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Cinque: visibilità

3.3 2 Meraviglia e ribellione

Capitolo 4. Sette brevi lezioni di fisica

4.5 Cinque: visibilità

Ciò che è icastico, efficace a livello rappresentativo, che si costruisce con l’esattezza, diviene visibile. Per la divulgazione e la comunicazione in generale è una questione cruciale: come rendere visibile l’invisibile o l’incommensurabile. Prima ancora di essere una questione della comunicazione della scienza, è una questione della scienza e della manipolazione di concetti e di oggetti che sfuggono ai nostri occhi. Ciò che si racconta perciò deve essere sempre visibile. In ​Sette brevi lezioni di fisica non c’è oggetto, parola, concetto della fisica che non sia moltiplicato da immagini. Ho già fatto riferimento ad aggettivi visivi che rimandano al luccicare, del sole, del mare. Ho già raccontato come tornino lemmi legati al ​vedere nel racconto della scienza di Rovelli, in tutti i suoi libri: anche qui si insiste sulla visione di pochi grandi, e pure sulla visione sfocata 268 della realtà che abbiamo nella nostra quotidianità. Ma quando riusciamo a vedere metaforicamente l’incurvarsi dello spaziotempo, come Rovelli a Condofuri, allora si scosta d’un tratto un velo della realtà per svelarne un ordine più semplice e profondo . 269

Ogni volta che intravediamo un pezzo nuovo è un’emozione. Un altro velo che cade. 270

In uno dei passi più espliciti a proposito di scienza, all’inizio della ​Lezione terza Rovelli scrive proprio che la scienza «prima di essere esperimenti, misure, matematica, deduzioni rigorose, è soprattutto visioni. La scienza è attività anzitutto

266 Ivi, p. 48. 267 Ivi, p. 73. 268 Ivi, p. 52. 269 Ivi, p. 15.

visionaria» . Ecco perciò che la considerazione sulla scienza diventa una271

dichiarazione di intenti, stilistica. Il capitolo che segue si arricchisce proprio con delle immagini. Sono immagini elementari che vogliono soltanto rappresentare un concetto.

Immagine 14. Illustrazione del ​Big Crunch​, p. 56.

Dove le immagini non bastano, la necessità di rendere visibile è raccolta dalle metafore. La metafora «permette di spazzare via la struttura comparativa del discorso, rendendo lecita e plausibile l’identificazione dei due termini di paragone» . 272

Le due teorie fisiche principali del Novecento possono così diventare due gemme ,273

e gli elementi più minuti del cosmo si combinano come le lettere di un alfabeto . 274

Sono difficili da visualizzare, verrebbe da concepirli come minuscoli atomi, come dei veri sassolini275 ma in verità essi sono come onde rincorrentisi ed eccitate. Ritorniamo alla metafora del mare. Avevamo cominciato col mare della spiaggia su cui sedeva Rovelli, quel mare metafora dell’incresparsi dello spazio. Ma il mare è quello già citato delle galassie276 ed è il pullulare delle particelle . O l’oceano di 277 quanto non sappiamo, che brilla di mistero . 278

Fa, poi, parte delle forme del visibile l’ipotiposi, quella rappresentazione vivida di una scena che a volte entra nel testo. Quando l’autore si chiede di che cosa parliamo

271 Ivi, p. 31.

272 D. Gouthier, E. Ioli, ​Le parole di Einstein, ​Edizioni Dedalo, 2006. 273 C. Rovelli, ​op.cit.​, p. 29, 47. 274 Ivi, p. 47 275 Ivi, p. 40. 276 Ivi, p. 73 277 Ivi, p. 40. 278 Ivi, p. 85.

quando parliamo di scienza, non fa esempi ma usa un’immagine visibile. Fare

scienza non è continuare quei racconti che l’uomo dei primordi si raccontava attorno

al fuoco, è altro: È la continuazione di qualcos’altro: dello sguardo di quegli stessi uomini, alle prime luci

dell’alba, che cerca fra la polvere della savana le tracce di un’antilope. 279 E, dice l’autore che, mentre cerchiamo nuove tracce, stiamo sul ​bordo ​del nostro sapere, scrutando da lontano ciò che ancora non conosciamo . Perché il sapere è280

per Rovelli anzitutto una questione estetica, perché è bello «il grande affresco del

mondo» e per contemplarlo bisogna saper vedere. 281

4.6 Sei: molteplicità

La forma della molteplicità è l’accumulazione, l’elencazione di cose e scene diverse.

L’autore, l’abbiamo già visto, ne fa abbondante uso. E quando si tratta raccogliere

una molteplice varietà appunto di questioni della fisica, che abbracciano il cosmo e il

piccolo, come non usarla? Per raccontare la fatica di Einstein che seguì l’articolo della relatività ristretta, Rovelli

dice: «dieci anni di studi pazzi, tentativi, errori, confusione, articoli sbagliati, idee

folgoranti, idee sbagliate» . 282 Ma la molteplicità sta nel articolare il libro lungo linee che si intrecciano e si

accavallano: l’autobiografia, le grandi questioni della fisica ma soprattutto le questioni

dell’uomo, che sono dell’autore e del suo lettore medio. Nell’ultimo capitolo acquista

forza il noi e dalla fisica si passa alla storia e al senso dell’uomo, ai suoi sogni, alle

sue emozioni, al suo sapere . Che cosa è il nostro esistere se il tempo non c’è, se 283

siamo costituiti di particelle che neppure esistono in sé? Che cosa è «il pianto e il

riso, la gratitudine e l’altruismo, la fedeltà e i tradimenti, il passato che ci perseguita e

la serenità» . In queste domande, in questi accostamenti di opposti sta una certa284

volontà enciclopedica di Rovelli, forse finora la summa del suo processo intellettuale:

279 Ivi, p. 74. 280 Ivi, p. 49. 281 Ivi, p. 71. 282 Ivi, p. 14. 283 Ivi, p. 71.

abbracciare con la scrittura le domande filosofiche, le più ingenue persino, e il proprio sapere e la propria passione scientifica. Tutto si riassume a pagina 45, forse il più lungo periodo dell’intero libro:

Una manciata di tipi di particelle elementari, che vibrano e fluttuano in continuazione fa l’esistere e il non esistere, pullulano nello spazio anche quando sembra non ci sia nulla, si combinano assieme all’infinito come le venti lettere di un alfabeto cosmico per raccontare l’immensa storia delle galassie, delle stelle innumerevoli, dei raggi cosmici, della luce del sole, delle montagne, dei boschi, dei campi di grano, dei sorrisi dei ragazzi alle feste, e del cielo nero e stellato la notte. 285