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Al fine di comprendere correttamente la collocazione della democrazia partecipativa – che, come anticipato, sarà oggetto dei due successivi capitoli – nel più ampio ambito della nozione di democrazia, quale “governo del popolo” e “della legge”, che è stata descritta in apertura del presente capitolo, occorre svolgere talune considerazioni circa le disparate classificazioni che possono essere delineate con riferimento alla democrazia.

Non potendo in questo studio, per ragioni di ampiezza e di coerenza tematica, descrivere appieno le differenti conformazioni che la democrazia ha assunto nel corso della storia umana, riteniamo utile comprendere in quale specie si collochi la forma partecipativa di nostro interesse.

33 Con il che si vuole intendere la pratica per cui il governo rappresentativo e la pubblica

amministrazione assumono una decisione unilateralmente, la rendono nota e ne difendono l’esecuzione. In merito si veda N. KOMENDANTOVA - A. BATTAGLINI, Beyond Decide-

Announce-Defend (DAD) and Not-in-My-Backyard (NIMBY) models? Addressing the social and public acceptance of electric transmission lines in Germany, in Energy Research & Social Science, 2016, 22, pp. 224 ss. E.CASCETTA -F.PAGLIARA (Public engagement for

planning and designing transportation systems, in Procedia - Social and Behavioural Sciences, 2013, 87, pp. 103 ss.) hanno chiarito che la sindrome DAD è definibile nei seguenti

termini: «the administration promoting the project Decides with its experts the action to be

taken, only later when the choice has been made it Announces it to the public and finally it will Defend the choice from the criticisms» (p. 104). Più in generale, M.WOLSINK, Contested

environmental policy infrastructure: socio-political acceptance of renewable energy, water, and waste facilities, in Environmental Impact Assessment Review, 2010, 30, pp. 302 ss.

Una chiave di lettura proponibile può essere nel senso di evidenziare come la più ampia idea di democrazia – in termini di meccanismo nel quale sia giuridicamente assicurata la riconduzione della decisione pubblica alla volontà espressa dal popolo – può declinarsi in molteplici conformazioni a seconda di quale pregnanza sia riconosciuta alla scelta popolare: il che vale a significare che esistono modelli nei quali si riscontra un’immediatezza fra volontà popolare e decisione pubblica e modelli nei quali siffatti due estremi sono differentemente separati da strumenti di mediazione politica o burocratica.

Seguendo questa linea d’interpretazione, si giunge a distinguere quantomeno tre specie di democrazia tradizionalmente intese e alle quali sarà prestata sintetica attenzione nel corso del capitolo34: esse sono la democrazia antica, la democrazia rappresentativa e quella diretta; a queste sono poi da affiancare, al di fuori della concezione classica35, le esperienze partecipative o deliberative, da collocarsi sotto un’unica etichetta36.

Al lettore non sarà sfuggito che nella schematica proposta si è preteso di trattare distintamente la c.d. “democrazia degli antichi” da quella diretta, mentre nella vulgata si è soliti individuare nell’esperienza attica proprio la principale progenitrice della democrazia diretta. Invero, trattasi proprio di “progenitrice” e non di “gemella”: se la forma

34 V. oltre § 4, 5, 5.1 e 5.2.

35 Con concezione “classica” o “tradizionale”, come si è già avuto modo di chiarire, qui si

vuole intendere l’insieme delle modalità di “governo del popolo” noto alla teoria democratica che si è andata formando fra il XVII e il XVIII secolo e che poi ha trovato concreta realizzazione nello Stato liberale dell’Ottocento e, esauritasi l’esperienza storica di quest’ultimo, è confluito nelle democrazie pluraliste del secolo scorso.

36 Quella delle citate democrazie partecipativa e deliberativa: per la distinzione si veda oltre

in questo capitolo § 6, nonché più diffusamente nel capitolo II. Sul rapporto genere a specie esistente fra le due forme da ultimo menzionate si è avuto modo di delineare considerazioni di massima in chiusura dell’introduzione, ma si rinvia al capitolo II per un’analitica trattazione.

di governo dell’Atene periclea presenta similitudini con l’attuale democrazia diretta, la prima si distingue dalla seconda per una serie insormontabile di caratteri che ne rendono inassimilabile il funzionamento. Su questi aspetti ci si soffermerà a breve, basti qui rammentare che la più attenta letteratura – costantemente nel corso degli ultimi duecento anni37 – ha definito la democrazia diretta, al pari

di quella indiretta, come idealtipo proprio del pensiero moderno, distinguendola nettamente da quella antica.

La classificazione proposta, tra i vari fini perseguibili, risponde, alla necessità di discernere tra i modelli che propongano una stretta connessione tra governati e governanti e quelli che, di converso, interpongano tra essi una certa quale mediazione.

Così ragionando, la democrazia antica svetta per l’assolutezza della connessione tanto da far ritenere a parte della dottrina38, qui

pienamente condivisa, che essa costituisca caso paradigmatico della coincidenza tra governanti e governati: in ultima analisi, più un sistema di autogoverno che uno di democrazia.

Ciò scritto, il discorso sulle altre forme di democrazia potrebbe essere, invero, assai telegrafico: esse sono tutte, benché in misura differente, forme mediate di governo del popolo.

Lo è senza sorta di dubbio la democrazia rappresentativa, la quale esaurisce il momento di attività popolare in sede di elezione dei rappresentanti, demandano poi agli elettori il compito di “vigilare” il lavoro degli eletti in prospettiva della successiva tornata elettorale, dove

37 Il richiamo, com’è ovvio, è a B. Constant e al discorso La libertà degli antichi paragonata a quella dei moderni, pronunziato a Parigi nel 1819 [reperibile in A.ZANFARINO (a cura di),

Benjamin Constant. Antologia di scritti politici, Bologna, 1982, pp. 36 ss.]. Più recentemente

si sono occupati del tema, alla luce di diversi profili, diversi autori: ex multis, si ricordano M. FINLEY, La democrazia degli antichi e dei moderni, Roma-Bari, ristampa 1997; G.FASSÒ (a cura di), La democrazia in Grecia, Milano, 1999; N.URBINATI, L’ethos della democrazia:

Mill e la libertà degli antichi e dei moderni, Roma-Bari, 2006. 38 G.SARTORI, Democrazia. Cosa è, Milano, 1993, p. 143.

i primi saranno chiamati a “confermare il mandato” dei secondi (o, più correttamente, quello della forza politica dagli stessi costituita).

Similmente è mediata la democrazia partecipativa, posto che la stessa trova il suo normale raggio di operatività nelle scelte amministrative, cosicché la decisione ultima è pur sempre demandata alla pubblica autorità: è attribuzione di quest’ultima la ponderazione degli interessi in gioco – sotto il profilo sia prettamente amministrativo sia tecnico – nonostante in alcuni modelli siano configurabili oneri motivazionali relativamente alle risultanze del momento partecipativo. Infine, si ritiene che anche la democrazia diretta, lungi dal suo nome, presenti un certo quale grado di mediazione, se non altro per l’impossibilità che la stessa si presenti come modello totalizzante: essa, infatti, non costituisce altro – e non potrebbe altrimenti essere – che un limitato novero d’ipotesi integrative del metodo rappresentativo. L’elencazione di simili ipotesi avvalora la tesi dell’assenza di immediatezza: certamente petizione39 e iniziativa legislativa popolare40 si limitano ad una mera proposta al corpo legislativo, ma anche il referendum, che pur demanda la scelta alla compagine degli elettori, circoscrive la sua operatività ad un quesito preconfezionato da altri (quali quello abrogativo, elaborato dal comitato promotore, o quello

39 La petizione, in linea di prima approssimazione, costituisce la facoltà accordata al singolo

o ad un insieme di individui di rivolgersi ad una pubblica autorità per invocare l’adozione di provvedimenti o chiedere l’espressione di una valutazione in merito ad una determinata questione [così R.D’ORAZIO, Petizione (diritto di), in S. Cassese (a cura di), Dizionario di

diritto pubblico, Vol. V, Milano, 2006, pp. 4285 ss.]. Nell’ordinamento italiano (vedi anche infra § 5.2), al pari degli altri ordinamenti costituzionali occidentali, si configura alla stregua

di uno strumento di democrazia diretta, regolato dall’art. 50 Cost. [P.STANCATI, Petizione

(dir. cost.), in Enc. dir., Vol. XXXIII, Milano, 1983, pp. 596 ss.].

40 In merito, già F.CUOCOLO, Iniziativa legislativa, in Enc. dir., Vol. XXI, Milano, 1971, pp.

629 ss., il quale afferma che «l’attribuzione al popolo di questo potere si inquadra nella tendenza del nostro Costituente ad ampliare gli strumenti di partecipazione popolare alla vita dello Stato, anche in coerenza con il principio della sovranità popolare» in modo tale da integrare e correggere gli istituti rappresentativi con esperienze di democrazia diretta.

confermativo di una riforma costituzionale già organicamente compilata).

In sintesi, la profilata classificazione permette di distinguere una concezione democratica propria del pensiero antico da una elaborata da quello moderno: quest’ultimo si incentra sulla rappresentanza arricchita da istituti di democrazia diretta e da esperienze di democrazia partecipativa.

La classificazione sopra propugnata ovviamente è solo una fra le tante che hanno occupato la letteratura giuridica, sociologica e politologica, tuttavia ben si presta a distinguere i modelli che saranno menzionati nelle pagine successive.

Seguendo un altro percorso – e, ad ogni modo, tralasciando l’esame delle “democrazie marxiste”, atteso che il socialismo reale costituisce un’esperienza storicamente fallita – sarebbe altresì possibile studiare l’evolversi degli idealtipi di democrazia sopra menzionati alla luce dello stratificarsi nel tempo di differenti forme di governo negli Stati occidentali.

In tal senso, è possibile notare che parallelamente all’evoluzione dallo Stato liberale alla democrazia pluralista, all’attuale sistema post- pluralistico41, si è assistito all’affermarsi e ampliarsi della democrazia

41 La classificazione nelle forme di Stato “Stato liberale - democrazia pluralista - democrazia

post-pluralista” proposta da un’attenta manualistica (in tal senso, è possibile leggere R.BIN

-G.PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, cit., pp. 35 ss.) ben si presta a delineare i mutamenti socio-economici che hanno ingenerato l’esauristi dello Stato liberale (monoclasse, censitario, liberista), l’affermarsi della democrazia pluralista (Stato pluriclasse, partito di massa,

welfare) e il passaggio all’attuale contesto democratico definito “post-pluralista” (crisi della

sovranità e dell’ideologia partitica, spiccato multiculturalismo, neoliberismo, politica mediatica): con conseguente succedersi, in relazione alle tre forme di Stato in parola, di un sistema rappresentativo censitario, del raggiungimento del suffragio universale e dalla richiesta di più incisivi strumenti di partecipazione. Ovviamente, la terminologia proposta non ha carattere di esclusività: così, in un recente saggio (M.L.SALVADORI, Democrazie

senza democrazia, Roma-Bari, 2009, pp. 20 ss.) si evidenzia come, nel riferirsi al rapporto

tra il sistema politico dei partiti di notabili di matrice liberale e quello edificato sul partito di massa, sia necessario impiegare una terminologia differente, distinguendo: il “sistema liberale in senso proprio”, il “primo sistema liberaldemocratico” e il “secondo sistema

rappresentativa – sino a comprendere la totalità dei cittadini adulti – e, successivamente, all’imporsi di tecniche partecipative sia a livello amministrativo procedimentale, sia a livello di determinazione delle scelte pubbliche.