E
un gran soporlo incolse.E
quella notteEbbe
l'ultimo sogno, ed in quel sogno, Piendi lutto epresagi, egli suamadre
Vide, eTeresa eil genitor venuti Dalla casa dei morti a visitarlo;E
piangevano tutti."Ah
dall'infausto Lido fuggi, se il puoi, fuggi, oconcetto Dalle viscere mie: l'ultimo scempio- IO*
-Qui ti sovrasta, né maturo è il giorno Dell'italoriscatto.
A
che ti adopri?Tu
che speri, che fai? per le carezzeChe
t'avesti dame
neltempo
lieto, Perlamemoria
dei tuoi cari estinti, Per ramor
di tua madre, or dall'infausto Lido fuggi e ti salva"E
chefavelli, Miserrima parente? a tal vergognaNon m
1educavi; il mio destili qual sia Uop'è si compia," egli esclamava.E
gli altriA
contemplarlo taciturni, immoti...E
piangevano tutti.Un
romor greve Ruppegli l'alto sonno. Ei, sul protesoGomito
eretto, a specular d'intorno Lestoil guardo espediva, e tre figure Stavangli a vista. Al suo prolisso e nero Paludamento ed alla chioma intonsaUna
segnar pareva un sacerdote,Ma
l'altrauom d'arme
di borbonie mostre Precinto, e quella che lor fea da scortaEra
il fido suo Renzo."
In su dal poggio, Questi narrò, sai che a spiar vegliava Tutte vicende: ed ecco anzi dell'alba
Rombar
di squille, e luminose tede,Digitizedby
-
lor,-E
armigero tumulto.Era
di torme Avversarie che preso hanno lorcampo
Giù nela valle.Ad
avvisarten rattoMovea
dal loco, allorche ame
di fronteAmbo
costor si appalesar©. -Al duce (Fu lor dimando), o garzoncel, vorresti Esserne guida? araldi siam, gran cose Tutte a prò vostro apporterei!!, s'ei n'ode/
-Carlo fe
un
cenno, e il battaglier nemico Espose:"Il re ne
manda;
egli vi assenteLibero scampo, e fellonia vi assolve, Solche vi garbi asua ragion sopporvi.
Un
contra mille siete: odio la plebe Peramor
non vi rende,e non colnome
Dimasnadier vi appella? Ecco, a uostr'armiLe
sue giugne e v'incalza: ecco a torrenti Su voi l'oste imperversa.A
che dal vero Torcere, odegni di miglior fortuna,Le
ciglia inferme? udite, udite: al vostro Malagevol diviso apertamenteOstano i fati;
ma
il cozzar coi fati Forseè dasaggi? o ate forse d1inganni Tesse laspeme
un vel, che più non scorgiOr
l'appressarsi de la tua sconfitta? ""
E
che dicesti (con sul labbro un risoMelanconico e calmo), e che dicesti ?
A
lui Carlo rispose: ò mio desiroLa
gloria forse? Io giuro (io che più nulla Spero e temo quaggiù), rotte o trionfi, Lauri e biasmi non fùr del mio gran sognoLe
miserrime larve!Amoreggiando Un
pensiero di Dio che allamia
vitaE
vita, e soffio, e rapimento e gioia Unica fu, sperainel mio secretoChe
all'egrapatria alfin potuto avessi Ridar laprisca maestàlatina!E
venni, e vidi, e v'ebbi alla stupendaComunion
dei liberi chiamato.Perchè ne repulsaste, e
come
belveNe
cacciate sulmonte?
odo la voce Dello straniero: in unmedesmo campo
Dei padri loro il cenere nondorme?
Figli non sono d'una
Madre
entrambi?Va' per lo dio del ciel, torna, guerriero,
Non
al re, non al re: giù fra le turbe Riedi, labenda a lacerar che al guardoOr
dei fratelli del fraterno cozzoLa
torpedine asconde, e la civile Menade. Ovvero, se incrollabil fia In lor 1'empio talento, io di buon gradoCedo
il ferro agi'illusi, elamia
morte Perdono a tutti se dalor mi viene:Non
così, non così quando gli sgherri,Che
dieroa prezzo anima e brandoal truce Toimentator de la natal mia terra, Ci verranno di contra... Al sol davanti Noi pugnando staremo, alsol che è Vocchio D'alcun giudice eterno, insin che tutti (Questo prometto, e Vatterrem, di' io speri) Cadrem...cadrem
liberie cheti. Allora Ti risovvenga dellamia
parola,0
battagliero, e se leal tu sei, Inmezzo
almondo
la ripeti: è vasta L'alma del prode, e angustaassai la terra;Al grande agon ch'ostia volente intride Ei di sue vene un gran pensier lotragge,
Chè
perboria di lustro e di grandigie,0
per lavana ciunneria d'unnome Non
simuore
così."Stava sospeso L'altro, e inbattaglia di pensier volgea Visibilmente,se non che dell'ara Il ministroche gli atti e l'esitanze Del
compagno
almessaggio iva spiando,Con
superba umiltà, sguardi e parole Cotal volseal Proscritto:"Audace
sempreLa
dispcranza, dissennato il dettoChe
vien sul labbro se 1'orgoglio ispira,E
martirio chiamarl'opere inverse-
!0H-Buon
consiglio non è.Tu come
scorpio (Al ver non mento) il velenoso dardo Misero! in te ritorci e non ti avvedi,0
se il discerni, a temedesmo
il neghi.Apostolo ti avvisi, e un pertinace Delirio è latua fede, acui tu schiavo,
A nome
pur di libertà, le avite Libertà delle genti in rea licenzaMutar
ti adopri, e col pensier superbo Stringi una larva che ti parpersona.Va': tenta Iddio: per te trono e delubro Vanti
Tempia
Ragione, e quella Circe Nell'abisso ove sogni un altro abisso Ti scaverà: scomponi ordine ecose, Scanna i fratelli, al principe contendi Quella corona chegli vien dal cielo:Ardisci, ardisci: al tuo nefarioassunto Maledico frattanto, e sul tuo capo 10 T anatèma impreco."
"Impreca: è il fischio
Del rettile cotesto,allor che indarno Dall'imo loto in cui torce sue spire All'aquila chepassa invidia il volo.
Sacerdote, chevuoi? Già non v'è
campo Da
misurarci: la vostr'ara è infranta, 11 vostro Iddio non è più il nostro. Indarno D'atterrirmi presuini: or non è iltempo
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t
\m
-Di Giordano e d'Arnaldo, e non il sacro Spettro di
Torquemada
o il suo notturno Tribunalci sgomenta.Ad
ogniciglio Il maleficio de1leviti è aperto,Che
l'umano pensiero è tal rubello Cuidomar
non bastate, e il vecchio giogoChe
di bronzo speraste, era di creta..."E
più dicer volea;ma
ruppe a mezzi»Quel suo verbo l'accorrere frettoso
D'un
suogagliardo che venia sclamando:"Il nemico! il nemico! a repentine
Mosse ne incoglie, ene costringe, e teuta In sue perfide reti avvilupparci.
Fremon
concordi i nostri... a trattarTarmi
Fuor che il tuo cennoaltro non manca."Il brando Ratto il ducelevò, mentre nei messi
Dardeggiando cogli occhi, e la guaina Scagliando al suol: "questo, dicea, ben questo
È
l'estremo responso ond'io viassenno,"E
di subito irruppe.Era
gremito D'avverse schiere ed infinite ilcampo:
All'apparir del
Capo
il valor prisco Si destò neiTrecento, e folgorando Turbinar sul nemico.Ecco: già sfatta
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-
110-Una
legione, un'altra ancor: sfondate Già son l'ultime file... un'altra volta Sulnumero
il valor par che soperchi.Ma pugna
apugna
sopraggiunse, e sangue Sopra sangue sgorgò.Nova
catervaDi borbonie masnade, e ognor più sempre Nov'oste incalza, intinch'estenuata Assai del
campo
intorno iva perdendo L'eroica squadra, or seguo alla gran pioggia Dei roventi metalli, or petto a petto, Qualdorico drappel,menando
il ferro, Larga invan del suo sangue.Eran Trecento,
Or
sonnovanta. Sull'immonda
arena Giace lasalma diNegron
(18) distesa Ter venti colpi traforata ilseno, Franto di palla all'omero sinistroÈ
il buon Lorenzo, e qual di più gran nerboFe
l'ardue prove, oper piaga o per morteScemo
ha di sè l'indomita falange.Quell'avanzo dei suoi Carlo a consulta
Chiamò
fuor della mischia, e fra due strade Pose la scelta: o in disperata morte Trovar l'ultimo scampo, e far più acerbo Costar quell'olocausto all'inimico,0
su per l'erta trafugarsi incena
Dimen
rupigna gente, a tentar l'opraDigitizedby
Qui non sortita fra le marzie schiatte Delle bruzie contraile.
Assentir tutti
All'ultimo partito, e
come
novaSpeme
li tragge, e irrevocabil voglia Di provar negli estremi, almontanoso Bonvitacol portarTorma
randagia.(Quando la falda orientai del colle Superàr di concerto, in sulla cresta Ecco di un balzo assiso il vedovato Vecchio di Lagonegro, e a lui d'accosto Ritta in piò, tìssoal del rocchio di fuoco, Col crin diffuso al vento, una figura Di vagabonda vergine fu vista, Meravigliosa.
Non
dicea parola,Ma
il piglio, il guardo e quell'immota posa L'avvisarono, e tal parve per tutti, Estatica odemente.Ogun
fe sostaE
a quell'anticoaddimandò, chi fosse.Come
e da quando in quel dirupo ascesa Quella ramingaVEgli narrò: che al golfo Di Taranto sbarcata, assai per monti Errar fu vista, e ignota era,ed ignota Persin lapiaggia onde movea, che scema
-
112-Ditutte forze nella sua capanna
La
si raccolse, e ancoraché di senno Già non integra, con rotto ploratoE
conansia sì forte iva pregando Al drappel dei Trecento eila scorgesse,Che
per tre di 1*ebbe soffolta, al quarto Misericordia di costei lo vinse,La
chiamò figlia,e al suo voler si arrese.Tacque, e un grido si udì: fu di Lorenzo
Che
in quel convulso corpicciuol disfatto (Quanto mutata da Colei cheun
giorno Di sue grazie e splendor lo circonfuse!) Ravvisòla suaClelia, e con pietoso Impeto urtòle baude, e sì coni'era Tutto di sangue e lagrime cosparso Allibì di spavento, e fra le braccia L'infortunatavergine si chiuse.Non
feceverbo, nonmutò
sua posta Clelia: vide il garzon per cui già tantoEbbe
sognato edolorato indarno;A
cuiposposto avea quel grandeamore
Della sua vita, la fedel parente;Vide ilsuo sangue, e rise... e quel suo riso Parvepiù acerbo d'ogni pianto umano.
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Intermezzo
V.ORA
TRISTE.I.
L'ombre
si allungali giùper le contrade, Nellanebbia e nel sunno è la cittade: (M
)
Il consueto sigaro fumando
Gli anni trascorsiio vo
rammemorando
:E
squillan Tore sulle guglie estreme, Il tizzo delcammin
crepita egeme;
Della vicina cattedral le porte Sbattono al vento e parlano di
morte-Larve speranze mi susurran: vale;
E
iltedio della vitaecco mi assale!il.
Fra i logori volumi onde m'è chiaro
Che
scienza è saper d'essere ignaro.Veglio cercando invan colla devota Mente del mio lavor l'ultima nota.
Picciola tela egli è, nò ancor fornita,
Che
la spola degli estri io Y ho smarrita;Picciola tela... e tanto iol'ho sudata,
Che
fu lo stento d'ognimia
giornata!Le
mie veglie, i miei sogni, i voti miei...Tutto che io sono eli
1ebbe.
E
che non fei?- Ili
-III.
A
tesserle sue trame iu fila d'oro Io gliaburni cercai del greco alloro;Virgilio
mi
donò l'onda d'argentoA
far più lindo il suocongegnamelo
;Ad
essertessitor vago e fedele Chiesi a Catullo un sorsod'idromele;E
or che freddo ripasso ilmio
tessuto, Sento che l'olio e l'opra io ci ho perduto!Son treanni chelogoro la mente...
Faccio, rifaccio, e nou ho fatto niente!
IV.
E
dir ch'iomi
sperai giunger la meta!E
dir eh' iomi
sperai d'esser poeta!E
sealcun mi dicea: l'età beffarda Povero illuso! agli estri tuoi non guarda; Io, gli occhi alzando alciel limpido eterso,Come
un picciolo re dell'universo, Sentia che sull'età scettica e fella Ridea Natura, ed iorideacon ella...Poi guardava mia madre, i fior, gli augelli,
E
sullabbro venien canti novelli.Digitizedby
E
il caos, il sonno, il folgore, la brina, Il granello di sabbia e la marina, Il turbine dell'Alpi e l'Etnamio Mi
disser cose che sapeandi Dio.E
pien diDio mi volsi alla sovrana Di tuttecose poi: l'anima umana!Ma
ilvecchio pigro chetemea l'avello, Ilgiovili falso che nomai fratello,E
una cara volubile fanciulla...Mi
disser cose che sapean di nulla!vi.
Nè
dubitai: pur dentro ame
sentfaUn
senso ignoto di melanconia,E
ilmiopoema
a tesser mi poneaChe
mio padre lontanlegger credea;Ben
sei credeache prima eh' ei morisse Questoconforto Iddio gliel consentisse!Or, più beffardo ilsecolo diventa...
Con
la suafede lamia
fede è spenta;Mio
padre è morto, la speranzaè ita,E
la spola degli estri io l'ho smarrita!- 116
-VII. .
E
fu stagion che una nota amorosaAvea
perme
la gracile mimosa,Il rio che va, «lei
mar
l'onda tranquilla, L'aura che odora ed Espero che brilla:Or
1'aura è morta, ogni lucenza è un'ombra,Un
gran silenzio l'universo ingombra;L'Iside che per
me
fu sì gioconda (6,j
Or
s'io la tento di misterio abbonda...«Ch'io ti vagheggi assenti: or
mi
tisvela...»Ridela maga, e più e più si cela.
Vili.
Ah
quante volte ame
stesso giurai Di non cantar, di non sognar più mai!Ma
se amezzo
è la notte, ilmio
pensiero Destasi, erugge, e del perduto impero Ragion mi chiede; ond'io rifar con pena Provodegli estriancor 1'aurea catena;E
un'altra volta suscito dal coreLe
belle e morte vision d'amore...Ma
poicheèl'alba,e ch'iomi
guardointorno, Tutto sparisce all'apparirdel giorno!Digitizedby
IX
Non
mi restava che un'intima cura,L'amor
pudico d'una creatura;E
stender mi fu d'uopo un negro veloSu
quell'affetto chesapea di cielo...Quelvel fu steso:
ma
sechieder lice,Dimmi, tu che il volesti, or seifelice?
Ahi l'aura èfredda,ogni bel raggioè un'ombra,
Un
gran silenzio l'universoingombra...Mio
padre è morto, la speranza è ita,E
la spola degli estriio l'ho smarrita!CANTO
VI.IL SACRIFICIO.
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Perbalze ignudo, ecampi aridi e brulli Scoscendimenti il suo canimin prosegue L'imperterrito stuol: non le ferite
O
il travaglio il domAr, non pur latema
Del veder peggio. Allorche un gran diseguoOccupa
l'alma e un gran voler lo regge, Forse spasmo non v'è, non v'è travaglioChe
la fibradeiruom
pieghi orallenti:0
forse è queirardor ch'oltre ogm* guisa Nel tessuto mortai vibralo spirtoQuando
nell'ansiadell'evento il pigroTempo
rincalza, e asegno ultimo anela.Cosa grande è il voler! simili a
numi
Itender ci può: nonla scienza il puote,Xon
l'ingegno che il tuttoe ilnuHa
indaga, Tantalo eterno un sorsoinvan cercando Alla gran sete, e fa parerci inane Foglia che il soffio d'Aquilon disperde!io
-
l->2-Dietro il
muto
drappel, dal suo ferito Garzon sorretta edall'afflitto veglio Di Lagonegro, anch'ella iva frattantoLa
vergin di Liguria, e delirava Costeisommessamente
:"Io l'ho cercato
Col primo raggio del inattin; con quello Delsol che muore... Quanto
mar
trascorsi, Quanti innumeri gioghi iuvan chiedendoUna
tracciadi lui!Dammi,
pietosaMadre
di Dio, tu che il dolor provasti,Dammi
che salvo lo rinvenga;e dove Questo m'assenti al doloroso patto Ch'io più non sia per lui quella suadolce Cleliadi un dì, che una rivai supernaMi
contenda il suo cor, ch'ei più non abbia Perme
che la pietate o dello sprezzo 1/acerbissima offesa; accetto, o santa Madre, il caliceamaro
: io poverettaNon
dirò nulla... piangerò: che s'anco Fin lelagrime mie gli sien rampogna, Spero non piangerò, sol che redentoDa
ognirischio lo vegga e dalla morte.Dalla morte?... Chi il disse?
0
chi mi spinseA
delirar? lassa! non fu che sognoLungo
e funesto... altro che sogno il mio...Schiudo le ciglia
—
ei dileguò.Xon
vediDigitizedby
Clelia?... non vedi?
È
la tua casa, è questa Di tuamadre
la casa. Odi che trilli?
È
il tuo vispo usignuolo... Ecco il mio golfo...Come
è limpido e queto! Ecco il mio salcio Al cui rezzo posai di lui pensandoChe
insegnommi ad amar!... Va'madre
mia, Prendimi Tarpa: io vo'cantar l'usata Canzon de la Sonnambula infelice,Che
fu sì cara al miodiletto un giorno...Oh
sta'—
chighigne?ornonm'inganno...èdessoOnde
vieni, Lorenzo? io t'aspettaiTer sì gran tempo!
Or
via, lascia che a lungoNe
le tue lucilamia
vista appaghi.Che
inquel tuo viso mansueto or beva Qualche soffio di vita...Ah
se sapessiCome
stanca son io! Dimmi, hai volutoLa
tua Clelia provar?certo, crudeleFu
la tua prova! oggi di lei non restaChe
una misera larva...Ah
tu m'hai fatto Quasi morir... non farlo più.Che
angosce,Mio
Lorenzo, chesogni! Io tremo tutta Solo apensarvi... sai?però nonmonta
:Ti riveggo, t'abbraccio, alla tua fronte Figgo lelabbra, e un secolo d'affanni Quest'ora
ammenda! Or
via, chiamami sposa, Amante, schiava, quel che vuoi mi appella,Ma
non lasciarmi più.Tremendo,
sai?124
E
l'amor mio.Non
io tutto il conobbi,Xè
conoscerlo tu potevi appieno Inquei di sì giocondi!...Ah
che dicesti?Domani? Oh
sì, doman... là nella chiesa Dei marinari, all'ara ove diffusi Perte lacrime e preci, inanellataMi
avrai tu dunque?... Iogià,piùnon sperava Tanto ben sulla terra..."E
in quelle labbra Tornò il riso funesto, ed a quel riso Stridulo, acuto, rispondevan gli echi Della montagna, ilgemito compresso Del giovanetto, e l'uniforme pésta Dei procedenti.A
che ridirl'edaci Pene, i disagi, e gli aspri stenti e gli urti Per macigni eper massi onde si a (frange Ciascun di quei viventi scheltri? il rischio Delle frane precipiti, gli angusti Calli sospesi fra l'aeriecimeE
le cupe voragini, la diraFame,
le occulte febbri, e della seteL
1incessabile arsura?O
pazienti Martiri!A
stilla a stilla il fero nappo Dell'issòpo votaste, e a consolarviXon
s'udia voce alcuna, ove non fosseDel cor l'intima vostra! Invano agli ocelli Dellamente vi stan,
mute
e nell'ansio Atteggiamento dell'attesaamara Le
materne sembianze! Invan quel vostro Tribolato pensier,come
una stanca Rondili, ricorre allenatali ombrie Dei placidi ricetti, ove dal casto Labbro pendeste del canuto padreCon
la timida suora, a voi gemella Nell'età, nel tripudio e nel dolore;Ove
il primo v'incolse arcano assillo Clie adamar
necostringe, e i lunghi sguardi Assaporaste e l'intima dolcezzaDei fidati colloqui, e il fuggitivo Bacio che
muta
in paradiso ilmondo!
Indarno, indarno oimè... sposeed amanti, Madri e sorelle ornai son lungi tanto...
Tutti son lungi; e a voi, soli, cercati
Come
si cerca lanotturna belvaChe
il villaggio infestò, fidacompagna Una
riman, la Coscienza!E
sia.Fremer, patir, produr l'opre mirande, Agitarsi, agitar, sveller la clava Agli oppressor
—
tentarlo almen—
rubelli Rendersi al fato, agli elementi, a prova Durar casi e perigli, al cui paraggio-
1*1-Men
dura è morte, valicar proscritti Mari, monti, vallee, rocce e foreste,Romper
l'improbe schiere, urgergli eveuti, Martiri vendicar, cader copertiDal vessil del martirio o del trionfo...
Ben
questa è-vita, e non la vacua, inerte Di lui chein molli strati i sonnolentiGiomi
consuma, edi mirar gli giova Fragemme
ed ostri il suo disfacimento!Era
il meriggio; e sui petrosi coni.Sull'afflitto drappel batteva apiombo
La
granvampa
solar.Chi sei, che a stento
Su
quel masso che sporge in su la china Stendi l'aridemembra,
e t'abbandoni Qualchi per graziala sua fine invochi?Il nerissimo crin che l'affilata Faccia ti adombra, un dì sogno e desio D'alcun vergine cor, brutto è di polve
E
di grumi di sangue; il tuo respiro Spesso, lo sguardo semispento, aperteCome
per lunga siccità le labbra.Miserrimo Falconi meglio se spento Fossi la notte in cui per
man
del diro Padre cadea l'infortunata Ulrica!In un bacio
d'amor
certo esalataDigitizedby
L'animaavreste, e una