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Circostanze e procedura Dal 1999 al 2004 Cheryl Perich insegna presso una

L’ECCEZIONE MINISTERIALE IN

2. Circostanze e procedura Dal 1999 al 2004 Cheryl Perich insegna presso una

scuola di Redford, Michigan, la Hosanna-Tabor Evangelical Lutheran School, retta dalla Hosanna- Tabor Evangelical Lutheran Church. La Chiesa è membro della Lutheran Church-Missouri Synod, la seconda maggiore confessione luterana negli Stati Uniti. La Hosanna-Tabor Evangelical Lutheran School si autodefinisce come una scuola che offre una “Christ-centered education”.

Nel primo anno, Perich è un’insegnante laica, a contratto (le due espressioni, “lay or contract teacher” sono equivalenti). Nelle scuole che dipendono dal Missouri Synod, a questa categoria si accede senza alcuna formazione religiosa e senza alcun mandato ecclesiastico. Possono essere “lay or contract teacher” anche non luterani. Dal 2000 Perich diviene “called teacher”. A questa categoria si accede dopo una formazione accademica luterana e su mandato della comunità (in questo testo, utilizzo l’espressione “comunità” per l’inglese “congregation”). L’insegnante (“called teacher”) che ha ricevuto la vocazione, la chiamata, è appunto un insegnante chiamato da Dio a una vocazione specifica attraverso la comunità. Completato il percorso, il “called teacher” acquisisce lo stato di “minister of religion, commissioned”. E’ questo lo status che Cheryl Perich accetta esplicitamente, ricevendo l’apposito “diploma of vocation”. Dal 2000, in quanto “called teacher”, Perich ha un contratto a tempo indeterminato, rescindibile solo per giustificato motivo e con la maggioranza qualificata dei voti della comunità. Le sue mansioni includono l’insegnamento di materie quali musica, matematica e educazione fisica, l’insegnamento della religione, la guida della preghiera edegli esercizi devozionali quotidiani e la partecipazione alle celebrazioni comunitarie settimanali nella cappella della scuola, che la stessa Perich dirige due volte l’anno.

Nel giugno 2004 viene diagnosticata a Cheryl Perich una narcolessia. Alla ripresa dell’anno scolastico, l’insegnante è in congedo per malattia. Nel gennaio 2005 Cheryl informa il preside di essere guarita, come attesta un certificato medico, e di avere l’intenzione di riprendere il lavoro il mese successivo. Gli amministratori della scuola non sono convinti. Il posto, peraltro, è stato nel frattempo assegnato a un nuovo insegnante. La comunità propone alla donna un “peaceful release” ovvero uno scioglimento consensuale della sua chiamata e in cambio delle dimissioni di Perich offre di farsi carico di parte dell’assicurazione medica. Perich rifiuta la proposta e, come annunciato, si presenta al preside nel febbraio 2005. Il preside le nega un certificato che attesti la sua presenza sul luogo di lavoro e le intima di andarsene. Cheryl Perich minaccia di denunciare la Scuola. Nell’aprile 2005, la comunità vota la rescissione della chiamata di Perich a causa della di lei “insubordination and disruptive behavior” e in considerazione del danno provocato alla propria relazione di lavoro con la Scuola mediante la minaccia di adire le vie legali. Il giorno dopo Cheryl Perich viene licenziata.

Ricevuto l’esposto di Perich, l’Equal Employment Opportunity Commission (d’ora innanzi EEOC) denuncia la Scuola per aver licenziato la donna in violazione dell’Americans with Disabilities Act. La legge proibisce la discriminazione di un lavoratore reso disabile da una malattia. E’ anche proibita ogni azione del datore di lavoro contro il lavoratore che in qualsiasi modo intenda avvalersi della protezione dell’Americans with Disabilities Act. Cheryl Perich si unisce all’azione legale dell’EEOC. La Corte distrettuale respinge il ricorso in quanto incompatibile con la protezione dell’ “eccezione ministeriale” (“ministerial exception”) che tutela la Scuola e la Chiesa. L’EEOC e Cheryl ricorrono alla Corte d’Appello del Sixth Circuit che rovescia la decisione. I giudici d’appello non negano l’esistenza dell’“eccezione ministeriale”, ma ritengono che ancorché nominalmente “minister

of religion, commissioned”, Cheryl non può essere ritenuta un “ministro” ai fini dell’applicazione dell’eccezione. In particolare i giudici eccepiscono l’analogia tra le mansioni di Cheryl in quanto “lay teacher” e quelle che svolgeva in quanto “called teacher”.

La Chiesa e la scuola ricorrono alla Corte Suprema che ammette il caso e l’11 gennaio 2012 decide in favore dei ricorrenti Hosanna-Tabor Evangelical Lutheran Church and School. Il presidente Roberts redige l’opinione per una corte unanime. Il giudice Thomas e il giudice Alito presentano due distinte opinioni concorrenti. Il giudice Kagan aderisce all’opinione del giudice Alito.

3. La decisione

La controversia tra l’Hosanna-Tabor Evangelical Lutheran Church and School da una parte e l’EEOC e Cheryl Perich dall’altro impone alla Corte suprema di chiarire l’ambito di applicabilità delle norme che consentono al lavoratore che ha sofferto un licenziamento discriminatorio in ragione di una disabilità da malattia di ottenere la condanna del datore di lavoro al reintegro e al risarcimento dei danni. In particolare, la Corte deve decidere circa l’applicabilità di tale meccanismo, alla luce del primo emendamento, quando il datore di lavoro sia un gruppo religioso e quando il lavoratore sia un ministro del medesimo gruppo religioso. La soluzione del caso richiede che la Corte si pronunci sull’esistenza di una “eccezione ministeriale” e sulla sua applicabilità al caso concreto.

Nella sua opinione per la Corte unanime, il giudice Roberts risponde favorevolmente a entrambe le questioni. Sì, esiste un’ “eccezione ministeriale” fondata costituzionalmente sulle “clausole religiose” del primo emendamento; sì, Cheryl Perich va ritenuta un ministro ai sensi dell’eccezione. Ciò rende inammissibile il ricorso dell’EEOC e della stessa Cheryl.

presidente Roberts ritiene sussistere l’ “eccezione ministeriale”.

Anzitutto, l’ “eccezione ministeriale” è la naturale conseguenza delle clausole religiose del primo emendamento2, garanzia di “libero esercizio” (Free

Exercise) della religione e di divieto di stabilire una chiesa o religione di stato. Il presidente richiama l’origine storica dell’Establishment Clause, volta a scongiurare che almeno la nazione americana nell’insieme, se non i singoli stati, rimanesse immune dal modello inglese, con i privilegi della chiesa di stato e la conseguente oppressione delle confessioni non conformi. La libertà di nomina dei ministri di culto è indispensabile al divieto di ingerenza del governo nelle vicende interne di una chiesa, portato appunto del convergere delle due clausole religiose del primo emendamento, Free Exercise ed Establishment Clause. Dal punto di vista storico e concettuale, i due principi concorrono a garantire la medesima libertà:

[…] the Establishment Clause prevents the Government from appointing ministers, and the Free Exercise Clause prevents it from interfering with the freedom of religious groups to select their own”. Il giudice Roberts riconosce l’esistenza di una “tensione” tra i due principi, ma afferma che “both Religion Clauses bar the government from interfering with the decision of a religious group to fire one of its ministers.

Il secondo argomento è giurisprudenziale. Mai la Corte ha riconosciuto esplicitamente l’ “eccezione ministeriale” prima del caso Hosanna- Tabor, ma non mancano i precedenti, richiamati sinteticamente nell’opinione, in cui la Corte ha riconosciuto una generale autonomia dei

2 Ai sensi del primo emendamento alla Costituzione statunitense: «Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibiting the free exercise thereof; or abridging the freedom of speech, or of the press; or the right of the people peaceably to assemble, and to petition the government for a redress of grievances».

gruppi religiosi. Ciò è avvenuto in particolare in controversie sulla titolarità di beni ecclesiastici, fin dal caso Watson c. James del 1872, la cui decisione, scrisse più tardi la Corte, “[…] radiates (…) a spirit of freedom for religious organizations, an independence from secular control or manipulation—in short, power to decide for themselves, free from state interference, matters of church government as well as those of faith and doctrine”3. Inoltre, per quarant’anni le corti

d’appello americane hanno elaborato e difeso il principio dell’ “eccezione ministeriale”, senza che si producessero nel paese le conseguenze nefaste paventate dall’EEOC:

Since the passage of Title VII of the Civil Rights Act of 1964, 42 U. S. C. §2000e et seq., and other employment discrimination laws, the Courts of Appeals have uniformly recognized the existence of a “ministerial exception,” grounded in the First Amendment, that precludes application of such legislation to claims concerning the employment relationship between a religious institution and its ministers.

Quanto alla definizione di ministro di un gruppo religioso, il giudice Roberts precisa che la Corte non intende fornire una “formula rigida”, ma si limita a constatare la sussistenza di ragionevoli criteri per concludere che nel caso specifico Perich era senz’altro un ministro: “we are reluctant (…) to adopt a rigid formula for deciding when an employee qualifies as a minister. It is enough for us to conclude, in this our first case involving the ministerial exception, that the exception covers Perich, given all the circumstances of her employment”. Cinque in particolare gli argomenti a favore della versione dei ricorrenti. Anzitutto, è indubbio che la Chiesa e la scuola ritenessero Perich un ministro. In secondo luogo, Perich ha ricevuto una “formazione religiosa”, un “religious training”.

3 Kedroff v. Saint Nicholas Cathedral of Russian Orthodox Church in North America, 344 U. S. 94, 116 (1952).

Terzo, ha avuto luogo una formale procedura di affidamento, un “formal process of commissioning”. Quarto, lo status di Perich dipendeva strettamente dall’identità di ministro, in particolare laddove si prevedeva una procedura aggravata per la revoca. Quinto, Perich ha accettato implicitamente ed esplicitamente la chiamata in quanto ministro. Con tale approccio la Corte sconfessa il metodo suggerito dall’ EEOC, per la quale la qualifica di ministro nel caso di Perich va esclusa in considerazione del fatto che l’attività dell’interessata non era “esclusivamente religiosa”, e quello adottato dalla Corte d’appello, per la quale il tempo trascorso da Perich in attività religiose era troppo limitato perché la si potesse ritenere un ministro. In entrambi i casi, la Corte suprema critica l’inadeguatezza di un metodo quantitativo fondato sul calcolo del tempo e definito “cronometrico”.

Il caso, conclude riassuntivamente il presidente Roberts, riguarda in definitiva la competizione tra due interessi fondamentali, quello della società all’applicazione della legislazione anti- discriminatoria e quello dei gruppi religiosi “in choosing who will preach their beliefs, teach their faith, and carry out their mission”. La Corte dà la precedenza al secondo, perché così richiede la Costituzione: “when a minister who has been fired sues her church alleging that her termination was discriminatory, the First Amendment has struck the balance for us. The church must be free to choose those who will guide it on its way.”

Le opinioni concorrenti riguardano la definizione di ministro. Al metodo seguito dal giudice Roberts, fondato sulla ricognizione delle circostanze oggettive, il giudice Thomas preferisce un metodo fondato sulla sincera autoqualificazione del gruppo religioso e i giudici Alito e Kagan preferiscono un metodo funzionale, fondato sulle funzioni esercitate dall’interessato.

Secondo il giudice Thomas la Costituzione richiede che si lasci ai gruppi religiosi ogni discrezione in proposito, purché in buona fede:

(…) the Religion Clauses require civil courts to apply the ministerial exception and to defer to a religious organization’s good-faith understanding of who qualifies as its minister. As the Court explains, the Religion Clauses guarantee religious organizations autonomy in matters of internal governance, including the selection of those who will minister the faith. A religious organization’s right to choose its ministers would be hollow, however, if secular courts could second-guess the organization’s sincere determination that a given employee is a “minister” under the organization’s theological tenets.

Tale approccio si rende necessario al fine di preservare la diversità religiosa e onde evitare di esercitare un’indebita pressione di conformità sui gruppi stessi:

The question whether an employee is a minister is itself religious in nature, and the answer will vary widely. Judicial attempts to fashion a civil definition of “minister” through a bright-line test or multi-factor analysis risk disadvantaging those religious groups whose beliefs, practices, and membership are outside of the “mainstream” or unpalatable to some. Moreover, uncertainty about whether its ministerial designation will be rejected, and a corresponding fear of liability, may cause a religious group to conform its beliefs and practices regarding “ministers” to the prevailing secular understanding.

Secondo il giudice Alito, con cui concorre il giudice Kagan, l’approccio migliore è invece quello funzionale, che si fonda sulla funzione svolta dall’individuo nell’organizzazione e non sulla consacrazione del ministro, criterio troppo circoscritto ad alcune tradizioni religiose per tutelare tutti. Giacché il primo emendamento tutela “[…] key religious activities, including the conducting of worship services and other religious

ceremonies and rituals, as well as the critical process of communicating the faith”, l’eccezione ministeriale dovrebbe proteggere coloro che si dedicano a tali attività. Dunque l’eccezione “should apply to any “employee” who leads a religious organization, conducts worship services or important religious ceremonies or rituals, or serves as a messenger or teacher of its faith.”

4. I principi

La decisione Hosanna-Tabor afferma tre principi interconnessi: primo, la religione merita una tutela privilegiata che ne protegga la diversità e peculiarità; secondo, la tutela della religione implica la protezione della sua dimensione collettiva, organizzativa, istituzionale, ovvero la piena capacità dei gruppi religiosi di essere titolari di diritti; terzo, la tutela della religione organizzata implica che lo stato si astenga in tutto o in parte dall’applicazione delle proprie leggi quando queste interferiscono con la libertà del gruppo religioso di autodeterminarsi. Questo paragrafo illustra i tre principi e ne discute la validità.

Il primo principio, la tutela privilegiata della religione, emerge secondo la Corte suprema dal dato costituzionale del primo emendamento, che riserva al libero esercizio della religione una posizione affatto speciale. Nel caso Hosanna-Tabor la questione si pone in modo particolarmente esplicito, giacché EEOC e Perich sostengono che non vi sia necessità di una specifica eccezione ministeriale, giacché la libertà di associazione tutela adeguatamente i gruppi religiosi. La risposta della Corte è duramente contraria: “[…] we cannot accept the remarkable view that the Religion Clauses have nothing to say about a religious organization’s freedom to select its own ministers.” La tutela privilegiata della religione è tanto più necessaria, e speciale, per il contributo unico della religione alla società. Tale contributo è possibile solo se di ogni religione si protegge la peculiarità e la diversità, dunque solo se ogni religione gode della piena libertà di autodeterminarsi.

Il secondo principio prevede la tutela della religione nella sua dimensione collettiva, organizzativa e istituzionale. Non si dà infatti vera tutela della religione, spiega la Corte nella decisione Hosanna-Tabor, se la libertà di autodeterminarsi senza interferenze governative non garantisce l’organizzazione religiosa. S’inquadra qui l’“eccezione ministeriale”, attributo imprescindibile della libertà dell’organizzazione religiosa nel suo aspetto cruciale della formazione, selezione e amministrazione del personale. E’ implicita in tale principio la precedenza del diritto dell’organizzazione sul diritto individuale del ministro, come appunto nel caso del conflitto tra Perich e la Scuola.

Il terzo principio riguarda i limiti all’azione dello stato e in particolare all’efficacia delle leggi civili. Le organizzazioni religiose, ricorda il giudice Thomas nella sua opinione concorrente, vanno annoverate tra le associazioni private che fungono da intercapedine fisiologica nel rapporto tra l’individuo e lo Stato. Come ricorda il giudice Thomas, la stessa Corte suprema nel caso Roberts del 1984 configura le organizzazioni religiose come “esempio preminente” di associazioni private che hanno funto da “critical buffers between the individual and the power of the State.”4 In tal senso, l’interpretazione delle clausole

religiose del primo emendamento cui aderisce la Corte comporta limiti significativi all’azione dello stato nell’interesse degli individui e delle stesse organizzazioni religiose.

Il dibattito dottrinale sulla decisione Hosanna- Tabor, e le ricadute di questa sulla giurisprudenza europea, consentono di evidenziare alcune debolezze dei tre principi sopra esposti sia nel loro significato generale, sia nella loro applicazione al caso concreto.

La prima debolezza riguarda la narrazione che sottende la decisione, da due punti di vista. Vi è anzitutto la problematica ricostruzione storica

del significato del primo emendamento, e dell’ Establishment Clause in particolare, per la quale Winnifred Sullivan ha parlato di un “curious mash- up of religious and political history” nel quale distinguo decisivi sono trascurati a vantaggio di un “breezy historical account”5. Vi è poi la poco

accurata ricostruzione delle circostanze del caso, cui Fred Gedicks ha contrapposto una dettagliata presentazione che prende in considerazione i vari punti di vista degli attori e sottolinea le negligenze della Corte nel considerare compiutamente le circostanze6.

La seconda debolezza riguarda l’adeguatezza di una libertà religiosa istituzionale rispetto a una società americana in cui tanta religione si esprime ormai in modo diverso dall’appartenenza tradizionale, collettiva e istituzionale, che sembra rappresentare ancora il punto di riferimento per i giudici della Corte. La preoccupazione della Corte suprema per la tutela dell’autonomia istituzionale delle organizzazioni religiose, e per la precedenza dei diritti delle istituzioni sui diritti degli individui, sembra gratificare i sostenitori di gruppi religiosi fortemente istituzionalizzati di quel riconoscimento che la società va sempre più negando loro. Sicché, se misurato dal punto di vista delle trasformazioni sociali del religioso, l’esito di Hosanna-Tabor coincide con un super diritto incoerente con la realtà del fenomeno religioso. Si è espresso in tal senso Fred Gedicks: “Perich’s and the EEOC’s position is actually more consistent with ongoing transformations of religious belief and practice in the post-modern West than is the church autonomy über-right blessed by the Court in Hosanna-Tabor”7. Se il vincitore del caso

Hosanna-Tabor è l’“istituzionalismo religioso”, come suggeriscono Richard Schragger e Micah

5 W.F. Sullivan, The Church, Immanent Frame, disponibile su: http://blogs.ssrc.org/tif/2012/-01/31/the-church/. 6 F.M. Gedicks, Narrative Pluralism and Doctrinal Incoherence in Hosanna-Tabor, in 64 Mercer Law Review 405 (2013), in particolare pp. 408-416.

7 F.M. Gedicks, ibid., p. 434.

Schwartzmann8, o la “corporate Church” di cui

parlano Cécile Laborde e Winnifred Sullivan9,

resta comunque la sensazione che il vincitore in tribunale sia lo sconfitto nella società.

La terza debolezza, specchio della seconda, riguarda il rapporto tra diritti fondamentali e struttura costituzionale. Fred Gedicks critica da questa prospettiva l’interpretazione delle clausole religiose del primo emendamento offerta dalla Corte nel caso Hosanna-Tabor, sostenendo che i giudici non hanno correttamente soppesato quanto del primo emendamento pertiene ai diritti e quanto riguarda la struttura, ovvero l’allocazione dei poteri e in particolare i limiti all’azione dello stato. Il risultato, sempre per Gedicks, è un diritto costituzionale artificialmente gonfiato e incapace di misurarsi con i conflitti e le zone grigie della realtà:

Hosanna-Tabor’s combination of a church autonomy right, a structural limitation, and an indeterminate definition of minister created a constitutional right on steroids: a broad, absolute, and categorical church autonomy right to be free of government interference in most employment decisions without a safety net of waiver or balancing even when the decision is made on a prohibited secular ground10.

8 R. Schragger e M. Schwartzmann, Against Religious Institutionalism, in 5 Virginia Law Review 917 (2013), citati in P. Annicchino, Il conflitto tra il principio di autonomia dei gruppi religiosi ed altri diritti fondamentali: recenti pronunce della Corte Suprema degli Stati Uniti e della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, in 1 Quaderni di diritto e politica ecclesiastica 55 (2013), p. 56. 9 C. Laborde e W.F. Sullivan, Religious Exemptions? A Dialogue on the Impossibility of Religious Freedom, in 1 Quaderni di diritto e politica ecclesiastica 5 (2013), citato in A. Madera, Il principio di autonomia confessionale: baluardo di una effettiva libertà di autodeterminazione? Una analisi comparativa delle pronunzie della Corte Suprema USA e della Corte di Strasburgo, in 30 Anuario de derecho eclesiastico del Estado 561 (2014), p. 595. 10 F.M Gedicks, Narrative Pluralism and Doctrinal Incoherence in Hosanna-Tabor, op. cit., p. 429-430.

5. Conclusione

Per i giudici della Corte e per i sostenitori della decisione raggiunta, il cuore di Hosanna-Tabor è la preservazione dell’autonomia della religione, e dunque della sua peculiarità e differenza, contro la minaccia dell’ingerenza statale. A tal fine, la Corte