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I cipressi «alti e schietti» col

Nel documento Annual report IASMA Research Centre (pagine 61-63)

riscaldamento

globale migrano

verso nord

Nicola La Porta in sinergica collaborazione con il Dipartimento di

Economia dell’Università di Trento, con l’Istituto per la Protezione delle Piante del CNR di Firenze e con il Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali dell’Università di Padova. Questo progetto è nato dalla consapevolezza che una parte importante della vocazione turistica dei territori del Trentino, e delle altre regioni del ver- sante meridionale delle Alpi, è esaltata dal contra- sto repentino che s’incontra tra il paesaggio tipi- camente alpino montano e quello sub-mediterraneo che si sviluppa in queste regioni nelle aree pede- montane e intorno ai grandi laghi.

La componente vegetazionale arborea di tali pae- saggi è costituita prevalentemente da latifoglie per lo più decidue, mentre la componente di conifere sempreverdi è generalmente piuttosto limitata e rappresentata principalmente da pino nero. In tali contesti la tradizionale presenza del cipresso, ben- ché numericamente limitata a singole piante o a piccoli gruppi, ha da sempre caratterizzato il pae- saggio di tali territori, come confermato anche dal ritrovamento di piante vetuste in alcuni casi mille- narie.

La diffusione antropica di questa essenza nelle prealpi e attorno ai grandi laghi alpini è dovuta anche al fatto che il cipresso è una delle specie arboree che connota ed esalta maggiormente la componente paesaggistica del territorio e che ben si adatta a questi territori che presentano particolari microclimi locali. A seguito del perdurante feno- meno del global warming, che facilita la diffusione verso Nord

di questa specie, e del progres- sivo ed inarrestabile declino del pino nero, unica conifera sem- preverde di queste aree termo- fi le, anche sulla base degli sti- molanti risultati conseguiti dalla trentennale ricerca italiana ed europea nella selezione di mate- riale di propagazione di cipres- so resistente al cancro, si sono create le premesse per l’avvio di un’operazione di valorizza- zione e di diffusione di questa

conifera nelle aree vocate del Nord Italia in un’ottica turistico- paesaggistica. L’inventario del cipresso effettuato in Trentino ha rilevato la presenza di oltre 14 mila cipressi sopra i 5 metri di altezza e i 15 centimetri di dia- metro. Riguardo agli aspetti pro- priamente scientifi ci del progetto vi è stata la valutazione dello sta- to fi tosanitario del cipresso e lo studio della variabilità genetica dell’ospite e del fungo che pro- voca il cancro, Seiridium cardina- le, al fi ne di capire e prevedere le dinamiche di diffusione della malattia, attualmente in fase di regressione. Sono stati seleziona- ti e caratterizzati 36 geni per la resistenza al cancro e 24 geni per la resistenza al freddo; i ricerca- tori hanno anche messo a punto una tecnica fi siologica rapida per selezionare genotipi resistenti al freddo e, con la collaborazione dell’Università di Padova, sono state analizzate le relazioni tra

gli insetti vettori della malattia e il fungo del cancro. Sono sta- te condotte in Trentino prove di adattamento di 4000 piante di cipressi toscani resistenti al can- cro, selezionati dal CNR di Firen- ze in 30 anni di precedenti pro- grammi di ricerca alle condizioni climatiche e pedologiche del ter- ritorio trentino. Parallelamente, 150 cloni d’elite, selezionati in Trentino e Alto Adige per la loro forma estetica e per la resisten- za alle basse temperature, sono stati moltiplicati vegetativamen- te in Toscana per essere saggiati al cancro del cipresso dal partner fi orentino del progetto.

È stato inoltre valutato il valore economico della presenza del cipresso nel territorio del Garda attraverso la somministrazione da parte del Dipartimento Eco-

nomia dell’Università di Trento di questionari alla popolazione locale e ai turisti. La produzio- ne pubblicistica prodotta fi no al 2007 consiste in 38 lavori tra scientifi ci, tecnici e divulgativi a livello nazionale ed internaziona- le, pubblicati o accettati per la pubblicazione su quotate riviste del settore, 15 delle quali sono giornali internazionali referati e con fattore d’impatto (www. iasma.it/istituto_context.jsp?ID_ LINK=232&area=6).

Inoltre, è stato dato notevole impulso alla formazione di per- sonale sia laureato che diplo- mato che ha visto, nel corso del progetto, lo svolgimento di tre Dottorati di ricerca e tre tesi di Laurea oltre una tesi di Master ed a sette borse di studio pluriennali per giovani laureati.

Tra le ricerche di approccio storico e sociale, col- laterali al progetto, un’indagine negli archivi topo- nomastici trentini ha riportato preziosi risultati. Inoltre, una ricerca iconografi ca relativa al territo- rio trentino ha prodotto un inaspettato numero di dati. Sono state catalogate, infatti, 116 immagini raffi guranti il cipresso, di cui 48 fotografi e datate dalla seconda metà dell’Ottocento, 42 cartoline dei primi anni del Novecento, dieci stampe, cinque tra dipinti e affreschi, accanto a incisioni, immagini fi la- teliche e litografi e. L’affresco più antico con chiari elementi di cipresso risale al 1350. È un affresco di grandi dimensioni d’artista ignoto dipinto nel Duomo di Trento e riproduce le avventurose vicende di Giu- liano l’Ospitaliere tratte dalla medioevale «leggenda aurea» di Jacopo da Varazze.

Introduzione

Il compostaggio è un processo biologico ampiamente utilizzato per il recupero delle biomasse di scarto e di rifi uto, che consiste nella trasformazione della sostanza organica fresca in un materiale stabilizzato, maturo e umidifi cato, che trova valido impiego in agricoltura per l’apporto di humus e di sostanze nutritive al terreno. La maturità è strettamente correlata all’idoneità ed alla crescita delle piante (fi tocompatibilità), mentre la stabilità viene generalmente associata all’attività microbica del compost. La decomposizione spontanea di una matrice organica nell’ambiente avviene gradualmente nel tempo e senza evidenti reazioni di ordine biochimico. Per contro, l’applicazione del compostaggio su scala industriale necessita di rigorosi controlli di processo e della caratterizzazione qualitativa del prodotto fi nale. I parametri analitici comunemente adottati non danno informa- zioni suffi cienti in termini di stabilità biologica. In molti casi i materiali rispettano i limiti di qualità imposti dalle normative in vigore anche se l’aspetto e il comportamento (elevata fermentescibilità, temperatura delle masse, emissioni odorigene) denunciano un’attività di trasformazione ancora in corso con conseguenti possibili disturbi sia all’interno che all’esterno dell’impianto. Un compost poco stabile si caratterizza per una elevata attività microbica, può diventare anaerobico durante il trasporto e lo stoccaggio, favorire lo sviluppo di potenziali pato- geni, di odori indesiderati e di sostanze fi totossiche. Inoltre, se utilizzato nella preparazione di substrati di coltura o distribuito sul terreno può causare fenomeni di immobilizzazione dell’azoto riducendone la disponibilità per le piante. Per queste ragioni sono stati messi a punto da differenti Autori numerosi metodi biologici con la fi nalità di disporre di informazioni relative all’intensità dell’attività microbica nelle biomasse compostate. Tra questi i test respirometrici sono ampiamente riconosciuti come buoni indicatori della stabilità e quindi idonei allo scopo.

Misura della

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