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Fr. 17 Voigt = fr. 17 L.-P. = fr. 26 Gall. = PSI 123, 3-12; POxy 1231 fr. 1, coll. II 2-21+2166 (a) 3; 2289 fr. 9. πλάσιον δη μ᾽ [εὐχομέναι φανείη ποτνι’ Ἤρα σὰ χ[αρίεσσα μορφα τὰν ἀράταν Ατ[ρέιδαι κλῆ- ⸏τοι βασίληες· ἐκτελέσσαντες μ[άλα πολλ᾽ ἄεθλα, 5 πρῶτα μὲν πὲρ Ἴ[λιον, ἔν τε ποντωι τυίδ’ ἀπορμάθεν[τες, ὄδον περαίνην ⸏οὐκ ἐδύναντο, πρὶν σὲ καὶ Δί’ ἀντ[ίαον κάλεσσαι καὶ Θυώνας ἰμε̣[ροεντα παῖδα· 10 νῦν δὲ κ[ἄμοι πραϋμένης ἄρεξον ⸏κὰτ τὸ πάλ̣[αιον ἄγνα καὶ κα̣[ π]αρθ[εν ἀ]μφι.[ 15 ⸏[ ] [ ] .[.].νιλ[ ἔμμενα̣[ [?]ρἀπικε[ ]

“Αccanto a me [che prego, appaia la tua graziosa forma], Hera veneranda, a cui rivolsero preghiere gli Atridi, re [illustri;] avendo compiuto [moltissime imprese], dapprima ad [Ilio, poi per mare], dopo essere sbarcati qui non riuscirono a [portare a compimento il loro viaggio, prima [d'aver invocato] te, Zeus Antiaos e l'amabile [figlio] di Thyone; ora [soccorri benevola anche me], come già prima [ ] vergin[ ] … intorno... essere...”

Saffo prega Hera di assisterla, come già fece la dea in passato nei confronti degli Atridi, durante quello che evidentemente fu il loro viaggio di ritorno da Troia; fecero tappa a Lesbo ma non riuscivano a ripartire; per questo pregarono gli dèi; a quanto leggiamo, gli Atridi, oltre a Hera, invocarono anche Zeus Antiaos – citato dunque con lo stesso epiteto che abbiamo letto nel frammento di Alceo – e Dioniso, definito “figlio di Thyone”.

Saffo fa riferimento ad una variante locale rispetto al racconto di Od. 3, v. 130 sgg. sull'organizzazione del ritorno da parte degli Achei: nella versione omerica raccontata da Nestore, dopo la conquista di Troia i due Atridi entrano in conflitto riguardo alla partenza; 1 Ediz. Page 1955 (a cui si devono le integrazioni, talvolta accolte da edizioni critiche di curatori precedenti,

Agamennone vuole restare per compiere sacrifici alla dea Atena1, mentre Menelao vuole ripartire; viene convocata l'assemblea degli Achei, i quali in preda all'ubriachezza a seguito della vittoria tanto attesa, decidono di dividersi: alcuni seguiranno Agamennone, altri Menelao, il quale salpa con Nestore e Odisseo; quando giungono a Tenedo scoppia fra i tre un ulteriore diverbio, e quindi si separano; Odisseo torna con i suoi e altri da Agamennone, mentre Nestore si dirige verso l'isola di Lesbo2, e viene raggiunto solo più tardi da Menelao; qui chiedono a Zeus un prodigio che faccia capire quale sia la rotta più sicura da seguire; Nestore racconta che il dio spinge a tagliare attraverso il mare in direzione dell'Eubea; così fanno in effetti sia Nestore che Diomede, i quali in pochi giorni raggiungono rispettivamente Pilo e Argo. Di Menelao non si dice nulla, ma nel canto 4° dell'Odissea Menelao stesso racconta di essersi fermato in Egitto, e di essere rimasto parecchio tempo bloccato a Faro, perché non aveva compiuto le ecatombi dovute agli dèi; da qui riuscì poi a salpare solo grazie alle indicazioni del dio marino Proteo, per giungere poi a casa in breve tempo.

La versione cui allude Saffo racconta invece una vicenda diversa: gli Atridi salparono evidentemente insieme da Troia (dunque non litigarono, o si riappacificarono in tempi rapidi), ed effettuarono una sosta a Lesbo; qui però rimasero bloccati; dovettero supplicare in primo luogo Hera, e insieme a lei Ζεύς Αντίαος e Dioniso, definito come figlio di Thyone; inoltre mentre nella versione odissiaca Zeus viene pregato perché indichi il percorso preferibile tra due possibili (a nord di Chio verso Psyria o a sud di Chio verso la ventosa Mimas), nella versione di Saffo gli Atridi sembrano essere in difficoltà più gravi, che impediscono loro la ripresa stessa del viaggio. Una versione della vicenda simile a questa, potrebbe essere sottintesa secondo Page nell'Agamennone3, quando apparentemente l'araldo racconta che Menelao ed Agamennone partirono da Troia e furono sorpresi dalla tempesta mentre erano insieme. Saffo sembra mettere l'accento sul fatto che in quella circostanza Hera si manifestò agli Atridi e concesse loro le condizioni adatte alla ripresa del viaggio; in maniera analoga, la poetessa chiede che ora la dea si manifesti anche a lei concedendole quello che chiede (e che non sembra possa essere dedotto dal testo a noi pervenuto).

A proposito della richiesta di Saffo, Johnson ipotizza che4, nel caso il frammento appartenga ad un genere corale e pubblico, si possa pensare ad un inno dedicato ad Hera durante una festa in suo onore che poteva includere un pellegrinaggio al tempio dedicato alla triade; l'inno poteva forse contenere la richiesta di assistere i pellegrini, così come erano stati assistiti gli Atridi nel momento del bisogno. Che i versi siano stati composti per un'occasione pubblica, potrebbe inoltre essere confermato dall'esistenza stessa di un santuario dedicato alle tre divinità.

Soffermiamoci brevemente sul modo in cui vengono designate le tre divinità nei due testi di Alceo e Saffo.

Ai vv. 6-7 Alceo scrive Αἰολήιαν [κ]υδαλίμαν θέον πάντων γενέθλαν.

Secondo Page, Αἰολήιαν, con dittongo ηι di quantità lunga, deriva da Αιολο-, quindi ha il significato di “dea di Eolo”, e non da Αιοληῐαν, che significherebbe “dea degli Eoli”, anche se si può presumere che “Eolo” indichi l'eroe eponimo di una popolazione5.

1 I motivi dell'ira di Atena non sono specificati, ma forse dipendono dalla violenza usata nel tempio della dea ai danni di Cassandra da Aiace Oileo (cfr. Od. 4, 502). Ved. Odissea 1981-1986, vol. I, pp. 289-290 ad loc. Per questa sezione, ved. Page 1955 pp. 59- 61; Johnson 2007 pp. 56-57.

2 Tra l'isola di Tenedo e l'isola di Lesbo ci sono circa km. 50; ved. Odissea 1981-1986, vol. I, p. 290 ad loc. 3 Page 1955 p. 60; Aesch., Ag. 617-679.

4 Johnson 2007 pp. 55; le παρθένοι al v. 14 (ma con lettura dubbia; il termine potrebbe, ad esempio, essere riferito ad una dea) farebbero pensare ad un coro femminile.

Κυδαλίμος è un epiteto di uso epico dal significato di “famoso”, “glorioso”; è usato in riferimento agli eroi Menelao (Il. 4, 100; 4, 177), Aiace (Il. 15, 415), Achille (Il. 20, 439), Nestore (Il. 19, 238), Capaneo (Il. 4, 403), Ulisse (Od. 3, 219; 22, 89), ma anche per un cuore coraggioso (Il. 12, 45). Il significato è confermato dai lessici antichi1.

Θεος per indicare una dea è di uso corrente nelle più antiche iscrizioni eoliche, ma si trova solo qui in Saffo e Alceo, che usano θεος in riferimento ad una divinità maschile; θεά non è presente in Alceo, e in Saffo ricorre in fr. 96, 4 (θέαι, probabilmente un dativo singolare) e fr. 96, 2121 (θέαισι), in passaggi di interpretazione non univoca.

A proposito di πάντων γενέθλαν, è stato osservato che usualmente γενέθλα significa “razza”, “stirpe”2; nel testo di Alceo acquista un senso non documentato altrove: “genitrice”3; Page propone un confronto con παντογένεθλος che in Orph. Hymn. 15, 7 è epiteto di Zeus4, e in Orph. Hymn. 16, 4 è epiteto di Hera; in Orph. Hymn. 58, 6 gli πνεύματα παντογένεθλα sono nutriti dalla θεὰ χλοοκαρπος, che normalmente è Hera, che in Orph. Hymn. 16, 4 è invocata come ἀνέμων τροφέ, παντογένεθλε5.

Così è definita la dea in Alceo; Saffo invece la invoca come ποτνι’ Ἤρα – se pure si tratta della stessa divinità.

Zeus è definito sia in Alceo (v. 5) che in Saffo (v. 9)6 ἀντίαος, che una nota marginale ad Alceo in POxy. XVIII 2166c, fr. 6 (= POxy XI 1360, frr. 10+24) spiega con [ἀντα]ῖος, ἱκέσιος “protettore dei supplici”; si tratta infatti della forma lesbia dell'attico ἀνταῖος oppure ἀντίος7.

Dioniso è definito da Alceo τονδε κεμήλιον … Ζοννυσσον ὠμήσταν (vv. 8-9); se κεμήλιος sia da intendersi come epiteto di Dioniso, non è certo; chi lo intende come tale, gli attribuisce il significato di “cerbiatto”8 (in ogni caso l'atto di divorare carne cruda è tipico dei riti dionisiaci9. In Saffo (v. 10) Dioniso è citato, con integrazione proposta da Page, come Θυώνας ἰμε̣[ροεντα παῖδα·

Le tre divinità sono citate nei due autori in contesti diversi: Alceo si trova in un grande santuario comune e rivolge una ἀρά alle divinità qui venerate, vale a dire, nell'ordine, Zeus, la gloriosa dea Eolia e Dioniso; Saffo rivolge una supplica a Hera, che in un tempo lontano fu pregata con successo dagli Atridi, i quali si erano rivolti anche a Zeus e a Dioniso.

Poco dopo la pubblicazione del frammento di Alceo, Gallavotti ha sostenuto l'esistenza di una triade lesbia anche sulla base di un confronto con una tavoletta micenea ritrovata a Pilo

1 Hesych. (4404.) *κ υ δ α λ ί μ η · ἔνδοξος, τιμία (Avg). E. M. 543, 31: Κυδάλιμος: Ἐκ τοῦ κῦδος γίνεται κύδιμος· καὶ πλεονασμῷ τῆς ΑΛ συλλαβῆς, κυδάλιμος, ὁ ἔνδοξος. Zonaras k 1262 Κυδάλιμος. ὁ δίυγρος. λέγεται δὲ καὶ ὁ ἔνδοξος καὶ ἔντιμος. ἀπὸ τοῦ κῦδος, ὃ σημαίνει τὴν δοξαν.

2 Od. 4, 232: Polidamna, sposa di Thone, di stirpe egizia, ha insegnato ad Elena l'uso di molti rimedi; in Egitto infatto ognuno è medico, in quanto sono “stirpe di Peone” Παιήονος... γενέθλης (Peone nell'Iliade 5, 401, 899 è medico degli dèi).

3 Page 1955 p. 164 ad loc.: “not the born but the bearer”.

4 Page 1955 p. 164 ad loc. Ricciardelli 2000 p. 300 ad loc. propone di interpretare in questo caso l'aggettivo come γενέθλιος, “antenato” (cfr. Pind. Pyth. 4, 167; Ol. 8, 16); inoltre ricorda che Zeus viene ricordato come colui che è principio, centro e fine di tutto (Plat. Leg. 4, 715 e = Orph. Fr. 21 Kern). In Orph. Hymn. 4, 1 Ouranos è invocato come παγγενέτωρ.

5 Altri studiosi proprongono un'identificazione con Demetra o Persefone; bibliografia in Ricciardelli 2000 pp. 458-459.

6 Δί᾽ἀντ[ίαον suppl. Lobel.

7 cfr. Hesych. s. v. 5307. ἀνταία· ἐναντία. ἱκέσιος. Cfr. Il. 22, 113 e scolio T: ἀντίος· τινὲς ἱκέτης, ὅθεν ἀνταῖος ἱκέσιος Ζεὺς παρὰ Ἱπποβοτῳ·

8 Ved. il mio commento poco sopra.

e risalente al 1300 a. C. circa1: PY Tn 316 (già Kn 02)2; si tratterebbe di offerte votive per divinità connesse con l'inizio della stagione favorevole alla navigazione (dunque una situazione coerente con quella relativa agli Atridi descritta da Saffo), e decretate dal governo di Pylos. Il testo è suddiviso in diverse rubriche, ciascuna dedicata ad una divinità o ad un gruppo di divinità; la terza rubrica è dedicata ad una triade nella quale la posizione di maggior rilievo sembra essere destinata a Zeus. Alcune offerte sono dedicate a diwe, altre a era e a dirimijo diwe ijewe

La triade sarebbe così composta:

diwe (:diwei), cioè arg. Διϝί, cfr. cypr. Διϝεί-φιλος, att. Διει-τρεφής era (:herai), cioè Ἥραι

dirimijo diwe ijewe, che sarà da interpretare come Dioniso3.

Secondo Gallavotti la triade coincide con quella lesbia, ad eccezione del fatto che in quest'ultima la posizione preminente è passata a Hera, come testimonierebbe anche il confronto con il frammento di Saffo citato qui sopra; dunque il relativo temenos sarebbe un Heraion; ma non solo; gli attributi che Alceo utilizza per la dea “la raffigurano … come una delle magnae matres anatoliche o piuttosto egeiche”4; Gallavotti prosegue spiegando che “Il pantheon omerico... è in gran parte creazione di Omero stesso e dell'ambiente ionico”; e la dimostrazione del fatto che la dea citata da Alceo, sebbene identificabile con Hera, non sia tuttavia equivalente alla Hera omerica, starebbe nella struttura stessa della triade: appare curioso che figuri come madre di Dioniso proprio colei che inizia a perseguitare il giovane dio ancor prima della sua nascita, per una gelosa rivalità nei confronti della madre; ma Dioniso, prosegue Gallavotti, “è figlio di Zeus e di Semele, cfr. phryg. ζεμελω, cioè la terra, che è appunto una magna mater come la Hera lesbia, la ποτνια Ἤρα di Saffo”5; “La presenza di Dioniso nella triade con Hera, in tanto è possibile, in quanto questa Hera non è propriamente la Hera omerica; qui assistiamo ora alla formazione stessa dei miti greci...”6.

Secondo Gallavotti, il culto di una coppia divina composta da Zeus ed Hera sarebbe arrivato ai Greci dalla tradizione cultuale della Grecia minoica; l'associazione con Dioniso sarebbe successiva; la triade si sarebbe formata più tardi, sul continente; Dioniso difatti è assente dalle attestazioni di Cnosso, e la sua origine non sarebbe individuabile; dopo l'aggregazione del giovane dio alla coppia divina, la triade sarebbe passata alle genti eolie7; Hera avrebbe assunto i caratteri di una magna mater solo dopo essere arrivata a Lesbo, ma non li possederebbe in modo originario perché, sempre secondo Gallavotti, la Creta minoica sarebbe indoeuropea, e non mediterranea.

Di una triade Zeus – Hera – Dioniso ha parlato, per esempio, anche Charles Picard8. Lo studioso conferma l'identità fra la dea Eolia e Hera, peraltro già sostenuta da altri prima di lui: il frammento di Saffo presenterebbe l'αἴτιον di fondazione del santuario dove Alceo si trova in esilio, e la notizia che gli Atridi avrebbero fondato un santuario dedicato in via prioritaria a Hera risulta coerente con il dato secondo il quale Hera era la dea protettrice 1 Gallavotti 1942.

2 Per una bibliografia sulla tavoletta, ved. Gallavotti 1942 pp. 225-226.

3 Gallavotti 1942 pp. 226-227. L'espressione che indica Dioniso andrebbe letta *δριμίῳ Διὸς υἱεῖ “al pungente figlio di Zeus” (pp. 228-229). Gallavotti ricorda che in PY Xa 102 si legge diwonusojo, che è un'attestazione certa del nome di Dioniso; dunque, una prova del fatto che la divinità era lì conosciuta e venerata.

4 Gallavotti 1942 p. 228. 5 Ibidem.

6 Gallavotti 1942 pp. 234-235. 7 Gallavotti 1942 p. 235.

proprio di Micene, il regno di Agamennone1. Questo dato collocherebbe la fondazione del santuario in un'epoca compresa fra i secc. XIII e XII.

La dea Hera, in posizione centrale e affiancata dalle due divinità maschili, una adulta e l'altra giovane, sarebbe la divinità prioritaria della triade, che si configurerebbe come una triade pre-ellenica2. La priorità della dea sarebbe dimostrata in Saffo dal fatto che viene citata per prima, e in Alceo (dove viene citata dopo Zeus) dal modo in cui viene designata; ciò proverebbe l'affinità cultuale e l'identità tra le due figure divine femminili, sebbene Alceo non la citi per nome3.

D'altronde Hera, che in più luoghi della grecità è venerata come dea della fertilità4, presenta punti di contatto con la dea Terra: In Hom. Hymn. 3, 332 sgg., Hera percuote la terra chiedendo che le sia concesso di avere un figlio da Zeus; ciò le viene concesso, e al compimento del tempo genera Tifone; Tifone, in altre fonti, è figlio di Gaia e Tartaro5; come si ricordava sopra, in un Inno Orfico Hera è definita παντογένεθλος (Orph. Hymn. 16, 4).

L'identificazione con una Dea Madre spiegherebbe meglio la sua presenza in una triade che comprende anche Dioniso: nel mito tradizionale, Hera è una persecutrice di Dioniso, a causa della gelosia nei confronti di Semele; ma in altri testi abbiamo strette associazioni tra Dioniso e una figura di Grande Madre, di cui il giovane dio è paredro; tale tipo di rapporto sarebbe analogo a quello sviluppato con Hera intesa come dea Madre6.

Anche Tarditi vede nella citazione di Alceo e in quella di Saffo una triade divina7; ma secondo lo studioso, a differenza di quanto affermato da Gallavotti, tale triade esprimerebbe la “più antica religiosità egea”: le due divinità maschili sembrano subordinate a una dea che sta nel centro, e “Il titolo che riceve di πάντων γενέθλα ci conferma – quanto già potevamo dedurre dalla supremazia data ad una divinità femminile – che essa non è altro che l'originaria Potnia, la Terra, dal cui grembo sgorga ogni vita”, e la dea egea (questo sì, in accordo con Gallavotti) avrebbe assunto il nome ellenico di Hera, pur continuando a conservare gli attributi originari8.

L'acquisizione da parte della Potnia, continua Tarditi, del nome di Hera, doveva già essere avvenuta in epoca micenea9. Dioniso apparterrebbe al sostrato miceneo10. Un indizio di tale origine potrebbe essere letto nell'epiteto κεμήλιος: in una tavoletta micenea di Pilo (PY Fn 324 r.) si legge infatti ke-me-ri-jo. Tarditi ipotizza che tale termime presenti una connessione con ka-ma, un termine che nelle tavolette micenee indica un tipo di tenuta agricola, e con i suoi derivati ka-ma-e-u, ka-ma-e-we; Esichio conferma καμάν· τὸν ἀγρον. 1 Picard 1946 pp. 455-457.

2 Picard 1946 p. 457 e passim; a p. 472 si accenna a triadi preelleniche samie, milesie, cizicene e della Samotracia.

3 Picard 1946 p. 458.

4 Picard 1946 pp. 458-461 e passim. Hera promuoveva la vegetazione ad es. ad Argo, dove era chiamata Ανθεία (Paus. 2, 22,1). Quando in Argolide veniva celebrato il suo culto, delle ragazze portavano fiori (Pollux, 4, 78: μέλος... ὃ ταῖς ἀνθεσφοροις ἐν Ἥρας ἐπηύλουν). Et. M. s. v. Ἄνθεια: Ἡ Ἥρα· ὅτι ἀνίησι τοὺς καρπούς. Ad Hera erano talvolta dedicati templi specifici, gli Heraia, come ad Olimpia e a Samo.

5 Ved. il mio commento ad Hymn. Hom. 3, 332 sgg.; per l'attribuzione della maternità di Tifeo a Gaia, ved. Hes., Th. 821 con il mio commento ad loc.).

6 Picard 1946 pp. 465-469. 7 Tarditi 1967.

8 Tarditi 1967 p. 107.

9 Tarditi si sofferma ad esempio sul fatto che Hera in Omero sia βοῶπις, e la Magna Mater doveva manifestarsi spesso sotto forma di mucca, come dimostrerebbe il mito di Pasifae; inoltre Dioniso, dio tradizionalmente associato alla Magna Mater, era venerato in Argo come βουγενής, nato da una mucca (Plut., De Is. Et Os. 364 f: Αργείοις δὲ βουγενὴς Διονυσος ἐπίκλην ἐστίν).

Κρῆτες.

Ke-me-ri-jo potrebbe indicare un nome di persona, un “antroponimo in relazione alla vita di campagna”; dunque “l'epiclesi dovrà indicare Dioniso in relazione con la vita agricola, in quanto è un dio della vegetazione o, meglio, nel suo rapporto con la Terra, come appartenente ad essa”1.

Riporto infine il parere di Luigia Achillea Stella: la studiosa, pur non vedendo nei frammenti di Alceo e Saffo la presenza di una triade lesbia, non di meno attribuisce alla dea Eolia l'identità di una Dea Madre2.

La studiosa ritiene che Dioniso non venisse venerato insieme alle altre divinità, ma semplicemente nello stesso ambiente, poiché a lui non era dedicato un altare, ma un κεμήλιον, altra forma di κειμήλιον, con il significato di “offerta votiva preziosa”; tale termine non sarebbe dunque da intendere come epiteto di Dioniso, tanto più che un epiteto effettivamente c'è, ed è ὠμήσταν (v. 9).

Inoltre Zeus non sarebbe presentato in una connessione particolare con Hera: l'epiteto Αντίαος, che corrisponde a ἱκέσιος, sarebbe semplicemente motivato dalla condizione di esule di Alceo, che normalmente invoca Zeus con l'epiteto di πατήρ (cfr. ad es. fr. 69 Voigt = fr. 69 L.-P.); inoltre Zeus era venerato in modo particolare a Mitilene, al di fuori di qualunque gruppo triadico3.

Questo non significa che la dea Eolia non abbia un valore particolare, tutt'altro. Secondo la Stella la “dea Eolia sembra d'altro canto rivestire un ruolo di rilievo molto più ampio rispetto alle due divinità maschili”; la studiosa ritiene piuttosto significativo il fatto che la dea non venga citata con un nome, ma con un semplice epiteto; sostiene che neanche nel frammento di Saffo che cita Hera insieme a Zeus e Dioniso si possa parlare di una triade lesbia4; passa poi a vagliare le possibilità che la dea Eolia possa essere identificata con altre dee, quali Atena o Artemide; dopo aver scartato tutte queste possibilità5, la Stella esclude anche che la dea Eolia sia da identificare con Ghe; indizi che potrebbero avvalorare tale tesi sono la presenza di un'ἀρά e la citazione dell'Erinni: Ghe, Zeus ed Erinni sono infatti presenti in formule di imprecazione e di giuramento dall'età arcaica in poi6; e l' ἀρά pronunciata in tale contesto, nel τέμενος dedicato all'Eolia / Ghe, verrebbe ad assumere una particolare forza – una forza commisurata a quella che sarebbe dovuta essere la sacralità del giuramento pronunciato da Alceo ed i suoi compagni, Pittaco incluso, tempo addietro7; la studiosa tuttavia finisce con il considerare anche tale ipotesi non sostenibile, poiché il culto di Ghe è in generale scarsamente attestato nel mondo greco.

Arriva dunque alla conclusione che “la dea Aioleia... non sia da identificare con alcuna della maggiori divinità greche; che sia una divinità locale, uno dei tanti aspetti della dea madre8: divinità locale non mai assurta agli onori del culto panellenico, come altre divinità 1 Tarditi 1967 p. 111.

2 Stella 1956.

3 Stella 1956 pp. 326-327.

4 Una differenza rilevante fra la citazione di Saffo e quella di Alceo consisterebbe nel fatto che Saffo racconta un mito, mentre Alceo accenna ad un culto; e nulla dice che siano collegati (Stella 1956 p. 330).

5 Artemide e Atena sono due dee vergini, non delle progenitrici (Stella 1956 p. 328); Hera è generalmente venerata come Argiva, non come Eolia; cfr. PY Tn 316, 9 – 172 Ventris (Stella 1956 p. 329).

6 Stella 1956 p. 327. Cfr. Il. 1, 245; Il. 3, 103-104; Il. 3, 276-280; Il. 3, 298-301; Il. 4, 158-162; Il. 14, 270-276; Il. 15, 34-43; Il. 19, 258-265; Il. 9, 567-572; Thebais fr. 3 Bernabé p. 24; Od. 2, 80-81; Od. 5, 184-187; Hymn. Hom. 3, 82-87 e 331-344); ved. Sol. fr. 30 GP = fr. 36 West = fr. 24 Diehl = Aristoth. Ath. Pol. 12, 4 con il mio commento a tali testi.

7 Stella 1956 p. 323.

delle isole e di Asia minore...”1.

Una traccia della presenza di tale dea potrebbe essere rimasta nelle narrazioni mitiche sia in fonti antiche che in fonti tarde, del personaggio di Makar Eolio (Αἰολίων), le cui figlie, ninfe o eroine, si chiamano Mitilene e Metimna2; l'epiteto potrebbe significare “figlio di Eolia”, piuttosto che “figlio di Eolo”3; Lesbo, in Timoteo, viene definita “Eolia”, il che non comporta, in assoluto, una dipendenza da Eolo; si potrebbe anzi supporre che come la capostipite degli Eoli fosse intesa, a Lesbo, una dea Eolia4.

Tarditi ne desume che “la dea era ritenuta non solo protettrice dei Lesbi, ma dello stesso loro capostipite, e anche per questo il suo culto va considerato come antichissimo. Il titolo che riceve di πάντων γενέθλα ci conferma – quanto già potevamo dedurre dalla supremazia data ad una divinità femminile – che essa non è altro che l'antica Potnia, la Terra, dal cui grembo sgorga ogni vita”5.

Le attestazioni di triadi cultuali nell'antichità sono piuttosto numerose6.

E la figura della dea Eolia “generatrice di ogni cosa” appare coerente con il dato secondo il quale la figura di Dea Madre / Grande Madre / Madre degli dèi non è tradizionalmente designata con uno specifico nome individuale, ma al limite con nomi di monti o località in cui si è manifestata, ed è pertanto anonima ma legata ad una specifica area geografica (Dindymene, Sipylene, Kybelia ecc.). Non solo: è qui estremamente pertinente il dato sottolineato da Cerri e già ricordato, secondo il quale “Fra i tanti e diversi attributi della Madre degli dèi o Grande Madre, c'era anche quello di divinità marina, alla quale si usava