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Una difficoltà di questo studio è stata quella di scegliere un metodo classificativo uniforme che riunisse i dati riguardanti la morfologia cellulare dei casi in nostro possesso. È stata usata la classificazione Kiel (e Kiel Updated) che, seppur ormai non più molto recente, ha permesso identificare i linfomi di entrambi i gruppi di studio sotto un unico schema classificativo, confermando il suggerimento di molti articoli, sia in bibliografia umana che veterinaria che la classificazione del NHL sia, ancor oggi molto eterogenea nelle varie parti del mondo11,30,31

La predominanza di linfomi ad alto grado di malignità rispetto alle forme a basso grado è stata constatata in entrambi i gruppi di studio8,30.

I sottotipi cellulari di linfomi B sono stati le forme più comuni nei gruppi di studio, in particolare la forma centroblastica polimorfa e immunoblastica, come precedentemente documentato 30,52.

Per quanto riguarda i linfomi T ad elevato grado di malignità, il pleomorfo misto è risultato essere quello più consistente in entrambi i gruppi di studio; mentre, i linfomi T a basso grado sono stati identificati esclusivamente nel gruppo ODVB, di cui le forme a piccole cellule e Micosi Fungoide sono state le più significative.

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Parte sperimentale gruppo ODVP

Nell’uomo l’incidenza riportata in letteratura è di 19,6 casi di linfoma su 100.000 pazienti a rischio, mentre, nel cane l’incidenza risulta maggiore, da 20 a 107 casi di linfoma su 100.000 pazienti esposti 6,46.

Nel nostro studio l’incidenza è risultata ancora più elevata (27 casi su 1000) ma è stato supposto che il fatto di essere un centro di referenza per l’oncologia crei un falso innalzamento dell’incidenza, poiché molti pazienti sono stati riferiti da colleghi esterni alla struttura.

La maggior parte dei soggetti si è presentata alla prima visita presso ODVP con la malattia già al IV o V stadio (57%, 35%), sebbene sia riportato che più frequentemente l’animale viene visitato al III stadio (quando il proprietario si accorge della comparsa di masse nei vari punti del corpo)1.

Nel nostro caso, occorre considerare che pochi soggetti sono stati portati non appena sono comparsi i primi sintomi, trattandosi di visite di referenza, la maggior parte è arrivata presso l’ODVP dopo un periodo superiore alle 3-4 settimane dall’inizio delle manifestazioni e spesso dopo aver già effettuato un trattamento terapeutico a base di corticosteroidi dal veterinario di referenza.

Per la forma multicentrica, come ampiamente riportato in letteratura33 è stato rilevato

che il sintomo più comune riscontrato all’esame clinico è stata la linfoadenomegalia (95%) di cui il 79% localizzata, prevalentemente nei linfonodi craniali. Circa la metà dei soggetti presentava splenomegalia (30%) e l’epatopatia è stata presentata in misura inferiore (16%). Tra i sintomi aspecifici più frequenti sono stati riscontrati disoressia (32%), dimagrimento (22%) e abbattimento del sensorio (19%). Tra i sintomi funzionali i più frequenti sono stati: difficoltà respiratorie, eritema, soffio cardiaco ed edema da stasi. Per le altre forme anatomiche, la scarsità dei casi ha reso difficile esprimere una prevalenza significativa della sintomatologia correlata alla neoplasia.

Le alterazioni ematologiche più frequentemente riscontrate sono state la presenza di anemia (49%), lieve per la maggior parte dei casi (58%), normocitica-normocromica (80%) non rigenerativa (47%) a conferma di quanto riportato in letteratura1,33,55, mentre

solo un caso con aumento dei globuli rossi (policitemia), probabilmente per la secrezione inappropriata di eritropoietina56.

La trombocitopenia è stata riportata solo in 28 casi (23%),con stima compresa tra inadeguata e ridotta, ed in percentuali inferiori a quanto riportato da vari autori 57.

Il leucogramma è risultato alterato nel 34% dei casi e di questi il 36% era rappresentato da un quadro infiammatorio acuto e il 34% cronico. I casi con leucopenia erano solo il 9% in accordo con quanto riportato in letteratura dove risulta un reperto poco frequente55. La linfocitosi riscontrata è stata spesso associata alla presenza di

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L’aumento dell’attività enzimatica epatica o renale sono riportati in letteratura in corso di linfoma per insufficienza d’organo secondaria a infiltrazione neoplastica; in questo studio la funzionalità epatica è risultata alterata in circa il 13% dei soggetti, con aumento prevalentemente della lattato deidrogenasi (LDH) in 53 casi e della fosfatasi alcalina (ALP) in 46 casi, ma ciò può essere imputato al trattamento cortisonico effettuato in buona parte dei soggetti. Il coinvolgimento renale è risultato invece molto raro (5%).

I parametri elettroforetici di pazienti con linfoma non sono risultati eccessivamente alterati, ad eccezione delle gammaglobuline e albumina, diminuiti rispettivamente nel 30% e 27% dei casi8 per perdita delle proteine.

Per quanto riguarda l’esame del midollo, l’alterazione maggiormente riscontrata è stata l’infiltrazione da parte di cellule neoplastiche linfoidi (53%), in accordo con la bibliografia58. Valutando le principali alterazioni ematologiche riscontrate nei casi con

grave infiltrazione linfoide midollare (7 casi), è risultato evidente che 5 casi su 6 che sono stati esaminati, hanno mostrato alterazioni ematologiche in ciascun compartimento ematico. Secondo uno studio di Martini59, il grado di infiltrazione del

midollo osseo non può essere previsto a seconda di quale alterazione ematologica è maggiormente presente. Nel nostro studio, casi con elevata infiltrazione midollare presentavano parametri ematologici alterati quali diminuzione di ematocrito, piastrine e linfocitosi, ma questa considerazione sembra poco influire ai fini della prognosi o trattamento, e quindi, al momento secondi gli articoli più recenti, la biopsia midollare non è consigliata come routine 60.

La diagnostica per immagini effettuata prevalentemente nel comparto addominale, fornisce un utile strumento per valutare il grado di diffusione della neoplasia che spesso, nella forma multicentrica, coinvolge linfonodi, fegato e milza. Una considerazione necessaria riguarda i casi che presentano epatopatia, infatti, come già evidenziato, buona parte di questi (43%) avevano eseguito un trattamento cortisonico da meno di una settimana. Per quanto riguarda la rafiografia toracica, le alterazioni che spesso sono state riscontrate comprendevano linfoadenopatia (47%)61.

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Capitolo 5

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L’ostacolo principale per questo lavoro è stato utilizzare i dati a nostra disposizione che, provenendo da casistiche diverse per intervallo di tempo e differente approccio diagnostico, mostravano una certa disomogeneità. La causa di questa disomogeneità è riferibile al fatto che, nel gruppo di studio dell’Università di Bangkhen, il database informatico del dipartimento di anatomia patologica comprendeva esclusivamente le informazioni sul segnalamento e sui referti cito-istologici e non è stato possibile recuperare le informazioni riguardanti la clinica e patologia clinica.

Ad ogni modo, il presente lavoro ha permesso di evidenziare le caratteristiche cliniche e clinico-patologiche di casi di linfomi di due popolazioni provenienti da continenti diversi. Sono state evidenziate alcune differenze statisticamente significative riguardo dati del segnalamento (razza ed età) e sottotipi di linfomi maggiormente rappresentati nelle due popolazioni. Gli ulteriori dati emersi nel gruppo ODVP confermano, per gran parte, quanto riportato in letteratura sulla malattia, sia riguardo i dati clinici che i riscontri di laboratorio. Non è possibile dire, sulla base del presente studio, quali siano le cause di tali differenze, ma si potrebbe ipotizzare che i diversi stili di vita e le diverse condizioni ambientali possano giocare un ruolo in questo senso. Sarebbe interessante indagare questo aspetto attraverso uno studio epidemiologico che confronti le diverse condizioni di vita e i possibili aspetti eziologici nel determinismo della malattia.

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