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Capitolo II La teoria dei valori in Ortega y Gasset

3.7 Classificazione degli usi: usi deboli e usi fort

Nella teoria sociale orteghiana tutti gli usi condividono il carattere di irrazionalità che genera imposizione e rende possibile la convivenza facilitando la vita all’uomo. Esistono diversi tipi di usi ognuno dei quali si caratterizza per la vigenza che si manifesta con maggior o minore forza a secondo dell’uso in questione. Ortega classifica gli usi in deboli e forti in base al loro potere coercitivo, il grado di vigenza viene determinato dalla urgenza con cui è sentito l’uso nella società in cui è vigente, Ortega dichiara “la violenza con cui il potere pubblico agisce dipende dalla maggiore o minore importanza che l’opinione pubblica attribuisce agli abusi o alle deviazioni dell’ uso”301. Ogni uso sulla base del ruolo che gioca nel funzionamento della società ha più o meno potere sociale, da ciò dipende la sanzione che deriva dal tipo di trasgressione o violenza messa in atto. La società reagisce più energicamente contro la deviazione sociale che nasce dalla violazione di usi primari perché essi costituiscono la condizione che rende possibile il libero funzionamento di tutti gli usi che costituiscono la base del sociale. Questo ordine di base è mantenuto dall’interazione sociale tra masse e minoranza senza necessità di apparati né organi di potere. Per avere una corretta comprensione della teoria orteghiana è necessario notare che uno dei “principi fondamentali della sociologia orteghiana consiste nel difendere la priorità degli

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usi diffusi su quelli rigidi”302. Bisogna dunque sottolineare come ciò che è prioritario e imprescindibile continua a essere ciò che non è fondamentale, in questo caso è necessario tener in considerazione che gli usi forti non sono che garanzia e strumento al servizio dei deboli che, a loro volta, sono la radice e la ragione d’essere dei forti. Questo stato di cose ha una notevole importanza perché la struttura politica e giuridica sono sovrastrutture della struttura sociale. Ortega dimostra la differenza tra usi forti e usi deboli facendo ricorso all’esempio del saluto, il saluto pacifico e il saluto bellico: il saluto bellico non è effettivamente un saluto ma un ordine, un comando, una legge. Il primo è lento nell’istaurarsi e sarà lento nel momento della omissione, il saluto bellico scompare velocemente e si impone altrettanto velocemente non appena un partito conquista il Governo”303. La seconda differenza tra usi forti e usi deboli consiste nel fatto che gli usi deboli hanno valore perché è la società che in maniera informale glielo attribuisce, la persistenza e la protezione degli usi forti invece è mantenuta da organi che gestiscono il potere sociale e che hanno un potere coercitivo esplicito. Pellicani afferma: “la minaccia della violenza, implicita in qualunque uso, può essere gestita direttamente dalla gente, in questo caso si parla di usi deboli o può essere gestita da agenzie specializzate nella repressione (lo Stato e i suoi apparati coercitivi) e in questo caso si parla di usi forti e rigidi”304. Un’altra differenza consiste nel fatto che “la violazione del saluto pacifico non riguarda l’atto ma le persone che lo hanno commesso, e la punizione si manifesta sotto forma di un giudizio sfavorevole che solo alla lunga avranno conseguenze negative. Inoltre, questo tipo di coercizione non ha come obiettivo eliminare l’atto in cui l’abuso consiste: colui che non da la mano oggi, di fatto, può continuare a non salutare anche successivamente. Nel saluto bellico invece il grado di coercizione è più forte: chi non saluta con il pugno è immediatamente vessato: si avverte dunque che questa forma di coercizione è diretta all’atto, ed è finalizzata al fatto che la

302 J.Bayón, Razón vital y dialéctica en Ortega, Revista de Occidente, 1972, pp. 168-169. 303 J.Ortega y Gasset, El hombre y la gente, cit., 227-228.

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violazione dell’atto non si ripeta”305. Si può dunque affermare che la trasgressione di un uso debole è in maniera diretta un problema specifico e solo in forma indiretta un danno per la società306. Al contrario, la violazione di un uso forte fa riferimento fin dall’inizio alla società, ciò che importa è evitare che la violazione stessa si ripeta attraverso la sanzione dell’atto e poi correggendo l’individuo. Esistono due differenze complementari: una che la sanzione dell’uso debole è incerta nel tempo, ciò significa che il trasgressore di un uso debole non sa con certezza in che momento dovrà sopportare le conseguenze della sua azione, la violazione potrebbe essere anche dimenticata o non punita, invece la sanzione dell’uso forte è immediata e il suo trasgressore sa che l’abuso sarà punito e ne patirà le conseguenze. Il castigo che comporta la violazione di un uso debole è di contenuto variabile, invece chi viola un uso forte subirà una sanzione stabilita. Ortega dunque parla “dell’esistenza di due tipologie di usi: gli usi deboli e diffusi e gli usi forti e rigidi. Un esempio dei primi sono quelli che comunemente vengono chiamati usi e costumi e che si riferiscono agli usi sociali correnti, al modo di pensare, alla lingua e in generale all’opinione pubblica. Sono, invece, esempio degli usi forti il diritto e lo stato all’interno delle cui strutture appare quella cosa terribile, ma inesorabile e inscusabile che è la politica”307. Bisogna però sottolineare che questa classificazione non è rigida, può succedere che certi usi forti in alcune circostanze siano considerati usi deboli e viceversa. Tale classificazione è determinata dal grado di intensità della coercizione che implica l’uso senza nulla togliere a quella che è la loro nota costitutiva ovvero l’essere vigenza collettiva.