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La circolazione dei media come momento di valorizzazione del patrimonio

internazionale ed europeo (rinvio)

In una dimensione di cultura che guarda al folclore, alle risorse digitali e alla diversità delle espressioni umane, vengono reinterpretati anche gli sforzi tesi alla valorizzazione del patrimonio culturale, i quali subiscono una trasforma- zione del loro contenuto classico, meramente orientato al «sostegno», verso nuove forme di intervento volte alla «diffusione» e all’accessibilità per il mag- gior numero possibile di fruitori. In tale ottica, la valorizzazione non può che esprimersi nel mercato.

Il tema non è tuttavia immune da asperità e incertezze, come dimostra il di- battito dottrinale, tutt’oggi vivace, sul ruolo delle opere artistiche dei media nell’ambito della circolazione internazionale di beni e servizi e, in particolare,

38 In tal senso, BOISSON DE CHAZOURNES, TRIPS: Objectives, Approaches and Basic Princi-

ples of the GATT and of Intellectual Property Conventions, in Journal of World Trade, 1990, p. 5 ss.

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sul trattamento da riservare loro in deroga al regime di libero mercato e di concorrenza tra imprese efficacemente predisposto dagli Stati in seno

all’OMC39, in primis attraverso i classici principi della nazione più favorita e del

trattamento nazionale.

In tal senso, si è posto anzitutto il problema di determinare se le attività del- le imprese culturali fossero rivolte alla produzione di beni o di servizi, con conseguente alternativa applicazione delle norme del General Agreement on Ta- riffs and Trade (GATT) ovvero di quelle del General Agreement on Trade in Services

(GATS)40. A conferma di questa indecisione, valga sottolineare come, in due

distinte occasioni (entrambe riguardanti le attività cinematografiche), i membri interessati abbiano inoltrato al Dispute Settlement Body (DSB) richiesta di consul- tazioni ai sensi dell’art. 4 (4) del Dispute Settlement Understanding (DSU), invo- cando la violazione sia dell’uno che dell’altro accordo. Nel primo caso, risalen- te al 1996, gli Stati Uniti ricorrevano per la violazione dell’art. III GATT «re- garding Turkey’s taxation of revenues generated from the showing of foreign films in a man-

ner less favourable than […] domestic-origin films»41; nel secondo, di due anni succes-

sivo, la Comunità Europea (oggi Unione Europea) procedeva contro il Canada ai sensi degli artt. II e III (1) GATS, sostenendo che quest’ultimo avesse viola-

39 Sul regime degli scambi internazionali negoziato all’interno dell’OMC, si veda

TRIGGIANI, La disciplina del commercio internazionale tra multilateralismo e regionalismo, in

AA.VV., Diritto e organizzazione del commercio internazionale dopo la creazione dell Organizza- zione Mondiale del Commercio, Napoli, 1998, p. 241 ss.; PICONE e LIGUSTRO, Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio, Padova, 2002.

40 Come è noto, l’applicazione di un regime giuridico in luogo dell’altro comportereb-

be significative differenze in termini di precettività: più stringente la disciplina prevista dal GATT con riferimento alla libera circolazione dei beni; maggiormente rimessa all’autonomia degli Stati membri quella in materia di servizi offerta dal GATS. Sul punto, ex multis, GERMANN, Diversité culturelle à l’OMC et l’UNESCO à l’exemple du cinéma, in Re- vue internationale de droit économique, 2004, p. 332 ss.

41 Si veda il caso WT/DS43, Turkey – Taxation of Foreign Film Revenues (Complainant:

United States), Request for Consultations received on 12 June 1996; Mutually Agreed Solution notified on 24 July 1997.

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to il principio della nazione più favorita nel settore della distribuzione audiovi- siva senza aver previsto le opportune eccezioni e riferendosi in particolare alla

«1987 Policy Decision on film distribution and its application to European companies»42.

È agevolmente possibile constatare come l’incertezza rappresentata si tra- scini in modo atavico nell’ambito degli scambi internazionali se si considera che, prima ancora della nascita dell’OMC, nel 1989, gli Stati Uniti – agendo nel quadro del GATT 1947 – avevano indirizzato una richiesta di consultazioni a

Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito, da un lato43, ed alla Comu-

nità Europea, dall’altro44, sostenendo che le disposizioni della European

Convention on Transfrontier Television45 (di cui sono membri i primi quattro Paesi)

e della direttiva «televisione senza frontiere»46 (adottata dalla seconda) fossero

incompatibili con gli impegni da questi assunti attraverso il GATT 1947. Pur acconsentendo di dar seguito alla domanda, la Comunità Europea espresse ogni riserva a riguardo, considerando «the subject matter to be outside the scope of the

GATT»47.

42 In tal senso le richieste della Comunità Europea nel caso WT/DS117, Canada – Mea-

sures Affecting Film Distribution Services (Complainant: European Communities), Request for Consultations received on 20 January 1998.

43 GATT, doc. DS4/2 dell’8 novembre 1989, Luxembourg, Netherlands, Spain, United

Kingdom – Measures to Be Taken under the European Convention on Transfrontier Television - Reiteration of Request for Consultations under Article XXII:1 by the United States, reperibile online all’indirizzo <http://www.wto.org/gatt_docs/English/SULPDF/91450288.pdf>

44 GATT, doc. DS4/3 dell’8 novembre 1989, EEC – Directive on Transfrontier Television –

Request for Consultations under Article XXII:1 by the United States, reperibile online all’indirizzo <http://www.wto.org/gatt_docs/English/SULPDF/91450289.pdf>

45 Conclusa a Strasburgo il 5 maggio 1989, in ETS No. 132

46 In GUUE L 298 del 17 ottobre 1989, p. 23 ss. In dottrina, TIZZANO, La direttiva CEE

sulla «televisione senza frontiere», in Foro it., 1990, p. 92 ss.; DE WITTE, The European Content Requirement in the EC Television Directive – Five Years After, in The Yearbook of Media and Entertainment Law, 1995, p. 101 ss.; MASTROIANNI, La revisione della direttiva «televisione senza frontiere», in Dir. radiodiff. telecom., 1999, p. 185 ss.; HARRISON e WOODS, European Broadcasting Law and Policy, Cambridge, 2007.

47 GATT, doc. DS4/4 dell’8 novembre 1989, EEC – Directive on Transfrontier Television –

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Da ultimo, comunque, il DSB sembra aver risolto la questione nell’ambito della controversia China – Measures Affecting Trading Rights and Distribution Services

for Certain Publications and Audiovisual Entertainment Products48 in cui l’Appelate Bo-

dy, adottando un approccio combinato dei due orientamenti riportati, ha prov- veduto a precisare che «a measure could be simultaneously subject to obligations relating to trade in goods under the GATT 1994 and to obligations relating to trade in services un- der the GATS […] [insofar the] entry into force of the GATS, as Annex 1B of the

WTO Agreement, does not diminish the scope of application of the GATT 1994»49 e che,

di conseguenza, «a measure can regulate both goods and services and […]be subject to o-

bligations affecting trade in goods and obligations affecting trade in services»50.

Più annoso è il problema relativo alle eccezioni di cui le opere artistiche dei media dovrebbero beneficiare. Ancorché l’abbattimento delle frontiere com- merciali si configuri come una costante indiscussa nella politica commerciale internazionale ed europea (nonché come principio direttamente riconducibile alla genesi di entrambe), con riguardo alla circolazione delle opere considerate (e relativamente al ruolo delle imprese grazie alle quali esse vengono ad esi- stenza) si assistite alla recrudescenza, da parte degli Stati, di istanze che postu- lano una differenziazione rispetto alla disciplina generale, realizzabile attraver- so aiuti di Stato, restrizioni alle importazioni, dazi doganali, e ogni altro tratta- mento che si riveli privilegiato per le imprese nazionali.

Affermando la propria sovranità territoriale in materia, gli Stati rivendicano piena autonomia nel promuovere, all’interno dei propri confini, questo o quel

line all’indirizzo <http://www.wto.org/gatt_docs/English/SULPDF/91450290.pdf>

48 WT/DS363, China – Measures Affecting Trading Rights and Distribution Services for Cer-

tain Publications and Audiovisual Entertainment Products (Complainant: United States), Panel Report issued on 12 August 2009; Appellate Body Report issued on 21 December 2009; Appellate Body Report and Panel Report, as modified by the Appellate Body, adopted on 19 January 2010.

49 Ibidem, Appellate Body Report, Par. 193. 50 Ibidem, Appellate Body Report, Par. 194.

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«prodotto culturale» in virtù di una salvaguardia della cultura che non dovreb- be soggiacere alle logiche (e alle regole) del mercato.

In questo senso, se nel diritto dell’Unione Europea la discriminazione tro- verebbe giustificazione nelle norme di cui agli artt. 36 e 107 (3) del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, il medesimo convincimento si è conso- lidato, in diritto internazionale, a seguito della conclusione della Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, se- condo cui «cultural activities, goods and services have both an economic and a cultural na-

ture […] and must therefore not be treated as solely having commercial value»51 ed ai sensi

della quale, pertanto, «States have, in accordance with the Charter of the United Nations and the principles of international law, the sovereign right to adopt measures and policies to

protect and promote the diversity of cultural expressions within their territory»52. Le finalità

così articolate trovano puntuale conferma nell’art. 6 (2) della Convenzione, che, enucleando i diritti delle Parti a livello nazionale, predispone un catalogo esemplificativo delle misure che esse hanno facoltà di adottare, tra cui emerge la significativa previsione, alla lettera d), di «measures aimed at providing public fi- nancial assistance».

La decisa risolutezza che caratterizza la formulazione delle citate disposizio- ni, pur accompagnandosi ad un’evidente approssimazione, condurrebbe effet- tivamente a ritenere che, applicando le norme della Convenzione, gli Stati membri abbiano tutto il diritto di eccepire un trattamento differenziato – in ambito commerciale – delle attività, dei beni e dei servizi contemplati nell’art. 4 (4). Tuttavia, a sconvolgere d’emblée questo sistema apparentemente armonico è l’art. 20 della stessa Convenzione che, dopo aver affermato nel primo paragra-

51 Così il XVIII considerando della Convenzione sulla protezione e la promozione del-

la diversità delle espressioni culturali

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fo che «without subordinating this Convention to any other treaty, [the Parties] (a) […] shall foster mutual supportiveness between this Convention and the other treaties to which they are parties; and (b) when interpreting and applying the other treaties to which they are parties […] shall take into account the relevant provisions of this Convention», contiene nel secondo paragrafo una quanto mai contraddittoria clausola di subordina- zione rispetto agli altri strumenti internazionali, in cui si precisa che «[n]othing in this Convention shall be interpreted as modifying rights and obligations of the Parties un- der any other treaties to which they are parties».

Tale disposizione costituisce il vero problema della Convenzione, confe- rendole una sostanziale vaghezza (che in realtà già traspare dal tenore formale delle sue disposizioni) e lasciando incerti, sulla sua effettiva attuazione, quanti speravano che la sua conclusione avrebbe rappresentato un’inversione di ten- denza nello scenario internazionale relativamente alla circolazione delle opere artistiche contemporanee.

I prossimi due capitoli, rispettivamente dedicati ai delicati rapporti tra mer- cato e cultura in diritto internazionale ed in diritto dell’Unione Europea, offri- ranno una panoramica più completa degli aspetti controversi e delle questioni ancora irrisolte, nel tentativo di offrire delle soluzioni che rappresentino un compromesso in grado di non pregiudicare la liberalizzazione degli scambi, salvaguardando al contempo la diversità delle espressioni culturali.

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