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on claims made basis, mercé il consustanziale rapporto che lega causa e tipo 325 , di cui in seguito.

l’assicurato e responsabilità di quest’ultimo ai sensi dell’art. 2043 c.c. Sennonché si tratta di posizioni distinte. La responsabilità dell’assicurato sorge ex lege, nel momento in cui l’atto illecito causa un danno al terzo (art. 2043 c.c.) mentre l’obbligo dell’assicuratore nasce ex contractu nel momento in cui il terzo fa valere il suo diritto al risarcimento del danno nei confronti dell’assicuratore, come si desume chiaramente dall’art. 1917 c.c.”; F. CESERANI,Origini e sviluppi della clausola claims made nei mercati internazionali, cit., pp. 824 ss.; A. ANTONUCCI, Prassi e norme nel contratto di assicurazione: la clausola claims made, cit., pp. 1032 ss.; U. CARASSALE,

op. cit., p. 605; R. SIMONE, op. cit., p. 1086, ad avviso del quale, “la possibilità di prevedere e inserire deroghe è consentita, invece, dalle larghe maglie della disciplina del contratto in generale e dl principio della libera autonomia contrattuale, se nel pieno rispetto delle norme imperative”; C. LANZANI, La travagliata storia della clausola claims made: le incertezze continuano, cit., pp. 1084 ss. In senso critico, S. MONTICELLI, op. cit., il quale evidenzia “la conclusione è semplicistica e insoddisfacente: ed infatti, […] accreditare la sequenza secondo cui ogni deroga a una norma dispositiva è sempre e in ogni caso lecita e meritevole, significa svilire il ruolo che le norme dispositive assolvono nell’ordinamento. Ed infatti, a tale proposito va considerato che le norme dispositive non assolvono una funzione meramente suppletiva dell’autonomia privata ma rappresentano fondamentalmente il regime ottimale di un certo rapporto negoziale. Il punto di equilibrio, indicato dal legislatore, nella contrapposizione degli interessi in gioco”. Continua l’Autore sostenendo che la deroga a una norma dispositiva, realizzata al solo fine di alterare ingiustamente l’equilibrio contrattuale a favore di uno dei contraenti (nella specie, il predisponente) altro non sarebbe, al contempo, che lesione dell’altrui autonomia contrattuale e abuso dell’autonomia privata. Da ciò ne consegue, il vizio invalidante della nullità per iniquità.

In giurisprudenza, Cass. SS. UU., 6 maggio 2016, n. 9140, cit., p. 754; Cass., 13 febbraio 2015, n. 2872, in Danno e resp., 2016, con nota di B. TASSONE – N. NARDO, pp. 187 ss.; Cass., 22 marzo 2013, n. 7273, cit.; Cass., 15 marzo 2005, n. 5624, cit., pp. 711 ss., ove si legge “occorre premettere che certamente la clausola claims made, pur non corrispondendo alla previsione legislativa (art. 1917 c.c.) è lecita (si consideri tra l’altro che, come giustamente osservato dalla parte ricorrente, l’art. 1932 prevede la non derogabilità, se non in senso più favorevole all’assicurato, del terzo e del quarto comma dell’art. 1917; ma non del primo comma)”; App. Roma, 22 marzo 2011, in Mass. redaz.

UTET, 2011; Trib. Benevento, 11 maggio 2017, n. 895, in www.iusexplorer.it; Trib. Bologna, 12 agosto 2016, in Ridare.it 2016, 7 ottobre; Trib. Palermo, 26 novembre 2014, cit.; Trib. Bologna, 20 novembre 2014, n. 3331, in www.iusexplorer.it; Trib. Napoli, 11 febbraio, 2010, in Ass., 2011, pp. 131 ss.; Trib. Crotone, 28 novembre 2004, in Ass., 2004, pp. 260 ss.; Trib. Milano, 5 luglio 2005, in

Fallimento, 2006, pp. 438 ss.

325 Quanto al rapporto tra causa e tipo, esso coinvolge a monte l’interrogativo inerente al senso e alla portata del concetto di causa: elemento essenziale del contratto, la cui mancanza ne determina la nullità, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 1325 e 1418 co. 2 c.c. In particolare, i termini della questione risalgono al codice del 1865 il quale, ponendosi nel solco della codificazione napoleonica, riferiva la causa all’obbligazione, intesa quale nesso che giustifica il sorgere di un obbligo. E ciò in quanto il contratto veniva inteso solo quale fonte di rapporti obbligatori, escludendosi effetti traslativi in assenza di un qualsivoglia tipo di obbligazione. In simile contesto, prevalente era la tesi che faceva coincidere la causa con lo scopo in vista del quale la parte assumeva un’obbligazione (tesi soggettiva). A tale ricostruzione, tacciata di aver sovrapposto la causa (elemento oggettivo) con la volontà (elemento soggettivo), si contrapponeva la tesi di quanti

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5. Qualificazione giuridica del contratto di assicurazione claims made: tra atipicità

del negozio e pattuizione extratipica

ravvisavano nella causa l’essenza oggettiva del contratto intesa quale motivo in virtù del quale l’ordinamento riconosce e sanziona il rapporto posto in essere dalle parti: motivo da concepirsi in termini di funzione del negozio. Tuttavia, solo con l’entrata in vigore del codice del 1942 si assiste al definitivo abbandono della teoria soggettiva a tutto vantaggio del riconoscimento della concezione oggettiva della causa. In particolare, nella Relazione del Guardasigilli si legge il rifiuto di una concezione individualistica dell’autonomia privata che intanto trova riconoscimento in quanto la medesima sia funzionale al perseguimento di un interesse sociale. Di converso, la Relazione recepisce una concezione della causa in termini di funzione economico - sociale, sulla base della premessa che il riconoscimento dell’autonomia privata è ancorato non già allo scopo soggettivo del contraente bensì al suo contenuto socialmente utile su cui l’ordinamento effettua un controllo di conformazione al fine di far discendere dall’atto di autonomia determinati effetti giuridici. Sebbene tale impostazione sia stata accolta quasi unanimemente dalla dottrina (ex multis, E. BETTI, Causa

del negozio giuridico, in Noviss. Dig. It., Torino, 1957, pp. 32 ss.; G. SICCHIERO, Appunti sulla causa del contratto, nota a Cass., 15 luglio 1993, n 7844, in Giur. it., 1995, pp. 553 ss.) e dalla

giurisprudenza di legittimità anche più recente (in tal senso, ex multis Cass., 4 aprile, 2003 n. 5324, in Foro it., voce Contratto in genere, p. 375; Cass., 15 luglio 1993, n 7844, cit.; Cass., 20 novembre 1992, n. 12401, in Foro it., 1993, col. 1056), è stata, tuttavia, ampiamente contestata sulla base di diversi rilievi. Invero, intendere la causa nei termini anzidetti significa, in primo luogo, piegare l’atto di autonomia privata alle istanze dello Stato e, di conseguenza, non essere espressione della “signoria del volere” delle parti (in tal senso, in dottrina G. B. FERRI, La causa nella teoria del contratto, in

Studi sull’autonomia dei privati, a cura di Angelici-Ferri, Torino, 1997, pp. 97 ss.); attribuire, inoltre,

alla medesima mezzo di attuazione della politica dirigistica dell’economia nazionale e, quindi, relegare l’autonomia privata tra gli strumenti per soddisfare fini propri dell’ordinamento corporativo (in dottrina, A. CATAUDELLA, La struttura del contratto, in I contratti. Parte generale, Torino, 2000, pp. 187 ss.; G. ALPA, L’uso giurisprudenziale della causa del contratto, in Nuova giur. civ.

comm., 1995, pp. 1 ss.); da ultimo, sostenere che nessun contratto tipico può essere dichiarato nullo

per mancanza o illiceità della causa, in quanto essa coincide con quella individuata dal legislatore per ogni fattispecie negoziale e, di converso, che l’illiceità della causa riguarda esclusivamente i contratti innominati (A. CATAUDELLA, op. cit., p. 188). Sulla base di tali obiezioni, è stata prospettata la teoria della causa quale funzione economica – individuale (ovvero della causa in concreto), secondo cui, essa altro non sarebbe che la sintesi degli interessi in concreto perseguiti dalle parti con il contratto. Ne consegue, pertanto, che non è possibile individuare in astratto la causa di un determinato negozio giuridico sulla base del modello predisposto dal legislatore ma occorre procedere all’esame di tutti gli elementi del negozio sia quelli primari, individuati dal legislatore, sia di quelli secondari, voluti dalle parti. Logico corollario di tale impostazione è che il controllo di liceità interessa non esclusivamente icontratti innominati ma altresì quelli tipizzati dal legislatore. In tal senso, in dottrina, A. CATAUDELLA, op. cit.; G. B. FERRI, op. cit.; G. ALPA, op. cit. In giurisprudenza ex multis, Cass. 14 settembre 2012, n. 15449, in Resp. civ. e prev., 2012, pp. 2063 ss.; Cass., 12 novembre 2009, n. 23941, in Guida al diritto, 2009, pp. 5 ss.; Cass., 8 maggio 2006, n. 10490, in Giust. civ. Mass., 2006, p. 5. Orbene, con riguardo al rapporto tra causa e tipo, va da sé che l’accoglimento della tesi che discorre della causa in termini di funzione economico - sociale importa la sovrapposizione tra i due termini del rapporto laddove diversamente è a dirsi in ragione dell’avallo della tesi della causa quale funzione economico – individuale. Invero, da tale prospettiva, la differenza risulta essere netta, posto che la causa altro non è che la sintesi dei contrapposti interessi che per il tramite del negozio – tipo vengono soddisfatti.

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Secondo una certa impostazione

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, la garanzia in regime claims made