sedette sulla roccia “senza sorriso”(Αγέλαστον) presso il pozzo Callicoro; si recò poi alla reggia di Celeo, dove Iambe riuscì a farla ridere, fatto che viene ritenuto all'origine degli scherzi scommatici nelle Tesmoforie. A Demetra venne quindi affidato Demofonte, figlio di Metanira e Celeo; la dea cercava di renderlo immortale immergendolo nel fuoco, ma Metanira la spiò, e quando vide che il figlio veniva immerso nel fuoco, gridò; Demofonte fu quindi consumato dal fuoco. Allora Demetra si rivelò; poi diede a Trittolemo, figlio maggiore di Metanira, un carro guidato da draghi alati, perché dall'alto seminasse il frumento (fornito dalla dea) sulla terra. Secondo Paniassi, dice Apollodoro, Trittolemo era figlio di Eleusi; secondo Ferecide era invece figlio di Oceano e Ghe. Infine, Demetra punì Ascalafo, che aveva visto Persefone mangiare un chicco di melagrana mentre era negli Inferi, e aveva fatto la spia ad Hades, fatto che costrinse la dea a rimanere negli Inferi per un terzo dell'anno.

In seguito (2, 1) si afferma che Demetra viene chiamata Iside dagli Egizi.

Come è naturale, il primo poema del Ciclo Epico è una narrazione cosmo-teogonica, che nella fattispecie, se dobbiamo attribuire alle parole di Fozio / Proclo, di Arethas e dell'Etymologicum Magnum sopra citate il valore di testimoni di tale tradizione, prende avvio dall'unione tra Ouranos e Ghe.

Nella cultura greca esistevano diversi racconti teogonici, con differenze anche rilevanti tra loro: ad esempio, per citare passi che sono stati esaminati e commentati in questo studio, se in Esiodo il principio primordiale è Chaos, al quale si affiancano Gaia ed Eros (Th. 116- 120)1, in Omero ha invece un ruolo teogonico primordiale la coppia originaria costituita da Oceano e Tēthys (Il. 14, 201; 245-246)2. Abbiamo poi tracce di un racconto secondo il quale il principio primordiale sarebbe stato costituito da un'unità indifferenziata formata da Ouranos e Ghe; con la loro separazione avrebbero dato inizio alla bisessualità e alla generazione3.

Il poema teogonico del Ciclo Epico raccontava, a quanto pare, una versione differente: Ouranos non apparteneva ad una fase secondaria della generazione come in Esiodo (dove invece è figlio di Gaia prima di esserne lo sposo), ma la sua unione con Gaia avrebbe costituito il primo atto generativo; aggiungo qui che Huxley ha interpretato il testo di Apollodoro nel senso che Ouranos potrebbe essere stato la prima divinità che abbia mai regnato sul cosmo4. Secondo Allen, Apollodoro avrebbe usato un numero maggiore di fonti rispetto a Proclo; la somiglianza lessicale sarebbe dovuta al fatto che parte di queste fonti era comune5.

Titanomachia (Eumelus vel Arctinus) fr. 3 Bernabé p. 12 = Eumelus (Titanomachia) fr. 3a

West = Schol. Ap. R. 1, 1165c (105, 18 Wendel)

… Εὔμηλος δὲ ἐν τῇ Τιτανομαχίᾳ (Titan. fr. 2 Kink. 6) τὸν Αἰγαίωνα Γῆς καὶ Ποντου φησὶ 1 Secondo alcuni sarebbe un principio primordiale anche Tartaro, il cui nome tuttavia è di genere neutro; e non è possibile stabilire con certezza se la sua citazione nella Teogonia esiodea sia al nominativo o all'accusativo. 2 Anche Notte (Il. 14, 259-261) ha un ruolo di particolare importanza, tanto da poter contrastare Zeus.

3 Eur. fr. 484 Nauck2: κοὐκ ἐμὸς ὁ μῦθος, ἀλλ’ ἐμῆς μητρὸς πάρα, / ὡς οὐρανος τε γαῖά τ’ ἦν μορφὴ μία· / ἐπεὶ δ’ ἐχωρίσθησαν ἀλλήλων δίχα, / τίκτουσι πάντα κἀνέδωκαν εἰς φάος, / δένδρη, πετεινά, θῆρας οὕς θ’ ἅλμη τρέφει /γένος τε θνητῶν. Huxley 1969 p. 21 fa notare come in questo elenco non siano presenti gli dèi, ma dato che questo passo è un frammento, ritiene possibile che fossero citati in una porzione successiva di testo, a noi non pervenuta. Che Ouranos e Ghe costituissero un'unità indifferenziata anche nel Ciclo Epico non è scritto nelle fonti a noi pervenute citate, ma è un'inferenza, plausibile, di Huxley 1969 p. 21.

4 Huxley 1969 p. 22. 5 Allen 1964 p. 60.

παῖδα, κατοικοῦντα δὲ ἐν τῇ θαλάσσῃ τοῖς Τιτᾶσι συμμαχεῖν. καὶ Ἴων φησὶν ἐν διθυράμβῳ (fg 11 B. II 255) ἐκ μὲν τοῦ πελάγους αὐτὸν παρακληθέντα ὑπὸ Θέτιδος ἀναχθῆναι φυλάξοντα τὸν Δία, Θαλάσσης δὲ παῖδα. ἄλλοι δὲ θαλάσσιον θηρίον φασὶ τοῦτον.

“... Eumelo nella Titanomachia dice invece che Egeone era figlio di Ghe e di Pontos e che abitando nel mare combatté dalla parte dei Titani1. E Ione dice nel ditirambo che esso fu richiamato dal mare e fu fatto risalire da Thetis per proteggere Zeus, e che era figlio di Thalassa. Altri dicono che questi era un mostro marino”.

Eumelus fr. 3d West (om. Bernabé) = Servius auctus ad Aen. 10, 565 Aegeon

Alii hunc ex Terra et Ponto natum dicunt, qui habuit Coeum2 et Gygen fratres. Hic contra Titanas Iovi adfuisse dicitur, vel ut quidam volunt Saturno.

“Altri dicono che [Egeone] era nato da Ghe e Pontos, ed ebbe Ceo e Gige come fratelli. Si dice che questo abbia aiutato Giove contro i Titani, o che abbia aiutato Saturno, come dicono altri”.

Come si evince dal testo, l'attribuzione della paternità della Titanomachia non è univoca: lo scoliasta ad Apollonio Rodio, nel passo sopra riportato, la attribuisce ad Eumelo; Ateneo la attribuisce a Eumelo o Arctino3; altre testimonianze sono più generiche4; secondo Huxley il titolo di Titanomachia sarebbe ellenistico, ma l'attribuzione ad autori di età arcaica proverebbe quanto meno che il poema era percepito come un componimento di età arcaica5.

Egeone è uno degli Ecatonchiri anche nell'Iliade (1, 402 sgg.), dove si precisa che