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CAPITOLO 2. CARICO ASSISTENZIALE E FUNZIONAMENTO FAMILIARE

2.2 Ciclo di vita

Per comprendere in maniera più profonda cosa implichi la malattia, al suo esordio e al suo progredire, è necessario porsi in una prospettiva evolutiva che prenda in considerazione la fase del ciclo di vita in cui la famiglia si trova. Autrici di uno dei più noti modelli di analisi del ciclo di vita familiare, Monica McGoldrick e Betty Carter (2003) individuano l'inizio di tale ciclo al momento della separazione del giovane adulto dalla famiglia di origine. A questa fase segue solitamente la formazione di un nuovo nucleo familiare, in principio con la formazione di una coppia, poi attraverso la nascita di uno o più figli, la loro crescita e così via; i coniugi-genitori della famiglia di origine andranno invece incontro alla tarda età adulta e alla vecchiaia.

Quando si parla dell'impatto della malattia bisogna considerarlo contestualmente sia al ciclo di vita della famiglia che a quello dell'individuo, facendo quindi un'analisi di tipo diacronico su più livelli. Conoscere la fase del ciclo vitale in cui la famiglia si trova, permette di tenere in conto delle esperienze che i suoi membri stanno vivendo

nel presente e di quelle che si apprestano ad affrontare. I rapporti tra ciclo di vita familiare e individuale, nonché quelli intercorrenti tra le diverse generazioni, sono fattori estremamente esplicativi delle modalità con cui ogni membro della famiglia affronterà e si adatterà alla malattia. Anche le credenze familiari ereditate hanno un'enorme rilevanza nel generare risposte funzionali o meno di fronte ad eventi critici quali la malattia, in quanto forniscono cornici interpretative entro le quali organizzare l'esperienza. La capacità della famiglia di fronteggiare questo evento critico dipende molto dalla concezione che essa ne ha e se questa inficia o meno la sua coerenza e integrità. Se queste sono preservate la malattia sarà vista come qualcosa che, seppure difficilmente, può essere affrontata con le risorse di cui la famiglia dispone. Esemplificando, potrebbero esserci delle famiglie che avendo una lunga storia di malattia alle spalle, hanno costruito proprio intorno alla malattia sistemi di credenze e rituali che hanno consolidato nel tempo; oppure sull'altro versante potrebbero esserci famiglie in cui l'insorgere improvviso e precoce di una malattia segna un profondo cambiamento rispetto al tipo di vita precedente, comportandone una generale ridefinizione e perdita di integrità. Le famiglie con un livello di funzionamento più elevato, tendono a considerare la malattia come il prodotto di più cause concomitanti, il che previene dinamiche di colpevolizzazione o reazioni fatalistiche che possono portare a conflitti o immobilità negli sforzi di adattamento (Beavers & Hampson, 2000).

Il ciclo di vita, che tradizionalmente ha una struttura evolutiva come sopra descritta, non deve però essere considerato a priori uguale per tutte le famiglie, bensì valutato in base alle norme culturali e ai cambiamenti sociali del contesto di appartenenza. Questa valutazione è imprescindibile per una corretta comprensione della vita di una specifica famiglia, nonché per aiutarla attraverso la pianificazione di interventi mirati e adattati alle sue caratteristiche.

Per organizzare le variabili che caratterizzano il ciclo vitale e per valutarne la sua evoluzione, possiamo prendere in considerazione il modello assiale di McGoldrick e Carter (2003) che considera l'influenza di fattori di natura differente sul ciclo di vita, a livello individuale, familiare e societario. Per ciascuno di questi livelli le autrici

individuano due assi caratterizzanti: uno verticale e uno orizzontale. A livello individuale, l'asse verticale comprende l'ereditarietà genetica e il temperamento, mentre quello orizzontale lo sviluppo fisico, emotivo, cognitivo e relazionale della persona nel contesto socio-culturale di appartenenza. A livello familiare, sul primo asse ci sono i miti, i paradigmi, le consuetudini di interazione e le aspettative reciproche di comportamento, ereditati a livello intergenerazionale, mentre sul secondo asse viene collocato lo sviluppo della famiglia nelle transizioni da una fase del ciclo di vita all'altra. Infine, a livello socioculturale, l'asse verticale riguarda la storia della società, gli stereotipi, i rapporti di potere e le credenze culturali, che vengono tramandati fra le generazioni, mentre l'asse orizzontale fa invece riferimento ai rapporti all'interno della comunità, agli eventi storici significativi e alle politiche sociali.

Gli eventi che scandiscono le varie fasi del ciclo di vita della famiglia, possono essere normativi se attesi e comuni alla maggior parte delle persone, o paranormativi, se eccezionali e caratterizzanti solo una parte circoscritta della popolazione. La malattia cronica era stata inclusa tra questi ultimi eventi, ma i cambiamenti epidemiologici degli ultimi decenni, che come abbiamo accennato hanno portato ad una diminuzione delle morti causate da affezioni acute a fronte di un aumento dei disturbi cronici, hanno assottigliato la differenza tra eventi normativi e paranormativi nel caso delle malattie; perciò, è oggi necessario approfondire questo argomento e considerare gli effetti che la malattia produce, in relazione anche alle sue caratteristiche peculiari, e alla fase del ciclo vitale in cui fa la sua comparsa. Ci sono condizioni e momenti in cui la famiglia è più povera di risorse e vulnerabile, proprio a causa della specifica fase del ciclo di vita che sta attraversando; quindi, il fatto che un membro della famiglia si ammali di una grave patologia, in una fase piuttosto che in un'altra, è oltremodo rilevante. Se, ad esempio, un evento paranormativo colpisce la famiglia in un periodo di transizione, già di per sé molto attivante, come la nascita di un figlio, la sua minaccia sarà maggiore anche in considerazione di ulteriori fattori che potrebbero essere presenti sull'asse verticale, come problematiche familiari non risolte, e gli esiti potrebbero essere sconvolgenti per gli equilibri del sistema

familiare. In altri casi, invece, la malattia colpisce famiglie che sono già di per sé multiproblematiche, in quanto in crisi da tempo e su più fronti, che in una situazione di questo genere possono impoverirsi ulteriormente delle loro risorse e ritrovarsi in seria difficoltà (Malagoli Togliatti & Rocchietta Tofani, 2002).

Pertanto, l'età d'insorgenza della malattia, e la fase del ciclo di vita individuale e familiare hanno una notevole importanza, sia dal punto di vista del malato che dei suoi cari.

Quando insorge una malattia grave in età adulta, solitamente uno dei sistemi più colpiti è quello della coppia, poiché rappresenta la relazione principale e più duratura in termini di quotidianità condivisa. Nel contesto di una malattia grave e invalidante, gli sforzi comuni in direzione delle relazioni, possono spesso contrastare con le azioni che sono dirette a un tipo di sollievo personale. Questo è ciò che accade a molti caregiver di malati neurologici, che si ritrovano in una situazione in cui è difficile bilanciare i compiti di assistenza con quelli personali (Coyne & Fiske, 1992).

La relazione coniugale viene spesso turbata, se non sconvolta, dall'esperienza della malattia. E' perciò importante che le figure professionali di competenza lavorino per la promozione della resilienza di coppia e per un bilanciamento delle relazioni. Parlando di relazione di coppia, si fa riferimento anche all'intimità, da intendere come una molteplicità di aspetti della relazione: intellettuale, sessuale, spirituale e come area ricreativa. L'intimità è sia verbale che non verbale e implica la percezione del partner come supportivo e fedele. L'importanza dell'intimità cambia a seconda di cultura, classe sociale, stadio del ciclo di vita e genere di appartenenza. Una buona intimità permette ai partner di mantenere la loro autonomia grazie a dei confini ben definiti, di dedicarsi alla relazione interessandosi all'altro e condividendo esperienze e significati, nonché di essere consapevoli della possibilità di perdere il loro compagno. Una sana intimità può aiutare i coniugi a superare le difficoltà imposte dalla malattia.

Affinché ci sia una buona intimità e quindi un sano funzionamento di coppia, è necessaria una buona comunicazione tra i partner. I problemi di salute a lungo

termine, come le malattie neurologiche, aumentano le sfide che la coppia deve affrontare nelle abilità di comunicazione. Se la diade identifica la relazione interamente con la gestione della malattia o della disabilità, lo svago e i momenti ricreativi positivi saranno percepiti come qualcosa di possibile solo all'esterno della vita familiare, andando a creare una spaccatura nella vita di coppia (Rolland, 1994b). Nel contesto di malattie caratterizzate da episodi acuti di malessere o aggravamento dei sintomi e nei casi di malattia ad esordio improvviso, i partner possono interrompere le interazioni sociali per paura che il malato, che deve ridurre gli stress fisici ed emozionali, si agiti troppo, ma questo evitamento protratto nel tempo può facilitare l'isolamento sociale e stati d'animo negativi che si possono ripercuotere sulla salute, sulla relazione e sulla qualità di vita della coppia stessa. In altri casi, invece, i partner evitano le discussioni, con intenti protettivi nei confronti del coniuge malato, mentre sarebbe più adattivo trovare modi adeguati per esprimere il dissenso e arrivare ad un accordo.

Le relazioni paziente-caregiver possono risultare intrinsecamente sbilanciate, governate da ambiguità e dilemmi concernenti la gerarchia e il potere, l'equilibrio tra il dare e il prendere. Le aspettative di condivisione della coppia sono spesso inattuabili in una condizione di disabilità; sorge quindi la necessità di negoziare un nuovo equilibrio per non vivere in una situazione di confusione e tensione. La pianificazione dell'assistenza risulta più o meno facilmente attuabile a seconda del tipo di malattia: in quelle con fasi acute e intermittenti è più facile mantenere dei confini chiari tra la relazione caregiver-malato e quella coniugale, mentre invece nelle condizioni ingravescenti o a decorso incerto la pianificazione e definizione dei confini risulta più complessa (Scheinkman, 1988).

La conoscenza della malattia e del suo decorso fornisce già di per sé alla coppia e alla famiglia delle utili conoscenze e indicazioni. Il tipo di disabilità predice inoltre quali domini della relazione saranno potenzialmente messi in crisi e quali preservati. Ad esempio se la disabilità è solo fisica il malato non potrà più condividere attività di quel tipo con la famiglia, ma le sue abilità comunicative, relazionali ed emotive non saranno necessariamente compromesse. La disabilità ha inoltre un forte impatto sulla

vita sessuale della coppia. Quando una relazione coniugale diventa una relazione paziente-caregiver può divenire più simile ad una relazione bambino-genitore, con una considerevole perdita dell'intimità adulta. In alcune malattie neurologiche si ha una perdita dell'intersse o una disfunzione sessuale da parte del paziente, ma in altre no. Tuttavia, un fondamentale cambiamento nelle capacità necessarie all'intimità, sia fisica che psicologica, oltre a deficit cognitivi, possono provocare nel partner sano una totale perdita d'interesse in quest'area. Questo fenomeno è più frequente quando è l'uomo ad essere compromesso fisicamente e cognitivamente, probabilmente perché la donna tende a separare meno la sessualità dagli altri aspetti dell'intimità; inoltre la donna è più propensa ad assumere un ruolo genitoriale nei confronti del compagno, piuttosto che il contrario, e da questa posizione è meno propensa a sentire attrazione sessuale verso il partner.

Nei rapporti di coppia malato-caregiver è possibile che condizioni di asimmetria quali malattia-salute, disabilità-abilità, dipendenza-indipendenza, elicitino vissuti di risentimento e senso di colpa. Può capitare infatti che il caregiver trattenga i suoi bisogni e rinunci ai suoi obiettivi, come per non offendere il partner inabile. I malati, frustrati dalla loro disabilità, possono provare un sentimento di fastidio nei confronti dell'abilità del partner e, allo stesso tempo, sentirsi in colpa per il fatto di essere un peso per loro e di impedirgli una vita normale; ciò accade maggiormente nelle coppie giovani, in cui anche il partner sano può provare risentimento per la vita di costrizioni e allo stesso tempo senso di colpa per questo tipo di sentimento. La socializzazione basata sul genere fa sì che le donne accettino più stoicamente le limitazioni nei loro bisogni e nel loro sviluppo (Rolland, 1994b).

Su un piano più generale, a seconda del periodo di insorgenza ci saranno conseguenze differenti sui percorsi di vita e sui ruoli di ciascun membro della famiglia. A questo proposito, sono significativi i termini "parentificazione" e "generazione sandwich"; col primo si intende l'assunzione di ruoli e compiti che vanno oltre quelli generalmente attesi in relazione al ciclo di vita di una determinata persona, e ciò accade ad esempio quando un figlio adolescente o giovane adulto si ritrova a rivestire il ruolo di caregiver principale nei confronti del genitore malato.

Una situazione di questo tipo può essere insolita rispetto alle attese, ma non necessariamente disadattiva e può anche essere una positiva occasione di crescita e maturazione per la persona coinvolta nel caregiving, a patto che il carico assistenziale non sia totalizzante e vissuto come una scelta obbligata o in condizioni di isolamento. Il secondo termine invece fa riferimento all'esperienza di persone coinvolte contemporaneamente nell'assistenza ai genitori malati e nell'accudimento dei propri figli. Questo tipo di esperienza è oggi molto comune, in quanto molti figli adulti si ritrovano ad affrontare simultaneamente o a distanza molto ravvicinata la costruzione di un rapporto di coppia, la nascita e crescita dei figli e la malattia di un genitore. Per fronteggiare adeguatamente una situazione di questo tipo ha grande importanza la ridefinizione dei legami con le proprie famiglie di origine e la distribuzione bilanciata degli investimenti affettivi e dei compiti evolutivi (Rolland, 1994b; Walsh, 2008).

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