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Collaborazione economica: arricchirsi e sopravvivere in tempo di guerra

3. Anatomia del “collaborazionismo” femminile: donne tra guerra totale, guerra civile

3.6. Collaborazione economica: arricchirsi e sopravvivere in tempo di guerra

Molte donne, come appena visto, furono mosse da ragioni economiche, oltre che politico-ideologiche, e dunque sfruttarono il contesto della guerra civile e la presenza nazista per arricchirsi e ottenere vantaggi in denaro. Abbiamo ricordato infatti i casi di informatrici di professione interessate a soprattutto a ottenere i premi in cambio delle loro denunce, delinquenti vere e proprie che parteciparono ad azioni di truffa, estorsione, furti mascherati da requisizioni, prostitute che si vendettero per migliorare il proprio status, donne che utilizzarono la presenza degli occupanti e si inserirono nelle dinamiche di potere per sentirsi tutelate e far valere la propria voce su chi magari in passato le aveva sopraffatte.

Alcune di queste esperienze possono essere poi interpretate nell’intreccio tra i contesti della guerra totale, della guerra di occupazione, e della volontà di sopravvivenza320. I bombardamenti e le violenze coinvolsero infatti l’intera popolazione civile in una guerra totale e molte donne in assenza degli uomini, all’estero perché prigionieri, nascosti perché renitenti o in montagna perché partigiani, dovettero provvedere a mantenere la famiglia. In questo contesto, talune sfruttarono la presenza degli occupanti per riuscire a sopravvivere nel difficile tempo di guerra. Non sempre i civili compievano infatti una chiara e netta scelta di campo tra la collaborazione con le forze nazifasciste e l’adesione alla Resistenza. La volontà di sopravvivere infatti, come ricordato per esempio da Cristopher Browning per gli ebrei del campo di

320 Per una ricostruzione del periodo bellico attraverso la categoria di sopravvivenza, cfr, R. Gildea, O.

Wieviorka, A. Warring (a cura di), Surviving Hitler and Mussolini, cit. Per quanto riguarda studi italiani, cfr. A. Bravo, A.M. Bruzzone, In guerra senza armi. Storie di donne. 1940-1945, Roma-Bari, Laterza, 1995, pp. 61-67; S. Lotti, Donne nella guerra: strategie di sopravvivenza tra permanenze e mutamenti, in G. Rochat, E. Santarelli, P. Sorcinelli (a cura di), Linea gotica 1944. Eserciti, popolazioni, partigiani, Milano, Franco Angeli, 1986.

109 Starachowice321, poteva in alcuni casi suggerire di trovare strategie intermedie che permettessero un modus vivendi con l’occupante, come la coabitazione o l’accomodamento. Alcune delle donne processate, infatti, sono «borsare» nere che trafficarono con gli occupanti, altre sono donne che lavorarono a servizio dei tedeschi nelle cucine, negli uffici o presso la Todt, ma anche donne comuni che fecero delazioni occasionali in cambio di piccoli favori322.

Se la sopravvivenza è una categoria alla quale dobbiamo quindi appellarci per interpretare i comportamenti femminili in guerra, d’altra parte non dobbiamo neanche sottovalutare che talvolta le donne utilizzarono ai processi tale categoria in una logica giustificatrice. La collaborazione economica, il commercio con i tedeschi altre volte non ebbe la sola finalità di approvvigionarsi, di garantire la sopravvivenza per sé e per i propri familiari, ma fu in alcuni casi l’occasione di arricchirsi. Talvolta infatti l’emergere di tali figure deve essere ricondotto al clima di corruzione, di disfacimento morale e di estremizzazione della violenza che caratterizzò gli ultimi anni della guerra e che agevolò la diffusione di veri e propri casi di criminalità. Diversi sono infatti i casi di ladre e truffatrici che usavano il contesto della guerra per arricchirsi. Alcune facevano parte di vere e proprie bande di delinquenti, che guidavano o seguivano tedeschi e fascisti in sequestri e requisizioni per accaparrarsi beni e denaro, soprattutto nei confronti della popolazione ebraica. Abbiamo già citato per esempio il caso di Nella G., interessata più a raccogliere la somma di 50000 lire da estorcere agli Orvieto che alla loro reale cattura323. Anche Rosa B. agì, con altri quattro truffatori, con il solo scopo di lucro. La banda infatti denunciò e provocò la deportazione dei componenti di una famiglia di religione ebraica, per potere liberamente saccheggiarne e occuparne l’abitazione324

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321 Sostiene infatti Browning che nel dibattito sulla dicotomia tra resistenza e passività degli ebrei la

categoria di resistenza era stata ampliata fino a includere “il contrabbando di cibo nel ghetto; il reciproco sacrificio all’interno della famiglia per evitare l’inedia o qualcosa di peggio; attività culturali, educative, religiose o politiche tese al rafforzamento del morale; l’opera dei medici, infermieri ed educatori intenti a curare e a mantenere alto il morale così da permettere la sopravvivenza individuale e di gruppo”. Se ciò effettivamente si verificò nei campi di lavori forzati di Starachowice, tuttavia secondo lo studioso non si può parlare di resistenza, ma piuttosto, si deve utilizzare una “terminologia diversa per descrivere la lotta alla sopravvivenza […] come ingegno, ingegnosità, adattabilità, perseveranza e sopportazione”. Cfr. C. Browning, Lo storico e il testimone. Il campo di lavoro nazista di Starachowice, Roma-Bari, Laterza, 2011, p. 357.

322 Si deve però ricordare che la volontà di sopravvivenza ha portato però altre donne alla scelta opposta,

quella cioè di avvicinarsi al fronte partigiano, soprattutto attraverso azioni di quella che è stata definita “resistenza civile”. Cfr. A. Bravo, A.M. Bruzzone, In guerra senza armi, cit.

323 Asfi, Corte d’assise di Firenze, fasc. 117/46. 324 Asto, Cas Torino, b. 256, fasc. 120.

110 Altre donne si inserirono nelle dinamiche della guerra civile e dell’occupazione tedesca a scopo di lucro sfruttando il proprio corpo e la propria sessualità, come per esempio la torinese Ernestina D. che, attraverso la relazione sessuale con fascisti e tedeschi, otteneva la scarcerazione di elementi partigiani o di loro favoreggiatori precedentemente arrestati, in cambio di un compenso da parte dei loro familiari, che in alcuni casi venivano da lei truffati325.

Tra le donne che agirono per denaro devono poi essere menzionate le numerose prostitute che troviamo imputate di collaborazionismo, già citate nel paragrafo sulla collaborazione orizzontale. Tutti questi casi rivelano quindi la realtà della società in guerra, degradata e violenta, in cui ricatti e rancori personali si intrecciarono alle vicende belliche e politiche generali.

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