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Poi che dal foglio del perduto amante Apprese il ver la misera fanciulla,
Da
un'egra attonitaggine percossa, Quale alpino arbuscel per subitanoAgghiadamelo,
ella restò:ma come
L'aurifero si svolve arco dell'ili Fuor dall'occidue nubi, in lei più vivaDa
quell'orba torpedine rispunta Del suo lontan la sospirataimmago.Ma
più l'immago
agli occhi suoi non era Quella del mite garzoncel che seco Ragionando venia d'astri, d'amori,E
tutte sere dal buon Dio pregandoUn
modesto avvenir. Quellasembianza Assunto avea Varia cospicua e il piglio D'un glorioso che tra il rischio allegre Sfide avventi al destino; e sì cheamore-
78-In quell'anima pia s'era mutato In un senso di culto e di paura...
Culto e paura che non erau poi Se non amor,
ma
procelloso e arcano Qual mai nonfu!Dovunque
ella il vedea:Nella rugiada cheal mattin sull'erbe Tessele reti di cristallo, in fondo All'aitar diMaria dove per uso Per quel lontan pregava, in quelle strisce Turchine che il crepuscolo dipinge Simili tantoagli sfumati azzurri Della
memoria —
ella il vedea: talvolta D'un'aureola precinto e coi suggelli Della vittoria, ed or di sangue ilvolto Bruttatoe ilcrin, rottole tempie, in qualche Lido selvaggio agonizzarcercandoL'estrema volta il sol.
Tremava
tuttaLa
poverella, e chiusa in quelle torbe Fantasie di dolor lunghe e lunghe ore Traea, guatando immobilesulmare
Colà verso meriggio, insin cheun
urto Involontario al cor...La
bionda testaCome
chiamataella volgea repente...Era
la voce di Lorenzo?Ahi lassa!
Certonon era.
Ma
chi sa che l'auraDigitizedby
Non
le recasse un suo sospir... la nota Del labbro no,ma
l'intima del core?Che
già (nè fola è del pensier cotesta) Tra le innumere fila, onde s1intesse Quest'arcanacompagine del mondo,Un
fil più occulto Iddio creò chevarca Ogni spazio ogni tempo, ed è messaggio Fedel tra le amorose alme disgiunte!Così volsero i giorni, ed ella sempre
A
farvoti perlui, pelsuo ritorno, Per l'ausonie fortune. Alfin perduta Ognispeme
sentì:come
una stanca Sotto il peso dell'anima si giacque,E
quando ai fior chiese l'auspicio, i fiori Si curvàr sullo stelo e illanguidirò.A
poco andar la suatenera spoglia Illanguidia pur essa, e in trasparenze Diafane lemembra
ivan diffuse.Lento il pie, raro il detto, e fatto fioco Delle sue ciglia il consueto lume, Mentre una striscia d'indaco solcava Gli orli dell'occhio, e ilcrudo morbo... il
Consumator delle fragili salme Già tenea lasua preda.
Ahi che dolore
Fu
il tuo, miseramadre, allorche ignudo- _
Si offerse a te Virreparabil vero!
Ahi quante volte, assise al taciturno Lavor su' vespri, a lei di furto in lunghi Spasimi di pietà rocchio torcevi,
E
setalor quel tuo materno sguardo Si scontrava nel suo, de le tue scarne Gote il pallore si copria di pianto,E
stornavi la testa... indi sul viso Fatta più scura, il suo partir dal mondo.E
benché fra stranieri, il suo sepolcro Al defunto marito invidiavi!Ma
son tre dì che da la sua cupezzaCome
riscossala fanciulla appareFuor di costume: e questo avvien dal giorno
Che
solitaria sulla spiaggia uscioA
visitar le trafficanti prueChe
tenevano il golfo.Una
turbata Gioia l'occupa tutta; arde negli occhi, Stranamente sorride, epar che il volto Si ritinga in vermiglio!È
ver che rocchio Di qualche antico scrutator di cori In quella gioiapresentito avrebbeNove
sciagure;ma
sì dolce cosaÈ
losperar fra le miserie! e l'egra Genitrice sperava, e ornai di quelloMutamento
s'allegra; e sul suo capoDigitizedby
S'addensava frattanto il
tempo
nero!Moriva il giugno: un'inquieta arsura Stenìiava le tremule argentine
E
gli oleandri chependean sui poggi Liguri. Il vento d'Affrica buffava Giù per l'aride dune, e dalla chiesa Dei marinari a queruli rintocchi Mezzanotte hattea.Dal travaglioso Guanciale a quei rintocchi erse la testa Clelia fanciulla, e
come
chi da un malo Incubo assorga, in queste voci uscio D* indomabil proposito: 'vederlo Pria di morir!" Dagli scomposti lini Svolse lemembra,
il corpicciuol disfatto Nelle vesticelò mentre a sussulto Ribattevate il cor: si avean contesoLa
ragion di quel cor, nella procaceOra
febril dell'intimo conflitto,Madre
ed amante... e lamisera vecchia Perduto avea. Dinanzi al simulacro D'una Madonna, antica vigilanza Alle notti di Clelia, una lucerna Crepitando moria. Quella delira L'avvivò, la soccorse—
allaMadonna
Girò le ciglia obliquamente a guisa Di chipreme
un rimorso, e insalutata-
82-Quella iinmagin lasciò
—
Varpa, la fidaCompagna
del suo cor, poscia in oblio Miserevol così per lei dannata, L'ultima volta mal suo grado agli occhi Pur le rivenne, e il guardo ella rivolse All'arpa sua,ma
rapido, fuggiascoCome
chi trema in riveder sembianzeAmate
un giorno, forse amateancora.Ma
chepiù nonvedrà... L'usignolettoEra
già morto da più dì.Che
tenti Dissennata, chetenti?Ella non ode,
E
nonscorge, non sa: strano viluppo Son per lei tuttecose, e da quel cieco Laberinto del cor sentesi a groppoA
groppo il sangue risalir pei chiusi Meandri del pensici*.... vacome
attratta Dal poter d*un incanto, e maliardo Sì la trascinaAmor
che gli andamenti Di sonnambula assumea varcar Vuscio Del domesticonido. Ecco... la soglia Rapida attinse; divorò le scale,E
immemore, convulsa, e con le cento Febbri dell'alma il fatai golfo attinse.Lesto asalpar su Tonde era un naviglio
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Calabro, ove fermato (e ben dal giorno
Che
l'improbo diviso in petto accolse) Ilsuo transito avea. Salsealla tolda,Guardò
l'oceano, la nativa brezza Bevve l'ultima volta; e poi che il sordoKomor
sentì dell'ancora che ruggeSvelU
dall'imo, in fondo agl'impalcati Scese del legno, si raccolse e giacque.Altri dolori, altre vicende.
Al balzo
D'un
arduo poggio, in capo alla fiorita Lucana valle in cui sorge Padùla, Diradando le spesseombre
notturneArde
al vento una quercia.In vigilanza Ritto è Carlo sul balzo. I suoi Trecento Dormongli appresso.
Nella gran magione.
Della real Caserta, in aurea sala, Fra lo splendor de'suoi doppieri, in questa
Ora medesma,
col terrornell'almaE
gli occhi fissi all'indice del tempo, Veglia un potente. Correttor di ventiE
venti mila mercenarie spade, Ei, l'infante d'Iberia ed il feroce-
Si-Arbitro di due regni, or di un ramingo Poverosi spaura, e d'un' esigua Schiera di prodi che
nomò
suoi schiavi;Però che quella schiera e quel ramingo Celar potean la folgore che a terra Prostrail gran seggio a le superbe altezze
Quando
il soperchio delle lor peccata Provoca la dormente ira di Dio.Poi che gli eventi si narrar di Ponza
E
di Sapri lo approdo e il pertinace Di queirignea colonna appropinquarsi,Armi
ed armati disfrenò Vinfesto Sir dei Sebezi, e ancoraché degli avi Saldo in suaman
senta lo scettro, il rischio Pur del domani ed il gorgonio ceffoDe
la rivolta a scongiurar, per l'aureo Covo siaggira, e che stragi, che scempioLa
regia iena mugolando impone!Imponi, o re!
ma
se fermarle sorti Ch' oggi il bel fior degli animosi eroi Siaper tuo ceuno esizìal disfatto, Entro l'urna di Dio covi il gran giornoChe
il suo giudizioadempia, e il vituperoDe
le tue colpe sul tuo figlio incomba:Gusti egli mire il pan d' esilio, e quando
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La
risorta vedrà gente latinaCreder sua fede aun fido re, del padre Onta e spasmo lo incolga, e dal profondo Del suosquallor guardi al passato, e imprechi!
Carlo sul balzo ariguardar si stava 1/ ignita quercia.
E
così va: se in qualche Altomomento
della vita, ingrembo
Al silenzio notturno, ad unafiamma Inquieta che salga iuvér l'eccelsoTu
figgi gli occhi, entro di te ben tostoVengono
e van de le secrete coseLe
molteplici forine, ed aquilino Fatto il pensier con temerario volo Nel gran fulgor dell'Essere penetra.Pronto a morir di quella fiamma inceso
Onde
morì la cupida Semèle.E
questo era di Carlo. Eglil'eterno Si raffigura, e lo perchè supremo,E
vita e morte; ecome
un vacuonome
Sienqueste avvisa, ed unico non splendaChe
il Soldei soli, in sè di sèmedesmo
Specula e speculante, ordine e segno, Guisa e sostanza, ad infinite forme Procedente a quel Meglio a cui già scala Son Martirio e Trionfo.Un
Vapparecchio,L'altro il conquisto.
E
attinger pargli a questiDue
fonti ilmagno
dellaIstoria occulto Flusso, e l'eterno avvicendarsi: al primo Simbol vitale e mistica figuraPrometeo e Cristo,( 37
) airaltro aurea e stupenda Signifieanza ilbenedetto Spiro
Ohe
al fin dei tempi il Nazaren promise,0
la favillache rubava al soleil tremendo l'elasgo.
E
il tiberino Marte noi seppe, ond'è che sulla rupe Del Campidoglio crocifisso il mondo, Col suofiero patibolo composeIl gran fascio di
Roma,
insili che fatta Martire anch'essa, per la viacrUenta Di passione ebbe giudice Iddio,E
carneficeilmondo! Ed
or non lungi Dicono il dì quando Costei redenta Dal tkgel salirà trasfigurata Al novissimo Olimpo. Ahi,ma
fornitaNon
è la via del sagrificio... ancora Altreverghe, altri palchi, e le finali Stragi e il martirio!Ed
il martirio è in Carlo Melanconico istinto, è in lui presagio Di sèmedesmo
: ilvede, il"sa; la scarsa Giornata che gli avanza, e le trecentoDigitizedby
Gagliarde vite un'ultima ecatombe
Non
fien d'Esperia al fato?Ahi,ma
nè il grande Olocausto dei suoi, nè la suamorteEi dar vorria per cento Asie ghermite Dal
Macedone
falco, o pe'diademi Deltitanico Corso, o perquant' altra Gloria superba che può darla terra.Di pensiero in pensier così lo spirto Volve di Lui che vigila sul balzo,
E
la quercia fiammeggia, e i suoi Trecento Dormongli appresso.All'improvviso un
rombo
S'ode qual per valanga o qual per truce Mareggiar di turbate onde, e lo scoppio Indi a poco di striduli moschetti, Indizio certo che laggiù s'intreccia Alcun nallo di morte.Era per fermo
La
sua Vanguardia che purfea da scòlta Inquell'ore d'insidia, e a cui sagace Condottiero Nicòtera.La
pugnaCerto ingaggiata hanno costoro, e un qualche Subito assalto di borbonie torme
Validi e pochi respingendo or vanno.
Alzò Carlo il suo grido: i suoi giàdesti Sondi conserva, e armi armi fremendo
_
8*_Accorrono,
ma
taciti c serratiCome
argiva falange.A
pie del colle Furiava lamischia, assai sembianteA
mobile foresta in cui per entro Sbatte lequercie e zufola il rovaio.Ben
mille eran gli sgherri, emen
che trenta Eran le scòlte; eppur si combatteva,E
conteso era il varco.A
unpicciol poggio, Siccome rocco di diaspro ergeaXicòtera la testa, e folgorando In quell'armato brulichio di schiavi Coli'ignea carabina ei da la lunge Li contenea, sebben ceduto avrebbe Al
numero
il valor, che più e più sempre Incalzavan le frotte, ove sorgiuntaDel gran drappel la maschia onda non fosse.
Uscia già l'alba, e
minando
a valle Veduto avresti al chiaror novo il sacro Manipolo venir giùcome
lava Maestosadell'Etna. Innanzi è Carlo;Ruota Tacciardei forti, alza il vessillo,
Lo
circondano i suoi. Già già lo spazioHan
divorato, e giàsiccome adanza, Si festeggia al periglio. Ecco un viluppoDigitizedby
Go<
-
80-D'anni
e d'armati: ecco le avverse schiere Qualferir, qual fuggir: Carlo è tremendo,E
diNemesi
il braccio... ei d'ala inalaRompe,
sgomina, va, desòia e passa.Dietro a leposte del terribil duce D'Acri seconda il giovanetto, e il biondo Occhiazzurrogarzou, di Clelia il prode Ahi quanto bello infortunato amante,
Che
investe pur colà dove più grosseLe
resistenze incombono, sul petto 11 dolce pegno dell1amor
premendo,11 biondo riccio de lasua fanciulla.
Anima
egregia! e di colei gli acerbi Eventi, lasso! in te col tuo pensiero Già figurar non sai! non sai chelento Malor la strugga, ccome
in disperato Proposito per l'onda erri tapinaSulle tue tracce, e
come
a te sugli occhi,Or
qui tra l'armi e la sanguigna clade, Infortunio edamor
fia che la scorga!Ma
qualnovo spettacolo sul ciglioOr mi
sipara?A
che l'eterabrilla Fuor d'ogni guisa? in rutilante aspetto Quattro nobili forme, ad ogni ciglio Profano escluse, eccobrillar sulcampo
-
JKÌ-Subitamente: di sauguigno intinta
È
la lor veste, sebben par che luca Di crisolidi effusa e di berilli...•
Ben
son, ben sono di color gli spirti Cui sul palco feral ruppe le veneLa
truculenta Signoria di Spagna,Quando
fra i nappi e il sangue iva trescando Col brittanico drudoEmina
Lìona! (»»)Ognun
Tarpasorregge, ognun tre volte Dalcampo
al sol, dal sole alcampo
il guardo Porta, e ristà; poi sull'eccelse corde,Che
susurran dalnume
esagitate,Or
grave or mite,armonizzar gli giova, Sproneai Trecento, la canzon dei forti.Intermezzo IV.