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NELLA CITTÀ DI TOKYO Hidenobu Jinna

Nel documento 1868. Italia Giappone: intrecci culturali (pagine 87-91)

Premessa

Il fatto che la città di Edo fosse una città d’acqua è piuttosto noto. La città di Tokyo di epoca moderna, invece, viene considerata spesso come una realtà trasformata in una città di terra sulla quale furono costruite linee ferroviarie e tramviarie. In realtà, la Tokyo che in epoca Meiji subentrò a Edo mantenne la sua fisionomia di città d’acqua ricca di fiumi e canali. Anche nei primi tempi dell’era Shōwa, lo spazio d’acqua restò importante per la città con il suo intenso viavai di barche, e tale caratteristica venne meno soltanto dopo la Seconda guerra mondiale.

Soprattutto il centro e la città bassa di Tokyo, caratterizzati da un reti- colato di canali, venivano spesso paragonati a Venezia per questa somi- glianza. Inoltre, a partire dall’era Meiji, proprio a Tokyo furono costruiti diversi edifici che sembravano una riproduzione dell’immagine architet- tonica di Venezia. Furono più volte proposti anche alcuni progetti intesi a creare uno spazio d’acqua che potesse ricalcare l’immagine di Venezia, così come alcuni architetti desideravano. Oppure per rivalutare Tokyo come città d’acqua, si sono spesso trovate affascinanti analogie tra questa città e Venezia. Nel dopoguerra, vennero realizzati alcuni spazi urbani che sem- bravano quasi una copia di Venezia. Insomma, Venezia ha sempre ricoperto un ruolo significativo nella rivalutazione dell’importanza dello spazio d’acqua di Tokyo.

Nel presente lavoro intendo analizzare i mutamenti che hanno interessato l’immagine di Venezia come città d’acqua riflessa nel contesto urbanistico di Tokyo. Nello stesso tempo esaminerò l’influenza che tale immagine ha avuto sulla rinascita di Tokyo come città d’acqua. Un fenomeno, questo, collo- cabile in primo luogo in epoca Meiji, ma che interessò anche i periodi Taishō e Shōwa.

L’architettura veneziana introdotta da Josiah Conder come intermediario fra l’Oriente e l’Occidente

Aimé Humbert, il capo della delegazione diplomatica svizzera giunto in Giappone nel 1862, ovvero alla fine del governo shogunale dei Tokugawa, fu la prima persona che segnalò la somiglianza fra Venezia e Tokyo. Egli fece una visita lungo il fiume Sumida della città di Edo e apprezzò quel pittoresco spazio sull’acqua, animato e avvolto da un’atmosfera pacifica, che descrisse: «senza paragone nel mondo eccetto le fondamenta e piazze di Venezia, regina dell’Adriatico».1

All’epoca della modernizzazione Meiji fu Josiah Conder (1852-1920), architetto inglese nato a Londra, a introdurre per primo l’immagine di Venezia a Tokyo. Egli cominciava a dimostrare il suo talento come architetto quando fu invitato dal Ministero di Ingegneria (Kōbushō 工部省) nel 10° anno dell’era Meiji (1877). Diventò professore del Dipartimento di Archi- tettura del Politecnico (Kōbudaigakkō zōkagakka 工部大学校造家学科, l’attuale Dipartimento di Architettura della Facoltà di Ingegneria presso l’Università di Tokyo) e, contemporaneamente, fu incaricato come consu- lente dell’Ufficio Edilizia del Ministero di Ingegneria. Egli contribuì alla formazione di studenti che avrebbero in seguito costituito la prima genera- zione di architetti in Giappone, fra cui Tatsuno Kingo, Katayama Tōkuma, Sone Tatsuzō e, pertanto, va considerato come il “padre degli architetti giapponesi”.

Conder progettò alcuni tra i maggiori edifici pubblici necessari a fare di Tokyo una capitale moderna; tra questi, il Museo di Ueno (1878) e il palazzo dell’Ufficio per lo sviluppo dello Hokkaidō (Hokkaidō kaitakushi 北海道開 拓使, 1880). Il suo stile architettonico era singolare. Infatti, nel progettare le architetture moderne adeguate a un paese dell’Estremo Oriente com’era il Giappone, egli evitò una troppo diretta introduzione dello stile occidentale scegliendo invece lo stile islamico, il quale simboleggia la cultura del- l’Oriente che sta appunto fra l’Europa e il Giappone. Egli adottò anche lo stile architettonico veneziano formatosi sotto l’influenza dell’Oriente, come un giusto intermediario fra l’Occidente e l’Oriente.2

Nell’Inghilterra del XIX secolo, dove Conder nacque e si formò, era dif- fusa la tendenza verso un romanticismo esotico e un interesse per l’Oriente, specie per l’India, la Cina e, anche, il Giappone. Conder stesso crebbe in un ambiente caratterizzato da un grande interesse per la cultura giapponese. Per

1 Aimé Humbert, Bakumatsu Nihon zue (Immagini del Giappone alla fine del periodo Edo),

trad. giapp. di Takahashi Kunitarō, Yūshōdō shoten, Tokyo 1970, vol. II, pp. 42-43. Il primo riferimento all’opera è in Hasegawa Takashi, Toshi kairō (Corridoio urbano), Sagami shobō, Tokyo 1975, pp. 73-74.

di più, durante il suo viaggio verso Giappone nel 1876, trascorse qualche giorno in Francia e, in novembre, soggiornò per circa un mese in Italia visitando Milano, Pavia, Verona, Genova, Venezia, Firenze, Roma, Pompei e Napoli, e disegnando schizzi di costruzioni in ogni città. Pertanto, aveva un’ottima conoscenza dell’architettura veneziana in cui si può leggere l’aspetto orientale d’influenza islamica.3

Per quanto riguarda il progetto del Museo di Ueno, il disegno originale (1876) è attribuito ad Antonio Fontanesi, a cui successe Conder che a sua volta modificò completamente lo stile originale e realizzò l’edificio in stile islamico (fig. 1).4

Per quanto riguarda invece l’Ufficio per lo Sviluppo dello Hokkaidō (compiuto nel 1880), esso fu realizzato in un luogo emblematico di Tokyo come città d’acqua. L’edificio, infatti, si trovava vicino al ponte di Eitai, con un’ampia veduta sull’acqua laddove il fiume Nihonbashi confluisce nel fiume Sumida (fig. 2). Il palazzo sorgeva isolato su un sito circondato dal basso recinto aperto dal portale e, quindi, il suo splendido aspetto esterno era visibile da tutti i quattro lati (fig. 3). Il disegno originale a colori eseguito dalla mano di Conder consente di capire che il palazzo era di colore rosso mattone (fig. 4). Nel pianoterra sono applicati gli archi tipici islamici di bicolore bianco-rosso, mentre al primo piano si aprono le finestre e i balconi di stile gotico-veneziano. Qui si può notare un elemento caratteristico dell’architettura veneziana, cioè una serie di arcate composta da due o tre archi trilobati e incorniciata da una riquadratura rettangolare. Lo stile che caratterizza l’aspetto esterno non è quello gotico originale diffuso nel Medioevo (XIV-XV secolo) ma quello neo-gotico veneziano, in quanto le arcate sono disposte più liberamente. È indubbio che Conder volle realizzare una costruzione che esprimesse in modo diretto l’immagine di Venezia, in un gradevole posto sull’acqua rappresentativo di Tokyo. Il fatto da notare è che i suoi studenti di allora, fra cui Tatsuno Kingo, concorsero a disegnare le piante nella fase di preparazione.5

L’architettura di stile veneziano progettata da Tatsuno Kingo

Nell’aprile del 1888 Tatsuno Kingo (1854-1919), uno degli architetti giappo- nesi della prima generazione formati sotto la direzione di Conder, svilup-

3 Onogi Shigekatsu, Yoshiki no ishizue (Base per lo stile), Sanseidō, Tokyo 1979, pp. 98-100. 4 Kawahigashi Yoshiyuki, Josaia Kondoru kenchiku zumenshū (Collezione dei disegni di

Josiah Conder), vol. 1, Chūō kōron bijutsu shuppan, Tokyo 1980, p. 27.

5 Ibidem, pp. 31-32 e il catalogo curato da Noguchi Kōichi, Yomigaeru bunmei kaika.

Nihonbashi-Ginza-Tsukiji (L’immagine ricostruita dell’epoca di modernizzazione. Nihonba-

pando l’insegnamento ricevuto dal suo maestro, realizzò un’architettura eccellente in una località sul maggiore canale di Tokyo, ossia il fiume Nihonbashi. Si tratta della residenza privata di Shibusawa Eiichi, il fondatore del mondo finanziario e industriale giapponese (figure 5-6). La pianta molto dettagliata realizzata dallo Stato Maggiore dell’Esercito nell’aprile del 1884 (fig. 7) mostra il terreno non ancora edificato, e ciò attesta che la costruzione della residenza fu avviata solo dopo questa data. Shibusawa auspicava che Tokyo diventasse un centro del commercio internazionale come Venezia e, serbando questa speranza, volle che la sua residenza fosse realizzata in stile veneziano e sorgesse in uno spazio affacciato sulla vasta distesa d’acqua.6

La residenza è composta di due piani e rivolta verso l’acqua, con la facciata divisa in tre parti secondo la maniera veneziana. La particolarità, però, è che la parte centrale è più larga rispetto alla consueta scansione in modo da rendere l’ingresso abbastanza largo con sei arcate consecutive. Tale struttura era diffusa nello stile bizantino (XII-XIII secolo) che precede il gotico. A quell’epoca, a Venezia la struttura del piano d’acqua così aperta da arcate serviva per lo scarico delle merci direttamente dalle imbarcazioni. In effetti, gli archi di quest’opera di Tatsuno assumono la forma semicircolare del bizantino e non quella a sesto acuto del gotico. Per esprimere lo stile bizantino, anche i medaglioni sono adoperati giustamente come elemento ornamentale.

Tatsuno Kingo si laureò nel Dipartimento di Architettura del Politecnico nel 12° anno Meiji (1879) e, in seguito, studiò architettura a Londra per quattro anni, sino al 1883. Prima di tornare in Giappone, dal marzo del 1882 viaggiò in Francia e in Italia per circa un anno, visitando diversi luoghi con capolavori architettonici che disegnò. Sappiamo che raggiunse l’Italia nel mese di dicembre e si sistemò a Venezia. A quel tempo lo scultore giap- ponese Naganuma Moriyoshi (1857-1942) viveva a Venezia, dove studiava presso il Regio Istituto di Belle Arti (l’attuale Accademia di Belle Arti) e insegnava la lingua giapponese alla Scuola Superiore di Commercio (l’attuale Università di Ca’ Foscari, di cui questo Convegno ricorda l’isti- tuzione). Tatsuno si recò a Venezia contando su Naganuma e approfittò dell’ospitalità del suo compatriota. Per fortuna sono conservate cinque cartoline che Tatsuno spedì a Naganuma da alcune località che egli visitò nel corso del suo viaggio in Italia. Questi materiali testimoniamo, oltre all’ami- cizia fra i due, che Tatsuno si trasferì verso il 20 dicembre da Venezia a Firenze.7

6 Fujimori T., Kokka no dezain, cit., p. 117.

7 Ishii Motoaki, Venezia to Nihon. Bijutsu o meguru kōryū (Venezia e il Giappone. Scambi

attorno alle arti), Brücke (Buryukke), Tokyo 1999, pp. 71-98. Si veda anche Chiba Mizuo, “Naganuma Moriyoshi fureai no hitobito”, nel catalogo Naganuma Moriyoshi to sono jidai

Durante il suo soggiorno a Venezia di quasi venti giorni nel mese di dicembre del 1882, Tatsuno fu affascinato dall’architettura veneziana di cui osservò in dettaglio la struttura e gli ornamenti. Una esperienza, questa, che ebbe occasione di mettere a frutto quando, tornato in Giappone, gli venne affidato l’incarico di progettare la residenza di Shibusawa. Come già accen- nato, il suo maestro Conder aveva motivatamente utilizzato lo stile architet- tonico veneziano come intermediario fra l’Oriente e l’Occidente ed è assai probabile che anche ciò abbia influenzato assai il lavoro di Tatsuno.

La residenza di Shibusawa, tuttavia, non fu il primo progetto realizzato da Tatsuno in stile veneziano. In effetti, subito dopo il rientro dal suo sog- giorno di studio a Londra, fu incaricato del progetto della Sede del Circolo dei Banchieri (Ginkō shūkaijo 銀行集会場), terminato nel 13° anno Meiji ovvero nel luglio del 1885 (fig. 8). Il palazzo si trovava nel quartiere Kabutochō nelle cui vicinanze sarebbe sorta in seguito la residenza di Shibusawa. Il palazzo mostra una forma classica ispirata all’architettura palladiana, mentre lo stile dell’architettura veneziana prevale invece nelle finestre ad arco incorniciate da una riquadratura rettangolare. Analoghe finestre in stile veneziano furono utilizzate anche per la Sede Centrale delle Telecomunicazioni del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni (Teishin- shō denshin honkyoku 逓信省電信本局) realizzata nel 1885 su progetto di Watanabe Ken, con cui collaborò Tatsuno Kigo (fig. 9). Progetto, questo, che fu probabilmente elaborato sotto la guida di Conder.8

L’immagine di Venezia rispecchiata sul fiume Nihonbashi

Hirakawa Sukehiro spiega bene in un suo libro di come i giapponesi dell’era Meiji sognassero Venezia.9 Egli ci racconta, ad esempio, che il medico e letterato Kinoshita Mokutarō (1885-1945) seguì, quando era liceale (1903-04), le lezioni di lettura ad alta voce del Viaggio in Italia di Goethe e divenne appassionato di Venezia. Guardando i gasometri di Shinagawa illuminati dal sole del tramonto, fantasticava che questi fossero San Giorgio Maggiore, mentre la residenza di Shibusawa sorta in Kabutochō gli appariva come una visione della Ca’ d’Oro. Il giovane giapponese di allora, leggendo con diletto l’opera di Goethe, immaginava una Venezia che non conosceva

Nel documento 1868. Italia Giappone: intrecci culturali (pagine 87-91)