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L’assenza di riferimenti ai diritti di proprietà intellettuale

In un’ottica più ampia nell’ambito delle tensioni tra mercato e cultura, foca- lizzare eccessivamente l’attenzione sui servizi audiovisivi può rivelarsi inappro- priato e non tenere in giusta considerazione elementi importanti nel processo di creazione e di distribuzione di contenuti culturali. Un settore stranamente lasciato fuori dalla politica sulla diversità culturale trasfusa nella Convenzione del 2005 è, in questo senso, quello dei diritti di proprietà intellettuale.

Come notato in precedenza, la Convenzione si limita solo a citare nel pre- ambolo tali situazioni giuridiche, riconoscendo la loro importanza «in sustaining

those involved in cultural creativity»156, ma né chiarisce alcun collegamento tra la lo-

ro tutela e quella della diversità culturale, né crea alcun obbligo per gli Stati parti in tal senso.

Una simile circostanza appare quantomeno singolare, dal momento che i di-

ritti di proprietà intellettuale157 costituiscono ad oggi il sistema più antico e, al

tempo stesso, più efficace per promuovere la creatività. Nel corso degli anni, tale branca del diritto ha reso possibile l’elaborazione di un ampio ventaglio di strumenti sofisticati e flessibili per proteggere i contenuti immateriali che – prodotti nei diversi luoghi del mondo – sono destinati a circolare nel mercato

globale158. Inutile sottolineare come tali dinamiche influenzino fortemente la

156 XVII considerando della Convenzione.

157 In quest’ambito, il riferimento ai diritti di proprietà intellettuale sarà inteso dap-

prima in senso generale, contemplando l’intera categoria cui fanno capo, da un lato, il copyright e i diritti connessi (related o neighbouring rights) e, dall’altro, la c.d. proprietà in- dustriale, che comprende le diverse situazioni giuridiche dei marchi, brevetti, disegni industriali, indicazioni geografiche e così via. Successivamente, ci si soffermerà in parti- colare sul diritto d’autore.

158 COOMBE, SCHNOOR e AHMED, Bearing Cultural Distinction: Informational Capitalism

and New Expectations for Intellectual Property, in UC Davis Law Review, 2007, p. 916, dove si richiama anche WENDLAND, Intellectual Property and the Protection of Cultural Expressions:

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creazione, la distribuzione, l’accesso e il riutilizzo di qualsiasi contenuto artisti-

co159, incidendo, in altri termini, sull’intero panorama culturale160.

A fronte del suo ruolo centrale, il sistema contemporaneo della proprietà intellettuale non può certo ritenersi di semplice applicazione: al contrario, esso

è pieno di ambiguità e, per certi versi, di imperfezioni161. In questo senso, la

Convenzione UNESCO avrebbe potuto tentare di percorrere numerose strade per rimediare a queste lacune, introducendo ad esempio regole che – eviden- ziando le ripercussioni del diritto d’autore, del marchio e del brevetto sulla di- versità delle espressioni culturali – sarebbero forse state in grado di innescare un più ampio dibattito a livello internazionale verso forme di protezione della proprietà intellettuale maggiormente rispettose della diversità culturale.

Non mancano certo i punti su cui lavorare: le inefficienze del regime di proprietà intellettuale spaziano dalla natura (ancora controversa) di temi quali la paternità, e l’originalità delle opere protette, alla recente dimensione mercan- tile assunta dai sistemi giuridici occidentali, a causa della quale numerose pro-

The World of the World Intellectual Property Organization, in GROSHEIDE e BRINKOF (a cura di), Intellectual Property Law, Antwerp, 2003, pp. 101-103.

159 KU, Promoting Diverse Cultural Expression: Lessons from the US Copyright Wars, in A-

sian Journal of WTO and International Health Law and Policy, 2007, p. 376.

160 Come osservato da BROUDE, «intellectual property rights influence cultural change or

stability in a number of ways. On one hand, they provide simplified channels of communication in the form of protected inventions, creative content, brands, titles, etc., which make the diffusion of knowledge more efficient […]. On the other hand, the exclusivity of intellectual property rights may raise the diffusion costs of new knowledge, hampering cultural exchange or permitting it to occur only in knowledge areas in which the rights’ holders consider the exchange to be cost- effective, thus making it contingent on their particular interests […]. For the same reasons, intel- lectual property protection may also have a preserving effect on a knowledge-supplying society, if rights are used to protect cultural practices from dilution and abuse through duplication and dif- fusion». BROUDE, Conflict and Complementarity in Trade, Cultural Diversity and Intellectual Property Rights, in Asian Journal of WTO and International Health Law and Policy, 2007, pp. 355-356.

161 Si veda VAIDHYANATHAN, Copyrights and Copywrongs: The Rise of Intellectual Property

and How It Threatens Creativity, New York, 2003; LESSIG, Remix: Making Art and Commerce Thrive in the Hybrid Economy, London, 2008.

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duzioni folcloristiche, provenienti da contesti non ancora influenzati dal mo-

dello dominante, risultano prive di protezione162.

Altre imperfezioni derivano dal modo stesso in cui la protezione è assicura- ta. Mentre in origine il temporaneo «monopolio» sullo sfruttamento commer- ciale delle opere era nella titolarità degli autori, l’espansione del modello di co- pyright riconducibile alla tradizione di common law ha comportato la diffusione della work made for hire doctrine, sulla cui base i diritti di sfruttamento sono si- stematicamente assegnati ai distributori (generalmente rappresentati dalle grandi corporation dei media), in ordine al più agevole perseguimento di finalità

lucrative163. In questo modo, la sproporzione che si determina a vantaggio di

questi ultimi è enorme, potendo essi significativamente incidere sia sulla durata

della protezione, sia sulle opere a cui il pubblico potrà avere accesso164. Tale

sistema, inevitabilmente, si risolve in un controllo sostanziale sui contenuti cul-

turali esistenti165.

Aldilà dei citati aspetti, sarebbe da valutare ulteriormente se il modello esi- stente di proprietà intellettuale rifletta in maniera appropriata il precario equili-

162 Si veda l’opera collettanea di GRABER e BURRI-NENOVA (a cura di), Intellectual Pro-

perty and Traditional Cultural Expressions in a Digital Environment, Cheltenham, 2008. In particolare, i contibuti di MACMILLAN, WENDLAND, GRABER e BURRI-NENOVA.

163 KU, Promoting Diverse Cultural Expression, cit., ante nota 159, p. 377, richiamando

NETANEL, Market Hierarchy and Copyright in Our System of Free Expression, in Vanderbilt

Law Review, 2000, p. 1889.

164 Ibidem.

165 Quali imprese commerciali, la ricerca della massimizzazione dei profitti e della mi-

nimizzazione dei rischi economici è naturalmente l’obiettivo primario delle imprese dei media. Tale tendenza, purtroppo, si risolve spesso nell’offrire al pubblico, in modo reitera- to e ripetitivo, prodotti di successo commerciale, innescando un processo di imitazione, inconsistenza e scarsa innovazione di generi e clichè considerati redditizi. In tal senso, sostanzialmente, MCQUAIL, Commercialisation and Beyond, in MCQUAIL e SIUNE, Media Po- licy: Convergence, Concentration and Commerce, London, 1998, pp. 119-120; OUILETTE e LE- WIS, Moving Beyond the “Vast Wasteland”: Cultural Policy and Television in the United States, in Television and New Media, 2000, p. 96; WEBSTER, Theories of the Information Society, Lon- don, 1995, p. 22.

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brio tra interessi privati ed interesse pubblico ad accedere alla produzione arti-

stica166, così come se – nell’ambito di tale bilanciamento – adeguati incentivi

siano offerti per promuovere la creatività167. Tali perplessità diventano ancora

più marcate nel contesto digitale, in cui il valore del copyright si è ingigantito, ha

espanso la sua portata ed è divenuto più controverso168 a causa

dell’applicazione di diverse misure di protezione tecnologica tra cui spiccano i

Digital Rights Management169.

Ovviamente, le corporation dei media non nutrono dubbi circa i pregi e le vir- tù del copyright ed hanno profuso i loro sforzi migliori per convincere i governi che un regime di proprietà intellettuale forte e di rigida applicazione sia una conditio sine qua non per una cultura vivace. Tale protezione si è emancipata a livello internazionale grazie al TRIPs e alle disposizioni contente nei vari

FTA170, i quali hanno fatto della proprietà intellettuale un tema collegato più al

commercio che alla creatività, rimescolando le carte in tavola e destabilizzando

166 Si veda, per esempio, il General Comment n. 17 del Comitato sui diritti economici,

sociali e culturali, The Right of Everyone to Benefit from the Protection of the Moral and Mate- rial Interests Resulting from Any Scientific, Literary or Artistic Production of which he is the Author (Art. 15 (1), lett. c), UN Doc. E/C.12/2005), 21 novembre 2005, par. 35. In dottrina,

BIRNHACK, Global Copyright, Local Speech, in Cardozo Arts and Entertainment Law Journal,

2006, pp. 491-547.

167 COHEN, The Place of the User in Copyright Law, in Fordham Law Review, 2005, pp. 347-

374; ID., Creativity and Culture in Copyright Theory, in UC Davis Law Review, 2007, pp. 1193- 1194; VAIDHYANATHAN, The Googlization of Everything and the Future of Copyright, in UC Davis Law Review, 2007, pp. 1207-1231.

168 COHEN, Pervasively Distributed Copyright Enforcement, in Georgetown Law Journal,

2006, pp. 1-48; LESSIG, (Re)creativity: How Creativity Lives, in POSRDAM (a cura di), Copy- right and Other Fairy Tales: Hans Christian and the Commodification of Creativity, Chelten- ham, 2006, p. 19.

169 I Digital Rights Management sono stati concepiti per proteggere i contenuti digitali

dalla loro distribuzione incontrollata e dal loro utilizzo illegale. Al contempo, però, essi hanno avuto anche notevoli controindicazioni, consistenti nell’incisione su alcuni diritti fondamentali dei consumatori che la normativa sul copyright non aveva mai messo in di- scussione. Sul punto, LUCCHI, Countering the Unfair Play of DRM Technologies, in Texas In- tellectual Property Law Journal, 2007, pp. 91-124.

170 In tal senso, NETANEL, Why Has Copyright Expanded? Analysis and Critique, in MAC-

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gli equilibri pregressi171.

Lontana dal riconoscere questi sviluppi, la Convenzione sulla diversità delle espressioni culturali sembra ignorare il ruolo cruciale che la proprietà intellet- tuale gioca nell’assicurare sia un accesso sostenibile ai prodotti e ai servizi cul-

turali, sia una produzione di contenuti culturalmente diversi172. Stante l’inerzia

dell’UNESCO (struttura istituzionalmente preposta ad osservare e tentare di coordinare i fenomeni culturali nella comunità internazionale), una reazione a tali tendenze è provenuta dall’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intel- lettuale (OMPI/WIPO), la quale ha affermato la necessità di apportare alcune modifiche all’architettura esistente della proprietà intellettuale al fine di preser- vare il patrimonio culturale immateriale, promuovere la diversità culturale ed

incentivare la creatività e l’innovazione173.

Conformemente a simili esigenze, la WIPO Development Agenda, adottata

dall’Assemblea Generale dell’OMPI nel settembre del 2007174, rifiuta una vi-

sione di creatività che ruoti intorno alla protezione dei diritti di proprietà intel- lettuale, precisando come una protezione spropositata non promuova signifi- cativamente l’attività creativa, ostacolando il trasferimento tecnologico e lo svi- luppo. Al contrario, essa sottolinea i benefici che possono derivare da un nu- mero crescente di opere di dominio pubblico, dalla flessibilità nella implemen- tazione statale delle norme convenzionali in materia di proprietà intellettuale e

171 BIRNHACK, supra n. 127, pp. 492-493, che richiama BOURDIEU, The Field of Cultural

Production, New York, 1993.

172 COOMBE, Protecting Cultural Industries to Promote Cultural Diversity: Dilemma for In-

ternational Policy-Making Posed by the Recognition of Traditional Knowledge, in MASKUS e

REICHMAN (a cura di), International Public Goods and Transfer of Technology under a Globali-

zed Property Regime, Cambridge, 2005, p. 613.

173 WIPO, Consolidated Analysis of the Legal Protection of Traditional Cultural Expressions

(WIPO/GRTKF/IC/5/3), 2 maggio 2003.

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dal bilanciamento di «costs and benefits» nell’ambito di tale protezione175. Ciò che

resta da vedere, suscitando non poche perplessità, è come queste iniziative possano essere collegate con la nuova struttura mercantile dei diritti di proprie- tà intellettuale quali disciplinati nel TRIPs Agreement.